Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 2127/2019, si è pronunciato sulla validità delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI censurato da Banca d’Italia con provvedimento n. 55 del 2005, su parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
L’applicazione generalizzata e uniforme delle clausole tipiche – di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini previsti dall’art. 1957 cod. civ. – di cui agli artt. 2, 6, 8 dello schema delle fideiussioni omnibus, trasforma la fideiussione bancaria in un negozio autonomo di garanzia, in palese contrasto con l’art. 2, co.2, lett. a) L. 287/1990, sicché il negozio è da considerarsi nullo ex art. 1418 cod. civ. per violazione di norma imperativa (v. anche Cass. S.U. n. 2207/2005).
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza, l’art. 2 della legge antitrust fa infatti riferimento alle intese che «abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel […] fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali».
Ciò significa che la nullità dell’intesa anticoncorrenziale a monte incide sul piano dei contratti stipulati a valle dai privati, anche quando questi risultino terzi rispetto all’intesa vietata, come sottolineato dalla Suprema Corte con ordinanza n. 29810/2017 (si veda anche la sentenza della Cass. n. 13846/2019).
Tali contratti devono pertanto considerarsi a loro volta affetti da nullità (di protezione), nonché contrari all’ordine pubblico economico, così come disciplinato dal TFUE e dalla legge antimonopolistica nazionale, che operano indipendentemente da un previo accertamento da parte delle autorità nazionali delle infrazioni di cui si discute.