Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 26727 del 15 ottobre 2024, hanno composto il contrasto giurisprudenziale sorto circa la proponibilità, da parte dell’opposto, nella comparsa di risposta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, di domande alternative a quelle introdotte in via monitoria.
Le Sezioni Unite hanno quindi affermato che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, tale proposizione è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione dell’originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione di pagamento.
Per la Cassazione, in sostanza, la mancata attivazione della domanda riconvenzionale non preclude al ricorrente-opposto l’aggiunta di pretese correlate a quella originaria.
La Cassazione parte dall’analisi dei principi di diritto affermati dalle precedenti Sezioni Unite in tema di domande modificative e alternative a quella originaria, al fine di vagliarne l’applicabilità anche al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo:
- S.U. n. 12310/2015: per cui la modificazione della domanda ammessa a norma dell’art. 183 C.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali; conseguentemente, la Corte aveva ritenuto ammissibile la modifica, nella memoria ex art. 183 c.p.c., della iniziale domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, in domanda di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo
- S.U. n. 22404/2018: nel dare continuità all’insegnamento del 2015 sposta l’attenzione dall’ambito circoscritto di una valutazione relativa alla invarianza degli elementi oggettivi (petitum e causa petendi) della domanda modificata rispetto a quella iniziale, in una prospettiva di più ampio respiro, volta alla verifica che entrambe tali domande ineriscano alla medesima vicenda sostanziale, rispetto alla quale la domanda modificata sia più confacente all’interesse della parte; e ciò, nell’ottica di un’interpretazione orientata al rispetto dei principi di economia processuale e ragionevole durata del processo; nel caso di specie, quindi, era stata ritenuta ammissibile la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. proposta, in via subordinata, con la prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c., nel corso del processo introdotto con domanda di adempimento contrattuale, qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa (per incompatibilità) a quella inizialmente formulata.
La Corte ricorda che sia l’arresto del 2015 sia l’arresto del 2018 hanno trattato questioni nell’ambito di cause instaurate con l’ordinario atto introduttivo, ed i casi consistevano nella introduzione di una domanda alternativa rispetto a quella originaria, avvenuta non nel contraddittorio orale dell’udienza ex art. 183 C.p.c., bensì nella prima memoria dell’art. 183, sesto comma, c.c. quale protrazione scritta di tale udienza.
Tuttavia, sostiene la Corte, non è più sostenibile un’interpretazione restrittiva rispetto al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto:
- il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è comunque un giudizio ordinario, pur in “prosecuzione” del giudizio monitorio, così come precisato dalle Sezioni Unite nel 2022 (n. 927/2022)
- la parte opposta, oltre ad essere convenuta formale, acquisisce pure la tutela propria di una convenuta sostanziale, e potrebbe presentare domande riconvenzionali, come un convenuto “integralmente” tale, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 183, sesto comma, n. 1 c.p.c.
- ambedue le parti, in questa “fase di recupero” mediante il contraddittorio, possono fruire, in forza ancora dell’art. 645 c.p.c., della facoltà di incrementare la regiudicanda evincibile dell’art. 104 c.p.c, per cui contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse, purché sia osservata la norma dell’art. 10, c. 2.
- dall’avvio monitorio del contenzioso non deriva alcuna cristallizzazione delle facoltà difensive in termini di formazione del thema decidendum, come se l’opposto le avesse esaurite nella fase monitoria.
Per la Corte, dunque, nella comparsa di costituzione l’opposto (convenuto sostanziale) è comunque legittimato a proporre non solo domande riconvenzionali, ma altresì domande che – come qualificate dall’arresto delle Sezioni Unite del 2015 e confermate da quello susseguente del 2018 – rientrano nell’area sostanziale sottesa alla domanda originaria, ovvero sono domande aggiuntive/alternative, sovente collocate in posizione di subordine, ammissibili perché rapportate al medesimo interesse.
In un’ottica di parità e in correlato riferimento al canone della correttezza processuale di cui all’art. 88, c. 1 C.p.c., chi ha avviato il giudizio per via monitoria ha facoltà di introdurre nella comparsa di risposta le domande alternative che eventualmente intenda presentare, non potendo invece riservarle fino all’ultima memoria ex art. 183, sesto comma, C.p.c.
Fino a quest’ultimo momento, comunque, a seconda dell’evoluzione difensiva dell’opponente posteriore alla comparsa di risposta, gli sarà consentito proporre domande come manifestazioni di difesa, anche se non stricto sensu riconvenzionali: infatti, sarà ammissibile l’utilizzo della memoria ex art. 183 C.p.c. quando la condotta difensiva dell’opponente si avvalga dello jus variandi posteriormente all’atto di citazione in opposizione, cosicché l’opposto possa esercitare a sua volta lo jus variandi, e quindi anche nell’ultimo stadio della memoria ex art. 183, c. 6 C.p.c.