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Giurisprudenza

Omesso versamento IVA: ne bis in idem, tra sanzioni penali e amministrative

9 Aprile 2018

Matteo Porqueddu, Tremonti Romagnoli Piccardi e Associati

Corte Costituzionale, 20 maggio 2016, n. 112 – Pres. Grossi

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’Ordinanza n. 112 del 20 maggio 2016 la Corte Costituzionale ha preso atto della questione di legittimità invocata dal Tribunale di Bologna in relazione all’art. 649 c.p.p. (rubricato “divieto di un secondo giudizio”), con riferimento ad un caso di omesso versamento ai fini dell’imposta del valore aggiunto per un ammontare pari a Euro 378.000 da parte di un contribuente. In particolare, da tale omissione si erano originati due procedimenti paralleli: uno in ambito tributario, per la violazione dell’art. 13 D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e l’altro di natura penale ai sensi dell’art. 10-ter D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

In estrema sintesi, il contribuente veniva rinviato a giudizio per violazione della fattispecie penale di omesso versamento Iva. In tale sede, lo stesso contribuente eccepiva il divieto di prosecuzione dell’azione penale dimostrando l’avvenuto versamento dell’Iva evasa, degli interessi e delle sanzioni (nella misura del 30% ai sensi dell’art. 13 del D. Lvo. 471/97).

Sul punto il Giudice, applicando al caso l’indirizzo intrapreso dai giudici comunitari in materia di ne bis in idem, riconosce, da un lato, una natura sostanzialmente penale delle sanzioni tributarie previste dall’art. 13 D. Lgs. 471/1997 in ragione della loro connotazione fortemente afflittiva, e, dall’altro, l’identità nell’atto illecito tra la previsione tributaria e quella penale di cui all’ art. 10-ter D. Lgs. 74/2000.

In un contesto nel quale il legislatore nazionale ricollega al medesimo illecito due sanzioni ontologicamente diverse (amministrativa e penale) non prevedendo criteri di priorità temporale nell’applicazione dell’una piuttosto che dell’altra, lo stesso Giudice ha deciso di rimettere al giudizio della Corte Costituzionale, la questione sull’art. 649 c.p.p, nella parte in cui non preclude un secondo giudizio ai sensi dell’art. 10-ter D. Lgs. 74/2000 ove l’imputato sia già stato “condannato” in sede tributaria in ragione dell’art. 13 D. Lgs. 471/1997.

Va rilevato tuttavia, con uno sguardo d’insieme, che il problema rappresentato dalla convivenza del doppio binario sanzionatorio in materia di omesso versamento di imposte, appare ormai oggetto di plurime questioni, tutte volte a dubitare della sua compatibilità con il sistema comunitario che invece si è pronunciato a favore del contribuente.

Va inoltre rilevato come, alla luce di quanto fin qui rappresentato, non si può non considerare del tutto inadeguata e contraria ai principi comunitari la soluzione ermeneutica pronunciata sulla medesima fattispecie dalle Sezioni Unite nel 28 Marzo 2013 n. 37242: secondo tale pronuncia, come noto, nell’interazione tra c.d. illecito amministrativo e c.d. illecito penale in materia di omesso versamento delle imposte (la specifica fattispecie faceva riferimento all’art. 10-bis, “omesso versamento delle ritenute d’acconto”), non avrebbe operato il principio di specialità di cui all’art. 19 del D. Lvo 74/2000, in ragione del quale sarebbe stato possibile applicare una sanzione soltanto, tra quella penale e quella amministrativa; sul punto infatti, tra le due ipotesi di illecito, sulla base di quanto statuito dal Supremo Collegio, si sarebbe dovuto individuare piuttosto un rapporto di progressione criminosa.

Dove si fosse riconosciuto l’operare del principio di specialità – attraverso l’art. 19 D. Lgs. 74/2000 – si sarebbe corso il rischio di non poter recuperare l’imposta evasa (nonché le soprattasse e le sanzioni), ogniqualvolta il fatto fosse previsto (anche) come reato. Per maggiore chiarezza, il rifiuto, da parte delle Sezioni Unite, di riconoscere l’operare della specialità – attraverso l’art. 19 D. Lgs. 74/2000 – o per lo meno l’assorbimento di una fattispecie – quella tributaria – nell’altra (l’ipotesi penale), pare essere legato in modo rilevante alla differenza di reazione sanzionatoria prevista nei due ambiti, e al rischio conseguente di perdere irrimediabilmente il tributo illecitamente sottratto all’erario da parte del contribuente.

La fragilità di quell’interpretazione dettata dalle Sezioni Unite si era già palesata ai tempi: da un lato, in quanto ben esile appariva una “progressione” caratterizzata soltanto da diverse scadenze temporali (l’illecito tributario opera al mancato versamento trimestrale; quello penale su base annuale); dall’altro, in quanto appare difficile negare che la fattispecie penale assorba tutto il fatto colpito dall’illecito tributario (che si consuma a cadenze più brevi).

In sostanza, ben può essere che un omesso versamento punibile secondo l’art. 13 d. lgs. 471/1997 non costituisca anche reato: ad esempio, perché l’omissione trimestrale può essere corretta; o, ancora, perché può rimanere a sé stante, e così non innescare la fattispecie penale che prende in considerazione solo le omissioni di versamento su base annuale. Tuttavia, è impossibile che un comportamento rientrante tra le previsioni di cui agli artt. 10-bis o 10-ter d. lgs. 74/2000 non implichi anche la realizzazione della corrispondente disposizione tributaria.

Va inoltre evidenziato che pur nel suo articolato intervento di revisione del sistema penale tributario il D. Lgs. 24 settembre 2015 n. 158 non ha minimamente affrontato -con particolare riferimento alla sanzione tributaria – la questione di quando una sanzione formalmente di natura amministrativa sia per i suoi connotati afflittivi intesa come avente rilevanza “penale”, invece ha confermato in pieno che il legislatore nazionale persevera nel ritenere priva di ostacoli la possibilità di comminare allo stesso fatto illecito sia una sanzione penale che una sanzione amministrativa.

L’unica concessione rinvenibile al divieto del bis in idem va ricercata nell’introduzione dell’art. 13 del D. Lgs. 74/2000 laddove viene ricollega la causa di non punibilità – ai fini penali – al pagamento del debito tributario comprensivo di sanzioni e interessi per taluni reati tra cui quello di cui all’art. 10-ter del predetto D. Lgs. 74/2000.

Nel caso come sopra rappresentato il pagamento della sanzione amministrativa esclude l’applicabilità della sanzione penale e, di conseguenza, una duplicazione della sanzione per lo stesso fatto illecito, ma questo si verifica non certo perché con il Decreto 158/2015 si sia voluto considerare la sanzione amministrativa come avente natura penale o per non incorrere nel bis in idem (vietato dalle disposizioni comunitarie).

A dimostrazione di quanto sopra, va rilevato che la c.d. doppia sanzione (amministrativa e penale) viene comunque comminata nel caso di pagamento non tempestivo (prima dell’apertura del dibattimento) nonché per tutti i delitti non menzionati dell’art. 13 del D. Lgs 74/2000.

Anche se con riferimento al caso dell’omesso versamento IVA questo si sottrae all’applicazione della duplice sanzione in ragione del pagamento delle sanzioni effettuato ai sensi dell’art. 13 del 471/97, il problema di fondo permane come permane la questione di costituzionalità che tornerà a palesarsi in futuro.

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