Con la pronuncia in commento, la Cassazione ha affrontato una interessante problematica in tema di distribuzione dell’onere della prova nell’ambito degli accertamenti derivanti da rettifiche da transfer pricing con riferimento al regime ratione temporis vigente.
Con tale pronuncia, infatti, la Corte ha ribadito come la normativa in materia di transfer pricing non ha natura di carattere antielusivo “perché (a differenza di altre norme specificamente antielusive) non prevede che l’amministrazione finanziaria debba provare quello della maggiore fiscalità nazionale ed è perciò applicabile anche in difetto di prova da parte dell’amministrazione finanziaria del conseguimento di un concreto vantaggio fiscale da parte del contribuente”.
In tale senso, la Corte ha affermato come “in tema di determinazione del reddito di impresa, la disciplina di cui all’art. 76, quinto comma, del d.P.R. n. 917 del 1986, finalizzata alla repressione del fenomeno economico dei transfer pricing, cioé dello spostamento di imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti, non richiede di provare, da parte dell’amministrazione, la funzione elusiva, ma solo l’esistenza di “transazioni” tra imprese collegate ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, gravando invece sul contribuente, secondo le regole ordinarie di vicinanza della prova, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. ed in tema di deduzioni fiscali […] l’onere di dimostrare che tali “transazioni” sono intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua dell’art. 9, terzo comma, del menzionato decreto, secondo cui sono da intendersi normali i prezzi di beni e servizi praticati “in condizioni di libera concorrenza”, al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi e con riferimento “in quanto possibile” a listini e tariffe di uso, non escludendosi pertanto l’utilizzabilità, al descritto fine, di altri mezzi di prova”.