La Corte di Cassazione, nel provvedimento in commento, consolida il principio secondo il quale la parte, società veicolo o altro cessionario del credito, che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco ai sensi dell’art. 58 TUB (d.lgs. n. 385 del 1998), ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa in tale operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.
Tale orientamento era già stato espresso precedentemente dalla Sezione I Civile della medesima Suprema Corte con la sentenza n. 4116 del 2 marzo 2016, secondo la quale il caso di società asseritamente cessionaria di crediti bancari in blocco ai sensi dell’art. 58 TUB non fa eccezione al principio secondo il quale la società che propone ricorso in cassazione avverso la sentenza in appello emessa nei confronti di altra diversa società, della quale affermi di essere successore, a titolo universale o a titolo particolare, è tenuta a fornire la prova documentale della propria legittimazione nelle forme di cui all’art. 372 c.p.c..
Tale onere probatorio non ricadrà sulla società asseritamente cessionaria esclusivamente nel caso in cui il resistente abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuto la legittimazione sostanziale della cessionaria medesima nel controricorso, astenendosi dal sollevare qualsiasi eccezione in proposito e difendendosi nel merito dell’impugnazione (cfr. Cass. Sez. Unite 18 maggio 2006, n. 11650).
Con l’ordinanza in oggetto, la Suprema Corte afferma che tale principio trova piena applicazione anche ove sia stata contestata, fin dal primo grado di giudizio, la legittimazione sostanziale della parte che abbia azionato il credito, ad esempio, come nel caso di specie, mediante la notifica di un decreto ingiuntivo.