L’8 marzo 2019 la Commissione europea ha adottato un Regolamento delegato che modifica la disciplina Solvency II al fine di promuovere il finanziamento dell’economia reale, favorendo, tra l’altro, investimenti in azioni non quotate e in titoli di debito privi di rating da parte delle imprese di assicurazione[1].
Il Regolamento, la cui entrata in vigore è subordinata all’esito positivo del controllo del Parlamento europeo e del Consiglio, risponde più in generale all’esigenza, già espressa nel Piano d’Azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali del 30 settembre 2015, di mobilitare capitali in Europa per agevolare soprattutto l’accesso delle PMI europee al finanziamento tramite capitale di rischio e di credito[2]. Questione, quella del reperimento di capitali da parte delle PMI, di particolare importanza considerata, da un lato, la rilevanza del fenomeno delle PMI[3], che in Italia costituiscono quasi la totalità delle imprese che operano nei settori produttivi non finanziari[4] e, dall’altro lato, l’esigenza di fonti alternative di finanziamento in seguito alla stretta del credito da parte delle banche a seguito della crisi finanziaria del 2008[5].
Il settore assicurativo ha un ruolo di primo piano per il conseguimento degli obiettivi dell’Unione dei mercati dei capitali, rappresentando evidentemente un «pilastro del settore finanziario europeo»[6], con migliaia di miliardi di attività in gestione. Se si considerano tuttavia i dati sugli investimenti delle imprese di assicurazione, risulta che la percentuale di investimenti azionari nel periodo 2011-2016 è in genere al di sotto del 10% del totale dell’attivo, con valori su base nazionale, nel 2016, tra il 3 e il 7% per Stati membri quali l’Italia, i Paesi Bassi, la Spagna, il Belgio e la Germania[7]. Parimenti, quanto al collocamento privato del debito, che rappresenta una fonte di finanziamento sempre più importante per le PMI[8], gli attivi investiti dagli assicuratori in tale mercato sono del tutto marginali.[9]
In questa prospettiva, il Regolamento interviene per eliminare possibili ostacoli agli investimenti da parte delle imprese di assicurazioni in strumenti di capitale non quotati e in titoli di debito privi di rating.
In sostanza, prescindendo qui dalle specifiche regole e formule tecniche previste dal Regolamento, vengono introdotti una serie di criteri che, se rispettati, consentono di ridurre i requisiti patrimoniali della formula standard per questo tipo di investimenti.
Per esempio, con riferimento agli strumenti di capitale non quotati, si stabilisce, tra l’altro, che deve trattarsi di azioni ordinarie emesse da società con sede in un paese che è membro dello Spazio economico europeo, e che in definitiva presentino caratteristiche di «alta qualità». L’obiettivo è di agevolare tali investimenti in quanto, avendo un grado di liquidità evidentemente più basso rispetto alle azioni quotate, possono contribuire ad una crescita sostenibile nel lungo termine. Assumendo che anche solo il 5% degli attuali investimenti degli assicuratori in azioni non quotate rispetti i criteri per il trattamento preferenziale, si renderebbero disponibili circa 35 miliardi di euro che potrebbero essere investiti per il finanziamento dell’economia reale.[10]
Proprio al fine di promuovere l’investimento a lungo termine, il Regolamento prevede, inoltre, che un sottoinsieme degli investimenti in strumenti di capitale può essere qualificato appunto come «investimenti a lungo termine», con applicazione di requisiti patrimoniali meno onerosi, nella misura in cui l’impresa di assicurazione dimostri all’autorità di vigilanza che sono soddisfatte una serie di condizioni e, segnatamente, che il periodo medio di detenzione degli investimenti inclusi nel sottoinsieme supera i cinque anni, che tale sottoinsieme è incluso in un portafoglio di attività assegnato a copertura di obbligazioni di assicurazione chiaramente identificate, e che la situazione di solvibilità dell’impresa di assicurazione, nonché i suoi piani strategici e le procedure di segnalazione riguardo alla gestione delle attività e delle passività sono tali da assicurare, su base continuativa e in condizioni di stress, che essa è in grado di evitare la vendita forzata di ciascuno degli investimenti in strumenti di capitale inclusi nel sottoinsieme per un periodo di almeno dieci anni.
Anche per quanto riguarda i titoli di debito privi di rating, l’obiettivo è il medesimo, di liberare nuove risorse per gli investimenti tramite una maggiore flessibilità sui requisiti patrimoniali imposti agli assicuratori. Attualmente tali titoli sono ricompresi in una categoria residuale assimilata ai titoli di debito con rating al di sotto dell’investment grade. Il Regolamento punta, invece, a ridurre i requisiti patrimoniali per quei titoli che, pure se privi di rating, possono comunque essere considerati come di investment grade.
A tal fine le imprese di assicurazione sono autorizzate ad effettuare una valutazione interna del merito di credito dei titoli di debito privi di rating, nel rispetto di una serie di requisiti relativi alle loro caratteristiche (ad esempio, oltre ad alcune condizioni piuttosto stringenti in punto di regolamento del prestito, deve trattarsi di titoli emessi da società che non appartengono allo stesso gruppo dell’impresa di assicurazione, e che prevedono il rimborso del capitale alla scadenza e il pagamento di interessi periodici), ma anche evidentemente in conformità a best practices e criteri tipicamente impiegati nella valutazione della qualità del debito. L’affidabilità della valutazione deve poter essere comprovata all’autorità di vigilanza, «con piena soddisfazione» della stessa.
Inoltre, nel caso in cui un’impresa di assicurazione concluda un accordo con un ente creditizio o un’impresa di investimento per coinvestire in titoli di debito per i quali non è disponibile una valutazione del merito di credito da parte di un’agenzia esterna, l’impresa di assicurazione è autorizzata a utilizzare per il calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità i risultati del modello interno di tale ente creditizio o impresa di investimento, purché questi abbiano sede nello Spazio economico europeo.
Si prevede che tanto la valutazione del merito di credito effettuata internamente dall’assicuratore, quanto l’utilizzo dei risultati del modello interno del co-investitore, potranno contribuire in modo significativo allo sviluppo dei mercati europei di collocamento privato del debito, riducendo, inoltre, la necessità di ricorrere a rating esterni.[11]
Per concludere, il Regolamento delegato, allentando alcune regole (eccessivamente) prudenziali di Solvency II, mira a riorientare le scelte d’investimento delle imprese di assicurazione, favorendo investimenti a lungo termine e dando nuovo impulso al finanziamento dell’economia, in linea con gli obiettivi dell’Unione dei mercati dei capitali.
Su un piano più generale, merita osservare da ultimo l’importanza, a livello di sistema Paese, di sensibilizzare imprese di assicurazione e PMI a instaurare relazioni virtuose che consentano di cogliere le opportunità di crescita sottese alle nuove regole, ancora una volta, inevitabilmente, di matrice europea.
[1] Regolamento Delegato (UE) della Commissione, dell'8 marzo 2019, recante modifica del regolamento delegato (UE) 2015/35 che integra la direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Solvibilità II), disponibile al link: https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/3/2019/IT/C-2019-1900-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF.
[2] L'obiettivo, peraltro, è stato riproposto nella revisione intermedia dell'Unione dei mercati dei capitali del giugno 2017.
[3] Le PMI sono definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE quali imprese che occupano meno di 250 persone, e con un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro o un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro.
[4] Cfr. Commissione Europea, 2018 SBA Fact Sheet – Italy, disponibile al link: https://ec.europa.eu/growth/smes/business-friendly-environment/performance-review_en
[5] Per una rassegna delle evidenze empiriche sul grado di sviluppo della finanza alternativa per le PMI in Italia, con riferimento ad una recente indagine condotta sul punto dal Politecnico di Milano, cfr. A. Borselli, La finanza alternativa per le PMI in Italia: una ricerca del Politecnico di Milano, in pubblicazione in Riv. soc., 2019, n. 2-3.
[6] Così, la Relazione al Regolamento Delegato.
[7] V. EIOPA, Investment behaviour report, 16 novembre 2017, disponibile al link: https://eiopa.europa.eu/Publications/Reports/Investment_behaviour_report.pdf (ove vengono riportate percentuali comunque più elevate per Paesi come Regno Unito e Svezia).
[8] Cfr. EU Commission, Identifying market and regulatory obstacles to the development of private placement of debt in the EU, 2017, 13 ss. disponibile al link https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/180216-study-private-placements_en.pdf (ove si evidenzia che in Europa il collocamento privato del debito ha avuto una crescita costante negli ultimi anni).
[9] Cfr. Council of the European Union, Commission Staff Working Document. Supporting insurers' investment in equity and unrated debt, 2 April 2019, 16, disponibile al link https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/10102/2019/EN/SWD-2019-146-F1-EN-MAIN-PART-1.PDF (di seguito, Commission Staff Working Document).
[10] Commission Staff Working Document, 9.
[11] Commission Staff Working Document, 20.