WEBINAR / 30 Gennaio
Rappresentante designato nelle società quotate alla luce della Legge Capitali


Impatti per le assemblee 2025

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 10/01


WEBINAR / 30 Gennaio
Rappresentante designato nelle società quotate alla luce della Legge Capitali
www.dirittobancario.it
Approfondimenti

I nuovi profili dell’OPA obbligatoria alla luce del Decreto Competitività e delle recenti modifiche al Regolamento Emittenti

4 Marzo 2015

Avv. Marta Sassella, Studio Legale Associato in association with Linklaters LLP

Di cosa si parla in questo articolo

1. Le principali novità introdotte dal Decreto Competitività in relazione alla disciplina delle società quotate e dell’OPA obbligatoria

Nell’ambito delle numerose novità introdotte dal decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 116 del 11 agosto 2014 (il “Decreto Competitività”)[1], il legislatore ha apportato, tra l’altro, importanti modifiche alla disciplina delle società quotate con l’obiettivo precipuo di favorire e semplificare l’accesso al mercato dei capitali di rischio da parte delle società (ivi incluse le piccole e medie imprese), nonché di dotare le società quotande e quotate di una serie di ulteriori strumenti finalizzati a incentivare gli investimenti azionari di lungo periodo e, conseguentemente, a colmare il deficit strutturale che attualmente caratterizza la dimensione complessiva del mercato mobiliare italiano, e di quello azionario in particolare, rispetto alle principali economie europee[2].

In particolare, il Decreto di Competitività ha introdotto una serie di modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (il “TUF”), ivi incluse, in particolare:

  1. l’introduzione del nuovo articolo 127-quinquies del TUF avente ad oggetto la facoltà per le società (quotande e quotate) di prevedere statutariamente la c.d. “maggiorazione del diritto di voto”, ossia l’attribuzione di diritti di voto più che proporzionali (fino ad un massimo di due voti) alle azioni detenute dallo stesso titolare per un certo periodo continuativo di tempo non inferiore a ventiquattro mesi;
  2. l’introduzione del nuovo articolo 127-sexies del TUF che, se da un lato, esclude in generale per le società quotate la possibilità di emettere azioni a voto plurimo successivamente alla quotazione, dall’altro lato, consente alle società quotate che abbiano emesso azioni a voto plurimo prima dell’inizio delle negoziazioni di mantenere inalterate le caratteristiche e i diritti afferenti tali azioni e, nel rispetto di determinati limiti, di emettere azioni a voto plurimo a seguito di operazioni di aumento di capitale, fusione e scissione;
  3. la modifica degli articoli 106 e 109 del TUF, al fine di prevedere l’obbligo di promuovere un’offerta pubblica totalitaria nel caso di superamento (individualmente ovvero da parte di più soggetti di concerto tra loro) della soglia del 30% dei diritti di voto, ovvero di altre soglie previste dalla disciplina OPA obbligatoria, per effetto della maggiorazione del diritto di voto;
  4. l’introduzione del nuovo comma 1-bis dell’articolo 106 del TUF, ai sensi del quale nelle società contendibili ― per tali intendendosi le società di certe dimensioni prive di un azionista che detiene una partecipazione superiore al 25% ― la soglia rilevante ai fini dell’OPA obbligatoria è ridotta dal 30% al 25%, purché quest’ultima sia superata a seguito di acquisti (anche di concerto) e non per effetto della maggiorazione del diritto di voto;
  5. l’introduzione all’articolo 106, comma 1-ter e 3-quater, del TUF di un regime agevolato ai fini della disciplina dell’OPA obbligatoria applicabile, su base opzionale, alle piccole e medie imprese (“PMI”) ― per tali intendendosi le società con capitalizzazione media di mercato inferiore a Euro 500 milioni e/o con fatturato non superiore a Euro 300 milioni ― e, precisamente: (a) l’introduzione della facoltà per ciascuna PMI di stabilire, con apposita previsione dello statuto sociale, la soglia OPA più adeguata alle proprie caratteristiche nell’ambito di un intervallo prestabilito compreso tra il 25% e il 40%, nonché (b) l’introduzione della facoltà per ciascuna PMI di sospendere, con apposita previsione dello statuto sociale (c.d. opt-out statutario), l’applicazione delle disposizioni in materia di c.d. OPA da consolidamento durante i primi cinque anni successivi alla quotazione.

Alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto Competitività, il legislatore ha quindi conferito delega a CONSOB di emanare, con proprio regolamento, le conseguenti disposizioni di attuazione necessarie per adeguare le disposizioni regolamentari alle modifiche al TUF introdotte dal Decreto Competitività. A tal fine, CONSOB ha avviato in data 5 novembre 2014 una procedura di consultazione a esito della quale la Commissione ha emanato, con delibera n. 19084 del 19 dicembre 2014, entrata in vigore l’1 gennaio 2015, le conseguenti modifiche alle disposizioni contenute nel Regolamento CONSOB n. 11971/1999 (il “Regolamento Emittenti”), ivi incluse, in particolare, quelle relative alla disciplina dell’OPA obbligatoria.

2. La maggiorazione del diritto di voto e le azioni a voto plurimo: le implicazioni in tema di OPA obbligatoria

2.1. La maggiorazione del diritto di votoe il calcolo delle soglie rilevanti ai fini dell’OPA obbligatoria

Passando al merito delle novità introdotte dal Decreto Competitività e dal Regolamento Emittenti in relazione alla maggiorazione del diritto di voto, e limitando la presente analisi alla descrizione di quelle disposizioni più rilevanti ai fini della disciplina dell’OPA obbligatoria, ai sensi del combinato disposto degli articoli 127-quiquies del TUF e 143-quater del Regolamento Emittenti, è stata introdotta la possibilità per le società quotate di prevedere in statuto l’attribuzione di un voto maggiorato (con un limite massimo di due voti per azione) in relazione alle azioni detenute dallo stesso azionista[3] per un periodo consecutivo indicato nello statuto, non inferiore a ventiquattro mesi[4] dalla data in cui l’azionista è stato iscritto, su sua richiesta, in un elenco speciale, la cui tenuta deve essere disciplinata dallo statuto della società[5].

Ampia autonomia statutaria è riconosciuta alle singole società in merito all’individuazione dell’ambito di applicazione della maggiorazione del diritto di voto, fermo restando, tuttavia, il rispetto di alcuni limiti inderogabili previsti dal legislatore a tutela delle minoranze azionarie. Precisamente, da un lato, il legislatore ha introdotto il principio dispositivo, derogabile dallo statuto, secondo cui la maggiorazione del diritto di voto si computa per la determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale e, quindi, per qualsiasi delibera dell’assemblea ordinaria ovvero straordinaria dei soci, lasciando, pertanto, alla discrezionalità delle singole società la scelta eventuale di limitare l’applicazione della maggiorazione del diritto di voto solo a determinate materie di competenza dell’assemblea dei soci individuate dallo statuto sociale (quali, ad esempio, la nomina degli organi sociali, l’approvazione di modifiche statutarie e/o operazioni straordinarie, come fusioni, scissioni, aumenti di capitale, ecc.). Dall’altro lato, il legislatore ha stabilito che la maggiorazione del diritto di voto non ha effetto sui diritti diversi dal voto (siano essi attenenti al procedimento assembleare[6] o ad esso estranei[7]), nonché, ove prevista dallo statuto della società, ai fini dell’applicazione della c.d. regola di neutralizzazione prevista dall’articolo 104-bis del TUF[8].

Quanto poi alle conseguenze sulla maggiorazione del diritto di voto una volta che la stessa sia stata attribuita all’azionista nei termini sopra descritti, il legislatore, da un lato, ha demandato all’autonomia statutaria la possibilità di prevedere la facoltà dell’azionista di poter rinunciare, irrevocabilmente, in tutto o in parte, alla maggiorazione del diritto di voto a lui spettante, e, dall’altro lato, ha dettato norme specifiche volte a regolare il destino del voto maggiorato a seguito del compimento di determinati atti di disposizione aventi ad oggetto, direttamente o indirettamente, le relative azioni. In particolare, il legislatore ha introdotto, tra l’altro, la previsione inderogabile secondo cui il trasferimento, a titolo oneroso o gratuito, delle azioni (ovvero la cessione, diretta o indiretta, di una partecipazione di controllo in una società che detiene azioni a voto maggiorato in misura superiore al 2% del capitale sociale della società quotata[9]) comporta la decadenza automatica ex lege della maggiorazione del diritto di voto[10].

Alla luce delle disposizioni sopra descritte, risulta, in primo luogo, evidente come la portata innovativa di queste disposizioni sia sensibilmente rilevante, in quanto, come già in parte auspicato ed emerso nell’ambito di alcuni recenti studi[11], nonché evidenziato dalla stessa Commissione Europea[12], il legislatore italiano, ispirandosi anche a modelli adottati da alcuni ordinamenti giuridici stranieri[13], ha inteso superare il tradizionale, e sotto certi profili discusso[14], principio del “one share-one vote”, nel tentativo di dotare le società di una maggiore flessibilità di intervento e definizione della propria struttura di capitale sociale mediante ricorso a nuovi strumenti più trasparenti[15] e premianti, che favoriscano e incentivino gli investimenti azionari a lungo termine e l’attiva partecipazione degli azionisti alla vita societaria[16] con conseguenti benefici in termini di stabilità degli indirizzi di gestione dell’impresa e riduzione della volatilità dei corsi azionari[17].

Tuttavia, preme sul punto osservare che l’implementazione dello strumento innovativo della maggiorazione del diritto di voto in un contesto di mercato azionario quale quello italiano, tradizionalmente ispirato a modelli a struttura proprietaria concentrata[18], non è esente da potenziali rischi non trascurabili. Ci si riferisce, in particolare, al principale rischio che, in assenza di adeguati presidi a tutela degli azionisti di minoranza, il ricorso strumentale alla maggiorazione del diritto di voto possa comportare effetti pregiudizievoli in termini di riduzione e limitazione del grado di contendibilità della società quotata a causa della conseguente riduzione dei costi per l’assunzione, il mantenimento e/o il consolidamento di posizioni di controllo da parte dell’azionista di riferimento[19]. Non si può, infatti, trascurare come soprattutto i soci di controllo delle società quotate possano trarre benefici dall’opportunità di introdurre il meccanismo della maggiorazione dei diritti di voto, potendo così di fatto essi raddoppiare il proprio peso nelle assemblee e così rafforzare (o quanto meno preservare) la propria posizione di controllo senza essere tenuti ad effettuare ulteriori investimenti a titolo di capitale sociale e senza correre il rischio, in forza di espressa esclusione prevista in tal senso dall’articolo 127-quinquies, comma 6, del TUF, di un eventuale esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti di minoranza della società che non abbiano concorso all’adozione della delibera assembleare che ha introdotto nello statuto il meccanismo della maggiorazione del diritto di voto. A tal riguardo, ci si limita a osservare che fino ad oggi le seguenti società quotate italiane hanno adottato l’istituto della maggiorazione del diritto di voto: Campari S.p.A., Amplifon S.p.A. e Astaldi S.p.A., società tutte controllate da un azionista di riferimento titolare di una partecipazione superiore al 50%.

Alla luce di tali considerazioni, sia il legislatore, sia CONSOB, intervenendo nell’ambito della disciplina dell’OPA obbligatoria[20], hanno introdotto nel TUF e nel Regolamento Emittenti alcuni accorgimenti a protezione delle minoranze azionarie; ciò, nel tentativo di neutralizzare il rischio di un utilizzo “distorto” dello strumento della maggiorazione del diritto di voto tenuto conto delle modifiche sugli assetti di potere di una società quotata che l’adozione di tale istituto può comportare.

Soffermandosi sui principali interventi disposti dal legislatore e da CONSOB in seguito all’introduzione dell’istituto della maggiorazione del diritto di voto, si osserva che il legislatore e la Commissione hanno posto particolare attenzione in merito ai seguenti profili: (i) modalità di computo delle soglie rilevanti ai fini OPA in caso di maggiorazione del diritto di voto, (ii) individuazione delle fattispecie per le quali il superamento della soglia OPA per effetto della maggiorazione del diritto di voto comporta in capo al soggetto interessato l’obbligo di promuovere un’OPA totalitaria, e (ii) determinazione del prezzo dell’OPA obbligatoria in caso di maggiorazione del diritto di voto.

Con riferimento ai primi due aspetti relativi alle modalità di calcolo della soglia OPA in caso di maggiorazione e alla rilevanza della maggiorazione del diritto di voto quale “evento acquisitivo” soggetto alla disciplina dell’OPA obbligatoria, si deve osservare, in primo luogo, che il legislatore ha modificato l’articolo 106, comma 1, del TUF prevedendo ora che “Chiunque, a seguito di acquisti ovvero di maggiorazione dei diritti di voto, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ovvero a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi promuove un’offerta pubblica di acquisto rivolta ai tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli[21] ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso”. Pertanto, alla luce delle disposizioni introdotte, il legislatore, da un lato, ha integrato la fattispecie rilevante ai sensi dell’articolo 106, comma 1, del TUF al fine di includere la maggiorazione del diritto di voto quale modalità di acquisizione del controllo analoga a quella che si può realizzare mediante l’acquisto di titoli, e, dall’altro lato, ha chiarito che, in caso di adozione della maggiorazione del diritto di voto, a prescindere dallo strumento giuridico utilizzato per l’acquisizione del controllo (ossia, acquisto di partecipazioni e/o maggiorazione del voto), l’obbligo di OPA viene a determinarsi a seguito del superamento di una quota di diritti di voto superiore al 30%.

Analoghe modifiche a quelle sopra menzionate sono state apportate dal legislatore all’articolo 106, comma 3, lett. a) e b), del TUF relativo alle c.d. OPA a cascata e OPA da consolidamento[22].

CONSOB, nell’esaminare e valutare le possibili opzioni regolamentari di attuazione delle nuove disposizioni di cui all’articolo 106 del TUF sopra descritte, ha apportato una serie di modifiche al Regolamento Emittenti che sono di seguito meglio illustrate.

Per quanto concerne il profilo generale delle modalità di computo delle soglie OPA nel caso di una società quotata che abbia introdotto l’istituto della maggiorazione del diritto di voto, CONSOB[23] ha optato per un sistema c.d. “a soglia unica” in luogo, invece, di un sistema c.d. “a doppia soglia alternativa e correlata”.

Precisamente, sulla base della ratio della disciplina dell’OPA obbligatoria, come prevista anche dalla direttiva 2004/25/CE[24], e in un’ottica di semplificazione e uniformità con la disciplina degli assetti proprietari[25], CONSOB ha introdotto il nuovo articolo 44-bis.1 del Regolamento Emittenti, ai sensi del quale, con riferimento alle società che hanno introdotto la maggiorazione del diritto di voto, tutte le soglie percentuali rilevanti ai fini dell’ OPA obbligatoria a norma dell’articolo 106 TUF[26] devono essere calcolate esclusivamente avuto riguardo al numero di diritti di voto esercitabili nelle deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori (o del consiglio di sorveglianza) in rapporto al numero complessivo dei diritti di voto esercitabili in assemblea per le medesime materie.

Conseguentemente, ai sensi delle nuove disposizioni legislative e regolamentari, nel caso in cui la società quotata non abbia introdotto nel proprio statuto lo strumento della maggiorazione del diritto di voto, continueranno di fatto ad applicarsi i criteri “tradizionali” previsti dal combinato disposto degli articoli 105, comma 2 e 106 del TUF, ai sensi dei quali l’obbligo di OPA viene in rilievo in presenza di acquisti di una partecipazione rappresentata da azioni con diritto di voto che, calcolata in termini percentuali in rapporto al numero complessivo dei titoli emessi, supera la relativa soglia OPA. In tal caso, infatti, vi è sempre una piena corrispondenza e identità tra numero di azioni con diritto di voto detenute dagli azionisti e numero di diritti di voto agli stessi spettanti in ragione dei diritti di voto (non maggiorati) attribuiti alla categoria di azioni di titolarità dei medesimi. Diversamente, nel caso in cui la società abbia introdotto nel proprio statuto lo strumento della maggiorazione del diritto di voto, troveranno applicazione le disposizioni di cui al combinato disposto degli articoli 106 TUF e 44-bis 1 del Regolamento Emittenti, ai sensi dei quali l’obbligo di OPA viene in rilevo in presenza dell’intervenuta disponibilità di una quota di diritti di voto, che, calcolata in termini percentuali in rapporto al numero complessivo dei diritti di voto (ossia al numero totale dei voti attribuiti dalla categoria di appartenenza delle azioni incrementati dei voti maggiorati spettanti agli azionisti che abbiano maturato tale diritto), risulta superiore alla relativa soglia OPA. Pertanto, ad esempio, il soggetto che acquista una partecipazione superiore al 30% del capitale sociale di una società che ha introdotto la maggiorazione del diritto di voto, ma dispone di una quota di diritti di voto inferiore al 30% della totalità dei medesimi (per effetto dell’attribuzione di voti maggiorati a favore di altri azionisti), non sarà tenuto all’obbligo di OPA, non trovandosi, in quel momento, a detenere una partecipazione che gli consente di esercitare più del 30% dei diritti di voto complessivi. Diversamente, il soggetto che, a seguito di acquisti, è titolare di una partecipazione inferiore al 30% del capitale sociale di una società che ha introdotto la maggiorazione del diritto di voto, ma, per effetto della maggiorazione dei diritti di voto allo stesso spettante, risulta titolare di una quota di diritti di voto superiore al 30% della totalità dei medesimi, sarà tenuto all’obbligo di OPA.

Con riferimento, inoltre, all’individuazione delle fattispecie per le quali il superamento della soglia OPA per effetto della sola maggiorazione del diritto di voto (e non di acquisti di titoli in senso stretto) comporta l’obbligo di promuovere un’OPA totalitaria, CONSOB, in attuazione delle modifiche introdotte all’articolo 106, commi 1 e 3, lett. a) e b), del TUF, ha modificato coerentemente gli articoli 45 e 46 del Regolamento Emittenti[27].

Avuto riguardo a quanto precede, si osserva che la scelta regolamentare di CONSOB di optare per l’applicazione di un sistema c.d. “a soglia unica, oltre ad essere fondata, tra l’altro, su ragionevoli e condivisibili esigenze di semplificazione, risulta aderente alla ratio stessa dell’istituto dell’OPA obbligatoria, secondo cui le disposizioni in materia di offerta pubblica di acquisto obbligatoria sono principalmente volte ad assicurare agli azionisti di minoranza di una società quotata un diritto di exit qualora un soggetto abbia acquisito una posizione di “rilievo” in termini di potere di voto sufficientemente significativa nella prospettiva dell’esercizio del controllo, quale, ad esempio, la posizione del soggetto che dispone, in modo effettivo e attuale, di più del 30% dei diritti di voto esercitabili nelle deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori o del consiglio di sorveglianza della società quotata[28].

Tuttavia, anche il sistema c.d. “a soglia unica” non sembra del tutto immune da possibili criticità e complessità che potrebbero, nei fatti, disincentivare il ricorso alla maggiorazione del diritto di voto e alla sua effettiva appetibilità per le società e il mercato. Ci si riferisce, in particolare, alla constatazione che, come sopra detto, in presenza della maggiorazione del diritto di voto, il computo delle soglie OPA si deve esclusivamente basare sul numero complessivo dei diritti di voto, numero che, per natura intrinseca all’istituto della maggiorazione dei diritti di voto, è “transitorio” e suscettibile potenzialmente di variazioni frequenti nel corso del tempo. Inoltre, le nuove disposizioni introdotte al TUF e al Regolamento Emittenti, che prevedono che anche la maggiorazione del diritto di voto (in assenza di acquisti di titoli) possa comportare l’obbligo di promuovere un’OPA totalitaria qualora siano superate le relative soglie OPA, fanno sì che l’eventuale soggezione all’obbligo di OPA in caso di maggiorazione dei diritti di voto sia di fatto correlata a situazioni mutevoli nel tempo, alcune delle quali, poi, possono dipendere non soltanto dalla maggiorazione maturata in capo all’azionista potenzialmente interessato dall’obbligo di OPA, ma anche dai comportamenti di azionisti terzi. Si pensi, ad esempio, alla variazione in diminuzione del numero complessivo dei diritti di voto per effetto della perdita o rinuncia dei diritti maggiorati spettanti ad uno o più azionisti con conseguente accrescimento della quota percentuale dei diritti di voto spettanti agli altri azionisti.

Al fine di ovviare, o quanto meno contenere gli effetti disincentivanti derivanti da tali criticità, il legislatore e CONSOB hanno, quindi, previsto alcuni meccanismi correttivi.

In primo luogo, sono stati inseriti alcuni specifici obblighi di disclosure su base periodica da parte della società quotata in relazione al numero complessivo di diritti di voto risultanti dall’apposito elenco previsto dal combinato disposto degli articoli 127-quinquies, comma 2 del TUF e 143-quater del Regolamento Emittenti. Precisamente, al fine di ridurre i costi monitoraggio che, in assenza di una pubblicazione periodica da parte della società, comporterebbero un onere assai gravoso in capo ai singoli azionisti di consultare (su base potenzialmente continuativa) l’apposito elenco istituito dalla società[29], il nuovo comma 4-bis dell’articolo 85-bis del Regolamento Emittenti impone alle società che hanno introdotto la maggiorazione dei diritti di voto di rendere noto a CONSOB e al mercato l’ammontare complessivo dei diritti di voto entro il quinto giorno di mercato aperto dalla fine di ciascun mese di calendario durante il quale è stato accertato un aumento o una diminuzione di tale ammontare[30] e, in ogni caso, entro il giorno successivo dalla c.d. record date di cui all’articolo 83-sexies, comma 2 del TUF[31]. Inoltre, CONSOB ha chiarito che, in caso di superamento della soglia OPA per effetto della sola maggiorazione del diritto di voto (e, quindi, in assenza di acquisti di titoli[32]), il dies a quo dell’obbligo di OPA a carico dell’azionista interessato viene a configurarsi dalla data della comunicazione da parte della società ai sensi dell’articolo 85-bis, comma 4-bis del Regolamento Emittenti. In altre parole, le nuove disposizioni introdotte al Regolamento Emittenti hanno così fissato delle scadenze temporali ben precise per consentire agli azionisti di verificare e accertare in quelle specifiche finestre temporali se, per effetto della maggiorazione dei diritti di voto, la propria quota di diritti di voto rapportata al numero complessivo dei diritti esercitabili risulta superiore o meno alle soglie OPA.

In secondo luogo, il legislatore e CONSOB hanno introdotto alcune modifiche al combinato disposto degli articoli 106, comma 5, lett. d), del TUF e 49, comma 1, lett. e), del Regolamento Emittenti in relazione alla c.d. “esenzione dall’OPA obbligatoria per superamenti temporanei”. È, infatti, ora previsto che è esente dall’obbligo di OPA il superamento della relativa soglia da parte del soggetto che “si impegna a cedere a parti non correlate i titoli, ovvero a ridurre i diritti di voto, in eccedenza entro dodici mesi e a non esercitare i medesimi diritti”. Tale modifica offre rimedio a un problema di un certo rilievo, come è stato correttamente osservato nell’ambito della procedura di consultazione avviata da CONSOB in relazione alle modifiche al Regolamento Emittenti: non potendo di fatto l’azionista prevedere in anticipo e con certezza l’entità percentuale dell’incremento dei voti a lui spettanti rispetto alla totalità dei diritti di voti di volta in volta esercitabili in assemblea, detto azionista potrebbe trovarsi nella oggettiva difficoltà di poter programmare e organizzare in modo efficiente la raccolta delle risorse finanziarie necessarie ai fini dell’adempimento dell’obbligo di OPA in caso di superamento della soglia rilevante. Pertanto, in virtù delle modifiche introdotte all’esenzione OPA in parola viene offerta la possibilità all’azionista, una volta accertato il superamento della soglia OPA sulla base della comunicazione da parte della società ai sensi dell’articolo 85-bis, comma 4-bis del Regolamento Emittenti, di scegliere se promuovere l’OPA obbligatoria ovvero, alternativamente, avvalersi dell’esenzione per superamento temporaneo. A tal riguardo, si osserva che l’opzione relativa alla “riduzione dei diritti di voto” contemplata ai fini dell’applicabilità dell’esenzione di cui all’articolo 49, comma 1, lett. e), del Regolamento Emittenti assumerà ovviamente particolare rilevo qualora lo statuto della società quotata preveda la possibilità per l’azionista di rinunciare, in tutto o in parte, alla maggiorazione del diritto di voto in qualsiasi momento successivamente all’attribuzione dei voti maggiorati.

In terzo luogo, CONSOB ha introdotto nel Regolamento Emittenti un’ulteriore ipotesi di esenzione dall’obbligo di OPA in relazione ai c.d. “superamenti passivi”. Sul punto, ci si riferisce all’eventualità in cui un azionista si trovi a detenere una quota percentuale di diritti di voto superiore alla soglia OPA per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto conseguente alla perdita (o rinuncia, se prevista dallo statuto) dei diritti di voto maggiorati spettanti agli altri azionisti[33].

In particolare, tenuto conto del principio generale previsto dall’articolo 106, comma 5, lett. a) del TUF, secondo cui l’obbligo di OPA non scatta allorché il superamento della soglia OPA sia dovuto da “cause indipendenti dalla volontà dell’acquirente”, CONSOB ha introdotto il nuovo articolo 49, comma 1, lett. d-bis), del Regolamento Emittenti, ai sensi del quale nelle società che hanno introdotto nel proprio statuto la maggiorazione del diritto di voto il superamento della soglia OPA per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto non comporta l’obbligo di OPA, salvo che il soggetto interessato abbia acquistato, anche di concerto, una partecipazione che, calcolata in rapporto al numero complessivo dei titoli emessi dalla società, ecceda la soglia OPA. Pertanto, ai fini dell’applicabilità dell’esenzione in parola, occorrerà distinguere tra:

  1. il c.d. “superamento passivo involontario”, ossia l’incremento passivo “sopra soglia” della quota percentuale di diritti di voto spettanti ad un azionista, il quale non abbia acquistato (individualmente e/o in concerto con altre persone) una partecipazione che, calcolata in rapporto al numero complessivo dei titoli emessi dalla società, risulti superiore alla soglia OPA; e
  2. il c.d. “superamento passivo non involontario”, ossia l’incremento passivo “sopra soglia” della quota percentuale di diritti di voto spettanti ad un azionista, il quale abbia acquistato (individualmente e/o in concerto con altre persone) una partecipazione che, calcolata in rapporto al numero complessivo dei titoli emessi dalla società, risulti superiore alla soglia OPA.

Precisamente, avuto riguardo ai due scenari sopra descritti, CONSOB ha correttamente ritenuto che solo la prima fattispecie possa beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di OPA per superamenti passivi, in quanto in tale ipotesi il superamento della soglia rilevante ai fini OPA è determinata da un fatto posto in essere da un soggetto terzo e non agevolmente prevedibile (quale, appunto, la perdita o la rinuncia del voto maggiorato da parte di azionisti terzi). Pertanto, in tale ipotesi, alla luce del contemperamento tra esigenza di tutela degli azionisti di minoranza e necessità di non imporre obblighi non proporzionali a condotte del tutto prive di volontarietà, la Commissione ha correttamente ritenuto prevalente quest’ultima[34]. Diversamente, nella seconda fattispecie non esente dall’obbligo di OPA, ci si riferisce alla situazione in cui un azionista abbia (individualmente o di concerto con altre persone) acquistato[35] una partecipazione che, da un lato, se calcolata in rapporto al numero complessivo dei titoli emessi, supera la soglia OPA, ma, dall’altro lato, se calcolata in termini di numero complessivo di voti spettanti al momento dell’acquisto, risulta in quel momento rappresentativa di una quota di diritti di voto inferiore alle soglie OPA. In tale ipotesi, si osserva che sebbene l’azionista interessato non sia tenuto a promuovere immediatamente un’OPA obbligatoria a seguito dell’acquisto (in quanto, come sopra detto, il computo della soglia OPA deve esclusivamente effettuarsi avuto riguardo al numero dei diritti di voto esercitabili in assemblea), egli stesso però si pone volontariamente in una situazione di potenziale acquisto del controllo della società. Pertanto, nel momento in cui tale situazione potenziale di controllo diventa attuale per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto e del conseguentemente incremento “sopra soglia” dei diritti di voto spettanti a tale azionista, quest’ultimo sarà tenuto a promuovere l’OPA obbligatoria, essendo carente, in ragione dei precedenti acquisti da lui volontariamente effettuati, il carattere dell’involontarietà posto alla base dell’esenzione in parola[36]. Ovviamente, in tale scenario, tale azionista potrà comunque ricorrere all’applicazione della diversa esenzione dell’OPA obbligatoria per superamento temporaneo ai sensi dell’articolo 49, comma 1, lett. e), del Regolamento Emittenti, qualora si impegni a cedere a parti non correlate i titoli, ovvero a ridurre i diritti di voto, in eccedenza entro dodici mesi e a non esercitare i medesimi diritti.

Alla luce del nuovo regime delle esenzioni OPA applicabili in caso di introduzione del diritto di voto maggiorato, emerge quindi con evidenza la scelta regolamentare compiuta dalla Commissione, secondo cui, almeno in via teorica, qualsiasi superamento della soglia rilevante ai fini OPA (anche se solo passivo) può comportare un obbligo di OPA, fermo restando, tuttavia, che l’azionista interessato ha la possibilità di ricorrere ad un duplice ordine di esenzioni, in via alternativa tra loro: (i) l’esenzione per superamento involontario ai sensi dell’articolo 49, comma 1, lett e), del Regolamento Emittenti, ovvero (ii) in mancanza del presupposto dell’involontarietà[37], l’esenzione per superamento temporaneo ai sensi dell’articolo 49, comma 1, lett. e), del Regolamento Emittenti[38].

A completamento di quanto sopra, merita poi precisare che, correttamente, il Regolamento Emittenti è stato modificato in modo da prevedere che le previsioni sopra descritte in materia di esenzione dall’obbligo OPA per superamento involontario e per superamento temporaneo trovino applicazione con riferimento a tutte le soglie rilevanti ai fini dell’OPA obbligatoria a norma dell’articolo 106 TUF, ivi inclusa la soglia del 5% relativa alla c.d. OPA da consolidamento di cui all’articolo 106, comma 3, lettera b) del TUF[39].

Da ultimo, merita svolgere alcune considerazioni circa la determinazione del prezzo dell’OPA obbligatoria nel caso di superamento della soglia OPA in una società quotata che abbia introdotto l’istituto della maggiorazione del diritto di voto. Sul punto, giova osservare che il Decreto Competitività ha integrato le disposizioni di cui all’articolo 106, comma 2, del TUF prevedendo che, in caso di superamento della soglia OPA per effetto della maggiorazione del diritto di voto, l’OPA obbligatoria deve essere promossa, in mancanza di acquisti ad un prezzo più elevato, ad un prezzo non inferiore al prezzo medio ponderato di mercato degli ultimi dodici mesi.

Secondo l’interpretazione letterale di tali disposizioni, e come puntualizzato in tal senso dalla stessa CONSOB, sembrerebbe che il legislatore abbia inteso prevedere che, in caso di superamento della soglia OPA per effetto della maggiorazione, l’OPA obbligatoria debba essere promossa, alternativamente, a un prezzo non inferiore: (i) al prezzo medio ponderato di mercato degli ultimi dodici mesi, qualora l’offerente non abbia effettuato acquisti (anche marginali, ossia non determinati ai fini del superamento della soglia OPA) ad un prezzo più elevato nel medesimo arco temporale di dodici mesi, ovvero (ii) al prezzo più elevato pagato per acquisti compiuti negli ultimi dodici mesi. Secondo tale interpretazione, pertanto, la determinazione del prezzo dell’OPA obbligatoria in caso di superamento della soglia rilevante per effetto della maggiorazione sarebbe soggetta all’applicazione di un criterio parzialmente diverso da quello applicabile in materia di OPA obbligatoria ai sensi della prima parte dell’articolo 106, comma 2, del TUF, secondo cui, in presenza di acquisti effettuati nell’arco temporale rilevante dei dodici mesi, il prezzo dell’OPA obbligatoria deve fare esclusivo riferimento al prezzo pagato dall’offerente[40].

2.2. Le azioni a voto plurimo nelle società quotate: c.d sistema di dual class e implicazioni in tema di OPA obbligatoria

Come già anticipato, il Decreto Competitività ha introdotto il nuovo articolo 127-sexies del TUF, ai sensi del quale, da un lato, è fatto divieto per le società quotate di emettere azioni a voto plurimo[41] successivamente alla quotazione, e, dall’altro lato, è consentito alle società quotate che abbiano emesso azioni a voto plurimo prima dell’inizio delle negoziazioni[42] di mantenere inalterate le caratteristiche e i diritti afferenti tali azioni[43] e, nel rispetto di determinati limiti, di emettere azioni a voto plurimo a seguito di operazioni di aumento di capitale, fusione e scissione[44].

Avuto riguardo a quanto precede, ci si limita a osservare che la possibilità ora offerta alle società di emettere azioni a voto plurimo e di mantenere, successivamente all’inizio delle negoziazioni, le caratteristiche e i diritti spettanti a tale categoria di azioni rappresenti un evidente vantaggio per il relativo titolare. Si tratta, infatti, di titoli azionari non emettibili dopo la quotazione e che, a differenza del meccanismo della maggiorazione del diritto di voto previsto all’articolo 127-quinquies del TUF, non sono soggetti al rispetto del requisito di possesso minimo e possono attribuire fino a un massimo di tre voti (rispetto al limite inferiore di due voti in caso di voto maggiorato).

A tal riguardo, emerge in tutta evidenza come lo scopo del legislatore sia stato quello di ampliare la gamma di strumenti utilizzabili per raccogliere nuovi capitali e, quindi, di incentivare gli investimenti azionari e la crescita del sistema economico e del mercato mobiliare italiano tramite la quotazione di nuove imprese[45]. La permanenza, infatti, delle azioni a voto plurimo successivamente alla quotazione potrebbe consentire di implementare parzialmente anche in Italia la c.d. “struttura di dual class”, particolarmente diffusa negli Stati Uniti soprattutto tra le società operanti nei settori dei media e della new economy (quali Google, Facebook, Linkedin, Groupon, Zynga, ecc.), ove proprio la presenza di una doppia struttura azionaria, articolata in una categoria di azioni ordinarie collocate sul mercato regolamento e una seconda categoria di azioni a voto multiplo[46] non quotate di titolarità dei soli soci fondatori, ha consentito alcune delle più importanti IPO degli ultimi anni. Tuttavia, con riferimento al contesto italiano, al di là delle considerazioni mutuate dall’esperienza straniera, resterà da capire se il ricorso all’emissione pre quotazione delle azioni a voto plurimo costituirà un fattore di selezione dell’investimento ― come dovrebbe essere la buona governance ― o se sarà recepito, invece, dal mercato come un’ulteriore complicazione volta nella sostanza a blindare il controllo della società esercitato dal socio fondatore.

Con riferimento specifico al coordinamento tra disciplina delle azioni a voto plurimo emesse prima dell’intervenuta quotazione della società e disciplina dell’OPA obbligatoria applicabile alla società quotata, si osserva in primo luogo che le previsioni sopra descritte dell’articolo 44-bis.1 del Regolamento Emittenti relative alle modalità di calcolo delle soglie OPA (ossia computo delle soglie OPA avuto riguardo al numero dei diritti di voto, anziché dei titoli emessi) trovano coerentemente applicazione anche in presenza di azioni a voto plurimo, con conseguente rilevanza ai fini dell’OPA obbligatoria anche delle acquisizioni del controllo conseguenti al trasferimento delle azioni a voto plurimo e all’acquisto da parte dell’acquirente della relativa quota di diritti di voto eccedente la soglia OPA.

Particolare attenzione desta, tuttavia, l’applicazione delle previsioni relative alla determinazione del prezzo dell’OPA obbligatoria in presenza di azioni voto plurimo e della c.d. “struttura dual class” in virtù della quale le azioni a voto plurimo non sono quotate e sono detenute dal socio di controllo, mentre le azioni ordinarie sono quotate e detenute dal mercato. A ben vedere, infatti, nel caso in cui il socio di riferimento ceda a terzi azioni a voto plurimo (non quotate) che danno diritto a più del 30% dei diritti di voto esercitabili nelle deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori (o del consiglio di sorveglianza) e il cui trasferimento non abbia comportato la perdita dei diritti plurimi spettanti a tale categoria di azioni in mancanza di apposite clausole statutarie, ai sensi del combinato disposto degli articoli 106 del TUF e 44.bis.1 del Regolamento Emittenti l’acquirente sarà tenuto a lanciare un’OPA obbligatoria sulla totalità delle azioni ordinarie ammesse a quotazione (rappresentando quest’ultime la totalità dei titoli ammessi alla negoziazione). Tuttavia, in tale caso, secondo un’interpretazione letterale delle disposizioni di cui all’articolo 106, comma 2, del TUF il prezzo dell’OPA obbligatoria dovrebbe essere determinato avuto riguardo al solo prezzo medio ponderato di mercato delle azioni ordinarie degli ultimi dodici mesi, senza tenere conto del prezzo (e del conseguente premio di maggioranza) pagato dal terzo per l’acquisto delle azioni a voto plurimo. Infatti, il superamento della soglia OPA a seguito dell’acquisto delle azioni a voto plurimo avverrebbe per effetto di un acquisto di titoli di categoria (ossia le azioni a voto plurimo) diversa da quella delle azioni ordinarie. Secondo tale interpretazione, pertanto, verrebbe sì riconosciuto un diritto di exit agli azionisti di minoranza titolari, appunto, delle azioni ordinarie oggetto di OPA obbligatoria, ma ciò non avverrebbe a parità di condizioni, in quanto non sarebbe riconosciuto agli azionisti di minoranza il premio di maggioranza pagato dall’acquirente delle azioni a voto plurimo per l’acquisto del controllo della società. Tale questione porrebbe, quindi, una criticità in tema di appetibilità e valutazione da parte del mercato di strutture azionarie di questo tipo.

3. OPA obbligatoria e società contendibili

Un anno e mezzo dopo il dibattito emerso anche in ambito legislativo circa l’opportunità di inserire nel TUF un’ulteriore soglia OPA inferiore a quella del 30% e collegata all’acquisizione di un controllo di fatto in società ad azionariato diffuso[47], il Decreto Competitività ha introdotto il nuovo comma 1-bis all’articolo 106 del TUF, secondo cui nelle società diverse dalle PMI l’OPA obbligatoria deve essere promossa “anche da chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del venticinque per cento in assenza di altro socio che detenga una partecipazione più elevata”.

Il Decreto Competitività ha, quindi, introdotto un sistema di soglie OPA diversificato in base alla struttura proprietaria della società quotata, prevedendo, nella sostanza, una soglia OPA inferiore per le società contendibili (ossia prive di un azionista titolare di una partecipazione superiore al 25%) e di maggiori dimensioni[48].

In termini generali, l’introduzione della soglia OPA del 25% non si può che accogliere con favore, avuto riguardo alla ratio sottesa alla disciplina dell’OPA obbligatoria volta a tutelare le minoranze azionarie mediante il riconoscimento di un diritto di exit a parità di condizioni in caso di mutamento del soggetto controllante. Inoltre, la scelta di introdurre un sistema diversificato basato in ogni caso su soglie fisse (30% ovvero 25%) è altresì apprezzabile in un’ottica di certezza del mercato del controllo societario e maggiore funzionalità del mercato[49].

Con riferimento alle modalità di computo della soglia OPA del 25%, preme osservare che nel caso in cui la società quotata abbia introdotto in statuto la maggiorazione del diritto di voto, ai sensi del nuovo articolo 44-bis.1 del Regolamento Emittenti, anche la soglia OPA del 25% (così come quella “ordinaria” del 30%) deve essere calcolata avuto riguardo al numero di diritti di voto esercitabili nelle deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori (o del consiglio di sorveglianza) in rapporto al numero complessivo dei diritti di voto esercitabili in assemblea per le medesime materie[50].

Tuttavia, diversamente da quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, del TUF, ai fini del superamento della soglia OPA del 25% e del conseguente obbligo di OPA rilevano dei presupposti diversi, e precisamente:

  1. il superamento della soglia del 25% deve essere determinato unicamente da acquisti di titoli (anche di concerto); pertanto, l’eventuale superamento della soglia del 25% per effetto della sola maturazione in capo all’azionista di voti maggiorati non comporterà in capo a quest’ultimo l’obbligo di promuovere un’OPA totalitaria[51];
  2. il superamento della soglia del 25% deve avvenire in assenza di un altro azionista che sia titolare di una partecipazione più elevata.

Con riferimento al primo presupposto, ci si limita a osservare che la scelta del legislatore di limitare l’obbligo di OPA al solo superamento della soglia per effetto di acquisti di titoli è con ogni probabilità dettato dall’esigenza di non creare ulteriori disincentivi all’introduzione dell’istituto della maggiorazione del diritto di voto, esentando, quindi, dall’obbligo di OPA il soggetto che si trovi a incrementare sopra la soglia del 25% la propria quota di diritti disponibili in ragione della sola permanenza nel capitale della società per il periodo minimo di possesso delle azioni previsto in statuto.

Quanto, invece, al secondo presupposto legato all’assenza di un altro azionista titolare di una partecipazione più elevata, la lettera della legge solleva alcune criticità interpretative, in relazione alle quali sarà interessante capire come le pronunce di CONSOB si orienteranno nei casi concreti.

In primo luogo, con riferimento all’assenza di un altro socio che detenga una partecipazione più elevata, ci si interroga se detto presupposto debba ritenersi non sussistente, qualora, ad esempio, non vi sia nessun altro socio che individualmente sia titolare di una partecipazione superiore, ma vi siano più soci legati tra loro da un patto parasociale che aggreghi una partecipazione complessiva superiore al 25%. Sul punto, secondo un’interpretazione letterale sarebbe corretto affermare che, in tal caso, l’acquirente di una partecipazione superiore al 25% sia tenuto a promuovere l’OPA obbligatoria. Ciò troverebbe conforto, sempre secondo un’interpretazione letterale, dalla constatazione che laddove il legislatore ha voluto attribuire valenza esimente l’obbligo di OPA alla detenzione di una partecipazione da parte di più soci legati tra loro da un patto parasociale lo ha previsto espressamente. Ci si riferisce in particolare all’esenzione dall’obbligo di OPA previsto dal combinato disposto degli articoli 106, comma 5, del TUF e 49, comma 1, lett. a), Regolamento Emittenti, ai sensi del quale non è tenuto a promuovere un’OPA obbligatoria il soggetto che si trovi a superare la soglia OPA se “un altro socio, o altri soci congiuntamente, dispongono della maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria”.

In secondo luogo, occorre chiedersi cosa succede se, nel caso in cui la società quotata non abbia introdotto la maggiorazione del diritto di voto[52] e la soglia del 25% sia superata per effetto di acquisti in presenza di un altro socio che sia titolare di una partecipazione più elevata, successivamente quest’ultimo azionista riduca la propria partecipazione a seguito della cessione parziale dei titoli dallo stesso detenuti. In merito, sembra corretto affermare che il presupposto circa l’assenza di un altro socio che detenga una partecipazione più elevata debba essere verificata al momento dell’acquisto che comporta il superamento della soglia del 25%. Pertanto, se nel momento in cui tale la soglia è superata esiste un altro socio titolare di una partecipazione maggiore, il successivo venir meno di tale situazione esimente per effetto della riduzione della partecipazione di quest’ultimo non dovrebbe comportare alcun obbligo di OPA, qualora, ovviamente, non vi sia un accordo tra i due azionisti qualificabile come azione di concerto che dovrà essere valutata nell’ambito della disciplina generale applicabile in materia (ossia, le disposizioni di cui agli articoli 101-bis, commi 4 e 4-bis, e 109 del TUF).

Da ultimo, ci si chiede cosa succede se un soggetto, una volta superata la soglia del 25% per effetto di acquisti in presenza di un altro socio titolare di una partecipazione superiore (in ipotesi il 26%) e, quindi senza obbligo di promuovere un’OPA totalitaria, compia successivamente ulteriori acquisti marginali che lo portino a detenere una partecipazione superiore a quella dell’altro socio ma inferiore alla soglia del 30% (in ipotesi il 28%). A tal riguardo, si osserva che le disposizioni dell’articolo 106, comma 3, lett. b), del Regolamento Emittenti relativo alla c.d. OPA da consolidamento, come modificate dal Decreto Competitività, non trovano applicazione in caso di superamento della soglia del 25%, in quanto tale soglia non è espressamente richiamata dalle disposizioni in parola. Pertanto, secondo un’interpretazione letterale, gli eventuali acquisti marginali effettuati una volta superata la soglia del 25% e che non comportino il superamento della soglia del 30% non farebbero scattare l’obbligo di promuovere l’OPA da consolidamento. Tuttavia, è evidente che secondo tale interpretazione si rischia di vanificare la ratio delle nuove disposizioni di cui all’articolo 106, comma 1-bis, del TUF, volte, appunto, a riconoscere il diritto di exit da parte degli azionisti di minoranza di una società contendibile, allorché un soggetto acquisti una partecipazione compresa tra il 25% e il 30% in assenza di un altro socio titolare di una partecipazione più elevata. Infatti, una simile interpretazione presterebbe il fianco a facili elusioni, quale per l’appunto quella esemplificata. Sul punto, più opportuno potrebbe essere il richiamo a un orientamento interpretativo di tipo sostanzialistico volto a verificare se le diverse fattispecie acquisitive sono comunque riconducibili nell’ambito di un unico disegno unitario. Infatti, ove venisse accertato nel caso concreto che l’acquisto iniziale di una partecipazione superiore al 25% e i successivi acquisti marginali costituiscono momenti inscindibili di un’unica operazione, tali da configurare un disegno unitario preordinato al solo fine di eludere la disciplina dell’OPA obbligatoria, il soggetto che per effetto degli acquisti marginali si trovi a detenere una partecipazione pari al 28% sarebbe tenuto a promuovere un’OPA obbligatoria.

4. OPA obbligatoria e PMI

Da ultimo, particolarmente innovative sono le nuove previsioni introdotte dal Decreto Competitività con riferimento alla disciplina dell’OPA obbligatoria applicabile alle PMI, per tali intendendosi, ai sensi della nuova lettera w-quater.1) dell’articolo 1 del TUF, le società che soddisfano due parametri dimensionali alternativi, ossia (i) un fatturato non superiore a Euro 300 milioni in base al bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio, anche anteriore all’ammissione alla negoziazione delle proprie azioni, ovvero (ii) una capitalizzazione media di mercato nell’ultimo anno solare inferiore a Euro 500 milioni[53].

In particolare, nell’ottica di favorire e semplificare l’accesso al mercato dei capitali di rischio delle PMI a proprietà familiare, il Decreto Competitività ha introdotto per le PMI un regime più flessibile rispetto alla disciplina dell’OPA obbligatoria applicabile per le altre società quotate e sostanzialmente incentrato su un sistema di meccanismi opzionali di autoregolamentazione a disposizione della singola società.

Volendo citare solo le modifiche più significative, preme in primo luogo osservare che il Decreto Competitività ha introdotto all’articolo 106 del TUF il nuovo comma 1-ter, ai sensi del quale è demandata all’autonomia statutaria della PMI la facoltà di prevedere una soglia OPA diversa da quella “ordinaria” del 30%, purché compresa tra il 25% e il 40%. In altre parole, è stato introdotto per le PMI un sistema di soglia fissa modulabile volto a consentire alla singola società di stabilire il proprio grado di contendibilità desiderato in funzione delle proprie specifiche esigenze[54]. Infatti, ciascuna PMI avrà la possibilità di fissare in statuto, alternativamente (i) una soglia OPA inferiore al 30%, qualora ritenga prioritaria l’esigenza di tutelarsi maggiormente contro il rischio di perdita del controllo imponendo così l’obbligo di promuovere un’OPA obbligatoria al terzo acquirente di una partecipazione non inferiore al 25%, ovvero (ii) una soglia OPA superiore al 30%, qualora ritenga preferibile favorire l’ingresso nel capitale sociale da parte di nuovi investitori entro una soglia non superiore al 40% senza che gli stessi siano tenuti a promuovere un’OPA obbligatoria.

A tutela delle minoranze azionarie è stato, opportunamente, previsto il diritto di recesso per i soci che non abbiano concorso all’adozione della relativa delibera che ha modificato la soglia OPA rispetto al regime ordinario, qualora tale l’introduzione in statuto della nuova soglia OPA intervenga successivamente alla quotazione.

Altra importante novità applicabile esclusivamente alle PMI riguarda la disciplina della c.d. OPA da consolidamento. Precisamente, ai sensi del nuovo comma 3-quater dell’articolo 106 del TUF, è stata introdotta la possibilità per le PMI di prevedere in via statutaria che nei primi cinque anni successivi alla quotazione la disciplina dell’OPA da consolidamento non sia applicabile. La previsione di tale grace period basato su un meccanismo di opt-out statutario offre alla PMI un importante strumento di agevolazione nel primo periodo di quotazione, in quanto viene, ad esempio, offerta l’opportunità per gli azionisti di riferimento della PMI di collocare sul mercato in sede di IPO più del 50% del capitale, aumentando così la liquidità delle azioni e le chance di successo dell’IPO, e di riservarsi la possibilità di riacquistare il controllo di diritto della società nell’arco del quinquennio successivo alla quotazione senza incorrere nell’obbligo di OPA.

Alla luce delle disposizioni sopra richiamate, emerge in tutta evidenza come il favor del legislatore per le PMI abbia portato alla definizione di un quadro normativo applicabile a tale tipologia di società che predilige le esigenze di protezione e massimizzazione del valore del controllo societario, alla luce della constatazione che nelle realtà delle piccole e medie imprese la definizione della struttura proprietaria e degli assetti di controllo può essere dirimente ai fini della valutazione circa l’effettiva appetibilità per la società (e i suoi azionisti di riferimento) di quotarsi sul mercato[55].

 


[1] Il Decreto Competitività, come convertito con modificazioni dalla legge n. 116 dell’11 agosto 2014, è entrato in vigore il 21 agosto 2014.

[2] Sul punto, si veda,tra gli altri, la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto legge n. 6 del 17 gennaio 2003, p. 30 e ss., nonché l’audizione del Presidente della CONSOB presso il Senato della Repubblica, Roma, 2 luglio 2014, disponibile sul sito www.consob.it; l’audizione del Direttore Generale di Confindustria presso il Senato della Repubblica, Roma, 2 luglio 2014, disponibile sul sito ww.confindustria.it, e l’audizione del Presidente dell’Assonime presso il Senato della Repubblica, Roma, 2 luglio 2014, disponibile sul sito www.senato.it.

[3] Da un punto di vista meramente tecnico le azioni a voto maggiorato, a differenza, come si vedrà in seguito, delle azioni a voto plurimo, non rappresentano una nuova categoria di azioni ai sensi dell’articolo 2348 del codice civile. Invero, la previsione della maggiorazione del voto è una mera clausola statutaria che modifica la regola dell’attribuzione del voto connessa non all’azione in sé, ma alla persona dell’azionista in funzione del tempo per il quale ciascuna azione è stata nella sfera di titolarità dell’azionista medesimo, operando, pertanto, quale strumento premiante della protratta permanenza di quest’ultimo nel capitale sociale della società.

[4] In relazione al periodo minimo di ventiquattro mesi rilevante ai fini della maturazione della maggiorazione dei diritti di voto, con riferimento alle società che non siano già quotate ma che abbiano avviato un procedimento di ammissione a quotazione su un mercato regolamentato (IPO), che non derivi dalla fusione con una società già quotata, il legislatore ha previsto all’articolo 127-quinquies, comma 7, del TUF la possibilità di prevedere espressamente, nell’ambito della deliberazione di modifica dello statuto relativa all’attribuzione della maggiorazione del diritto di voto, che il periodo anteriore alla data di registrazione dell’azionista nell’elenco sia incluso nel computo del periodo continuativo di titolarità delle azioni necessario ai fini della maggiorazione del diritto di voto. 

[5] In particolare, il Regolamento Emittenti prevede all’articolo 143-quater che tale elenco debba indicare almeno: (i) i dati identificativi degli azionisti che hanno richiesto l’iscrizione; (ii) il numero delle azioni per le quali è richiesta l’iscrizione al fine di ottenere la maggiorazione del diritto di voto, con l’indicazione dei trasferimenti e dei vincoli ad esse relativi; e (iii) la data di iscrizione. In aggiunta, in apposita sezione dell’elenco, devono essere indicati i dati relativi agli azionisti che abbiano già conseguito la maggiorazione del diritto di voto.  L’elenco deve essere aggiornato dalle società quotate in conformità alle comunicazioni e alle segnalazioni effettuate dagli intermediari, entro il termine eventualmente previsto dallo statuto e comunque nel rispetto di quanto previsto dall’art. 85-bis, comma 4-bis, del Regolamento Emittenti (i.e., entro il quinto giorno di mercato aperto dalla fine di ciascun mese di calendario durante il quale la società abbia accertato un aumento o una diminuzione dell’ammontare complessivo dei diritti di voto, nonché entro il giorno successivo il settimo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per ciascuna assemblea degli azionisti della società).

[6] Come, ad esempio, il diritto alla convocazione dell’assemblea o all’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea.

[7] Come, ad esempio, il diritto di promuovere l’azione sociale di responsabilità, la denuncia di gravi irregolarità al tribunale ovvero la denuncia di fatti censurabili al collegio sindacale.

[8] Il Decreto Competitività ha, infatti, integrato la disciplina relativa alla regola di neutralizzazione di cui all’articolo 104-bis del TUF al fine coordinarla con l’introduzione della maggiorazione del diritto di voto. In particolare, è lasciata all’autonomia statutaria (c.d. opt-in statutario) la possibilità di prevedere che la maggiorazione dei diritti di voto non si applichi ai fini del calcolo del quorum richiesto, rispettivamente:

(i) nell’assemblea dei soci chiamata a deliberare in merito all’adozione di misure difensive ai sensi dell’articolo 104 del TUF; nonché

(ii) nella prima assemblea dei soci convocata per modificare lo statuto sociale o per revocare o nominare gli amministratori (o i componenti del consiglio di gestione o sorveglianza) a seguito della chiusura di un’OPA ad esito della quale l’offerente è venuto a detenere almeno il 75% del capitale sociale.

Nelle suddette circostanze, pertanto, qualsiasi maggiorazione dei diritti di voto riconosciuta agli azionisti non avrà effetto e ciascuna azione darà diritto solo ad un voto.

Le suddette disposizioni, sempre in forza dell’autonomia statutaria con il meccanismo dell’opt-in in statuto, possono trovare applicazione anche con riferimento alle azioni a voto plurimo, ove esistenti, a norma dell’articolo 127-sexies del TUF.

[9] Ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 120, comma 2 e 127-quinquies, comma 3, del TUF, tale percentuale è innalzata al 5% qualora la società quotata sia una PMI.

[10] L’articolo 127-quinquies del TUF prevede, inoltre, che, salvo diversa disposizione dello statuto sociale:

(i) il diritto di voto maggiorato è conservato in caso di successione per causa di morte, nonché in caso di fusione e scissione del titolare delle azioni;

(ii) il diritto di voto maggiorato si estende alle azioni di nuova emissione in caso di aumento del capitale a titolo gratuito ai sensi dell’articolo 2442 del codice civile;

Quanto poi, infine, alle ipotesi di fusione (o scissione) ovvero di aumento del capitale a pagamento di una società il cui statuto prevede la maggiorazione del diritto di voto, l’articolo 127-quinquies del TUF attribuisce alla società la facoltà di prevedere, rispettivamente, che:

(i) gli originari titolari del diritto di voto maggiorato conservino, a seguito della fusione (o scissione), la maggiorazione del diritto di voto sulle azioni di nuova emissione da essi ricevute in concambio delle azioni a cui era attribuito il voto maggiorato;

(ii) la maggiorazione del diritto di voto si estenda proporzionalmente alle azioni emesse in esecuzione dell’aumento di capitale.

[11] In tal senso, S. Alvaro, A. Ciavarella, D. D’Eramo, N. Linciano,“La deviazione dal principio “un’azione-un voto” e le azioni a voto multiplo”, in Quaderni giuridici, Roma, CONSOB, 2014.

[12] Ci si riferisce, in particolare, al Piano d’Azione della Commissione Europea per la modernizzazione del diritto delle società e il rafforzamento del governo societario del 2012, che ha, infatti, evidenziato l’opportunità di incentivare gli azionisti a investimenti di lungo periodo, anche attraverso il ricorso alle azioni a voto multiplo. In tal senso, S. Alvaro, A. Ciavarella, D. D’Eramo, N. Linciano, op. cit., p. 60 e ss..

[13] Ci si riferisce all’esperienza francese delle c.d. “loyalty shares” che, analogamente alla maggiorazione del diritto di voto prevista dall’articolo 127-quinquies del TUF, rappresentano non una categoria speciale di azioni, bensì un sistema di attribuzione di un voto doppio alle azioni possedute per un certo periodo di tempo da parte del medesimo titolare.

[14] Se è vero che l’assetto normativo basato sulla proporzionalità tra diritti di voto, diritti all’utile e azioni detenute, garantisce, in linea generale, un allineamento tra interesse economico e potere di influenza all’interno di una società e, quindi, una stretta correlazione di proporzionalità tra investimento e rischio, è altrettanto vero che tale assetto può ostacolare, o quanto meno non stimolare, l’apertura del capitale sociale a nuove fonti di finanziamento. Tuttavia, sotto certi profili, l’adozione di sistemi non proporzionali di voto può incentivare e stimolare nuovi investimenti, alla luce della riduzione dei costi finanziari associati all’acquisto di una partecipazione del capitale sociale della società. Tali meccanismi, infatti, possono consentire all’azionista investitore di acquisire una percentuale di voti più che proporzionale rispetto all’investimento effettuato. Inoltre, la possibilità di deviare dal principio “un’azione – un voto” permette al socio di controllo di ottenere nuove risorse mantenendo al contempo il controllo della società e favorendo, in questo modo, la liquidità del titolo e la raccolta di una maggiore quantità di risorse finanziarie.

[15] Si osserva, infatti, che, con riferimento specifico alle società quotate, l’esperienza empirica ha mostrato che nell’ambito del nostro ordinamento previgente alcune società sono state interessate dall’adozione di strumenti per il rafforzamento del controllo (c.d. “control-enhancing mechanisms”) volti ad alterare, direttamente o indirettamente, ma in ogni caso con strutture opache e, a volte, poco trasparenti, il principio di proporzionalità tra investimento e diritti di voto, quali, soprattutto, i gruppi piramidali, i patti parasociali e le partecipazioni incrociate.

Sul punto, in particolare, A. Busani, M. Sagliocca, “Le azioni non si contano, ma si “pesano”: superato il principio one share one vote con l’introduzione delle azioni a voto plurimo e a voto maggiorato”, in Società, 2014, p. 1052; S. Alvaro, A. Ciavarella, D. D’Eramo, N. Linciano, op. cit., p. 47 e ss., i quali hanno evidenziato come nell’ambito delle strutture piramidali vi è un evidente disallineamento tra i diritti di voto e i diritti ai flussi di cassa.  Infatti, attraverso il sistema partecipativo a “scatole cinesi” e il conseguente utilizzo della leva azionaria, gli azionisti di riferimento della società posta al vertice della catena partecipativa hanno di fatto la possibilità di diluire sensibilmente l’esborso finanziario necessario all’acquisizione e al mantenimento del controllo nelle società operative partecipate.  Rispetto a tali strumenti, il meccanismo di voto maggiorato costituisce senza dubbio uno strumento maggiormente trasparente.

[16] Sul punto, si osserva la stretta continuità del meccanismo della maggiorazione del diritto di voto con l’intervento del d.lgs. n. 27/2010 in tema di maggiorazione del dividendo, che, all’articolo 127-quater del TUF, ha previsto la possibilità per le società quotate di prevedere la maggiorazione del dividendo come meccanismo premiante della fedeltà dell’azionista che, inter alia, abbia mantenuto la continuativa titolarità delle azioni per almeno un anno.

[17] Cfr., tra gli altri, l’audizione del Presidente della CONSOB, op. cit., nonché A. Busani, M. Sagliocca, “Le azioni non si contano, ma si “pesano”: superato il principio one share one vote con l’introduzione delle azioni a voto plurimo e a voto maggiorato”, op.cit., p. 1048.

[18] Sul punto, si veda in particolare la relazione sulla corporate governance relativa all’esercizio 2013 pubblicata da CONSOB e disponibile sul sito www.consob.it, secondo la quale, a fine 2013, circa il 70% delle società quotate in Italia (rappresentanti circa il 64% circa della capitalizzazione di mercato) risulta controllata da un azionista di riferimento titolare di una partecipazione superiore al 50% del capitale ovvero da un azionista che esercita un’influenza notevole seppur tendendo una partecipazione inferiore al 50% del capitale.

[19] Cfr. M. Lamandini, “Voto plurimo, tutela delle minoranze e offerte pubbliche di acquisto”, intervento al XXVIII Convegno di studio su Unione Europea: concorrenza tra imprese e concorrenza tra Stati, Courmayeur, 19-20 settembre 2014 p. 2; R. Guglielmetti, “Il voto maggiorato alla luce delle ultime novità del Decreto Competitività”, in Riv. Dir. Bancario, 2014, p. 4, la quale sottolinea correttamente come le conclusioni sugli effetti positivi o negativi dell’introduzione del meccanismo della maggiorazione potranno essere valutati soltanto quando, e in funzione delle modalità con cui, diventerà operativo e verrà implementato negli statuti. 

[20] La crucialità e l’importanza delle modifiche introdotte nell’ambito della disciplina dell’OPA obbligatoria risulta particolarmente evidente alla luce della constatazione che in relazione ad altri possibili interventi mitiganti a tutela della minoranza azionaria, il legislatore ha, ad esempio, optato per l’esclusione del diritto di recesso a favore degli azionisti della società che non abbiano concorso all’approvazione delle modifiche statutarie conseguenti all’introduzione dell’istituto della maggiorazione del diritto di voto.  Infatti, ai sensi dell’articolo 127-quinquies, comma 6, del TUF è stato espressamente previsto che la deliberazione di modifica dello statuto con cui viene prevista la maggiorazione del voto non attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 2437 cod. civ..

[21] Ai sensi dell’articolo 101-bis del TUF per “titoli” si intendono gli strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto, anche limitatamente a specifici argomenti, nell’assemblea ordinaria o straordinaria.

[22] Precisamente, ai sensi delle nuove disposizioni di cui all’articolo 106, comma 3, lett. a) e b), del TUF, l’obbligo di promuovere la c.d. OPA a cascata e l’OPA da consolidamento può ora scattare anche qualora il superamento delle relative soglie OPA sia conseguente alla sola maggiorazione del diritto di voto in assenza di acquisti di titoli.

Pertanto, volendo riassumere, ai sensi delle nuove disposizioni del TUF, il soggetto che incrementa la propria quota di diritti di voto per effetto della maggiorazione (e non di acquisti di titoli) sarà tenuto a promuovere un’OPA obbligatoria, qualora siano superate le soglie OPA del 30% (sia direttamente, ai sensi dell’articolo 106, comma1, del TUF, ovvero indirettamente, ai sensi dell’articolo 106, comma 3, lett. a), del TUF relativo alla c.d. OPA a cascata), ovvero la soglia del 5% relativa alla c.d. OPA da consolidamento.

A tal riguardo, con riferimento alla c.d. OPA da consolidamento, si osserva che correttamente il legislatore ha modificato le previsioni dell’articolo 106, comma 3, lett. b) del TUF per prevedere la rilevanza della maggiorazione del diritto di voto.  Infatti, la ratio sottesa alla disciplina dell’obbligo di OPA da consolidamento è quella di garantire un diritto di exit agli azionisti di minoranza in presenza di un mutamento “qualitativo” dell’influenza esercitata da un socio, la cui partecipazione si accresce sino a consentire l’esercizio del controllo di diritto.  Ne consegue, pertanto, che coerentemente sarà soggetto all’obbligo di OPA da consolidamento l’azionista che, detenendo più del 30% dei diritti di voto esercitabili in assemblea di una società quotata che ha introdotto la maggiorazione del diritto di voto, incrementi, per effetto della maggiorazione medesima (e non per acquisti di titoli), la propria quota percentuale di diritti di voto allo stesso spettanti in misura superiore al 5% in un arco temporale di dodici mesi.

[23] Sul punto si osserva che il Decreto Competitività non è intervenuto modificando le disposizioni di cui all’articolo 105, comma 2, del TUF relative alla definizione di “partecipazione”, bensì ha modificato l’articolo 105, comma 3, del TUF al fine di introdurre una delega espressa a CONSOB per determinare i criteri di calcolo della partecipazione rilevante nelle ipotesi in cui lo statuto preveda la maggiorazione del diritto di voto.

[24] Sul punto si rinvia, in particolare, al documento di consultazione di CONSOB del 5 novembre 2014 (disponibile sul sito www.consob.it), nell’ambito del quale la Commissione ha espressamente chiarito che “La ratio dell’obbligo di OPA, nel sistema delineato dalla Direttiva 2004/25/CE concernente le offerte pubbliche di acquisto, è quello di offrire uno strumento di protezione degli azionisti di minoranza conseguente al trasferimento del “controllo”, tale intendendosi la percentuale rilevante in termini di diritto di voto”.

[25] Il Decreto Competitività ha, infatti, demandato a CONSOB il compito di stabilire nel Regolamento Emittenti le disposizioni di attuazione delle previsioni di cui all’articolo 127-quinquies del TUF in materia di maggiorazione del voto, al fine di assicurare la trasparenza degli assetti proprietari e l’osservanza delle disposizioni in materia di OPA obbligatoria. Nell’esercizio di tale delega, CONSOB ha, quindi, modificato, tra l’altro, la disciplina di cui agli articoli 116-terdecies e seguenti del Regolamento Emittenti in materia di trasparenza degli assetti proprietari, chiarendo, in particolare, che ai fini degli obblighi di disclosure delle partecipazioni rilevanti le relative soglie andranno calcolate avuto riguardo al numero di voti spettanti al soggetto rispetto al numero complessivo dei diritti di voto.

[26] Sono, invece, correttamente escluse dal criterio del computo sulla base del numero complessivo dei diritti di voto esercitabili in assemblea le soglie del 90% e del 95% previste, rispettivamente, all’articolo 108, commi 1 e 2 e all’articolo 111 del TUF in tema di obbligo di acquisto e squeeze-out. Queste soglie, quindi, continueranno ad essere calcolate, anche in presenza dell’introduzione della maggiorazione del voto da parte della società quotata, con riferimento esclusivo al numero di azioni detenute dal relativo azionista rispetto al numero complessivo dei titoli emessi dalla società medesima. In tali ipotesi, infatti, la ratio sottesa alle disposizioni degli articoli 108 e 111 del TUF non è quella di riconoscere un diritto di exit agli azionisti di minoranza in presenza di una modifica rilevante degli assetti di controllo della società quotata, bensì quella di tutelare, da un lato, gli azionisti di minoranza offrendo loro una way out al venir meno delle condizioni di regolare andamento delle negoziazioni e, dall’altro lato, l’azionista di maggioranza offrendo al medesimo il diritto di forzare l’uscita delle minoranze tenuto conto della scarsità dei titoli rimasti sul mercato.

[27] É stato, infatti, modificato l’articolo 45, comma 2, del Regolamento Emittenti, il quale ora prevede che “L’obbligo previsto dal comma 1 si applica anche in caso di superamento delle soglie indicate dall’articolo 106, commi 1 e 1-ter, del Testo unico a seguito della maggiorazione dei diritti di voto”.  Parimenti, è stato modificato anche l’articolo 46 del Regolamento Emittenti, il quale ora prevede che “L’obbligo di offerta di cui all’articolo 106, comma 3, lettera b) del Testo unico consegue alla maggiorazione, ovvero all’acquisto [omissis] di più del 5 per cento del numero complessivo dei diritti di voto ovvero del capitale rappresentato da titoli che attribuiscono diritti di voto sugli argomenti indicati nell’articolo 105 del Testo unico nell’arco di dodici mesi”.

[28] Infatti, secondo tale ottica, sono considerate correttamente equivalenti e riconducibili alla medesima posizione rilevante ai fini dell’obbligo di OPA, da un lato, l’acquisizione di una partecipazione superiore alla soglia OPA e costituita da azioni con diritto di voto in una società quotata che non ha introdotto l’istituto della maggiorazione dei diritti di voto, e, dall’altro lato, l’intervenuta maturazione di diritti di voto maggiorati per effetto della quale un soggetto, pur in assenza di acquisti, si trova a disporre di una quota di diritti di voto in misura superiore alla soglia OPA.  Secondo tale prospettiva di analisi, ben diversa è la situazione in cui un soggetto, sebbene abbia acquistato una partecipazione rapportata al capitale sociale con diritto di voto superiore al 30%, disponga, tuttavia, di una quota di diritti di voto inferiore al 30% della totalità dei medesimi per effetto della maggiorazione dei diritti di voto maturata in capo agli altri azionisti.

[29] Ai sensi dell’articolo 143-quarter, comma 4, del Regolamento Emittenti, le risultanze dell’elenco sono messe a disposizione dei soci, a loro richiesta, anche su supporto informatico.

[30] A tal fine, la società emittente dovrà tenere in considerazione sia l’incremento dei voti complessivi sulla base del numero dei voti maggiorati maturati nel mese precedente, sia l’eventuale riduzione dei diritti di voto intervenuta nel mese precedente e conseguente, ad esempio, a trasferimenti di partecipazioni ovvero ad eventuali rinunce alla maggiorazione del diritto di voto (ove consentite dallo statuto).

[31] L’obbligo di discolsure entro il termine decorrente dalla c.d. record date risulta particolarmente importante per gli azionisti, i quali, in questo modo, hanno la possibilità di conoscere agevolmente in vista di un’assemblea convocata il peso dei propri diritti di voto, in termini percentuali, rispetto al numero complessivo dei diritti esercitabili in tale assemblea.

[32] Come precisato dalla stessa CONSOB, qualora il superamento della soglia OPA consegua, invece, per effetto di acquisti di azioni in una società che ha adottato la maggiorazione dei diritti di voto, l’obbligo di OPA dovrà essere assolto dalla data in cui l’operazione è posta in essere, calcolando al denominatore il numero complessivo dei diritti di voto da ultimo comunicati dalla società quotata.

[33] Merita evidenziare che il medesimo approccio è stato adottato dall’ordinamento francese, ove si prevede che, in caso di superamento della soglia rilevante per effetto di una riduzione del numero complessivo dei diritti di voto esistenti, l’AMF abbia il potere di accordare l’esenzione dall’obbligo di OPA ai sensi dell’art. 234-8 e 234-9 del Règlement general.

[34] Esemplificando: nel caso in cui Tizio detenga una partecipazione pari al 25% in termini di capitale sociale e pari al 28% in termini di diritti di voto e, successivamente, per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto, incrementi la percentuale dei propri diritti di voto al 35%, Tizio non sarà tenuto a promuovere l’OPA. 

[35] Sul punto, CONSOB ha precisato che gli acquisti di partecipazioni in misura superiore alla soglia OPA e rilevanti ai fini dell’esclusione dell’applicazione della nuova esenzione OPA di cui all’articolo 49, comma 1, lett. d-bis), del Regolamento Emittenti sono solo quelli posti in essere successivamente all’introduzione del voto maggiorato e alla sua piena operatività. Pertanto, esclusa qualsiasi valenza retroattiva della nuova disciplina, gli acquisti di partecipazioni effettuati prima dell’intervenuta operatività del voto maggiorato non precluderanno l’applicabilità dell’esenzione in esame.

[36] Pertanto, nel caso in cui Tizio detenga una partecipazione pari al 31% in termini di capital sociale e pari al 28% in termini di diritto di voto e, successivamente, per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto, incrementi la percentuale dei propri diritti di voto al 32%, Tizio sarà tenuto a promuovere l’OPA al momento di tale riduzione.

[37] Circa l’ambito di applicazione dell’esenzione OPA per involontarietà del superamento, si osserva che il sistema così delineato dalle nuove disposizioni del Regolamento Emittenti incentrato sul requisito dell’“involontarietà” pone alcune incertezze interpretative ai fini della sua applicazione nei casi concreti. In particolare, come segnalato dalla stessa CONSOB, ai fini dell’indagine circa l’effettiva sussistenza di detto requisito, particolare attenzione dovrà essere posta per verificare se l’operazione, per quanto rispettosa formalmente del disposto di cui all’articolo 49, comma 1, lett. d-bis), del Regolamento Emittenti, sia comunque elusiva dell’obbligo di OPA laddove si accerti che il superamento sia stato in qualche misura preordinato ovvero vi siano situazioni di concertazione e coordinamento tra azionisti. Sul punto, CONSOB si è limitata a precisare che l’esenzione per involontarietà del superamento non potrà trovare applicazione nel caso in cui il trasferimento della partecipazione che determina la riduzione del numero complessivo dei voti esercitabili in assemblea (in quanto, come sopra detto, la cessione delle azioni comporta la decadenza dei voti maggiorati) sia effettuata proprio nei confronti dell’azionista che si trova a superare la soglia OPA. In tale caso, infatti, l’azionista che si rende acquirente delle azioni e per l’effetto si trova a superare la soglia OPA a seguito della conseguente riduzione del numero complessivo dei diritti di voto non può ritenersi estraneo all’operazione, avendo, invece, assunto un ruolo attivo nel perfezionamento dell’operazione medesima.

[38] Ai sensi delle nuove disposizioni introdotte all’articolo 49, comma 4, lett. b), del Regolamento Emittenti, il soggetto interessato è tenuto a comunicare al mercato l’intenzione di avvalersi dell’esenzione per superamento temporaneo e l’impegno a non esercitare I diritti di voto e a ridurre i medesimi entro dodici mesi. Ove tale soggetto non osservi l’obbligo di riduzione, lo stesso sarà tenuto a promuovere un’OPA totalitaria al prezzo più alto risultante dall’applicazione dell’articolo 106, comma 2, del TUF ai dodici mesi precedenti e successivi all’acquisto.

[39] Precisamente, con riferimento specifico al superamento della soglia dell’OPA da consolidamento e all’eventuale applicazione dell’esenzione per superamento involontario, posta la rilevanza dell’arco temporale di dodici mesi in relazione al quale gli incrementi assumono rilevanza ai fini della disciplina dell’OPA da consolidamento, il soggetto che detiene più del 30% dei diritti di voto esercitabili in assemblea e acquisti titoli in misura superiore al 5% del capitale sociale, ma non in termini di diritto di voto, sarà tenuto a promuovere l’OPA da consolidamento per superamento passivo non involontario nel momento in cui, per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto, incrementi la propria quota di diritti di voto in misura superiore al 5% entro l’orizzonte temporale di dodici mesi successivi a detto acquisto. Diversamente, beneficerà dell’applicazione dell’esenzione per superamento passivo involontario e, pertanto, non sarà soggetto all’OPA da consolidamento il soggetto che detiene più del 30% dei diritti di voto esercitabili in assemblea e, per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto, incrementi la propria quota di diritti di voto in misura superiore al 5% e non abbia effettuato acquisti in misura superiore al 5% del titoli emessi dalla società quotata nei dodici mesi precedenti al superamento della soglia.

[40] In tal senso, si veda l’audizione del Presidente della CONSOB presso il Senato della Repubblica, Roma, 2 luglio 2014, op. cit., p. 6., che sottolinea che, in termini generali, l’OPA promossa a seguito del superamento della soglia per maggiorazione del diritto di voto sarebbe di norma promossa ad un prezzo non particolarmente vantaggioso per gli azionisti di minoranza, in quanto, in assenza di acquisti, il corrispettivo sarebbe pari al prezzo di mercato e non incorporerebbe alcun premio di controllo.

[41] Come in precedenza indicato, le azioni a voto plurimo (a differenza del meccanismo della maggiorazione del diritto di voto previsto dall’articolo 127-quinquies del TUF) costituiscono una categoria di azioni.

[42] Con riferimento alle società non quotate, il Decreto Competitività ha, infatti, modificato l’articolo 2351 del codice civile al fine di prevedere che lo statuto delle società chiuse può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo (fino ad un massimo di tre voti per ciascuna azione) anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative.

[43] In caso di emissione di azioni a voto plurimo prima dell’inizio delle negoziazione, la società quotata non può deliberare maggiorazioni dei diritti di voto ai sensi dell’art. 127-quinquies del TUF, né ulteriori maggiorazioni dei diritti di voto spettanti a singole categorie di azioni già esistenti.

[44] Precisamente, ai sensi del nuovo articolo 127-sexies del TUF, se lo statuto non dispone diversamente, al fine di mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni, le società che hanno emesso azioni a voto plurimo ovvero le società risultanti dalla fusione o dalla scissione di tali società possono procedere all’emissione di azioni a voto plurimo con le medesime caratteristiche e diritti di quelle già emessi limitatamente ai casi di:

(i) aumento di capitale a norma dell’articolo 2442 del codice civile ovvero mediante nuovi conferimenti senza esclusione o limitazione del diritto di opzione;

(ii) fusione o scissione.

[45] Si veda anche la stessa relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto legge n. 6 del 17 gennaio 2003, p. 32 e ss., che evidenzia in particolare “Il timore di perdere il controllo a seguito della quotazione rappresenta uno dei principali fattori che disincentiva l’ingresso in borsa delle imprese familiari italiane. Una maggiore flessibilità nella struttura del capitale in deroga al principio del ‹‹one share-one vote›› può consentire di aumentare la dimensione del flottante in sede di offerta al pubblico finalizzata alla quotazione (IPO) e, di conseguenza, la liquidità delle azioni delle società quotate senza determinare una diluizione in sede assembleare per gli azionisti di riferimento”.  Sul punto, si veda, altresì N. Abriani, “Azioni a voto plurimo e maggiorazione del diritto di voto degli azionisti fedeli: nuovi scenari e inediti problemi interpretativi”, in Giustizia Civile.com, 29 settembre 2014, p. 6 e 7, nonché A. Busani, M. Sagliocca, op. cit.,p. 1059, i quali sollevano, tuttavia, qualche perplessità in merito all’opportunità di prevedere l’introduzione delle azioni a voto plurimo in società chiuse, ove tale introduzione sia posta “ad arte”, ossia solo in vista della quotazione e, quindi, per essere di fatto rispondente all’esigenza del socio di riferimento di mantenere il potere decisionale anche post quotazione, e cioè in un contesto nel quale, per principio, le azioni a voto plurimo non potrebbero invero essere emesse ex novo

[46] Normalmente tali azioni sono mantenute in portafoglio dai soci fondatori o dai fondi di private equity, non sono trasferibili o sono convertite in azioni ordinarie al loro trasferimento ovvero dopo un certo periodo di tempo in virtù della c.d. “sunset clause”.  In tal senso, cfr. M. Lamandini, “Voto plurimo, tutela delle minoranze e offerte pubbliche di acquisto”, op. cit., p. 5.

[47] Ci si riferisce alla prospettata acquisizione da parte di Telefonica del controllo di Telco, società non quotata titolare del 22,477% di Telecom Italia, che nell’ottobre 2013 aveva riacceso il dibattito in ambito legislativo circa l’opportunità di prevedere, in aggiunta alla soglia fissa pari al 30%, una soglia OPA inferiore legata all’acquisizione di una partecipazione tale da attribuire il controllo di fatto sulla base di criteri prestabiliti legati, ad esempio, alla nomina di amministratori esecutivi. Si veda, altresì, l’audizione del Presidente della CONSOB presso il Senato della Repubblica, Roma, 26 settembre 2013, disponibile sul sito CONSOB (www.consob.it), il quale, in occasione appunto dell’operazione Telecom-Telefonica, aveva sottolineato la possibilità di avvicinare quanto più possibile la soglia dell’OPA obbligatoria ai livelli partecipativi che di norma consentono l’esercizio del controllo, prevedendo, mediante apposita modifica del TUF, una soglia OPA più bassa per le società ad elevata capitalizzazione che presentano un azionariato polverizzato e nelle quali il controllo può essere conseguito con quote partecipative relativamente ridotte.

[48] Alla luce della definizione di PMI introdotta dal Decreto Competitività all’articolo 1, lett. w-quater.1) del TUF, le disposizioni dell’articolo 106, comma 1-bis, del TUF trovano applicazione nei confronti delle società che hanno, in base al bilancio approvato relative all’ultimo esercizio, anche anteriore all’ammissione alla negoziazione delle proprie azioni, un fatturato superiore a Euro 300 milioni e una capitalizzazione media di mercato nell’ultimo anno solare pari o superiore a Euro 500 milioni.

[49] Infatti, se, da un lato, in linea di principio, la previsione di imporre l’obbligo di OPA in tutti casi di effettivo cambio del controllo può essere maggiormente aderente alla ratio della disciplina dell’OPA obbligatoria, dall’altro lato, un sistema basato su una soglia OPA “mobile” legata all’accertamento di fatto della situazione di controllo della singola società quotata presenta una serie di problemi applicativi che potrebbero anche vanificare le finalità stesse della disciplina dell’OPA obbligatoria. Si pensi, ad esempio, ai tempi e alle valutazioni inevitabilmente discrezionali che l’accertamento ex post (ossia successivo all’acquisto di una partecipazione rilevante) delle situazioni di controllo di fatto potrebbe comportare.  In tal senso, si veda l’audizione del Presidente della CONSOB presso il Senato della Repubblica, Roma, 26 settembre 2013, disponibile sul sito CONSOB (www.consob.it).

[50] Ne consegue che, analogamente a quanto descritto in precedenza con riferimento alla soglia “ordinaria” del 30%, qualora un soggetto acquisti una partecipazione che, se calcolata in rapporto al numero complessivo dei titoli emessi, risulta superiore al 25% del capitale sociale, ma se calcolata in rapporto al numero complessivo dei diritti di voto, risulta inferiore al 25% del numero complessivo dei diritti di voto (per effetto della maturazione in capo ad altri azionisti di voti maggiorati), lo stesso non sarà tenuto a promuovere un’OPA obbligatoria. Tuttavia, anche in tale caso troveranno applicazione le disposizioni di cui all’articolo 49, comma 1, d-bis), del Regolamento Emittenti, le quali, infatti, includono espressamente anche la soglia del 25% prevista dall’articolo 106, comma 1-bis, del TUF tra le ipotesi di acquisizione di una partecipazione rilevante che non consente l’applicazione dell’esenzione per superamento involontario. Pertanto, qualora l’azionista superi successivamente la soglia del 25% per effetto della riduzione del numero complessivo dei diritti di voto, tale soggetto sarà tenuto a promuovere un’OPA obbligatoria trattandosi di un superamento passivo non involontario alla luce degli acquisti rilevanti dallo stesso compiuti.

[51] Pertanto, qualora un soggetto acquisti una partecipazione che inizialmente risulta inferiore alla soglia 25% avuto riguardo al numero complessivo dei diritti di voto (in ipotesi, 13%), ma successivamente, per effetto della sola maggiorazione dei diritti di voto maturati dopo il decorso del periodo minimo di possesso di tali azioni, si trovi a incrementare la propria quota di diritti di voto al di sopra della soglia del 25% ma senza superare al contempo stesso la soglia del 30% (in ipotesi, il 26%), tale soggetto non sarà tenuto a promuovere un’OPA obbligatoria ai sensi dell’articolo 106, comma 1-bis, del TUF, in quanto il superamento della soglia OPA conseguirebbe a seguito della sola maggiorazione dei diritti di voto.

[52] Quanto all’ipotesi in cui, in presenza della maggiorazione del diritto di voto, l’azionista titolare della partecipazione superiore al 25% riduca la propria partecipazione a causa della perdita ovvero rinuncia dei diritti di voto maggiorati, troveranno applicazione, come sopra detto (cfr. nota n. 49), le disposizioni dell’articolo 49, comma 1, d-bis), del Regolamento Emittenti e, pertanto, qualora il soggetto abbia acquistato una partecipazione superiore al 25% dei titoli emessi, egli sarà tenuto a promuovere un’OPA totalitaria per superamento passivo non involontario.

[53] Ai sensi dell’articolo 1, lett. w-quater.1), del TUF non si considerano PMI gli emittenti azioni quotate che abbiano superato entrambi i predetti limiti per tre esercizi, ovvero tre anni solari, consecutivi.

In relazione alla definizione di PMI, appare condividibile la scelta di fissare due parametri dimensionali alternativi, ivi inclusi, in particolare, il parametro del fatturato che prima della imminente quotazione risulta essere l’unico disponibile per la società. Con riferimento specifico al parametro del fatturato, preme, inoltre, osservare che con l’ordine del giorno n. 9/2568-AR/21, accolto dal Governo come raccomandazione in data 6 agosto 2014 (cfr. Resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta n. 280 del 6 agosto 2014, disponibile sul sito www.camera.it), si è precisato che, sebbene il riferimento al fatturato è evidentemente formulato avuto riguardo alle società industriali, non sono escluse dalla definizione di PMI le società diverse da quelle industriali per le quali il criterio del fatturato è di difficile applicazione (come ad esempio, gli istituti bancari e finanziari, nonché le compagnie di assicurazione). Pertanto, la soglia del fatturato deve essere calcolata, limitatamente alle banche e agli altri intermediari finanziari, avuto riguardo al decimo del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, esclusi i conti d’ordine, nonché per le imprese di assicurazione tenendo conto del valore dei premi incassati. Il suddetto ordine del giorno ha, altresì, precisato che per “bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio” la norma in parola si deve intendere riferita all’ultimo bilancio annuale consolidato, ove redatto.

[54] Cfr. audizione del Direttore Generale di Confindustria presso il Senato della Repubblica, 1 luglio 2014, Roma, op. cit., p. 16; audizione del Presidente della CONSOB presso il Senato della Repubblica, Roma, 2 luglio 2014, op. cit., p. 7; R. Costi, F. Vella, “Un’Opa a misura di impresa”, reperibile sul sito www.lavoce.info.it, 21 ottobre 2014; S. Bragantini, “Chi investe nelle PMI se l’OPA è “à la carte?”, reperibile sul sito www.lavoce.info.it, 24 ottobre 2014.

[55] Con riferimento all’effettiva portata delle innovazioni introdotte dal Decreto Competitività a favore delle PMI, si veda, in particolare, l’audizione del Presidente dell’Assonime presso il Senato della Repubblica, Roma, 2 luglio 2014, nell’ambito del quale Assonime ha sottolineato che, considerando il solo parametro della capitalizzazione rilevante ai fini della definizione delle PMI, quasi due terzi (su 250 quotate al 31 maggio 2014) sarebbero considerate PMI. Tale dato desterebbe qualche perplessità tenuto conto che il regime agevolativo delle PMI sarebbe così esteso alla maggioranza del listino.  Si veda, inoltre, l’audizione del Presidente della CONSOB presso il Senato della Repubblica, Roma, 2 luglio 2014, op. cit., p. 7, che evidenzia come i vari strumenti descritti (ossia le azioni a moto maggiorato, la libertà di modulare la soglia OPA e la possibilità di sospendere l’applicazione dell’OPA da consolidamento per il primo periodo di quotazione) possano coesistere tra loro dando vita ad un menù di opzioni potenzialmente in grado di vincere la ritrosia delle PMI nazionali, tipicamente a controllo familiare, ad accedere al mercato dei capitali.

Di cosa si parla in questo articolo

WEBINAR / 30 Gennaio
Rappresentante designato nelle società quotate alla luce della Legge Capitali


Impatti per le assemblee 2025

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 10/01

Iscriviti alla nostra Newsletter