1. Premessa
Con la decisione n. 2856 del 3 settembre 2020, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie ha statuito che la condotta di un cliente che abbia ripetutamente, e in tempi diversi, investito nel medesimo strumento finanziario, denota la sua perfetta consapevolezza in ordine alle caratteristiche e, soprattutto, alla rischiosità del titolo in questione e concorre, pertanto, ad escludere la violazione, da parte dell’intermediario, degli obblighi informativi sullo stesso gravanti al momento dell’investimento [1].
La pronuncia in esame costituisce un precedente significativo a sostegno del principio per cui la condotta dell’investitore può assumere rilievo al fine di valutare l’effettiva esistenza di un deficit informativo per l’investitore.
2. Il caso deciso dall’Arbitro
Nel caso di specie, l’investitore aveva sottoscritto una polizza assicurativa c.d. unit linked versando dapprima una somma iniziale e, poi, incrementando progressivamente il proprio investimento mediante tre ulteriori versamenti effettuati sul medesimo prodotto a distanza di anni. In seguito alle perdite realizzate in relazione a tale investimento, aveva inoltre riscattato la polizza incassando una somma inferiore al capitale investito.
Nel procedimento arbitrale instaurato per ottenere il risarcimento del danno subìto, il cliente ha svolto nei confronti dell’intermediario due principali contestazioni di inadempimento agli obblighi di condotta al momento della prestazione del servizio di investimento: (i) la mancanza di un’adeguata informativa sulle caratteristiche e sulla rischiosità prodotto assicurativo in parola; (ii) l’inadeguatezza dell’operazione rispetto al proprio profilo e obiettivo di investimento.
Il Collegio, pur avendo accertato la responsabilità dell’intermediario con riguardo alla contestazione di inadeguatezza dell’investimento [2], ha invece escluso la sussistenza di una violazione degli obblighi informativi sulle caratteristiche e sulla rischiosità del prodotto al momento dell’acquisto. In particolare, a riprova del corretto adempimento di tali obblighi, ha rilevato che il cliente:
- non solo aveva debitamente e consapevolmente sottoscritto documentazione contrattuale in cui dichiarava di aver ricevuto in consegna e compreso il prospetto informativo relativo alla polizza in questione (c.d. KIID);
- ma, “in ogni caso”, aveva tenuto un comportamento tale da rendere “non verosimile” la contestazione del presunto deficit informativo sulle caratteristiche del prodotto sottoscritto.
Con riguardo a tale ultimo profilo, il Collegio ha infatti sottolineato che la circostanza che il cliente non si fosse limitato ad eseguire un solo versamento, ma avesse reiterato il proprio investimento eseguendo una serie di ripetuti versamenti, oltretutto distanziati nel tempo, “denota […] una sicura consapevolezza … sulle caratteristiche del prodotto, giacché è proprio il fatto che i versamenti siano stati dilazionati nel tempo che conferma che il ricorrente ha avuto modo di apprezzare le caratteristiche di rischiosità dello strumento”.
Secondo il Collegio, quindi, il modus operandi del cliente rispetto allo stesso strumento finanziario oggetto di contestazione può assumere significativo rilievo probatorio al fine di ritenere debitamente informato l’investitore.
3. La rilevanza della condotta tenuta dall’investitore in relazione al medesimo strumento finanziario contestato
La decisione in commento si inserisce nell’ambito di un contesto giurisprudenziale vario e non completamente univoco nel riconoscere rilevanza all’operatività del cliente rispetto al medesimo strumento finanziario oggetto di contestazione.
Lo stesso Arbitro per le Controversie Finanziarie ha rilevato che la pregressa operatività dell’investitore in titoli dello stesso tipo, pur non costituendo un’esimente all’adempimento degli obblighi informativi dell’intermediario, assume rilevanza ai fini della valutazione del concorso colposo del creditore nella produzione dell’evento dannoso. Il fatto che l’investitore conosca già lo strumento finanziario oggetto di acquisto induce, infatti, a ritenere che il mancato adempimento dell’intermediario ai propri obblighi di informazione non abbia determinato (quantomeno, non in via esclusiva) la scelta di investimento [3].
In altra decisione, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie, seppur in relazione ad obblighi di condotta diversi da quelli oggetto della decisione in commento, ha tratto elementi probatori idonei a escludere un inadempimento dell’intermediario dalla circostanza che il cliente avesse precedentemente investito in strumenti analoghi a quelli contestati. In relazione agli obblighi in tema di appropriatezza dell’investimento, l’Arbitro, pur in assenza di elementi idonei a dimostrare l’avvenuta valutazione di appropriatezza da parte dell’intermediario, ha comunque ritenuto che l’operazione contestata fosse appropriata al profilo del risparmiatore proprio in ragione della sua pregressa operatività sul medesimo strumento, che dimostrava che egli avesse (o, comunque, avrebbe dovuto avere) “conoscenze ed esperienza” adeguate per comprendere il rischio che si assumeva acquistando i titoli in questione [4].
Quanto alla giurisprudenza di merito, in una controversia riguardante l’acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina, la Corte d’Appello di Venezia ha riformato la sentenza di primo grado e ha escluso la responsabilità dell’intermediario proprio in considerazione della pregressa operatività del cliente in titoli della medesima tipologia. Sul punto, la Corte ha rilevato che, nonostante la mancata prova, da parte dell’intermediario, del corretto adempimento dei propri obblighi informativi, il fatto stesso che il cliente avesse acquistato il medesimo titolo già in precedenza, senza contestare alcunché, “costituisce un dato di fatto da cui il Tribunale doveva semmai argomentare che le obbligazioni Argentina 98/09 Eul erano ben note [ndr alla cliente] e che ella aveva gradito il prodotto tanto da replicare l’acquisto […]Pertanto, posto che i titoli erano identici e che nel frattempo non vi era stata alcuna variazione del rischio, la banca non era tenuta a dare ulteriori specifiche informazioni” [5].
In senso opposto si è invece espressa la Suprema Corte, che, nel cassare la citata sentenza della Corte d’Appello di Venezia, ha invece statuito che l’obbligo dell’intermediario di fornire all’investitore adeguate informazioni circa l’operazione finanziaria non può essere surrogato da conoscenze che l’investitore possa assumere aliunde. Pertanto, il precedente acquisto, da parte dell’investitore, in titoli della medesima tipologia non costituisce elemento di per sé idoneo a provare il corretto adempimento degli obblighi informativi dell’intermediario sulla natura e sulla rischiosità della specifica operazione [6].
La Suprema Corte ha così rinviato alla Corte d’Appello affinché vagliasse se la banca aveva adempiuto all’obbligo che le incombeva. Non si è quindi pronunciata su un ulteriore profilo che potrebbe venire in rilievo in fattispecie quale quella in esame, e cioè se l’operatività pregressa del cliente, anche qualora non sia considerata idonea a escludere l’inadempimento dell’intermediario agli obblighi informativi, possa almeno rilevare sotto il profilo del concorso colposo ex art. 1227 c.c. Pare infatti rilevante la circostanza che il risparmiatore effettua l’investimento essendo già a conoscenza delle caratteristiche dello strumento finanziario per aver effettuato plurimi investimenti nello stesso.
[1] La decisione è reperibile sul sito dell’ACF www.acf.consob.it.
[2] Il Collegio ha accolto il ricorso per violazione dell’obbligo di valutazione dell’adeguatezza dell’investimento e, per l’effetto, ha condannato l’intermediario al risarcimento di un danno calcolato in misura pari alla differenza tra il capitale investito dal cliente e quello ottenuto da quest’ultimo mediante il riscatto della polizza (oltre interessi e rivalutazione monetaria).
[3] ACF, 12 marzo 2019, n. 1468, in www.acf.consob.it, che, pur che, pur in presenza di un (accertato) inadempimento agli obblighi informativi da parte dell’intermediario, ha ridotto del 50% le pretese risarcitorie avversarie, sottolineando che il fatto che il ricorrente avesse già in passato comprato azioni dello stesso emittente, percependo fino a quel momento anche i relativi dividendi, nonché il fatto che egli avesse manifestato una certa propensione all’investimento azionario “sono elementi, tutti, che inducono ragionevolmente ad affermare che il mancato corretto assolvimento di più specifici obblighi informativi gravanti sull’intermediario abbia semplicemente contribuito a rafforzare, ma non già a determinare in via esclusiva, la scelta di investimento”.
[4] ACF, 4 settembre 2019, n. 1830, in www.acf.consob.it.
[5] App. Venezia, 31 marzo 2016, n. 747, inedita.
[6] Cass., 23 ottobre 2017, n. 24946.