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Approfondimenti

Le nuove Disposizioni di vigilanza per le banche sul governo societario

5 Giugno 2014

Chiara Petronzio e Federica Spagnoli, Freshfields Bruckhaus Deringer LLP

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

La Banca d’Italia ha adottato, con provvedimento dello scorso 6 maggio 2014, nuove disposizioni in materia di governo societario, applicabili a banche italiane e società capogruppo di gruppi bancari1, funzionali a garantire una loro sana e prudente gestione e, più in generale, la stabilità del sistema nel suo complesso (cfr. primo aggiornamento delle Disposizioni di Vigilanza per le banche, contenute nella Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 (Circolare 285), nuovo Titolo IV, “Governo societario, controlli interni, gestione dei rischi”, nuovo Capitolo I, “Governo societario”).

Queste disposizioni sono anzitutto finalizzate a recepire nel nostro ordinamento, all’esito di un procedimento di consultazione pubblica, le innovazioni in tema di corporate governance introdotte dalla direttiva 2013/36/UE (c.d. CRD IV), tenuto conto degli orientamenti espressi dalla European Banking Authority e dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria2.

Posto che la CRD IV è una direttiva di armonizzazione minima, la Banca d’Italia ha potuto dare attuazione ai principi in essa disciplinati con disposizioni di maggior dettaglio, tenendo in considerazione il peculiare assetto delle banche nazionali. In particolare, l’Autorità ha colto l’occasione della trasposizione della direttiva per dare organica e unitaria sistemazione alle previsioni sul governo societario contenute nel provvedimento del 4 marzo 2008 (recante “Disposizioni di Vigilanza – Organizzazione e governo societario delle banche”; Provvedimento) nonché nelle relative note di chiarimenti3, realizzando, nel contempo, un coordinamento complessivo dei provvedimenti da essa adottati di recente o in corso di revisione.

L’opera di sistemazione organica è stata peraltro accompagnata, ove opportuno, da ulteriori chiarimenti e parziali riformulazioni, volti a fornire indicazioni circa l’interpretazione e le modalità applicative della disciplina sul governo societario, anche alla luce delle prassi diffuse nell’industria e riscontrate dalla Banca d’Italia nell’esercizio della propria attività istituzionale, coerentemente con gli obblighi per essa previsti dalla legge sul risparmio4.

La nuova disciplina in materia di governo societario continua a costituire parte integrante di un più ampio quadro normativo; essa si aggiunge pertanto alle previsioni rinvenibili in altre fonti regolamentari, coordinandosi armonicamente con esse5.

Stante quanto precede, si evidenziano nel prosieguo soprattutto i profili di novità e quelli di continuità della disciplina di cui alla Circolare 285 rispetto alla normativa (pre)vigente6, dando conto delle delucidazioni espresse dall’Autorità su singoli aspetti, anche nel Documento sugli esiti della consultazione7.

Si precisa inoltre che la disamina che segue è incentrata sulle regole di governo societario applicabili agli intermediari dotati di un modello di amministrazione e controllo tradizionale, attesa la ridotta diffusione dei modelli dualistico e monistico.

1. Disposizioni di carattere generale e progetto di governo societario

Le disposizioni di carattere generale prevedono, dal punto di vista della costruzione logica della disciplina, che l’impostazione già adottata nel Provvedimento, basata sulla distinzione tra principi generali e linee applicative, sia estesa a tutte le previsioni in materia di governo societario.

In base a questa distinzione, i principi generali individuano gli obiettivi della normativa, rimettendo all’autonomia degli intermediari il compito di definire le soluzioni concretamente idonee a realizzarli, nel rispetto del principio di proporzionalità. Le linee applicative contengono indicazioni di dettaglio circa le modalità di attuazione (di alcuni) dei principi generali, talvolta differenziate in relazione alla categoria di appartenenza degli intermediari (sulla quale cfr. infra) o ai sistemi di amministrazione e controllo da essi adottati. La ratio sottostante è quella di ottenere un equilibrato contemperamento tra esigenze prescrittive e di uniforme applicazione e flessibilità operativa rimessa alla libera determinazione delle società.

Il principio di proporzionalità rimane quindi centrale per l’individuazione delle misure attuative dei principi generali. Rispetto alla normativa (pre)vigente, esso è stato rivisto alla luce del Regolamento sul Sistema di Supervisione Unico Europeo (i.e. il Regolamento (UE) n. 1024/2013) e conseguentemente sostanziato mediante l’enucleazione di parametri, di natura in prevalenza dimensionale, funzionali a suddividere le banche in tre macro-categorie: banche di maggiori dimensioni o complessità operativa; banche intermedie; banche di minori dimensioni o complessità operativa8. Alcune delle previsioni in tema di governo societario sono commisurate alla categoria di appartenenza della società che viene in considerazione ovvero, a seconda dei casi, esclusivamente applicabili ad alcune di queste categorie.

Resta peraltro impregiudicata la possibilità di continuare a fare riferimento ai criteri di applicazione del principio di proporzionalità già previsti nella nota di chiarimenti del 2009 e trasfusi nella Circolare 2859. Questa possibilità è però riservata alle sole banche diverse da quelle classificabili come “banche significative” ai sensi dell’art. 6, par. 4, del Regolamento (UE) n. 1024/201310 e dalle banche quotate ed è subordinata a una valutazione di insufficiente significatività dei parametri sopra richiamati per la riconduzione della società a una delle tre macro-categorie. La soglia dimensionale, pur non costituendo un criterio rigido, rappresenta quindi, comunque, il punto di riferimento prioritario.

La classificazione della banca deve essere frutto di una scelta consapevole, che la banca deve formalizzare, motivare puntualmente e rendere pubblica, esplicitandole valutazioni condotte per dare applicazione al principio di proporzionalità. Le decisioni assunte in tema di governo societario sono soggette al giudizio della Banca d’Italia nell’ambito del processo di revisione prudenziale (SREP) e possono dar luogo all’adozione di provvedimenti specifici (ai sensi degli artt. 53 e 63 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, TUB).

La veste formale di queste scelte rimane, fatti salvi i nuovi obblighi informativi previsti dalla Circolare 285 (e descritti infra al par. 5)11, il progetto di governo societario12, approvato dall’organo con funzione di supervisione strategica con il parere favorevole dell’organo di controllo, nell’ambito del quale sono illustrate le motivazioni sottese all’adozione di uno specifico modello di amministrazione e controllo, gli assetti statutari e la struttura organizzativa della banca.

In caso di gruppi bancari, resta fermo che le banche appartenenti al gruppo possono non redigere un progetto di governo societario, là dove le scelte circa gli assetti organizzativi di queste banche siano adeguatamente descritte nel progetto della capogruppo. Coerentemente, viene chiarito che, nel progetto consolidato, la capogruppo deve compiutamente illustrare gli assetti organizzativi delle controllate, anche estere, con un grado di approfondimento variabile in applicazione del principio di proporzionalità, ad esempio, in relazione alla significatività delle controllate per rischiosità o dimensioni. Particolare attenzione deve essere in ogni caso dedicata alla descrizione della governance di gruppo in presenza di entità estere significative che abbiano sistemi organizzativi e di governo diversi da quelli applicati dalle banche italiane.

2. Organo con funzione di supervisione strategica

L’organo con funzione di supervisione strategica si identifica, come già stabilito dalla normativa (pre)vigente, in relazione alla sua funzione. In particolare, esso coincide con l’organo nel quale si concentrano le funzioni di indirizzo e/o di supervisione della gestione sociale ad esempio, mediante esame e delibera in ordine ai piani industriali o finanziari ovvero alle operazioni strategiche della società.

Tipicamente, assume questo ruolo il consiglio di amministrazione, per le banche che adottano il modello tradizionale e monistico, e il consiglio di sorveglianza ovvero il consiglio di gestione, per le banche che adottano il modello dualistico. Queste ultime possono scegliere quale dei due organi considerare come “organo con funzione di supervisione strategica” proprio in ragione della maggiore rilevanza delle competenze in concreto esercitate rispetto alla qualificazione formale dell’organo.

2.1 Composizione e nomina

Le previsioni di dettaglio e, talvolta, di maggiore rigidità introdotte con riferimento alla composizione e alla nomina dell’organo con funzione di supervisione strategica derivano dallo sforzo dell’Autorità di Vigilanza, anche sulla spinta della normativa europea, di superare le carenze della (pre)vigente disciplina.

Il processo di nomina dei consiglieri è affidato all’assemblea e deve essere disciplinato in modo trasparente nell’ambito dello statuto. Esso deve assicurare un’adeguata rappresentatività della compagine sociale, comprese le minoranze, fermo restando l’obiettivo di favorire la selezione di risorse idonee al ruolo loro attribuito, attraverso un meccanismo di individuazione ex ante. Sebbene ciò non sia esplicitato a livello normativo, lo strumento del voto di lista continua a rappresentare una best practice considerata funzionale a conseguire le predette finalità13.

Con riferimento alla dimensione dell’organo, le precedenti norme già contenevano indicazioni circa l’obbligo di non pletoricità, stante le note criticità e inefficienze scaturenti dalla presenza di un eccesivo numero di componenti nei board. Questa disposizione non si è mostrata, tuttavia, sufficiente a scoraggiare efficacemente la tendenza delle banche italiane di dotarsi di organi collegiali numericamente estesi, specie se paragonati con i corrispondenti organi di banche comunitarie. Tendenza peraltro diffusa a prescindere da reali esigenze connesse con la dimensione e la complessità operativa delle banche.

Siffatte considerazioni hanno dunque condotto a un rafforzamento del principio di non pletoricità e all’introduzione, per le (sole) banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, della previsione di un numero massimo consentito di componenti – pari a 15 per le banche che adottano il sistema di amministrazione e controllo tradizionale14 – derogabile solo in casi eccezionali, da valutare e motivare analiticamente. Le altre banche devono attestarsi su numeri inferiori15. Resta ferma la discrezionalità nell’individuare autonomamente – nei limiti consentiti – il numero di componenti ritenuto appropriato.

Sotto il profilo qualitativo, i componenti dell’organo con funzione di supervisione strategica devono, come già per la disciplina (pre)vigente16, essere in grado di assolvere correttamente alle funzioni demandate all’organo di appartenenza e a essi personalmente. In particolare, i consiglieri devono essere pienamente consapevoli dei poteri e degli obblighi inerenti alle loro funzioni, anche in relazione al diverso ruolo che ciascuno di essi è chiamato a ricoprire all’interno dell’organo o dei suoi comitati (consigliere esecutivo, non esecutivo, indipendente). Inoltre, essi devono essere dotati di professionalità adeguate e di competenze diffuse e diversificate.

In attuazione della CRD IV, il requisito della “diversificazione” è stato ampliato nel suo contenuto: esso deve essere inteso anche in termini di competenze, esperienze, età, genere, provenienza geografica e proiezione internazionale. Questi elementi contribuiscono a estendere il grado di diversificazione interno all’organo e sono finalizzati a favorire una capacità di analisi e deliberazione che sia frutto di una sintesi tra posizioni e visioni differenti. Fermo restando che tutti gli esponenti devono partecipare attivamente ai lavori e alle decisioni consiliari, apportando il proprio contributo, occorre evitare il rischio di appiattimento su opinioni maggioritarie. Pertanto, il percorso formativo, le conoscenze e le caratteristiche dei consiglieri può consentire loro di esprimere una capacità di intervento più inteso e pertinente in relazione all’oggetto delle decisioni da assumere.

I consiglieri devono dedicare tempo e risorse adeguati alla complessità dell’incarico affidato loro (nel rispetto dei limiti al cumulo di incarichi previsti dalla CRD IV17). Le nuove norme precisano di quali elementi occorre tenere conto per valutare che il tempo dedicato sia effettivamente adeguato. In particolare, deve farsi riferimento alla natura e alla qualità dell’impegno richiesto, alle funzioni e alle caratteristiche dei compiti da assolvere, allo svolgimento di incarichi presso società terze, alla prestazione di altri impegni o attività lavorative. Al fine di mantenere un sufficiente livello di elasticità della norma, è demandato alle banche di verificare la quantità di tempo in concreto ritenuta idonea18.

Viene inoltre chiaramente esplicitato il principio per cui i consiglieri devono perseguire l’interesse complessivo della banca, indipendentemente dai meccanismi che hanno condotto alla loro nomina (compagine societaria di elezione; voto di lista), operando con autonomia di giudizio.

Allo scopo di affinare la professionalità dei componenti dell’organo con funzione di supervisione strategica (così come, peraltro, degli altri organi sociali), le banche devono adottare piani di formazione funzionali a completare, ove necessario, o ad approfondire il bagaglio di conoscenze e competenze di questi soggetti. I programmi di formazione devono avere un contenuto specifico quando finalizzati ad agevolare l’inserimento di nuove figure.

Viene poi ribadita la necessaria presenza, nell’organo consiliare, di un adeguato numero di componenti non esecutivi. Posto che la definizione di “componenti non esecutivi” prima contenuta nel Provvedimento19 è stata eliminata, l’identificazione di questi componenti deve essere effettuata per differenza rispetto alla nuova definizione di “componenti esecutivi”, formalizzata all’interno della Circolare 285 sulla scorta delle indicazioni già fornite dalla Banca d’Italia nella Nota di chiarimenti del 19 febbraio 200920. La rimodulazione normativa non sembra tuttavia aver determinato, dal punto di vista sostanziale, impatti di rilievo, salvo l’estensione del concetto di esecutività dei componenti a “incarichi o attività” (non solo direttivi) svolti presso “qualsiasi” società del gruppo bancario21.

I requisiti, i compiti e i poteri dei consiglieri non esecutivi restano invariati rispetto alla normativa (pre)vigente22: essi continuano a svolgere una fondamentale funzione di equilibrio e di contrappeso rispetto ai componenti esecutivi e al management della banca.

Viene inoltre rafforzato il rilievo attribuito ai consiglieri indipendenti, mediante l’introduzione della regola secondo la quale almeno un quarto dei componenti dell’organo con funzione di supervisione strategica deve possedere requisiti di indipendenza23. Siffatta disposizione introduce un vincolo prima inesistente, limitando l’autonomia delle banche nell’individuazione della composizione del consiglio. Le disposizioni (pre)vigenti, infatti, non prescrivevano proporzioni minime tra amministratori indipendenti e amministratori non indipendenti, limitandosi a richiedere un numero “adeguato” di consiglieri indipendenti.

Stante la perdurante assenza della normativa di attuazione dell’art. 26 del TUB (in materia di requisiti indipendenza degli esponenti aziendali), rimangono indefiniti a livello normativo i requisiti che i consiglieri devono possedere per essere considerati “indipendenti”. Pertanto, le singole banche sono tenute a elaborare e ad adottare, nei rispettivi statuti, definizioni univoche di “consigliere indipendente”. Queste definizioni, pur tenendo conto delle differenti nozioni del concetto esistenti in altre fonti dell’ordinamento, devono avere carattere sostanziale ed essere coerenti con le specificità della banca che viene in considerazione (da qui l’eliminazione del rinvio, sebbene esemplificativo, alla definizione del codice di autodisciplina delle società quotate)24. Nella delibera consiliare con la quale viene valutata l’indipendenza dovrà, tra l’altro, risultare l’esame di tutti i rapporti creditizi intrattenuti con la banca e riconducibili al consigliere.

Le descritte specificazioni non incidono sulla definizione dei compiti correlati al ruolo dei consiglieri indipendenti. Essi seguitano a dover vigilare “con autonomia di giudizio sulla gestione sociale, contribuendo ad assicurare che essa sia svolta nell’interesse della società e in modo coerente con gli obiettivi di sana e prudente gestione”.

Innovazioni di rilievo interessano l’obbligo di costituzione di comitati all’interno dell’organo con funzione di supervisione strategica (c.dd. comitati endo-consiliari).

In conformità alla CRD IV, quest’obbligo riguarda soltanto le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, le quali devono, in particolare, costituire tre comitati specializzati in tema di “nomine”, “rischi” e “remunerazioni” e le banche intermedie per le quali viene in rilievo solo il comitato “rischi”. Le banche di minori dimensioni o complessità operativa non sono invece obbligate a costituire comitati.

I nuovi obblighi lasciano impregiudicata la possibilità, per tutte le tipologie di banche (incluse quelle di minori dimensioni o complessità operativa), di costituire comitati diversi da quelli richiesti per legge, nei limiti in cui ciò risponda a concrete esigenze di governance.

Per quanto attiene alla composizione, i comitati obbligatori devono essere formati da un numero di membri compreso, di regola, tra tre e cinque, tutti non esecutivi25 e in maggioranza indipendenti; uno dei componenti indipendenti deve assumere il ruolo di presidente e coordinare i lavori del comitato26. Nel caso in cui nell’organo con funzione di supervisione strategica sia presente un consigliere eletto dalle minoranze, egli deve far parte di almeno un comitato. La composizione complessiva dei comitati non può essere coincidente, dovendo essi distinguersi per almeno un componente.

Diversamente, i comitati non obbligatori, pur dovendo anch’essi essere, di regola, composti da un numero di membri compreso tra tre e cinque, possono includere anche solo un consigliere indipendente e presentare una composizione complessiva non necessariamente differente rispetto a quella degli altri comitati27.

Il ruolo dei diversi comitati è essenzialmente quello di fornire un supporto tecnico all’organo di appartenenza, nelle materie suggerite dalla loro rispettiva denominazione. Il comitato nomine svolge compiti connessi con la nomina o la cooptazione dei consiglieri, il processo di autovalutazione, la verifica dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza dei consiglieri e la definizione dei piani di successione. Il comitato rischi rappresenta lo strumento di ausilio dell’organo con funzione di supervisione strategica per quanto attiene ai rischi e al sistema di controllo interno. Il comitato remunerazione coadiuva l’organo di riferimento nella definizione e applicazione delle previsioni circa politiche e prassi di remunerazione adottate dalla banca28.

2.2 Funzioni

L’organo con funzione di supervisione strategica è – per definizione, come detto – chiamato a deliberare sugli indirizzi di carattere strategico della banca, in linea di continuità con la (pre)vigente disciplina.

Le sue funzioni sono, come anticipato, ampie e composite, investendo i diversi ambiti di operatività della banca. L’organo con funzione di supervisione strategica deve pertanto, tra l’altro, assicurare un adeguato governo dei rischi cui la banca è esposta (individuandone fonti, dinamiche e presidi) in conformità alle disposizioni in tema di controlli interni29 nonché definire l’assetto complessivo di governo societario e approvare l’organizzazione interna, verificandone la corretta attuazione e promuovendone tempestivamente misure correttive30.

La natura strategica delle attività sopra richiamate (anche in tema di controlli interni) trova conferma nel divieto che esse formino oggetto di delega31.

2.3 Presidente

Le nuove disposizioni introducono modifiche preordinate a valorizzare la figura del presidente dell’organo con funzione di supervisione strategica, conferendo ad esso autonomo rilievo (anche sistematico).

Allo scopo di enfatizzare il ruolo di garanzia del presidente in ordine al corretto funzionamento dell’organo, si ribadisce la necessità che egli sia un componente non esecutivo e che non svolga, neppure di fatto, funzioni gestionali (salva la possibilità di assumere, su proposta vincolante degli organi esecutivi e in caso di urgenza, le decisioni di competenza dell’organo presieduto, riferendo a quest’ultimo in occasione della prima riunione successiva). Il presidente non deve inoltre far parte del comitato esecutivo (al quale può però partecipare senza diritto di voto). Questa scelta appare più rigorosa rispetto all’orientamento espresso dalla Vigilanza con la Nota di chiarimenti del 19 febbraio 2009 e trova la sua giustificazione nell’esigenza di scoraggiare talune prassi riscontrate nel mercato nella vigenza della precedente normativa32.

Con riferimento alle attribuzioni delineate dalla normativa in commento, il presidente è tenuto a: garantire che le decisioni consiliari derivino da un’approfondita e proficua dialettica e, coerentemente con la sua posizione di terzietà, favorire un adeguato confronto tra componenti esecutivi e non esecutivi; rendere con un congruo anticipo ai membri del consiglio la documentazione a supporto delle delibere o una prima informativa33 circa le materie che verranno discusse; provvedere affinché la documentazione resa a supporto delle deliberazioni (soprattutto ai componenti non esecutivi) sia adeguata in termini qualitativi e quantitativi rispetto alle materie all’ordine del giorno; garantire priorità e tempo nella trattazione delle questioni a rilevanza strategica; favorire (soprattutto nelle banche di maggiori dimensioni o complessità operativa) l’incontro periodico tra tutti i consiglieri, anche al di fuori del consiglio, per approfondire e confrontarsi su questioni strategiche; assicurare l’efficace svolgimento del processo di autovalutazione, l’adozione di misure correttive per far fronte a eventuali carenze e la predisposizione e attuazione di programmi di inserimento, piani di formazione dei componenti degli organi e, se del caso, piani di successione delle posizioni di vertice dell’esecutivo.

2.4 Autovalutazione

Tra le modifiche più incisive apportate dalla Vigilanza con il nuovo testo, figura l’introduzione di un’apposita sezione contenente norme analitiche sull’autovalutazione degli organi aziendali.

L’autovalutazione è un processo essenziale nell’organizzazione delle banche, strumentale ad assicurare la funzionalità degli organi, individuare eventuali aree di criticità e favorirne la risoluzione.

Le disposizioni (pre)vigenti già contemplavano l’obbligo per gli organi aziendali di condurre attività di autovalutazione. Non vi erano, tuttavia, indicazioni esaustive in merito al contenuto e alle procedure da adottare, con la conseguenza che le modalità di adempimento di quest’obbligo erano sostanzialmente discrezionali.

In particolare, nella Comunicazione del 5 gennaio 2012, la Vigilanza già aveva sottolineato l’importanza del processo di autovalutazione e la necessità di effettuarlo con rigore e profondità, richiedendo espressamente alle banche di sintetizzare in un documento (da inviare poi alla Banca d’Italia) le principali informazioni in merito al processo di autovalutazione da esse adottato (metodologie utilizzate per condurre il processo, profili oggetto di analisi, eventuali soggetti terzi coinvolti nella procedura e relativa modalità di selezione, principali risultati emersi e azioni intraprese per rimediare ai punti di debolezza identificati).

A fronte delle insufficienti risposte provenienti dal mondo bancario e della diffusione di orientamenti a livello europeo circa l’importanza dell’autovalutazione, la Banca d’Italia ha scelto di intervenire sul tema introducendo una disciplina positiva puntuale34, finalizzata a regolarne i principali aspetti.

L’autovalutazione dell’organo con funzione di supervisione strategica è preordinata al perseguimento delle finalità indicate nella normativa: (i) assicurare la verifica del corretto ed efficace funzionamento dell’organo e della sua adeguata composizione; (ii) garantire il rispetto sostanziale delle disposizioni in materia di autovalutazione e delle finalità che esse intendono realizzare; (iii) favorire l’aggiornamento dei regolamenti interni a presidio del funzionamento dell’organo; (iv) individuare i principali punti di debolezza, promuoverne la discussione nell’organo e definire le azioni correttive; (v) rafforzare la collaborazione e la fiducia tra i singoli componenti e tra la funzione di supervisione strategica e quella di gestione; (vii) incoraggiare la partecipazione attiva e consapevole dei singoli componenti.

Oggetto dell’autovalutazione è l’organo nel suo complesso (unitamente al contributo dei singoli consiglieri) e i suoi comitati interni, ove istituiti. Essa deve riguardare aspetti relativi sia alla composizionesia al funzionamento dell’organo35, entrambi da considerare con riferimento a specifiche aree tematiche (ad esempio, sistema dei controlli interni, politiche di esternalizzazione, sistemi di remunerazione e incentivazione), e può essere graduata anche in relazione al momento in cui interviene (rinnovo integrale dell’organo; inizio operatività della banca; attività a regime)36.

Il processo di autovalutazione deve essere disciplinato in un apposito regolamento interno e deve articolarsi nelle seguenti fasi: (i) istruttoria, destinata alla raccolta di informazioni e dati (anche mediante questionari e interviste37) sulla cui base effettuare la valutazione; (ii) elaborazione dei dati raccolti; (iii) predisposizione degli esiti del processo, con segnalazione dei punti di forza e di debolezza riscontrati; (iv) discussione collegiale degli esiti e predisposizione di eventuali misure correttive e (v) per le autovalutazioni successive alla prima, verifica dello stato di attuazione delle iniziative in precedenza deliberate.

Il regolamento interno sull’autovalutazione identifica, in particolare, le modalità e gli strumenti con i quali svolgere ciascuna fase del processo – in coerenza con la complessità della banca e dei lavori dell’organo e in modo tale da garantire un appropriato livello di approfondimento – nonché i criteri di selezione del personale interno e dell’eventuale professionista esterno impiegati nell’autovalutazione.

A quest’ultimo riguardo, è previsto che l’autovalutazione sia condotta da personale individuato dal presidente, su proposta del comitato nomine, ove presente. Ciò non toglie la possibilità di coinvolgere anche soggetti estranei all’organo che tuttavia, in ragione del ruolo o dell’attività svolti, sono in possesso di informazioni tali da consentire loro di esprimere valutazioni sull’operato dell’organo stesso o di suoi componenti38.

Nelle banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, è “buona prassi” che almeno una volta ogni tre anni l’autovalutazione sia svolta con l’ausilio di un professionista esterno, in grado di assicurare autonomia di giudizio.

L’autovalutazione deve essere effettuata con cadenza almeno annuale (salvo casi specifici previsti dalla normativa ed eventuali rilievi riscontrati dalla Vigilanza, cui la banca è tenuta a dare riscontro in tempi più brevi). Le analisi condotte sono formalizzate in un apposito documento39, soggetto all’approvazione del consiglio e, ove richiesto, sottoposto alla Banca d’Italia.

L’autovalutazione deve tenere conto delle verifiche previste ai sensi dell’art. 26 del TUB e degli ulteriori requisiti previsti dallo statuto per l’assunzione delle cariche, nonché del rispetto del divieto di interlocking directorships 40 e, ove possibile, deve essere svolta in concomitanza con tali verifiche. Ciò in considerazione delle ulteriori informazioni disponibili in relazione allo svolgimento di queste verifiche.

3. Organo con funzione di gestione

L’organo con funzione di gestione è l’organo aziendale o suoi componenti ai quali sono affidati compiti di gestione e, quindi, la conduzione dell’operatività aziendale. L’identificazione dell’organo prescinde dalle classificazioni del codice civile in tema di modelli di amministrazione e controllo e dipende esclusivamente dall’attività svolta, vale a dire la realizzazione degli indirizzi strategici deliberati dall’organo con funzione di supervisione strategica.

Dal punto di vista strutturale e organizzativo, l’organo con funzione di gestione può essere autonomo rispetto all’organo con funzione di supervisione strategica e corrisponde, nelle banche che adottino il modello di amministrazione e controllo tradizionale, al comitato esecutivo o all’amministratore delegato, a seconda che abbia o, rispettivamente, non abbia composizione collegiale.

È altresì ammessa, ma solo nelle banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, la contemporanea presenza di più organi di gestione, i.e. di un comitato esecutivo e un amministratore delegato o di più amministratori delegati. Una scelta del genere si giustifica però solo a fronte di una ripartizione di compiti tra i diversi organi di gestione che non dia luogo a un assetto pletorico dell’esecutivo.

In alternativa, ove ciò sia in linea con il principio di proporzionalità, è possibile incardinare nel medesimo organo sia la funzione di gestione sia quella di supervisione strategica. Tipicamente, questo accade nelle banche di minori dimensioni o complessità operativa e l’organo che viene in considerazione è, quando le banche adottino il modello di amministrazione e controllo tradizionale, il consiglio di amministrazione.

3.1 Composizione e nomina

Secondo i principi generali, le modalità di nomina e revoca anche dell’organo con funzione di gestione devono essere trasparenti e disciplinate a livello statutario, assicurando un’adeguata rappresentanza delle diverse componenti dei soci e favorendone la partecipazione in caso di elevato frazionamento del capitale.

Nelle banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, devono essere previsti meccanismi che assicurino una successione alle posizioni di vertice dell’esecutivo (amministratore delegato, ma anche direttore generale) che garantiscano continuità aziendale ed evitino danni di natura patrimoniale o reputazionale nel momento in cui una successione si renda necessaria, qualsiasi ne sia la causa.

Il principio di non pletoricità governa, come detto, le norme in tema di composizione degli organi sociali. Questo principio, che trova applicazione anche all’organo con funzione di gestione, deve condurre alla creazione di organi dotati di componenti numericamente commisurati al novero dei compiti da espletare nonché qualitativamente capaci di assolvere a questi compiti, tenuto conto della loro complessità e ampiezza, con professionalità, competenza e interesse.

I componenti dell’organo con funzione di gestione devono rispettare i medesimi requisiti qualitativi e le medesime regole in tema di numerosità, diversificazione, formazione e dedizione temporale all’incarico previsti per i componenti dell’organo con funzione di supervisione strategica, alla cui analisi (svolta sub par. 2.1) pertanto si rinvia.

3.2 Funzioni

L’individuazione degli specifici compiti attribuibili all’organo con funzione di gestione è rimessa all’autonomia degli intermediari ma deve essere compiuta avendo riguardo, in ogni caso, alle disposizioni del codice civile nonché alle ulteriori prescrizioni della Circolare 285.

Al fine di assicurare un adeguato bilanciamento di poteri, occorre specificare in modo puntuale compiti e responsabilità dell’organo con funzione di gestione, distinguendoli da quelli dell’organo con funzione di supervisione strategica.

Da qui l’obbligo di adottare un sistema delle deleghe chiaro, che agevoli i compiti di verifica dell’organo con funzione di supervisione strategica e gli permetta, ove lo ritenga opportuno o necessario, di formulare direttive per (ri)orientare l’operato degli organi delegati ovvero di avocare a sé le competenze affidate.

Peraltro, la cennata distinzione di compiti e responsabilità deve essere effettuata anche nel caso in cui le funzioni di supervisione strategica e di gestione siano incardinate nel medesimo organo sociale. In questa ipotesi, resta ferma la collegialità dell’organo e la differenziazione riguarda i momenti di esercizio delle diverse competenze complessivamente attribuitegli.

Una distinzione netta non è necessaria nelle banche di minori dimensioni o complessità operativa che dispongano di un organo collegiale che incorpori le funzioni sia di supervisione strategica sia di gestione, anche in considerazione del contributo di norma fornito, in queste realtà, dal direttore generale nell’esercizio dei compiti di gestione41. In questi casi deve però essere evitata la nomina di un amministratore delegato così come di figure assimilabili al direttore generale, in ossequio al principio di non pletoricità.

3.3 Autovalutazione

L’organo con funzione di gestione deve sottoporsi a un periodico processo di autovalutazione in ordine alla sua composizione e al suo funzionamento, solo se costituito in forma collegiale.

La finalità dell’autovalutazione coincide con quella rilevante con riguardo all’organo con funzione di supervisione strategica. Le considerazioni espresse per quest’ultimo organo circa la formalizzazione del processo di autovalutazione in un regolamento interno e la sua articolazione, i criteri applicati, la periodicità di realizzazione e la profondità delle analisi da svolgere nonché l’interrelazione tra questo processo e le verifiche riguardanti gli ulteriori requisiti dei componenti dell’organo (art. 26 del TUB; indipendenza; art. 36 del d.l. 201/2011) valgono anche per l’autovalutazione condotta sull’organo con funzione di gestione (cfr. par. 2.4).

4. Organo con funzione di controllo

L’organo con funzione di controllo (o organo di controllo) è identificato, diversamente dagli organi con funzione di supervisione strategica e di gestione, avendo riguardo non già alla funzione esercitata, bensì all’organo che, ai sensi del codice civile, assolve funzioni di controllo nelle società di capitali. Pertanto, esso coincide con il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, a seconda che il modello di amministrazione e controllo adottato sia, rispettivamente, quello tradizionale, dualistico o monistico.

4.1 Composizione e nomina

Le regole su composizione e nomina dei componenti l’organo di controllo non hanno subito variazioni di rilievo. Per esse valgono il principio di trasparenza a livello statutario nonché, mutatis mutandis, i criteri dicompetenza e pertinenza rispetto alle responsabilità affidate, diversificazione e formazione applicabili anche agli altri organi sociali.

4.2 Funzioni

Non sussistono difformità sostanziali tra i compiti e le responsabilità attribuiti all’organo con funzione di controllo dalla Circolare 285 e quelli a esso assegnati ai sensi della normativa (pre)vigente.

La risistemazione della disciplina ha comportato integrazioni meramente correlate a esigenze di coordinamento con le disposizioni in tema di funzioni aziendali di controllo contenute nella Circolare 263.

In particolare, i compiti che le previsioni da ultimo citate assegnano all’organo con funzione di controllo vengono espressamente richiamati e viene esplicitato che esso costituisce “parte integrante” del complessivo sistema di controllo interno. In quanto tale, l’organo di controllo deve (ma già doveva ai sensi della normativa (pre)vigente) vigilare sull’efficacia di tutte le strutture e le funzioni coinvolte in questo sistema e provvedere al loro adeguato coordinamento, promuovendo l’adozione di misure correttive in caso di necessità, essere sentito in ordine alla nomina dei responsabili delle funzioni aziendali di controllo (i.e. le funzioni di controllo di conformità, gestione del rischio e revisione interna) nonché alla definizione degli elementi essenziali a determinare l’articolazione complessiva del sistema di controllo interno, anche ricevendo le relazioni delle predette funzioni aziendali.

Permangono in capo all’organo di controllo anche le ulteriori funzioni di sua competenza tra le quali, primariamente, la vigilanza sull’osservanza delle norme di legge, regolamentari e statutarie (comprese quelle su conflitti di interesse, cui dedicare particolare attenzione) sulla corretta amministrazione, sull’adeguatezza degli assetti organizzativi e contabili della banca nonché il ruolo di raccordo con la Banca d’Italia e con gli altri organi sociali in caso di riscontrate irregolarità. Coerentemente, restano ferme altresì le previsioni concernenti gli ampi poteri di utilizzo delle strutture e delle funzioni interne, la ricezione di adeguati flussi informativi e il rapporto con il revisore esterno.

4.3 Presidente

Carattere di novità riveste l’introduzione di previsioni specificamente dedicate al presidente dell’organo di controllo.

Queste previsioni, inizialmente non incluse nel documento di consultazione, sono state inserite a seguito di una specifica richiesta dei partecipanti alla consultazione (per l’esattezza riferita al presidente del consiglio di sorveglianza del modello dualistico), che ha condotto la Banca d’Italia a estendere a tutti gli organi collegiali le disposizioni inizialmente pensate per il presidente del consiglio di amministrazione (sulle quali cfr. par. 2.3), pur graduandone l’applicazione.

Nello specifico, il presidente dell’organo di controllo deve garantire l’efficacia del dibattito interno, ponendo in essere quanto necessario a far sì che ciascun componente sia posto nelle condizioni di fornire un contributo consapevole alla trattazione delle materie oggetto di delibera. A tal fine, il presidente provvede affinché sia trasmessa ai componenti dell’organo di controllo, con congruo anticipo, la documentazione, quantitativamente e qualitativamente adeguata, rilevante a seconda dei temi oggetto di analisi o, almeno, una prima informativa su questi temi.

Allo scopo di agevolare l’efficacia dell’azione dell’organo, il presidente deve assegnare il giusto rilievo alle materie di importanza strategica, dando conto di questo rilievo sia nella definizione dell’ordine del giorno sia nella trattazione di esse.

È infine il presidente che deve assicurare che il processo di autovalutazione dell’organo di controllo sia svolto correttamente e che la banca predisponga e attui programmi di formazione per i suoi componenti.

4.4 Autovalutazione

L’autovalutazione sulla composizione e sul funzionamento degli organi sociali costituisce un nuovo obbligo applicabile anche all’organo con funzione di controllo, che deve tuttavia adempiervi “ispirandosi” alle finalità previste per l’autovalutazione dell’organo con funzione di supervisione strategica e di quello con funzione di gestione, “sulla base di criteri e modalità coerenti con le proprie caratteristiche”.

Ciò determina la possibilità di declinare i passaggi del processo di autovalutazione in modo peculiare, fermo restando l’obiettivo di assicurare che i componenti dell’organo dispongano di professionalità e competenze appropriate in relazione all’incarico ricoperto e che il suo funzionamento sia efficace ed efficiente.

Anche per l’organo di controllo vale infine il principio per cui l’autovalutazione tiene conto delle verifiche degli ulteriori requisiti prescritti dalla legge (ai sensi dell’art. 26 del TUB e dell’art. 36 del d.l. 201/2011), al fine di poter disporre di elementi informativi completi e adeguati allo svolgimento dell’autovalutazione.

5. Flussi informativi interni e obblighi di disclosure

Specifica attenzione è dedicata, anche in linea con corrispondenti o affini previsioni del codice civile in materia di diritto societario42, alla predisposizione di adeguati flussi informativi interni alla banca, in quanto strumenti di ausilio indispensabili per assicurare una governance efficace e integrata, assicurando un’adeguata diffusione di dati sia all’interno dei singoli organi sia nei loro reciproci rapporti.

Adeguati flussi informativi consentono altresì, unitamente a prassi interne di organizzazione dei lavori (che, ad esempio, formalizzino procedure di convocazione e frequenza delle riunioni) un efficiente funzionamento degli organi sociali, stanti le più agevoli modalità di interrelazione e coordinamento essi permettono di realizzare.

I flussi informativi devono essere formalizzati in appositi regolamenti interni che dettaglino i soggetti coinvolti, i tempi, le forme e i contenuti dei dati e dei documenti da trasmettere o far circolare, nel rispetto dei fondamentali principi di completezza, tempestività, accuratezza e riservatezza43. Quest’ultimo principio è specificamente correlato alla consapevolezza dei componenti degli organi sociali in relazione alle decisioni da adottare: quanto più la confidenzialità è diffusa e osservata, tanto prima è possibile comunicare dati e informazioni rilevanti per l’adozione di decisioni future, anche di natura strategica. È quindi essenziale evitare il rischio di divulgazione impropria di notizie riservate, anche per mezzo di idonei presidi organizzativi.

Al di là degli obblighi di informativa interna, la Circolare 285 introduce nuovi obblighi di informativa nei confronti pubblico.

Il testo delle norme in consultazione riferiva genericamente questi ultimi obblighi a “le modalità di attuazione delle presenti disposizioni”; in accoglimento di osservazioni formulate in sede di consultazione, le norme in materia contengono (ora) una puntuale elencazione delle informazioni che devono formare oggetto di pubblicazione sul sito web delle banche, se del caso mediante rinvio ad altri documenti presenti sullo stesso sito (ivi incluso lo statuto), purché di facile reperibilità.

Nello specifico, devono essere rese pubbliche e costantemente aggiornate le informazioni riguardanti: (i) le linee generali degli assetti organizzativi e di governo societario adottati dalle banche in attuazione delle norme di cui alla Circolare 285 in materia di governo societario; (ii) le ragioni che hanno condotto alla classificazione della banca in una delle tre macro-categorie identificate dalla normativa (come detto sub par. 1, banche di maggior dimensioni o complessità operativa; banche intermedie; banche di minori dimensioni o complessità operativa); (iii) numero complessivo dei componenti gli organi collegiali (con ripartizione almeno per età, genere e durata di permanenza in carica) e motivazioni sottostanti l’eventuale eccesso di questo numero rispetto alle prescrizioni regolamentari; (iv) numero di consiglieri indipendenti; (v) ove esistenti, numero di consiglieri che costituiscono espressione delle minoranze; (vi) numero e tipologia degli incarichi detenuti da ciascun esponente aziendale in altre società o enti; (vii) numero e denominazione dei comitati endo-consiliari eventualmente costituiti, loro funzionie competenze; (viii) politiche di successione eventualmente predisposte, numero e tipologie delle cariche interessate; (ix) per le banche popolari, numero di deleghe attribuibili a ciascun socio con specificazione, se le deleghe attribuibili sono inferiori a cinque, delle ragioni della scelta; (x) per le banche popolari quotate, percentuale di capitale sociale necessaria per presentare liste per la nomina dei consiglieri e per chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea44.

6. Disposizioni transitorie e finali

In termini generali, le nuove disposizioni entrano in vigore nei tempi ordinariamente previsti, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale45.

Tuttavia, nei casi in cui siano necessarie modifiche statutarie, queste devono essere apportate, al più tardi, in occasione dell’assemblea chiamata ad approvare il bilancio 2014. Là dove le modifiche introdotte richiedano adempimenti conseguenti, essi devono essere completati nel termine di un mese dalla data di approvazione delle modifiche statutarie.

In deroga a quanto precede, per tenere conto degli impatti derivanti dagli adeguamenti richiesti dalle nuove disposizioni, la Banca d’Italia ha previsto un’applicazione differita al 30 giugno 2017 per quanto attiene alle previsioni in materia di: limiti quantitativi alla composizione degli organi collegiali; numero minimo dei componenti che devono possedere i requisiti di indipendenza; composizione dei comitati endo-consiliari (fermo restando che l’adeguamento alla previsione che i comitati rischi, remunerazione e nomine siano composti di soli consiglieri non esecutivi deve avvenire al più tardi in occasione dell’assemblea chiamata ad approvare il bilancio 2014); disposizioni in materia di banche popolari; divieto per il presidente di essere membro del comitato esecutivo.

Tuttavia, la Banca d’Italia ha evidenziato, nel Documento sugli esiti della consultazione, l’opportunità per le banche di tenere conto delle nuove previsioni, a prescindere dai termini di adempimento sopra indicati, ove si verifichino, nel corso del periodo transitorio, eventi che comportino la sostituzione di uno o più componenti degli organi sociali.

 

Questa pubblicazione è curata dallo studio legale Freshfields Bruckhaus Deringer LLP (limited liability partnership di diritto inglese) e dagli uffici che esercitano la propria attività in varie giurisdizioni con il nome di Freshfields Bruckhaus Deringer e Freshfields Bruckhaus Deringer US LLP, indicate nella pubblicazione come ‘Freshfields’. Per l’informativa legale consultare www.freshfields.com/support/legalnotice.
Freshfields Bruckhaus Deringer LLP ha uffici in Austria, Bahrain, Belgio, Cina, Inghilterra, Francia, Germania, Hong Kong, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Russia, Singapore, Spagna, Emirati Arabi Uniti e Vietnam. Freshfields Bruckhaus Deringer US LLP ha uffici a New York City e Washington DC.
Questa pubblicazione ha carattere informativo e non è in alcun modo da considerarsi un parere legale.

 

 

1

In particolare, nel caso di gruppo bancari, viene confermato, anzitutto che “la società capogruppo assicura, attraverso l’attività di direzione e coordinamento, la coerenza complessiva dell’assetto di governo del gruppo, avuto riguardo soprattutto all’esigenza di stabilire adeguate modalità di raccordo tra gli organi, le strutture e le funzioni aziendali delle diverse componenti del gruppo, in special modo quelle aventi compiti di controllo”. Inoltre, nel caso di gruppi comprendenti controllate straniere, viene ribadito, come già esplicitato nella Nota di chiarimenti del 19 febbrai 2009, che “le disposizioni relative al gruppo bancario e, più specificamente, ai rapporti tra la capogruppo e le sue controllate devono intendersi riferite, laddove non in contrasto con le normative locali, anche alle società del gruppo aventi sede in altro Stato”.


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2

Nello specifico, si fa riferimento alle EBA Guidelines on Internal Governance del settembre 2011 nonché, rispettivamente, ai Principles for enhancing corporate governance dell’ottobre 2010 e ai Core Principles for Effective Banking Supervision del settembre 2012.


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3

Vengono in considerazione la Nota di chiarimenti del 19 febbraio 2009, redatta in prossimità del termine per l’attuazione del Provvedimento (citato e definito nel testo) e recante precisazioni di carattere operativo e la Comunicazione del 5 gennaio 2012, anch’essa riguardante l’applicazione del medesimo Provvedimento.


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4

In particolare, ai sensi dell’art. 23, comma 3, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, la Banca d’Italia (così come la CONSOB e la COVIP, ciascuna secondo le rispettive competenze) deve sottoporre a revisione periodica, almeno ogni tre anni, il contenuto degli atti di regolazione adottati, per adeguarli all’evoluzione delle condizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori.


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5

Ci si riferisce, nello specifico, alle disposizioni di cui alla Circolare della Banca d’Italia n. 263 del 27 dicembre 2006 e succ. mod. (Circolare 263).


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6

La locuzione “(pre)vigente” è utilizzata allo scopo di evidenziare che, sebbene la normativa descritta nel presente lavoro non sia ancora in vigore (mancando, al momento in cui si scrive, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), le considerazioni qui svolte si basano sul confronto tra le norme introdotte nella Circolare 285 e quelle di cui al Provvedimento e alle relative note di chiarimenti.


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7

Ci si riferisce al documento della Banca d’Italia denominato “Resoconto della consultazione – Maggio 2014” nel quale la Vigilanza ha formulato osservazioni circa i commenti ricevuti dai partecipanti alla consultazione, dando conto di volta in volta dei commenti che hanno condotto alla modifica della normativa ovvero a chiarimenti.


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8

Nello specifico, le banche: a) “di maggiori dimensioni o complessità operativa” sono quelle considerate significative ai sensi dell’art. 6(4) del Regolamento (UE) n. 1024/2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi e quelle quotate; b) “intermedie” sono quelle con un attivo compreso tra i 3,5 miliardi di euro e i 30 miliardi di euro; c) “di minori dimensioni o complessità operativa” sono quelle con un attivo pari o inferiore a 3,5 miliardi di euro.


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9

Cfr. Titolo IV, Capitolo 1, Sezione I, par. 4.1 della Circolare 285.


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10

Per completezza, si riporta di seguito il testo della disposizione citata: “4. In relazione ai compiti definiti nell’articolo 4, eccetto il paragrafo 1, lettere a) e c), la BCE ha le responsabilità di cui al paragrafo 5 del presente articolo e le autorità nazionali competenti hanno le responsabilità di cui al paragrafo 6 del presente articolo, nel quadro di cui al paragrafo 7 del presente articolo e fatte salve le procedure ivi indicate, per la vigilanza dei seguenti enti creditizi, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista, o succursali, stabilite in Stati membri partecipanti, di enti creditizi stabiliti in Stati membri non partecipanti: quelli meno rilevanti su base consolidata, al massimo livello di consolidamento all’interno degli Stati membri partecipanti, ovvero singolarmente, nel caso specifico di succursali, stabilite in Stati membri partecipanti, di enti creditizi stabiliti in Stati membri non partecipanti. La significatività è valutata sulla base dei seguenti criteri: i) dimensioni; ii) importanza per l’economia dell’Unione o di qualsiasi Stato membro partecipante; iii) significatività delle attività transfrontaliere.

Per quanto attiene al primo comma, un ente creditizio o società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista non sono considerati meno significativi, tranne se giustificato da particolari circostanze da specificare nella metodologia, qualora soddisfino una qualsiasi delle seguenti condizioni: i) il valore totale delle attività supera i 30 miliardi di EUR; ii) il rapporto tra le attività totali e il PIL dello Stato membro partecipante in cui sono stabiliti supera il 20 %, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di EUR; iii) in seguito alla notifica dell’autorità nazionale competente secondo cui tale ente riveste un’importanza significativa con riguardo all’economia nazionale, la BCE decide di confermare tale significatività sulla scorta di una sua valutazione approfondita, compreso lo stato patrimoniale, dell’ente creditizio in questione. Inoltre la BCE può, di propria iniziativa, considerare un ente di importanza significativa quando questo ha stabilito filiazioni in più di uno Stato membro partecipante e le sue attività o passività transfrontaliere rappresentano una parte significativa delle attività o passività totali soggette alle condizioni di cui alla metodologia. Quelli per i quali è stata richiesta o ricevuta direttamente assistenza finanziaria pubblica dal FESF o dal MES non sono considerati meno significativi. Nonostante i commi precedenti, la BCE assolve i compiti attribuitile dal presente regolamento nei confronti dei tre enti creditizi più significativi in ciascuno Stato membro partecipante, salvo circostanze particolari”.


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11

Si sottolinea che, diversamente dall’obbligo di elaborazione di un progetto di governo societario che prevede eccezioni per le banche appartenenti a gruppi e per le banche popolari, gli obblighi informativi richiamati nel testo si applicano a tutte le banche, senza alcuna distinzione.


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12

Resta fermo quanto già previsto per le banche di credito cooperativo, che non sono tenute alla predisposizione di un progetto di governo societario nel caso in cui adottino lo statuto tipo elaborato dall’associazione di categoria e vagliato dalla Banca d’Italia.


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13

In questo senso espressamente la Banca d’Italia nel Documento sugli esiti della consultazione, nel quale richiama, al riguardo, il documento recante “Analisi delle modifiche statutaria delle banche di recepimento delle disposizioni di vigilanza in materia di corporate governance: tendenze di sistema e nestpractices osservate” del dicembre 2011.


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14

Questo numero è elevato a 19, in caso di adozione del modello monistico e a 22, in caso di adozione del modello dualistico. Peraltro, i numeri indicati sono stati innalzati dalla Banca d’Italia rispetto a quelli inizialmente proposti in fase di consultazione, in accoglimento delle richieste pervenute in risposta alla consultazione stessa.


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15

La Banca d’Italia ha rilevato, nel documento di consultazione, che, nelle banche più piccole, il numero medio di consiglieri è di 9,2 componenti e che consigli numericamente più significativi non sono giustificati.


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16

Cfr., in particolare, Comunicazione della Banca d’Italia del 5 gennaio 2012.


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17

Il riferimento va anche ad altre disposizioni in materia di cumulo di incarichi, richiamate dalla Banca d’Italia, quali segnatamente gli artt. 2390, 2399 comma 3, 2409-duodecies, comma 11, del codice civile; l’art. 148-bis del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, c.d. TUF e la relativa disciplina attuativa adottata dalla Consob; l’art. 36 del d. l. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214.


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18

La Banca d’Italia non ha accolto la proposta, formulata in sede di consultazione, di introdurre una soglia temporale minima ritenuta sufficiente (stimata in 200 ore all’anno).


ritorna

19

Questa definizione identificava i componenti non esecutivi, in linea con le previsioni civilistiche, con i “consiglieri che non sono membri del comitato esecutivo, non sono destinatari di deleghe e non svolgono, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa”.


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20

Le nuove disposizioni definiscono “componenti esecutivi”: “i) i consiglieri che sono membri del comitato esecutivo, o sono destinatari di deleghe o svolgono, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa; ii) i consiglieri che rivestono incarichi direttivi nella banca, cioè hanno l’incarico di sovrintendere ad aree determinate della gestione aziendale, assicurando l’assidua presenza in azienda, acquisendo informazioni dalle relative strutture operative, partecipando a comitati manageriali e riferendo all’organo collegiale sull’attività svolta; iii) i consiglieri che rivestono le cariche sub i) o gli incarichi sub ii) in qualsiasi società del gruppo bancario”.


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21

La Nota di chiarimenti del 19 febbraio 2009 si limitava a considerare gli incarichi direttivi nelle società controllate.


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22

In particolare, rispetto alle specificazioni introdotte nella Comunicazione del 5 gennaio 2012.


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23

La Circolare 285 precisa, in una nota, che “qualora questo rapporto non sia un numero intero, si approssima all’intero inferiore se il primo decimale è pari o inferiore a 5; diversamente si approssima all’intero superiore”.


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24

Così la Banca d’Italia nei commenti contenuti nel Documento sugli esiti della consultazione.


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25

Questa previsione si pone in linea con la CRD IV, con indirizzi espressi da organismi internazionali, con il codice di autodisciplina di Borsa Italiana e con prassi del mercato europeo.


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26

Non è escluso che questa funzione possa essere assolta anche dal presidente del CdA in possesso del requisito dell’indipendenza (cfr. Documento sugli esiti della consultazione).


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27

Ulteriori indicazioni attengono alla composizione del “comitato nomine”, per il quale la normativa prescrive l’obbligo di individuare un obiettivo target in termini di quota di genere meno rappresentato, che l’istituto si prepone di raggiungere sulla base di uno specifico piano (cfr. Sezione IV (Composizione e nomina degli organi sociali), paragrafo 2.2.3 (Comitato nomine).


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28

La Circolare 285 disciplina con un elevato grado di specificità compiti e funzioni dei comitati endo-consiliari obbligatori.


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29

I compiti demandati all’organo con funzione di supervisione strategica dalla Circolare 263 nell’ambito del sistema dei controlli interni comprendono (inter alia): la definizione gli obiettivi di rischio; la definizione delle politiche di governo dei rischi; la costituzione delle funzioni aziendali di controllo e l’approvazione dei relativi compiti, flussi informativi, modalità di coordinamento; l’approvazione di un codice etico per attenuare i rischi operativi e di reputazione; la garanzia che il sistema dei controlli interni e l’organizzazione aziendale siano costantemente conformi alle indicazioni della Banca d’Italia e la promozione di azioni correttive in caso di carenze o anomalie riscontrate.


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30

In aggiunta ai compiti in tema di controlli interni, l’organo è chiamato, in particolare, a “i) approvare l’assetto organizzativo e di governo della banca, garantendo la chiara distinzione di compiti e funzioni nonché la prevenzione dei conflitti di interesse; ii) approvare i sistemi contabili e di rendicontazione (reporting); iii) supervisionare il processo di informazione al pubblico e di comunicazione della banca; iv) assicurare un efficace confronto dialettico con la funzione di gestione e con i responsabili delle principali funzioni aziendali e verificare nel tempo le scelte e le decisioni da questi assunte”.


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31

Ai sensi della Circolare 285, “oltre alle attribuzioni non delegabili per legge, non possono formare oggetto di delega da parte dell’organo con funzione di supervisione strategica: tutti i compiti che questo organo svolge ai sensi della precedente linea applicativa b) e del Titolo V, cap. 7, sez. II, par. 2 della Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006; la nomina e la revoca del direttore generale, l’assunzione e la cessione di partecipazioni strategiche, l’approvazione e la modifica dei principali regolamenti interni, l’eventuale costituzione di comitati interni agli organi aziendali, la nomina e la revoca del responsabile delle funzioni di revisione interna, di conformità e di controllo dei rischi. Nell’ambito delle società capogruppo possono essere delegate le operazioni comportanti variazioni non significative del perimetro del gruppo. Al contempo, il sistema delle deleghe deve essere idoneo ad assicurare che l’organo con funzione di supervisione strategica non sia investito di questioni che – per il loro contenuto o rilevanza non strategica – possono più efficacemente essere affrontate dall’organo con funzione di gestione o dalle strutture aziendali.”


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32

Ci si riferisce, in particolare, alla tendenza a includere spesso il presidente all’interno dei comitati esecutivi delle banche. Questa prassi appare infatti di dubbia compatibilità con il carattere di terzietà che dovrebbe connotare la figura del presidente e alimenta il rischio di un’eccessiva concentrazione di potere a discapito del corretto governo delle banche; ciò in contrasto con lo spirito e le finalità che le disposizioni si propongono di perseguire.


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33

Si sottolinea che per “prima informativa” si intende una spiegazione non coincidente con la mera definizione dell’ordine del giorno (cfr. Documento sugli esiti della consultazione).


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34

Come si desume dal documento per la consultazione, la disciplina è da considerarsi minimale.


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35

Quanto alla valutazione sulla composizione dell’organo, rilevano, tra l’altro, le dimensioni, il grado di diversità e preparazione professionale, il bilanciamento tra componenti esecutivi e non esecutivi, l’adeguatezza dei processi di nomina. Quanto alla valutazione sul funzionamento, vengono in considerazione, principalmente, la frequenza, la durata, le modalità di partecipazione alle riunioni, la disponibilità di tempo dedicato all’incarico, la fiducia, la collaborazione e l’interazione tra i membri.


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36

Testualmente, la Circolare 285 prescrive (in una nota) che “ad esempio: in caso di rinnovo integrale del consiglio, nei primi anni le banche possono strutturare il processo dando maggiore rilevanza ad aspetti quali i flussi informativi, la qualità delle riunioni, il grado di coinvolgimento dei singoli membri, precondizioni del buon funzionamento del board negli anni a venire; negli anni successivi può essere data maggiore rilevanza alla valutazione dei risultati strategici conseguiti, che richiedono un più lungo lasso di tempo per essere opportunamente valutati. Con riferimento alla composizione del consiglio, le autovalutazioni iniziali possono, ad esempio, essere soprattutto indirizzate a identificare eventuali programmi di formazione utili ad accrescere gli skills dei componenti; quelle effettuate negli anni successivi possono invece essere prioritariamente finalizzate a individuare la migliore composizione del consiglio in vista dei rinnovi e delle informazioni da rendere ai sensi della Sezione IV”.


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37

Circa i questionari e le interviste, le disposizioni della Banca d’Italia forniscono suggerimenti su come strutturarli. Il Documento sugli esiti della consultazione conferma la possibilità di utilizzare anche questionari in forma anonima che, tuttavia, non devono rappresentare l’unica forma di raccolta di dati e valutazioni.


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38

Per espressa previsione normativa, rientrano in questa categoria di soggetti coloro che riportano direttamente all’organo (ad esempio, i responsabili di aree operative e di funzioni aziendali di controllo) o che partecipano alle sue riunioni (ad esempio, i componenti del collegio sindacale).


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39

Nel quale sono illustrati la metodologia seguita, le fasi del processo che si sono svolte, i soggetti coinvolti, i risultati ottenuti e le azioni correttive.


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40

Ai sensi dell’art. 36 del d. l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214.


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41

Si rammenta che il direttore generale, pur partecipando alla funzione di gestione in quanto vertice della struttura interna, non si identifica con un organo sociale.


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42

Il riferimento va alle norme in tema di “competenza esclusiva degli amministratori per la gestione aziendale; dovere di “agire in modo informato”; informativa periodica al consiglio da parte degli organi delegati; diritto degli amministratori di avere dagli organi delegati informazioni sulla gestione della società”.


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43

Si evidenzia che l’enunciazione di questi principi generali è stata ritenuta dalla Banca d’Italia sufficientemente esaustiva al fine di assicurare il rispetto dell’obiettivo perseguito dalla normativa. È quindi demandato alle banche (in difformità dalle richieste di ulteriori norme di dettaglio espresse in sede di consultazione) l’obbligo di disciplina, nei regolamenti interni richiamati nel testo, le modalità di declinazione e applicazione di questi principi.


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44

Cfr. supra, nota n. 10.


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45

L’entrata in vigore delle nuove disposizioni della Circolare 285 qui commentate comporterà l’abrogazione del Provvedimento.


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