Con la sentenza n. 16329 del 4 agosto 2016, la Cassazione Civile ha avuto l’occasione di affrontare il tema delle leggi di interpretazione autentica.
Nel caso di specie era avvenuta nel 1996 una fusione per incorporazione tra due banche, senza tuttavia devoluzione del patrimonio residuo al relativo fondo mutualistico, con conseguente violazione della legge n. 59 del 1992. La banca risultante, soccombente nelle fasi precedenti del giudizio, avevano presentato ricorso presso la Corte di Cassazione. Le sue ragioni si basavano sull’assunte che la legge n. 59 del 1992 non avrebbe dovuto trovare applicazione nei suoi confronti, dal momento che il testo normativo faceva riferimento alla “liquidazione” di banche e non comprendeva quindi la “fusione”, tanto più quella eterogenea. Quest’ultima figura era stata infatti introdotta – innovativamente e non con effetto retroattivo, nell’opinione della ricorrente – con la legge di interpretazione autentica n. 388 del 2000. La Corte di Cassazione ha tuttavia ribadito (ponendosi tra l’altro in linea con analoga pronuncia della Corte Costituzionale) che,in primis, risulta giustificata l’estensione generale alla “fusione”, dal momento che la legge del 1992 voleva chiaramente evitare che i vantaggi derivanti dalle agevolazioni concesse non siano devoluti (almeno in parte) ad attività mutualistica. In secondo luogo, per quanto riguarda la più complessa figura della “fusione eterogenea”, come era del resto quella in esame, la Corte di Cassazione osserva che se da un lato la legge n. 59 del 1992 voleva favorire la fusione tra banche ai fini di una maggiore stabilità, allo stesso tempo il legislatore ha considerato anche altri interessi in gioco. Ed è quindi intervenuto nel 2000 per indicare come bilanciarli: da un lato la garanzia della stabilità, dall’altro la garanzia della mutualità. Non vi è di conseguenza alcuna irragionevolezza, ma solo discrezionalità: la legge troverà pertanto legittima applicazione.
In conclusione quindi la Corte di Cassazione afferma che la devoluzione del patrimonio residuo di cui all’art. 11, comma 5, della l. n. 59 del 1992 si applica anche alle fusioni riguardanti banche di credito cooperativo, operando l’obbligo anche con riferimento a vicende societarie nelle quali manchi una liquidazione, compresa la fusione eterogenea.