Con l’ordinanza n. 23683 del 4 ottobre 2024, la Prima sezione della Corte di Cassazione (Pres. Scotti, Rel. Campese) si è pronunciata in relazione all’onere della prova e al livello di diligenza richiesto alla banca nei casi di responsabilità contrattuale conseguente a frodi poste in essere su conto corrente.
Con la sentenza del 9 luglio 2020, n.893, la Corte di appello di Salerno, confermando la sentenza del Tribunale di Salerno, aveva rigettato la richiesta di risarcimento presentata dalla Correntista avverso la propria Banca per i danni patiti a seguito di molteplici prelievi fraudolenti dal proprio conto corrente, avvenuti mentre era all’estero, da imputarsi alla negligenza della Banca per la mancata adozione di cautele idonee.
In particolare, la Corte di appello aveva ritenuto che la Correntista non avesse fornito prova sufficiente della clonazione e dell’uso fraudolento della carta e che tali operazioni potessero invece probabilmente essere state compiute dai familiari della correntista a conoscenza del codice PIN.
Differentemente la Cassazione ha ritenuto che la motivazione della sentenza di appello fosse del tutto apodittica in quanto non avrebbe in alcun modo spiegato le ragioni per le quali le operazioni fraudolente sarebbero attribuibili ai familiari della Correntista.
Osserva, inoltre, la Cassazione che la diligenza posta a carico della banca ha natura tecnica e deve, di conseguenza, essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento e di conseguenza deve ricomprendere tutte le operazioni riconducibili alla sua sfera di controllo tecnico.
La banca, quindi, potrebbe liberarsi della responsabilità contrattuale, che è presunta, solo nel caso in cui la condotta sfugga alla propria sfera di controllo, dimostrando la colpa grave (o il dolo) del cliente.
Per tali ragioni la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.