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Giurisprudenza

Omessa indicazione in dichiarazione dei costi black list

8 Novembre 2016

Francesco Palladino

Cassazione Civile, Sez. V, 27 aprile 2016, n. 8326

Di cosa si parla in questo articolo

L’omessa esposizione separata dei componenti negativi di cui all’art. 110, comma 11, del Tuir, derivanti da operazioni intercorse con imprese aventi sede in Paesi a fiscalità privilegiata, da causa ostativa alla deducibilità dei costi è divenuta una violazione specificamente sanzionata dall’art. 8, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 471 del 1997, introdotto dalla L. n. 296 del 2006, con efficacia retroattiva in forza del disposto dell’art. 1, comma 303 della legge stessa. In aggiunta, per tali violazioni, non può trovare applicazione la dichiarazione integrativa poiché esse non danno luogo ad alcuna rettifica, né in aumento né in diminuzione, del reddito dichiarato.

I giudici di piazza Cavour hanno così concluso sulla controversia sottoposta al loro vaglio insorta a seguito di un avviso di accertamento, relativo al periodo d’imposta 2003, con cui l’Agenzia delle entrate aveva contestato, ai fini Irpeg e Irap, la deducibilità dei costi black list in ragione della non indicazione di questi nella dichiarazione dei redditi, a nulla rilevando, nel caso di specie, la prova contraria fornita dalla società circa la sussistenza dei requisiti sostanziali di deducibilità stabiliti dallo stesso art. 110, comma 11 (attività effettivamente svolta dalla impresa estera, effettivo interesse economico ad effettuare l’operazione con l’impresa non residente e l’effettiva esecuzione della operazione) ed il fatto che la società avesse presentato una dichiarazione integrativa successivamente l’inizio delle attività di verifica in cui aveva indicato i costi in commento.

La società proponeva quindi ricorso avverso l’avviso di accertamento dinanzi i giudici di prime cure che lo rigettavano con sentenza n. 542 del 2007; tuttavia, impugnata quest’ultima decisione dinanzi la Commissione regionale competente, venivano accolte le doglianze del contribuente.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso lamentando la violazione dell’art. 2, comma 8, L. n. 322 del 1998, dell’art. 1, commi 302 e 303, della L. n. 296 del 2006 e dell’art. 110, comma 11, del Tuir, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che l’omessa indicazione dei costi black list costituisce mera violazione formale non sanzionabile e nella parte in cui ha escluso l’applicabilità delle sanzioni a seguito di dichiarazione integrativa presentata dalla contribuente successivamente all’avvio delle operazioni di verifica, anziché riconoscere l’applicabilità della sanzione prevista dall’art. 8, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 471 del 1997, a norma del quale “Quando l’omissione o incompletezza riguarda l’indicazione delle spese e degli altri componenti negativi di cui all’articolo 110, comma 11, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro 50.000”.

Con la sentenza n. 8326/2016, la Suprema Corte, confermando un orientamento ormai costante[1], ha sovvertito l’esito della controversia con due statuizioni di principio di particolare interesse.

In primo luogo è stato sancito che l’omessa separata indicazione dei costi in commento e quindi la violazione dell’art. 110, comma 11, del Tuir, secondo cui “Le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo periodo del presente comma e ai sensi del comma 10 sono separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi” non può qualificarsi come una violazione meramente formale e per l’effetto non punibile ai sensi del combinato disposto dell’art. 10, comma 3, L. n. 212 del 2000, e dell’art. 6, comma 5-bis, D.lgs. n. 472 del 1997 in virtù del fatto che, nel caso di specie, non ricorrono tutti i presupposti normativamente previsti.

Invero, l’art. 6 citato, al comma 5-bis, prevede che “Non sono inoltre punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.”; conseguentemente, la violazioni di cui è causa costituirebbe, secondo la Cassazione, condotta idonea a frapporre un ostacolo all’attività di monitoraggio da parte dell’Amministrazione finanziaria delle operazioni economiche intercorse con imprese black list e pertanto, mancando uno dei requisiti necessari ai fini della non punibilità della fattispecie, la violazione commessa è senza dubbio sanzionabile ai sensi dall’art. 8, comma 3-bis, del D.lgs. n. 471 del 1997.

In relazione al secondo principio di diritto, statuito con la sentenza in oggetto, la Corte ha stabilito l’inefficacia della dichiarazione integrativa presentata dalla società, poiché l’omessa indicazione separata dei costi prescritti dall’art. 11, comma 11, Tuir, non dà luogo ad alcuna rettifica, né in aumento né in diminuzione, del reddito dichiarato, risultando pertanto inapplicabile la procedura prevista dall’art. 2, D.P.R. n. 322 del 1998. Subordinatamente, gli Ermellini hanno inoltre ritenuto che l’avvio della verifica fiscale costituisce causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa prevista dall’art. 2, D.P.R. n. 322 del 1998.

Con la sentenza in commento, la Cassazione è giunta inoltre ad una interpretazione sistematica dell’art. 110, comma 11, del Tuir, affermando che, mentre nella versione originaria la predetta norma prevedeva l’applicazione del regime di assoluta indeducibilità dei costi black list nel caso in cui tali costi non fossero separatamente indicati in dichiarazione, con l’avvento dell’art. 1 commi 301-303, della L. n. 296 del 2006, si è passati dall’indeducibilità totale dei predetti componenti reddituali negativi alla sanzionabilità della fattispecie ai sensi dell’art. 8, comma 3-bis, D.lgs. n. 471 del 1997 con effetto retroattivo alla luce di quanto disposto dal comma 303 della L. n. 296 del 2006.

In proposito, merita di essere rilevato che la Legge di stabilità 2016 (L. n. 208 del 2015) ha abrogato la disciplina in commento con decorrenza 1 gennaio 2016. Da ciò ne consegue che, dal periodo d’imposta 2016, i costi black list non saranno separatamente indicati in dichiarazione e la loro deducibilità è condizionata al soddisfacimento degli ordinari requisiti di deducibilità previsti per i componenti negativi di reddito[2]. Tuttavia, non essendo stata abrogata – contestualmente alla suddetta modifica – anche la norma sanzionatoria di cui all’art. 8, comma 3-bis, D.lgs. n. 471 del 1997, dovrebbero ritenersi comunque irrogabili le sanzioni connesse alla fattispecie di cui all’art. 110, comma 11, Tuir, in relazione ai periodi d’imposta per i quali vigeva l’obbligo di separata indicazione dei costi black list in dichiarazione ovvero con riferimento ai periodi d’imposta precedenti all’annualità 2016.

 


[1] Cass., 8327/2016; 8330/2016; 97224/2016; 4030/2016; 23774/2015; 15290/2015.

[2] Avendo particolare riguardo ai requisiti previsti dall’art. 109 Tuir: inerenza, effettività, certezza, determinatezza, competenza etc.

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