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Giurisprudenza

Omesso versamento IVA: responsabilità dell’amministratore subentrante

18 Giugno 2018

Luca D’Agostino, Dottorando LUISS Guido Carli

Cassazione Penale, Sez. III, 23 gennaio 2018 n. 6220 – Pres. Andreazza, Rel. Scarcella

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L’amministratore di una società, tratto in giudizio per omesso versamento dell’IVA, ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello deducendo di non aver potuto onorare il debito fiscale a causa dello strettissimo lasso di tempo intercorso tra l’assunzione della carica di amministratore e il termine ultimo per il versamento, della situazione di crisi finanziaria in cui versava la società e dell’assenza in cassa della liquidità necessaria per adempiere il debito d’imposta, determinata dalla cattiva gestione precedente.

Secondo la prospettazione del ricorrente il versamento dell’imposta risultava inesigibile nel caso di specie, con evidenti ripercussioni in termini di configurabilità soggettiva del reato.

L’omesso versamento, peraltro, non sarebbe punibile il reato a titolo di dolo eventuale laddove il soggetto tenuto all’adempimento fiscale penalmente rilevante – cioè il versamento –sia un soggetto diverso da quello che aveva posto in essere l’adempimento fiscale non ancora penalmente rilevante – cioè la dichiarazione.

La Suprema Corte disattende le predette argomentazioni, rilevando in primis come la categoria giuridica dell’inesigibilità non sia invocabile nel caso sotto esame, poiché l’assunzione della carica di amministratore comporta, per comune esperienza, il dovere di verifica della contabilità, dei bilanci e delle ultime dichiarazioni dei redditi, “per cui, ove ciò non avvenga, è evidente che colui che subentra nelle quote e assume la carica si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze”.

Quanto all’elemento psicologico del reato, la Corte si limita ad escludere la natura “colposa” dell’omissione dell’amministratore che ha accettato la carica, poiché la verifica sul versamento dei debiti fiscali risultanti dall’ultima dichiarazione è, oltre che doverosa, anche facilmente constatabile. Sulla scorta di queste considerazioni il Collegio, in linea con altri precedenti di legittimità, ribadisce come non possa essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine per l’adempimento, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta. Parimenti, ove l’amministratore subentrante abbia creduto di poter far fronte al debito d’imposta previa esazione dei crediti verso i terzi, dovrà comunque rispondere del reato, trattandosi di illecito “ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate”.

 

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