La Corte di Cassazione, tramite la sentenza in esame, chiarisce che, ai sensi dell’art. 2967 c.c., il debitore che propone una domanda riconvenzionale di natura creditoria nei confronti della banca è gravato dall’onere di provare l’esistenza e l’entità del credito, non potendosi applicare il criterio del c.d. saldo zero (in senso conforme alla precedente sentenza n. 9201/2015). Inoltre, il regime dell’onere probatorio non è modificato dalla qualificazione della domanda come di accertamento negativo del credito di controparte.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Lecce era chiamata a decidere in merito ad un’opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca per il saldo passivo di conto corrente, accogliendo la domanda di ripetizione dell’indebito, proposta dal debitore, per gli importi allo stesso illegittimamente addebitati in virtù della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e del calcolo degli stessi in misura ultralegale. Per la quantificazione dell’importo dovuto, la Corte applicava il c.d. saldo zero iniziale, a causa della mancata produzione, da parte dell’istituto bancario, degli estratti conto relativi al rapporto dall’inizio dello stesso fino alla fine del 1991. Proponeva dunque ricorso per Cassazione l’istituto bancario.
La Suprema Corte cassa la sentenza impugnata, affermando che l’opponente a decreto ingiuntivo, convenuto in senso sostanziale, assume la veste di attore nel caso di proposizione di domanda riconvenzionale, anche sotto il profilo dell’onere della prova. Spettava dunque al debitore la prova del proprio diritto, mediante la produzione di tutti gli estratti conto relativi al rapporto, fin dalla sua origine. Essendo stati prodotti, al contrario, gli estratti conto solo a partire dal 1992, il dies a quo da cui effettuare il calcolo del credito doveva coincidere con tale momento.