La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7934 del 25 marzo 2024, si è pronunciata in merito alla liceità di un patto parasociale avente ad oggetto un’opzione c.d. put (ovvero il diritto di cedere delle partecipazioni azionarie ad un certo prezzo), per contrarietà della stessa al divieto di c.d. patto leonino e di patto commissorio.
L’art. 2265 c.c., in particolare, dispone il divieto di c.d. patto leonino, prescrivendo la nullità di qualsiasi patto che escluda uno o più soci dalla partecipazione agli utili o alle perdite della società.
Nel caso di specie, in forza dell’accordo intercorso tra i soci della società, questi si erano impegnati a rilevare, con vincolo di solidarietà e a semplice richiesta di uno dei soci (una società finanziaria di ispirazione pubblicistica), nel termine indicato, l’intera partecipazione detenuta dalla stessa nella società, inclusa quella riveniente dalla eventuale conversione del prestito obbligazionario, a un prezzo azionario predeterminato.
Secondo la prospettazione del ricorrente tale previsione consentirebbe però, a uno dei soci, di sottrarre il proprio conferimento al rischio derivante dalla gestione dell’attività sociale, accordandogli il diritto di recedere dalla posizione contrattuale recuperando il maggiore importo tra il valore del conferimento e il valore attuale dei titoli azionari o obbligazionari convertiti al momento dello scioglimento del vincolo contrattuale.
Inoltre, sempre secondo la prospettazione del ricorrente, in violazione dell’art. 2744 c.c. (divieto di patto commissorio), il patto parasociale afferente all’opzione put avrebbe contemplato l’immediata intestazione delle azioni al finanziatore e la contestuale concessione a quest’ultimo dell’opzione di vendita.
Secondo la Cassazione, l’assunto dell’illiceità, per contrarietà al divieto del patto leonino, della c.d. opzione put, si scontra con la giurisprudenza della Corte medesima, dalla quale la Corte non ha inteso discostarsi.
Secondo un consolidato orientamento della Corte, infatti, è lecito e meritevole di tutela (ovvero non viola il divieto di patto leonino) l’accordo negoziale (l’opzione put nel caso di specie) concluso tra i soci di una società, con il quale l’uno, in occasione del finanziamento partecipativo così operato, si obblighi a manlevare l’altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l‘attribuzione del diritto di vendita (c.d. put) entro un termine dato ed il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell’acquisto, pur con l’aggiunta di interessi sull’importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società.
Inoltre, secondo la Corte, se è pur vero che il divieto di patto commissorio si estende a qualsiasi negozio che venga utilizzato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento, un problema di compatibilità dell’opzione put col divieto di patto commissorio potrebbe porsi eventualmente in relazione alla concreta presenza di una volontà negoziale diretta a impiegare il patto parasociale per accordare al socio finanziatore una garanzia atipica, consistente nel consolidamento dell’effetto dell’acquisto della partecipazione azionaria: volontà che potrebbe ipotizzarsi muovendo dalla considerazione che al titolare dell’opzione put è sostanzialmente accordato il diritto di valersi, ma anche di non valersi, del diritto di uscita.
Tuttavia, secondo la Corte, tale profilo fattuale, coerente con tale impostazione, non è stato però allegato nel corso del giudizio, ove il tema della compatibilità dell’opzione put col divieto di cui all’art. 2744 c.c. è stato declinato in termini astratti.
La Corte ha respinto pertanto il ricorso.