Il Tribunale di Milano (sentenza 21 giugno 2012 n. 6839) esamina i limiti della fattispecie delittuosa di cui all’art. 13, comma 7, Decreto 1979/625, il quale sanziona nelle operazioni di trasferimento di denaro oltre soglia (importi superiori a 12.500,00 euro) la mancata indicazione, da parte degli operatori (enti creditizi, intermediari finanziari, etc.), dei dati identificativi dei clienti per conto dei quali eseguono le operazione.
Fra tali dati vi è quello relativo al codice fiscale (C.F.) del soggetto per conto del quale l’operazione viene eseguita.
Sul punto il Tribunale evidenzia come la normativa richiamata abbia come finalità quella di identificare chiaramente i soggetti invianti e riceventi al fine di evitare il trasferimento di somme oggetto di riciclaggio; finalità questa perseguita anche attraverso l’apposizione del codice fiscale, che consente di giungere o completare la corretta informazione sui dati personali di chi invia denaro.
Tuttavia, prosegue il Tribunale, se tale finalità (l’identificazione) è raggiunta anche attraverso i documenti di riconoscimento (passaporto, carta di identità, ecc.), si può sostenere che la presenza del codice fiscale costituisca una garanzia ulteriore, poiché integra un’identificazione già certa.
In tal senso, conclude il Tribunale di Milano, l’omessa indicazione del codice fiscale nel caso dei trasferimenti di denaro risulta sanata (e per l’effetto il reato escluso) laddove risultino diversamente (ma compiutamente) identificati i soggetti invianti e riceventi.