Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha confermato il proprio orientamento in merito agli obblighi informativi gravanti sull’intermediario (in particolare, sulla loro natura, contenuto ed onere della prova), in correlazione con il profilo soggettivo di rischio dell’investitore (nel caso di specie, la Corte si è pronunciata con riferimento ad un contratto relativo ai servizi di negoziazione, sottoscrizione e collocamento di ordini mobiliari stipulato tra la banca ed investitori retail).
Gli obblighi informativi devono essere assolti in modo specifico per qualsiasi tipologia di investimento finanziario (ovvero sia nella negoziazione di prodotti finanziari che nelle gestioni patrimoniali) e devono essere alla base di ogni scelta d’investimento. In ordine alle operazioni qualificabili come “non adeguate”, oltre all’obbligatorietà dell’ordine scritto deve esserci anche la preventiva informazione specifica sull’investimento da eseguire, scattando l’onere della banca di darne la prova puntale a fronte dell’allegazione da parte dell’investitore della sua mancanza (Cass., n. 11578 del 2016; n. 19417 del 2017; ord. n. 10286/18). Pertanto, le informazioni che l’intermediario deve fornire devono essere sempre “adeguate”, sotto il profilo oggettivo, alla natura dell’investimento ed al suo grado di rischiosità da ancorare ad indici concreti e non all’astratta natura giuridica del prodotto.
Il profilo soggettivo dell’investitore non è ininfluente al riguardo, fermo restando che in difetto delle qualità normativamente richieste per essere un investitore qualificato o professionale, il profilo rimane quello dell’investitore retailcon l’applicazione dell’intero sistema di protezione dall’asimmetria informativa messo a punto dalle norme del T.U.F. (artt. 21 e 23), integrate dai regolamenti Consob (in particolare, v. art. 28 Reg. Consob n. 11522/98) (Cass., nn. 8394 e 9892 del 2016).
L’allegazione della carenza d’informazioni incidenti sul grado di rischiosità del prodotto o dell’investimento da parte dell’investitore determina per l’intermediario l’onere di provare di aver assolto all’obbligo informativo di cui si denuncia la mancanza o comunque di aver prospettato concretamente il grado di rischio effettivo dell’investimento all’investitore anche mediante prove orali (Cass. 19750 del 2017).
Al riguardo, in primo luogo, costituisce obbligo endocontrattuale dell’intermediario l’acquisizione di informazioni sul cliente tali da consentire di delineare un profilo soggettivo dello stesso che ne evidenzi le potenzialità economiche e patrimoniali e la conseguente propensione all’investimento ed al rischio. La mancanza di un profilo attendibile non determina alcuna attenuazione dell’obbligo informativo anche se desumibile dalla sottoscrizione della clausola, generalmente predisposta unilateralmente dall’intermediario, di rifiuto di fornire informazioni da parte dell’investitore (Cass., n. 5250/2016).
In secondo luogo, ad eccezione dell’investitore abilitato o professionale, la accertata propensione al rischio del cliente non elimina l’obbligo informativo ma lo conforma in modo biunivoco.
In particolare, l’esperienza dell’investitore e le sue dichiarate ed accertate scelte d’investimento incidono sulla selettività delle informazioni da fornire nel senso che verosimilmente esse devono riguardare caratteristiche specifiche e non generalmente conoscibili del prodotto. D’altra parte, tanto più è elevata la rischiosità dell’investimento tanto più puntuale deve essere l’adempimento dell’obbligo informativo in relazione a tale specifico profilo. E ciò con la finalità, non realizzabile dall’investitore, di azzerare od eliminare il rischio, tendenzialmente connesso alle potenzialità di rendimento dell’investimento, ma al fine di verificare se la scelta dell’investimento sia stata dettata dalla conoscenza effettiva delle variabili che ne conformano la rischiosità (Cass., n. 10286/18).