Grande novità di questi giorni è la pubblicazione, da parte dell’Organismo Italiano di Contabilità, fondazione preposta alla definizione degli standard contabili nazionali, del nuovo principio OIC 29 (cfr. contenuti correlati). Come da tradizione si è prodotta una bozza che viene sottoposta a pubblica consultazione: eventuali commenti debbono essere inviati entro e non oltre il 31 maggio 2016.
La nuova versione del principio OIC 29 si è resa necessaria in seguito alle novità introdotte dal D.lgs. 139/2015 che hanno profondamente modificato il quadro normativo di riferimento. Questi i punti principali enunciati dal nuovo principio:
- Viene eliminata le gestione straordinaria nel conto economico;
- E’ stata modificata la disciplina in tema di cambiamenti di principi contabili e di correzione di errori;
- E’ stata rivista la forma della trattazione ove necessario in relazione alle novità normative e ad un miglior coordinamento con le disposizioni degli altri principi contabili OIC.
Preme ricordare, in questa sede, che il cambiamento dei principi contabili è ammesso solo se richiesto dall’introduzione di nuove norme o standard contabili (cambiamenti obbligatori) ovvero se la modifica ha l’obiettivo di favorire una miglior rappresentazione in bilancio delle operazioni della società (cambiamenti volontari). I cambiamenti obbligatori vengono contabilizzati in base a quanto previsto da specifiche disposizioni transitorie contenute nella legge ovvero in loro assenza, sono contabilizzati in ossequio a quanto previsto dall’OIC 29.
A livello operativo le modifiche derivanti dal cambiamento dei principi applicati deve incidere sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’anno in cui avviene il cambiamento (nel nostro caso 1° gennaio 2016). E’ inoltre previsto, in ottica comparativa, che vengano modificati anche i dati dell’esercizio precedente (2015).
Soffermiamoci ora sugli aspetti relativi all’applicazione: vediamo cosa potrebbe succedere ove ci trovassimo di fronte ad una impresa che nel passato ha sostenuto costi di ricerca che sono stati capitalizzati. Il mutato contesto normativo non consente più la loro capitalizzazione: d’ora in poi l’impresa che sostiene costi di ricerca è obbligata a spesarli in conto economico.
Cosa accade quindi per i costi che sono stati capitalizzati in passato?
Questi, in base a quanto previsto dal principio contabile, alla data del 1° gennaio 2016 debbono essere eliminati dall’attivo di stato patrimoniale e portati a decurtazione del patrimonio netto, avendo cura di rettificare anzitutto gli utili portati a nuovo ovvero altre componenti del patrimonio netto, se ritenuto più opportuno. E’ immediato osservare come si apra un tema di una certa rilevanza: se l’impresa in esame avesse un patrimonio netto totale pari a 100.000 € e in passato avesse sostenuto investimenti in ricerca per un importo di 200.000 €, investimenti che hanno trovato copertura nel canale bancario, ci troveremmo ad osservare un patrimonio netto post rettifiche negativo pari a 100.000 € – 200.000 € = – 100.000 €. Situazione assolutamente delicata che impone una immediata ricostituzione del capitale sociale come previsto dalla normativa civilistica. La fattispecie è tutt’altro che rara, si pensi al mondo delle startup, ove la ricerca (e la pubblicità) rappresentano investimenti di assoluta rilevanza.
Esistono delle soluzioni alternative a quanto prescritto dall’OIC 29?
Risposta negativa. Si potrebbe ipotizzare di togliere i 200.000 € dall’attivo patrimoniale e inserire il valore tra i costi del conto economico dell’esercizio. Si osserverebbe un rollback della capitalizzazione. Tuttavia anche tale soluzione non pare risolvere il problema, determinando una perdita che andrebbe nuovamente ad azzerare il patrimonio netto. Il vero tema è quindi capire se è sensato pensare ad una applicazione retroattiva di tale approccio. A parere di chi scrive no. Investitori, banche ed altri finanziatori hanno sostenuto imprese contando su una certa patrimonialità che ora viene erosa dall’applicazione retroattiva di una regola contabile.
Altra novità portata dal D.lgs. 139/2015 è l’introduzione del comma 1bis dell’articolo 2423bis: […] La rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto […].
La mente corre veloce al caso dei leasing, classico esempio di discrepanza tra forma e sostanza. Nella forma contratti di locazione, nella sostanza contratti di finanziamento molto simili alla fattispecie del mutuo. Si ricorda che in Italia il leasing impatta solo sul conto economico (le rate vengono inserite tra i costi di godimento beni di terzi) a differenza del mutuo che trova la sua rappresentazione sia a livello economico che patrimoniale, con evidenza di cespiti e relativo indebitamento.
Mentre i principi contabili internazionali, attraverso lo IFRS 16, hanno risolto brillantemente tale situazione, prevedendo identica rappresentazione contabile per mutui e leasing, sembra che al momento l’Organismo Italiano Contabilità, attraverso i principi OIC non abbia previsto alcunché. Il principio OIC 29 non risulta portare chiarezza sull’applicazione di un importante criterio di valutazione quale la prevalenza della sostanza sulla forma, limitandosi ad esprimere dichiarazioni di principio che giocoforza rimandano di fatto ai principi contabili di dettaglio quali l’OIC XX (strumenti derivati), 15 e 19 (crediti e debiti) per le relative scelte operative.
In estrema sintesi il principio OIC 29 in consultazione fornisce numerose precisazioni in merito al processo di revisione delle stime contabili senza tuttavia entrare nel merito di nessuna. Risulta invece più incisiva la previsione di imporre la rilevazione diretta in bilancio dei fatti successivi alla chiusura dell’esercizio che possono incidere sulla continuità aziendale. Un buon passo in avanti verso la maggior trasparenza dei bilanci.