Con l’ordinanza n. 28362/2024, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della distribuzione dell’onere della prova in materia di diritto alla deducibilità degli interessi passivi, alla luce della causa di esclusione disciplinata dall’art. 98, comma 7 del TUIR pro tempore vigente.
Tale disposizione, avente notoriamente finalità antielusiva, mirava a contrastare il ricorso alla sottocapitalizzazione; istituto che descrive una condizione di carenza di mezzi propri finanziari da parte dell’impresa rispetto al livello necessario per conseguire gli obiettivi sociali.
Sotto il profilo fiscale, lo stato di sottocapitalizzazione permetteva di abbattere l’utile ed il complessivo onere tributario, potendo la società dedurre dal reddito i maggiori interessi passivi richiesti dai creditori in virtù del fondato rischio di insolvenza da parte della società debitrice.
Ciò posto, l’art. 98 prevedeva, al suo settimo comma, una causa di esclusione che, se accertata positivamente nella circostanza concreta, permetteva la disapplicazione del relativo trattamento di matrice antiabusiva.
A tal fine, si richiedeva specificamente che il “volume di ricavi non superasse le soglie previste per l’applicazione degli studi settore”.
In questa prospettiva, il Collegio ha chiarito che, in tale evenienza, il contribuente “deve provare l’effettiva esistenza o la legittimità della pretesa e quindi il relativo fatto costitutivo, principio tanto più vero ove venga in rilievo una causa di esclusione della indeducibilità disposta dalla legge”.
Nel caso in esame, la società contribuente aveva presentato apposita istanza per il riconoscimento del diritto di deduzione di interessi maturati in relazione a finanziamenti ricevuti dai propri soci.
Infatti, questi ultimi erano stati erroneamente assoggettati al regime della thin capitalization descritto dall’allora vigente art. 98 cit.
La norma veniva richiamata dalla società contribuente in sede di istanza, adducendo di aver conseguito ricavi inferiori alla soglia massima prescritta dalla legge, ex comma 7 dell’art. 98 citato.
Tuttavia, l’istanza veniva respinta con diniego espresso perché, a parere dell’Ufficio, la richiesta avrebbe dovuto essere avanzata tramite interpello ovvero tramite dichiarazione integrativa; il rigetto aveva quindi dato seguito alla instaurazione del contenzioso.
Quanto al profilo dell’onere della prova in ragione della dimostrazione del diritto alla deduzione dal reddito degli interessi passivi, la Suprema Corte ha osservato che l’adempimento probatorio non grava sull’Amministrazione finanziaria mentre, dal lato della contribuente, la sola corresponsione degli interessi ricevuti dall’impresa dai propri soci non permette il perfezionamento della causa di esclusione descritta dall’art. 98, comma 7, TUIR.