Con sentenza dell’11 settembre 2015, n. 17973, la Cassazione ha ribadito il principio secondo cui le operazioni di investimento compiute da una banca in assenza del cosiddetto “contratto quadro”, benché redatte in forma scritta, sono nulle a norma dell’art. 23 TUF per carenza di un indispensabile requisito di forma prescritto dalla legge a protezione dell’investitore, senza che ne sia possibile una ratifica tacita.
Nel farlo, la Corte ha respinto l’eccezione secondo cui un doppio livello contrattuale (contratto-quadro e ordini di acquisto) non sia previsto dalla norma primaria, di cui all’art. 23 citato, ma solo da una norma secondaria, come l’art. 30, secondo comma, del Reg. Consob n. 11522/1998 che, individuando nel suddetto contratto la sede delle informazioni dovute dall’intermediario al cliente, sarebbe invalida, perché non abilitata a integrare il contenuto minimo essenziale per la validità del contratto.
Come evidenziato dalla Cassazione, infatti, la forma scritta del contratto, a pena di nullità, è prevista dall’art. 23 TUF in funzione dell’adempimento degli obblighi informativi previsti dallo stesso TUF (art. 21) a carico degli intermediari. La Consob, quindi, nel citato regolamento, non ha fatto altro che dare concretezza ai suddetti obblighi già delineati nella norma primaria, esercitando un potere attribuitogli dal TUF (art. 6).