La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, chiarisce da un lato la natura perentoria del termine previsto dall’art. 163 L. Fall. per il deposito, da parte del debitore, delle somme indicate al predetto articolo e, dall’altro lato, precisa l’estensione del controllo che il tribunale è chiamato a compiere in merito alla regolarità della procedura di concordato preventivo in sede di omologazione.
Sotto il primo profilo, la Suprema Corte ha ritenuto che il deposito della somma di cui all’art. 163 L. Fall. sia previsto a garanzia dell’ordinato svolgimento della procedura di concordato, e pertanto il mancato deposito determina in modo indefettibile la rimozione dell’ammissione alla procedura stessa. A tale stregua, la Corte ha ritenuto di aderire al consolidato principio di diritto secondo cui “in tema di concordato preventivo, il termine fissato dal tribunale, ai sensi dell’art. 163 l. fall., per il deposito della somma che si presume necessaria per l’intera procedura ha carattere perentorio, atteso che la prosecuzione di quest’ultima richiede la piena disponibilità, da parte del commissario, dell’importo a tal fine destinato e questa esigenza può essere soddisfatta soltanto con la preventiva costituzione del fondo nel rispetto del predetto termine, da considerarsi quindi improrogabile, con conseguente inefficacia del deposito tardivamente effettuato” (cfr. Cass. 8100/2016, Cass. 18704/2016).
Sotto il secondo profilo, la Corte di Cassazione ha invece riconosciuto natura meramente endoprocedimentale al provvedimento di “non luogo a procedere alla revoca” dell’ammissione al concordato preventivo, reso a conclusione del procedimento ex art. 173 L. Fall., di talché il predetto provvedimento non conclude l’accertamento né genera alcun giudicato sostanziale: esso, pertanto, da un lato non è soggetto ad autonomo reclamo e, dall’altro, non preclude in alcun modo la deduzione, in sede di giudizio di opposizione all’omologa del concordato preventivo, delle medesime ragioni a suo tempo proposte a sostegno della non proseguibilità o della revoca dell’ammissione alla procedura di concordato.
La Corte di Cassazione ribadisce, dunque, il principio di diritto per cui “nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, il controllo della regolarità della procedura impone al tribunale la verifica della persistenza sino a quel momento delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura già scrutinate nella fase iniziale …; ne deriva che, a fronte di atti o di fatti rilevanti ai fini previsti dall’art. 173 l.f., o comunque ad essi equiparabili quoad effectum, il tribunale deve respingere la domanda di omologazione, nonostante la mancata apertura del relativo procedimento ovvero il suo esaurimento in modo difforme dall’esito di accertamento più completo espletato nel solo giudizio di omologazione”.