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Giurisprudenza

E’ nullo il “Contratto Quadro” firmato dal (solo) cliente: la Prima sezione della Cassazione Civile abbandona (e sconfessa) il precedente orientamento espresso in Cass. Civ. n. 4564/2012

8 Aprile 2016

Avv. Matteo Acciari – Axiis Network Legale e Avv. Letizia Vescovini

Cassazione Civile, Sez. I, 24 marzo 2016, n. 5919

Di cosa si parla in questo articolo

Con la Sentenza n. 5919 del 24 marzo 2016, la Prima Sezione Civile della Suprema Corte, Pres. Nappi, Rel. Di Marzio, ha respinto il ricorso promosso da un intermediario finanziario avverso una sentenza resa dalla Corte d’Appello di Milano che aveva pronunziato la nullità di un’operazione di investimento in obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina per difetto del contratto cd. quadro di cui all’art. 23 del TU Finanza.

Nel caso di specie il contratto quadro risultava prodotto agli atti di causa da entrambe le parti in esemplare sottoscritto dal solo cliente recante altresì la sua dichiarazione che segue: «Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi». Tanto risultava prodotto agli atti del giudizio unitamente a varia documentazione inerente l’esecuzione del contratto quadro quali “contabili, attestati di [e]seguito, eccetera”; documenti, questi ultimi, che l’intermediario invocava essere anch’essi, al pari della produzione del contratto e della suesposta dichiarazione del cliente, validi mezzi di conclusione (ovvero di prova dell’’intervenuta conclusione) del contratto giusti i principi di diritto rassegnati dalla stessa Prima Sezione Civile 22 marzo 2012, n. 4564 in un caso fattualmente analogo di cui reclamava essere sta dunque erroneamente disattesa la cui regula iuris.

Il Supremo Collegio condivide la similarità del caso affrontato con quello deciso nel 2012 eppure Ritiene però la Corte che al precedente non possa darsi continuità”, giungendo così a rassegnare il suo mutato orientamento in simili fattispecie.

In estrema sintesi questi i principi di diritto desumibili dal pronunciamento in attesa della sua massimazione ufficiale.

Sulla produzione in giudizio del documento non sottoscritto da una parte contrattuale quale valido equipollente della firma mancante sul contratto formale, la Corte precisa ambito e limiti della regola già rassegnata nel 2012 come segue:

  1. la mancata sottoscrizione di una scrittura privata è supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che se ne intende avvalere purché la produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa del contraente che non l’ha sottoscritto ed al fine di invocare l’adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti;
  2. la produzione in giudizio da parte del contraente che non ha sottoscritto la scrittura realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto, perfezionamento che non può verificarsi se non ex nunc, e non ex tunc (ed infatti il contratto formale intanto si perfeziona ed acquista giuridica esistenza, in quanto le dichiarazioni di volontà che lo creano siano state per l’appunto formalizzate), tant’è che il congegno non opera se l’altra parte abbia medio tempero revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto non è più in vita nel momento della produzione, perché la morte determina di regola l’estinzione automatica della proposta (v. articolo 1329 c.c.) rendendola non più impegnativa per gli eredi”.
  3. Per tali ragioni, dunque, il «contratto quadro» non può dirsi utilmente perfezionato (sì da sorreggere il successivo ordine di acquisto) per effetto della sua produzione in giudizio da parte della banca. (…) Va da sé che nel caso in discorso la produzione in giudizio del contratto da parte della banca, la cui sottoscrizione difetta, avrebbe determinato il perfezionamento del contratto solo dal momento della produzione, la quale, perciò, non può che rimanere senza effetti, per i fini della validità del successivo ordine di acquisto delle obbligazioni argentine, tale da richiedere a monte (e non ex post) un valido contratto quadro. D’altro canto, far discendere la validità dell’ordine di acquisto dal perfezionamento soltanto successivo del «contratto quadro», non è pensabile, stante il principio dell’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex articolo 1423 c.c.”

Sulla possibilità di considerare i documenti esecutivi del contratto formale quali manifestazioni di volontà equipollenti alla sua firma, la Corte rivede le proprie precedenti conclusioni del 2012 ed afferma:

  1. La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è … elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l’estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicché occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto”.
  2. Orbene, è di tutta evidenza che documentazione quale quella (…) depositata dalla banca (contabili, attestati di [e]seguito, eccetera), indipendentemente dalla verifica dello specifico contenuto e della sottoscrizione di dette scritture, non possiede i caratteri della «estrinsecazione diretta della volontà contrattuale», tale da comportare il perfezionamento del contratto, trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e, cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale.”

Sulla irrilevanza delle dichiarazioni di avvenuta consegna di copia del contratto formale predisposte dall’intermediario ed inserite nel testo contrattuale sottoscritto dal cliente rispetto al tema della forma richiesta ai fini di validità, la Corte, ancora in revisione del precedente del 2012, afferma:

  1. La stipulazione del contratto non può essere desunta, per via indiretta, in mancanza della scrittura, da una dichiarazione quale quella nella specie sottoscritta: «Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi».”
  2. Simili clausole spostano La verifica del requisito della forma scritta ad substantiam … sul piano della prova ove trova applicazione la disposizione dettata dal codice civile che consente di supplire alla mancanza dell’atto scritto nel solo caso previsto dall’articolo 2725, comma 2, c.c., che richiama l’articolo 2724, n. 3, c.c.: in base al combinato disposto di tali norme, la prova per testimoni di un contratto per la cui stipulazione è richiesta la forma scritta ad substantiam, è dunque consentita solamente nell’ipotesi in cui il contraente abbia perso senza sua colpa il documento che gli forniva la prova del contratto. E la preclusione della prova per testimoni opera parimenti per la prova per presunzioni ai sensi dell’articolo 2729 c.c. nonché per il giuramento ai sensi dell’articolo 2739 c.c.. Interdetta è altresì la confessione (Cass. 2 gennaio 1997, n. 2; Cass. 7 giugno 1985, n. 3435) quale, in definitiva, sarebbe la presa d’atto, della consegna dell’omologo documento sottoscritto dalla banca. D’altronde, la consolidata giurisprudenza di questa Corte esclude l’equiparazione alla «perdita», di cui parla l’articolo 2724 c.c., della consegna del documento alla controparte contrattuale. (…) non si verte in un’ipotesi di perdita incolpevole del documento ai sensi dell’articolo 2724, n. 3, c.c., bensì di impossibilità di procurarsi la prova del contratto ai sensi del precedente n. 2 di tale articolo.”

Questi i principali contenuti di un pronunciamento di rilevantissimo interesse che, nel pretendere l’antecedente formalizzazione del contratto quadro rispetto all’operazione di investimento contestata, riconosce la funzione informativa riconosciuta al contratto quadro, una funzione rispetto alla quale la previsione della forma scritta funge da garanzia di un consenso pieno ed integrale delle parti al complessivo assetto contrattuale a tutela dell’interesse della parte debole e della stessa integrità dei mercati, così che il rispetto della forma dell’ informazione, anche nel pronunciamento della Suprema Corte, appare ancora una volta dover necessariamente intervenire in via preventiva rispetto all’operazione della cui stabilità si controverta; ciò in ossequio al riflessione della dottrina civilistica sulla “sequenza informazione/autorizzazione (o ordine)” ed alla considerazione secondo cui il contratto di investimento, quale contratto aleatorio e come tale di risultato incerto, impone la “necessità che l’interprete attribuisca alla normativa vigente la funzione di proteggere il cliente – cui resta addossato il rischio dell’investimento – dal rischio della negligenza e dell’infedeltà” (così, ed in tema su tutti, in Dottrina già D. Maffeis, Forme informative, cura dell’interesse ed organizzazione dell’attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv. dir. priv., 2005, 575 ss.; in giurisprudenza, per un precedente che anticipa in larga parte le odierne statuizioni della Suprema Corte, cfr. Tribunale di Rimini, Sentenza n. 1523 del 12 ottobre 2010, rel. Cortesi).

In siffatta ottica, la sentenza in commento pare altresì porsi in maggiore assonanza con il rigore che le Sezioni Unite, con la nota sentenza Cass. civ. n. 26242 del 12 dicembre 2014, rel. Travaglino, hanno riconosciuto alle nullità relative le quali, ancorché azionabili solo da taluni soggetti in funzione protettiva, non limitano per tale ragione il proprio scopo alla tutela di interessi particolari ma perseguono la protezione di interessi pur sempre generali ed ordinamentali con l’effetto che: ove il giudice ne rilevi il ricorrere, egli ha sempre il potere-dovere di porle all’attenzione della parte tutelata ai sensi di cui all’art. 1421 c.c. per consentirle di avvalersene. Una sentenza, quest’ultima, che a far data dalla sua pubblicazione rendeva così stridente il persistere dell’orientamento espresso dalla Sentenza n. 4564 del 2012 oggi (auspicabilmente) rimossa la quale al contrario, proprio sul diverso assunto che le nullità protettive potessero in realtà dirsi dettate a tutela di interessi unicamente particolari e privatistici, apriva la strada a quelle soluzioni interpretative secondo cui il loro regime si sarebbe potuto collocare a metà strada tra quello della nullità codicistica e quello dell’annullabilità, con la quale avrebbero potuto dunque condividere almeno in parte la disciplina, così da potersi ammettere la sufficienza del contratto quadro recante unica firma del cliente ed avallarsene la conclusione anche per comportamento concludente dell’intermediario, se non addirittura ipotizzabile la possibilità della sua convalida; il tutto con evidente sacrificio di ratio e regula dell’art. 23 TU Finanza.

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