L’Avvocato generale della Corte di Giustizia UE, Maciej Szpunar, ha presentato le proprie conclusioni nelle cause riunite C-662/22 Airbnb Ireland, C-667/22, Amazon Services Europe, C-663/22, Expedia, C-664/22, Google Ireland, C666/22, Eg Vacation Rentals Ireland, C-665/22, Amazon Services Europe, in cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull’imposizione, da parte dell’Italia, di obblighi generali ed astratti a un prestatore di servizi online operante nel suo territorio, ma stabilito in un altro Stato membro.
Nel nostro Paese, alcuni prestatori di servizi di intermediazione e di motori di ricerca online, come Airbnb, Google, Amazon e Vacation Rentals, sono soggetti a determinati obblighi (art. 1 c. 6 L. 249/1997): devono iscriversi nel registro degli operatori di comunicazione (ROC), trasmettere periodicamente una serie di informazioni all’AGCOM (ovvero dichiarazioni relative al loro assetto societario e all’attività svolta, nonché l’obbligo di produrre dichiarazioni annuali successive) e versare un contributo economico a quest’ultima.
In particolare, la delibera AGCOM n. 666/2008 prevede che i prestatori di servizi online devono dunque raccogliere e quindi comunicare all’AGCOM una serie di informazioni sulla struttura societaria, nonché notificare all’AGCOM, entro termini stringenti (30 giorni), ogni modifica nel controllo e nella proprietà oppure qualsiasi trasferimento pari o superiore al 10% (o al 2% in caso di società quotate) delle loro azioni; devono inoltre fornire all’AGCOM comunicazioni su base annuale e tenerla sempre informata circa qualsiasi eventuale variazione delle informazioni comunicate.
In aggiunta, le società iscritte al ROC non possono conseguire né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni.
Ai prestatori di servizi online che non adempiono tali obblighi possono essere comminate sanzioni amministrative pecuniarie e, in taluni casi, la sospensione delle attività del prestatore in Italia o, addirittura, sanzioni penali. L’AGCOM può altresì disporre l’iscrizione d’ufficio di un prestatore al ROC.
I prestatori di servizi online, stabiliti nell’Unione europea, contestano tali obblighi, poiché contrari al Regolamento (UE) 2019/1150, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online.
Inoltre, a loro avviso, tali obblighi violano, in particolare, il principio previsto nella Direttiva 2000/31 sul commercio elettronico, secondo cui i servizi della società dell’informazione sono, in linea di principio, soggetti alla legge dello Stato membro di stabilimento del prestatore.
Secondo l’avvocato generale, la Direttiva 2000/31 sul commercio elettronico osta effettivamente all’applicazione di tali obblighi di carattere generale ed astratto ad un prestatore di servizi online stabilito in un altro Stato membro.
Inoltre, per quanto riguarda il Regolamento che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online, ritiene che gli obblighi previsti dalla normativa italiana non costituiscano misure di applicazione di tale regolamento, e che pertanto non siano giustificabili dall’applicazione del Regolamento stesso.
L’obbiettivo del Regolamento è infatti contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, garantendo un contesto equo, prevedibile, sostenibile e sicuro per l’attività economica online nell’ambito del mercato interno: pertanto, uno Stato membro può raccogliere soltanto informazioni in relazione agli obblighi che gli sono imposti da tale Regolamento e agli obiettivi che quest’ultimo persegue, fra i quali parrebbero non rientrarvi quelli previsti dalla normativa italiana.