1. Introduzione
Gli articoli 3 e 4 del Codice di Corporate Governance (“Codice”), approvato dal Comitato per la Corporate Governance (“Comitato”) nel gennaio 2020[1], vertono rispettivamente sul funzionamento dell’organo amministrativo e sul ruolo del presidente nonché sulla nomina ed autovalutazione degli amministratori. Questi rappresentano temi ampiamente discussi nella dottrina nazionale e internazionale, in quanto centrali nell’assicurare un’efficientegovernance societaria, in un’ottica di crescita della fiducia degli stakeholders di mercato.
L’esigenza di fiducia del mercato costituisce la colonna portante del Codice: il Comitato, infatti, attraverso la riforma degli articoli in commento mira ad ottenere una maggiore chiarezza e trasparenza delle prassi societarie. Il funzionamento dell’organo amministrativo, infatti, non può più basarsi solo su prassi interne, ma necessita di regole adeguate e predeterminate. Si invita così alla predisposizione di un regolamento interno che raccolga le modalità con cui il board svolge la sua attività, in particolare considerando i flussi informativi consiliari la cui tempestività dev’essere bilanciata con l’esigenza di riservatezza dei dati. L’obiettivo di garantire l’adeguatezza dell’informativa consiliare, oltre ad essere strumentale al dovere degli amministratori di agire informati, ai sensi degli articoli 2381 e 2392 del codice civile, deve rispondere alle esigenze di riservatezza e protezione dei dati oggi più che mai sentite a fronte dell’evoluzione dei rapporti lavorativi causata dalla pandemia di Covid-19.
Tuttavia, il Comitato è consapevole che il tessuto economico italiano è peculiare, data la centralità delle società medio-piccole che spesso faticano ad adempiere alle raccomandazioni in tema di governance. Pertanto, la spinta alla proceduralizzazione realizzata attraverso il recente strumento di soft-law non perde di vista quest’aspetto ma, anzi, opta per differenziare principi e raccomandazioni in relazione a dimensione e assetto proprietario delle società aderenti. D’altronde, l’esigenza che i rule-makers costruiscano un sistema guidato dai principi di proporzionalità e flessibilità è stato ampiamente illustrato dal report dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, anche in inglese “OECD”) “Flexibility and proportionality in Corporate Governance”[2]. Secondo l’OCSE, i rule-makers hanno la responsabilità di garantire un sistema costruito su misura della realtà territoriale. Il Comitato per la Corporate Governance si allinea a quanto osservato dalla predetta organizzazione: se vi è un’esigenza di trasparenza e, quindi, di formalizzazione del sistema, questa deve’essere controbilanciata con la realtà societaria italiana permettendo a società di minori dimensioni o a proprietà concentrata di soggiacere a regole diverse.
Infine, l’articolo 4 del Codice rende evidente l’attenzione alle best practices in tema di governance straniere. D’altronde, il Comitato conferma l’approccio comparatistico all’interno della “Relazione sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate”[3](“Relazione”) prendendo in considerazione i modelli belga, tedesco, francese, britannico e statunitense. Infatti, la funzione del board di garantire trasparenza e funzionalità nel processo di nomina degli amministratori, anche attraverso l’adozione dei piani di successione, è di chiara ispirazione comparatistica. A prova di ciò, i cosiddetti management succession planning, essendo estranei alla cultura societaria italiana, hanno trovato difficoltà nell’affermarsi all’interno delle practices di good governance.
2. Funzionamento dell’organo di amministrazione e ruolo del presidente
La redistribuzione delle materie trattate ha coinvolto, inter alia, l’articolo 3 che disciplina il funzionamento interno dell’organo amministrativo e la figura del presidente, materie trattate nella versione del codice 2018[4] sia all’interno dell’articolo 1 (“ruolo del consiglio di amministrazione”) che dell’articolo 2 (“composizione del consiglio di amministrazione”). Il predetto articolo presenta quattro principi che riaffermano esigenze già sostenute nelle precedenti versioni del codice di autodisciplina, quali la necessità di assicurare un’efficace gestione dell’informativa consiliare (principio IX), l’affidamento della funzione di raccordo tra amministratori esecutivi e non esecutivi al presidente dell’organo (principio X), l’adeguatezza della ripartizione interna delle funzioni mediante comitati diversi (principio XI) e, infine, la necessità che ciascun amministratore impieghi il tempo adeguato all’espletamento delle proprie funzioni (principio XII).
2.1 L’esigenza di proceduralizzazione interna
Il principio IX stabilisce che l’organo amministrativo definisce le regole e le procedure per il proprio funzionamento con l’obiettivo principale di “assicurare un’efficace gestione dell’informativa consiliare”. Detto principio dev’essere letto congiuntamente alla raccomandazione n. 11 sull’istituzione di un regolamento interno inerente il funzionamento dello stesso. Si evince, quindi, la volontà che il funzionamento dell’organo amministrativo sia oggetto di una proceduralizzazione interna ossia di una formalizzazione delle regole ivi previste per permettere ai comitati, agli esecutivi e all’organo nel suo plenum di avere a disposizione con tempestività un’informativa completa, permettendo in tal modo di agire sempre informati ai sensi degli articoli 2381 e 2392 del codice civile.
Nel codice di autodisciplina del 2018, invece, il funzionamento dell’organo di amministrazione veniva preso in considerazione dal principio 1.P.1 il quale poneva l’obiettivo in seno all’organo amministrativo di organizzarsi e operare in modo da garantire un efficace svolgimento delle proprie funzioni senza, tuttavia, porre l’obiettivo di un’elaborazione ex ante e per iscritto delle relative regole.
La proceduralizzazione del funzionamento interno all’organo viene intesa dal Comitato come la necessità di adottare un regolamento interno, previsto dalla menzionata raccomandazione n. 11. È quest’ultima la raccomandazione che presenta i caratteri maggiormente innovativi sul tema: infatti, il codice di autodisciplina già presentava un riferimento alle procedure sul funzionamento dell’organo, in particolare alla lettera “j” del criterio 1.C.1. Precisamente, si raccomandava all’organo amministrativo di adottare una procedura relativa alla gestione delle comunicazioni interne ed esterne e, pertanto, delle informazioni riguardanti l’emittente, con particolare accortezza per le informazioni privilegiate. In maniera più incisiva, invece, il Codice, attraverso la raccomandazione sopramenzionata, invita alla predisposizione di un regolamento interno contenente le regole sul funzionamento del board, con puntuale indicazione delle regole sulle modalità di verbalizzazione e sulla gestione delle informazioni consiliari. In particolare, l’indicazione sulle comunicazioni all’organo amministrativo deve precisare le tempistiche ritenute “congrue” ai fini del relativo preavviso nonché le modalità per garantire un adeguato flusso informativo senza ledere la riservatezza dei dati.
Sulla congruità delle tempistiche si è soffermato il Comitato il 9 ottobre scorso in occasione dell’open hearing tenuto con le società quotate ed organizzato nell’ambito di un’iniziativa volta a sciogliere i dubbi interpretativi sorti con il nuovo Codice e sfociata nella prima bozza delle cosiddette “Q&A” pubblicata il 4 novembre[5]. In ossequio alla funzione di continuo monitoraggio dell’applicazione del Codice, infatti, il Comitato ha sapientemente deciso di svolgere un ruolo più incisivo entrando nei meriti dell’interpretazione del Codice e, soprattutto, di raccogliere le domande dei soggetti che sono chiamati a mettere in pratica le raccomandazioni codicistiche stesse. In tale occasione si è chiarito che la congruità dei tempi per l’informazione consiliare si applica anche ai comitati endoconsiliari, non rimanendo una raccomandazione limitata al plenum dell’organo amministrativo. Pertanto, il regolamento interno deve contenere l’indicazione dei tempi con cui avviene lo scambio di informazioni a favore dei comitati eventualmente costituiti.
La nuova versione della norma in commento, quindi, eleva a rango di principio la necessità di assicurare un’informativa adeguata per permettere agli amministratori di adempiere agli obblighi informativi codicistici. Inoltre, stante l’oltre 34%[6] delle società aderenti alla versione precedente che poneva a fondamento del mancato rispetto del preavviso congruo delle generiche motivazioni di tutela dei dati, si chiede, in maniera innovativa, alle società quotate di predisporre una documentazione interna in cui inserire e spiegare i presidi scelti come bilanciamento tra esigenze di riservatezza e necessità informative consiliari. Non si affida più, quindi, il compito di individuare le “modalità opportune” per realizzare tale equilibrio al presidente (in tal senso deponeva l’articolo 1 del codice di autodisciplina 2018).
2.2 La tutela dei dati contenuti nei flussi consiliari a fronte della digitalizzazione causata dal Covid-19, del regolamento UE sul market abuse e della disciplina a tutela della privacy
La raccomandazione n. 11, pertanto, invita esplicitamente gli emittenti ad adottare specifici presidi per proteggere i dati oggetto dei flussi informativi e inserirli in un regolamento interno. Il Comitato ripone particolare attenzione alla protezione dei dati, quasi anticipando l’incremento di tale esigenza a fronte della digitalizzazione delle comunicazioni avvenuta in seguito alla diffusione del Covid-19. Infatti, il lavoro agile, implicante il costante utilizzo di sistemi informatici, in particolare di poste elettroniche e di programmi che non sempre garantiscono la protezione dei dati in essi circolanti, presuppone una tutela più mirata, soprattutto considerando che le informazioni trasmesse possono, anzi, in ambito societario quasi sempre contengono dati di particolare rilevanza.
Al riguardo, i dati contenuti nei flussi informativi potrebbero qualificarsi come informazioni privilegiate. L’obiettivo, quindi, è di evitare che la disclosure di tali informazioni avvenga in maniera non tempestiva, selettiva o inadeguata per evitare di commettere violazioni ai sensi del regolamento UE sugli abusi di mercato[7]. In particolare, tale regolamento prevede al comma 8 dell’articolo 17 che la comunicazione di inside information a terzi nell’esercizio di una funzione, sia nel caso in cui sia avvenuta intenzionalmente che involontariamente (come potrebbe essere in caso di fuga di dati), implichi la conseguente comunicazione dell’informazione al pubblico in maniera tempestiva e completa. Pertanto, correndo il rischio che le informazioni consiliari contengano informazioni qualificabili come privilegiate, è opportuno che gli amministratori dotino l’emittente di adeguati meccanismi di protezione dei sistemi informatici indicandoli in un’apposita policy interna i quali saranno successivamente oggetto di controllo degli auditors ex artt. 2403 c.c. e 149 TUF.
La questione sulla riservatezza dei dati investe anche un altro piano di analisi, ossia il lato privacy. Considerata infatti la mole di dati aziendali contenenti dati personali nonché a fronte del cambiamento in atto nel mondo del lavoro è più che mai responsabilità dell’impresa assicurare la protezione dei dati circolanti in conformità all’articolo 32 del GDPR[8]. Quest’ultimo richiede, infatti, che il responsabile e il titolare del trattamento dei dati personali assicurino un livello di protezione adeguatoal rischio alla luce dell’oggetto, del contesto e della finalità del trattamento medesimo e a fronte della probabilità di rischio e lesione dei diritti della persona. Si ricorda, inoltre, che l’articolo 32 del GDPR viene esplicitamente richiamato dall’articolo 83 del medesimo regolamento sulle condizioni per applicare sanzioni amministrative e penali.
Infine, l’esigenza di tutela dei dati aziendali e la conseguente necessità di una maggior sensibilizzazione in materia, anche tramite appositi programmi di security awareness, è confermata dal Rapporto Clusit sulla sicurezza informatica 2020 il quale, prendendo in considerazione l’anno 2019, evidenzia che il trend di furto di dati e successiva rivendita sia in continuo aumento[9].
Il principio IX e la raccomandazione n.11 pongono, pertanto, l’obiettivo di formalizzare le regole societarie sul trasferimento dei dati anticipando l’esigenza di protezione delle informazioni che pochi mesi dopo la pubblicazione del Codice si sarebbe accentuata a fronte della diffusione della pandemia in atto. Si invitano quindi le società quotate, al fine di implementare l’obiettivo e la raccomandazione predetti, a elaborare una policy interna in cui delineare le modalità con cui viene effettuato lo scambio di informazioni, le piattaforme digitali utilizzate nonché i sistemi di protezione digitali messi in atto in conformità all’articolo 32 del GDPR nell’ottica di protezione delle informazioni interne societarie.
3. Rafforzamento e snellimento di principi previamente affermati: il presidente, il lead independent director e i comitati
Ai sensi degli articoli 2381 e 2409-novesdecies c.c., il presidente dell’organo amministrativo è il soggetto incaricato di convocare le riunioni dell’organo, provvedendo a compiere quanto necessario a tal fine cioè coordinare i lavori, predisporre un ordine del giorno pertinente e assicurare l’adeguatezza dell’informativa consiliare, propedeutica al dibattito.
Allo stesso modo il soft-law, al principio X e alla raccomandazione n. 12, prevede la figura del presidente delineandolo come coordinatore dei lavori consiliari e come presidio per garantire la correttezza dell’informativa. Il presidente dell’organo amministrativo è, infatti, il soggetto preposto a assicurare il flusso di dati e informazioni, assistito dal segretario, sebbene lo si deresponsabilizzi dall’adottare le modalità ritenute opportune al fine di garantire la sicurezza dei dati e, al contempo, mantenere informati gli organi. Pertanto, la funzione di raccordo tra amministratori privi di delega e esecutivi enunciata al principio X si esplica proprio attraverso il passaggio continuo di informazioni.
Il ruolo del presidente dell’organo amministrativo quale garante della completezza dell’informativa pre-consiliare viene enfatizzato dalle Q&A pubblicate dal Comitato le quali aggiungono che, nel caso in cui le informazioni da far pervenire all’organo amministrativo siano complesse e voluminose, sia cura del presidente, congiuntamente con il segretario, sintetizzare gli aspetti maggiormente rilevanti in un apposito documento da presentare in riunione. Inoltre, laddove vi sia un’impossibilità oggettiva che le informazioni siano comunicate agli amministratori anticipatamente rispetto alla riunione fissata, il presidente ha la funzione, d’intesa con il segretario, di assicurare che nella relativa riunione vi siano puntuali chiarimenti e approfondimenti.
Egli, inoltre, può decidere, d’intesa con il chief executive officer della società, che intervengano alle riunioni consiliari soggetti esterni all’organo quali dirigenti o altri responsabili di funzioni aziendali laddove opportuno.
In maniera aggiuntiva rispetto al codice civile, il Comitato per la Corporate Governance prevede che egli assuma la funzione di curare specifici programmi di formazione per i nuovi amministratori e/o sindaci in modo che possano integrarsi nella società comprendendone le specificità ed esigenze. La previsione di tali percorsi formativi, detti anche programmi di induction, era presente anche nella versione 2018 del codice di autodisciplina, stando a indicare la relativa appartenenza alle buone prassi societarie.
Si specifica la funzione presidenziale, d’intesa con il comitato nomine, di garantire trasparenza e adeguatezza del processo di autovalutazione condotta dall’organo amministrativo. Infatti, l’organo di amministrazione viene raccomandato di svolgere un’autovalutazione, almeno triennale, inerente la dimensione, la composizione e l’efficacia nella gestione. Al riguardo, attribuire al presidente il compito di “sorvegliare” su tale procedimento implica attribuire lui il carattere di terzietà rispetto all’organo. Infatti, sull’esigenza che il presidente dell’organo amministrativo assuma un atteggiamento di equidistanza dalle funzioni svolte dall’organo amministrativo, si mostri neutrale nella dialettica tra esecutivi e privi di delega e non abbia deleghe esecutive depone sempre di più la soft-law, anche in ambito bancario[10].
A conferma di quanto appena esposto, il Codice prevede la figura del lead independent director (“LID”) nel caso in cui il presidente abbia deleghe esecutive, controlli la società o, nelle società grandi, lo richieda la maggioranza degli indipendenti. Al riguardo, la raccomandazione sulla presenza del LID è una di quelle maggiormente recepite dalle società: nel 2019 il 93% delle società che presentavano un presidente che assumeva nel contempo la carica di responsabile della gestione o di azionista di controllo dichiarava aver istituito tale figura. Inoltre, il soggetto su cui ricade il ruolo di lead independent director è nella maggioranza dei casi un amministratore privo di cariche nell’organo amministrativo (solo in 4 casi era anche vice-presidente), quasi sempre un consigliere tratto dalle liste di maggioranza.
All’interno dell’articolo 3, la raccomandazione n. 15 – in ossequio al principio n. XII secondo cui ciascun consigliere deve dedicare un tempo adeguato per l’espletamento del proprio incarico – prevede che nelle società grandi, l’organo amministrativo esprima il proprio orientamento sul numero massimo di incarichi, per ogni membro del predetto organo, negli organi amministrativi o di controllo di altre società quotate o di rilevanti dimensioni, considerato compatibile con lo svolgimento delle cariche assunte. Viene, pertanto, lasciata discrezionalità alle società di optare per un numero massimo di incarichi confacente con le caratteristiche degli impegni specificamente assunti dai consiglieri e, quindi, con le peculiarità del caso concreto. A tal riguardo, e Q&A ribadiscono tale discrezionalità dell’organo amministrativo affermando che gli incarichi individuati nella raccomandazione n. 15 rappresentano il perimetro minimo, ben potendo tale organo individuare anche incarichi in ulteriori tipologie di società, nella misura in cui siano suscettibili di impegnare in maniera rilevante l’amministratore.
L’articolo 3 include, inoltre, la snella disciplina dei comitati interni che si riconfermano funzionali alla adeguatezza della ripartizione delle competenze del board, ai sensi del principio XI. Da un punto di vista sostanziale si rinviene una minore rigidità delle norme a beneficio di una maggior autonomia riservata alle società: sul piano della composizione numerica nulla è indicato[11], così come le condizioni per l’eventuale mancata costituzione di comitati sono meno stringenti. Infatti, ai fini dell’attribuzione delle funzioni dei comitati all’organo amministrativo è sufficiente che almeno la metà degli amministratori sia dotato del requisito dell’indipendenza e si riservino adeguati spazi in seno all’organo per l’espletamento delle funzioni medesime. Non è più necessario, pertanto, il mancato assoggettamento ad altrui controllo o direzione e coordinamento in capo alla società affinché la funzione controllo e rischi sia affidata all’organo amministrativo; vieppiù: le società diverse da quelle grandi (con ciò intendendosi quelle aventi capitalizzazione superiore a 1 miliardo di euro l’ultimo giorno di mercato aperto di ciascuno dei tre anni solari precedenti) possono affidare tale funzione all’organo amministrativo anche laddove gli amministratori indipendenti non rappresentino la metà dei componenti dell’organo stesso. La mancanza di quest’ultima condizione non è neppure ostacolo affinché nelle società a proprietà concentrata[12], indipendentemente dalla dimensione, la funzione del comitato nomine venga attribuita al plenum dell’organo amministrativo.
4. La figura del segretario dell’organo amministrativo
Infine, la raccomandazione n.18 detta una disciplina che colma un vuoto legislativo, ossia quella relativa al segretario dell’organo amministrativo. Tale figura, infatti, non trova alcun riferimento nel diritto positivo, per cui la dottrina ritiene di poter applicare in via analogica gli articoli del codice civile inerenti il segretario dell’assemblea, ossia l’articolo 2371 c.c. che ne sancisce la funzione di assistenza del presidente e il 2375 c.c. che specifica il compito di sottoscrivere i verbali delle deliberazioni. Ciononostante, il segretario dell’organo amministrativo assume nella prassi un ruolo di rilevanza, in particolare in ordine al coordinamento dei flussi informativi non solo interni ma anche esterni, dovendo assicurare che i soggetti tenuti all’esecuzione delle delibere siano adeguatamente informati e istruiti. Le versioni precedenti dei codici di autodisciplina si limitavano a menzionare tale figura in quanto ausiliare del presidente; il Codice, invece, ne abbozza una disciplina: ne sancisce in primis la nomina consiliare, aderendo alle prassi in uso nelle società. Si raccomanda, inoltre, di inserire nel regolamento interno relativo al funzionamento dell’organo i requisiti di professionalità e le attribuzioni del segretario. Infine, si delineano sinteticamente le attività svolte dal medesimo, confermandone il ruolo di supporto al presidente e, in maniera innovativa, affermandone genericamente il compito di assistere l’organo amministrativo mediante imparzialità di giudizio al fine di contribuire al corretto funzionamento del sistema.
Al riguardo, si riscontrano innovazioni simili all’interno del Codice di autodisciplina belga[13]. Occorre premettere che il codice commerciale belga, ossia il Code des sociétés et des associations (“CSA”), entrato in vigore il 1° maggio 2019, al pari del codice civile non contiene alcun riferimento alla figura del segretario dell’organo amministrativo. Ciononostante, nella prassi il presidente viene coadiuvato dal segretario il quale, anzi, presenta le medesime funzioni attribuite al corrispondente italiano. Ciò è confermato dal Code belge du gouvernance d’entreprise il cui principio 3 si rivolge, inter alia, alla figura del segretario determinando modalità di nomina (consiliare, al pari di quello italiano) e ruolo. Vengono quindi elencate le funzioni, consistenti nel fornire supporto agli amministratori in tema di governance, assicurare il flusso informativo consiliare, dando altresì garanzia della veridicità dei verbali. Peculiarità dell’autodisciplina belga è, invece, la preparazione da parte del segretario della Charte de gouvernance d’entreprise (“Charte GE”) e della Déclaration de gouvernance d’entreprise (“Déclaration GE”), la prima consistente nella relazione in cui si delinea il sistema di governance societaria mentre la seconda dà conto degli adempimenti legislativi in tema di governance nonché gli eventuali scostamenti dal codice di autodisciplina oggetto di adesione e le relative motivazioni. Si sottolinea, inoltre, che la predetta Déclaration è richiesta per le quotate dalla legge, in particolare, dall’articolo 3:6 del CSA, e deve essere inclusa dal documento di “relazione sulla gestione”. Il medesimo articolo, quindi, specifica l’obbligo in capo alle quotate di aderire a un codice di autodisciplina; tuttavia, l’autonomia in merito è inevitabilmente venuta a mancare in quanto la versione 2020 si applica obbligatoriamente in capo alle quotate per gli esercizi a partire dal 1° gennaio 2020.
Analizzando strettamente la figura del segretario italiano, egli, nonostante le diverse accezioni che il suo ruolo può assumere nella prassi, dalla consulenza legale alla funzione di Direttore Affari societari[14], è principalmente tenuto a coadiuvare le attività del presidente per contribuire al buon funzionamento dell’organo amministrativo garantendo un’informazione tempestiva e accurata all’interno dell’organo medesimo, in particolare quando le attività sono svolte dai singoli comitati. Di qui la necessità di stabilire una comunicazione stabile con l’organo di amministrazione, al pari del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, figura nata nella prassi e introdotta formalmente nel diritto positivo dalla legge sulla tutela del risparmio[15] nel 2005. Il dirigente preposto, infatti, è tenuto anch’egli a intrattenere un rapporto costante con l’organo amministrativo finalizzato al reperimento di informazioni con la differenza che, se l’attività informativa del segretario ha lo scopo ultimo di permettere il funzionamento dell’organo medesimo, la richiesta di informazioni da parte del dirigente preposto si rende necessaria per l’effettuazione dei propri compiti, ossia per l’elaborazione della documentazione contabile. Quest’ultimo, infatti, ai sensi dell’articolo 154-bis TUF è tenuto a redigere la relazione sul bilancio e un’attestazione di corrispondenza alle scritture e ai libri contabili in ogni ipotesi di comunicazione di tipo contabile della società; egli, pertanto, effettua un’ “auto-attestazione” sui documenti elaborati con cui, almeno nella relazione sul bilancio, certifica la veridicità dei dati. Il segretario dell’organo amministrativo, invece, nell’espletamento dell’attività informativa si limita a garantirne tempestività e completezza, senza dover fornire una garanzia di veridicità delle informazioni trasmesse (d’altronde, di solito non è lui l’emittente di tali informazioni); solo nella sottoscrizione del verbale si riscontra l’attività di attestazione di quanto avvenuto, rispondendo civilmente in caso di verbalizzazione non veritiera.
Alla luce di quanto finora esposto emerge chiaramente la volontà di questo codice di compiere una proceduralizzazione della prassi. Infatti, nel caso del dirigente preposto il legislatore richiede che i requisiti di professionalità e le modalità di nomina siano fissati statutariamente, mentre per il segretario è prevista l’individuazione dei requisiti di professionalità e delle attribuzioni nel regolamento interno per il funzionamento dell’organo amministrativo. Pertanto, sebbene non si elevino tali aspetti della figura del segretario a livello statutario, si evince la tendenza verso una sempre maggior cristallizzazione, sia nello statuto o in uno strumento interno, di aspetti della governance societaria che erano storicamente disciplinati dalla prassi.
5. La nomina degli amministratori e l’autovalutazione dell’organo di amministrazione
L’articolo 4 del Codice enuclea la disciplina inerente la nomina e la successione degli amministratori nonché l’autovalutazione effettuata dal board sulla dimensione, sulla composizione e sull’efficacia del medesimo, riecheggiando la struttura del codice precedente che trattava le medesime materie all’interno dell’articolo 5.
Attualmente, il principio XIII pone a fondamento del processo di nomina e di successione da parte dell’organo amministrativo i valori della trasparenza, principio cardine della disciplina dei mercati finanziari, e della funzionalità a garantire una composizione del board conforme alle previsioni di cui all’articolo 2. L’organo amministrativo, pertanto, nei casi di cooptazione ex articolo 2386 del codice civile deve avere riguardo, nella scelta dell’amministratore, all’adeguatezza delle competenze, al bilanciamento tra amministratori esecutivi ed amministratori privi di deleghe nonché all’esigenza di assicurare la diversity, rappresentando questa un punto di forza nella composizione dei board (ma pur sempre subordinata alla priorità delle competenze ai sensi dell’articolo 2 del Codice).
Il principio XIV si concentra invece sulla tematica dell’autovalutazione dell’organo amministrativo, essendovi la necessità di un costante monitoraggio e successiva analisi dell’efficacia del consiglio unitariamente ed individualmente. In merito a questo punto, si prevede che la costanza nella valutazione si esplichi in procedure formalizzate, sulla scia della tendenza alla formalizzazione poc’anzi affermata.
5.1 I piani di successione: overview del sistema italiano antecedente al Codice di Corporate Governance
In merito ai piani di successione, consistenti nell’individuazione dei candidati alla successione nei ruoli di CEO e di amministratori esecutivi, stante la costante riluttanza del panorama societario italiano nell’adottarli prevalentemente per ragioni culturali e di assetto proprietario[16], è intervenuta nel 2011 la Consob con un’espressa raccomandazione diretta alle sole società quotate nel FTSE MIB. Al riguardo l’Autorità di vigilanza dei mercati finanziari ha invitato queste ultime ad indicare nella relazione sul governo societario l’esistenza di piani di successione degli amministratori esecutivi, i soggetti preposti alla loro elaborazione e le procedure previste per la revisione. In particolare, la Consob ha argomentato tale raccomandazione sostenendo che “l’esistenza di idonei piani di successione permette alle società non solo di sostituire prontamente gli amministratori cessati dal loro incarico, assicurando continuità e certezza alla gestione aziendale, ma anche di selezionare i migliori candidati alla successione”.[17]
I successivi codici di autodisciplina hanno raccolto l’indicazione dell’Autorità di Vigilanza, stabilendo al loro interno un riferimento ai piani ma senza effettuare una precisa raccomandazione sul punto. I dati di implementazione dei codici di autodisciplina in materia riferiti all’anno 2019 mostrano che, su 220 società quotate solo 54 hanno indicato l’esistenza di piani di successione degli esecutivi, a fronte di 43 nel 2018 e 29 nel 2016[18]. In considerazione della ancora non sufficiente implementazione di tale previsione da parte degli emittenti quotati si è, pertanto, ritenuto opportuno inserire apposita raccomandazione nella versione 2020 del Codice.
5.2 La raccomandazione del Codice sui piani di successione
L’articolo 4 del Codice detta la concisa disciplina del comitato nomine, di cui si ribadiscono le competenze già attribuite. In particolare, il comitato nomine collabora con l’organo amministrativo nell’eventualità che l’organo perda in itinere uno dei suoi componenti.
Laddove la scelta del sostituto amministratore avvenga in maniera improvvisa e senza congruo preavviso, ciò potrebbe comportare particolari disagi di carattere amministrativo. In particolare, quando si tratta di amministratori aventi deleghe esecutive tale rischio è tanto più concreto. A tal problema sopperiscono i cosiddetti “piani di successione”, consistenti in programmi in cui si indicano a priori i candidati alla sostituzione degli amministratori esecutivi operanti nel caso in cui, per dimissioni, decadenza o revoca, uno o più di essi venga meno all’ufficio. I piani per la successione degli esecutivi venivano già menzionati al criterio applicativo 5.C.2. del codice di autodisciplina 2018, tuttavia si lasciava alle quotate autonomia nella valutazione sull’opportunità di adozione.
Per quanto attiene al Codice, è stata compiuta una scelta ambigua, almeno limitatamente alle società di piccole dimensioni. Il Codice, infatti, dapprima eleva a rango di raccomandazione l’adozione dei piani per la successione, come ampiamente consigliato da investitori e dottrina, per poi qualificare i piani come “eventuali”. Ne fuoriesce una raccomandazione attenuata per le società piccole, probabilmente per non appesantirle di oneri amministrativi (e, quindi, costi)[19], anche in considerazione del fatto che solo il 16% di esse aveva predisposto i predetti piani nell’anno 2018[20].
Se la scelta di escludere dalla predetta raccomandazione le società di piccole dimensioni risponde al principio di proporzionalità, avendo rappresentato i piani di successione l’elemento meno seguito dalle stesse nell’adesione al Codice del 2018[21], la raccomandazione si presenta invece rafforzata per le società grandi in cui è prevista la collaborazione tra comitato nomine e organo amministrativo ai fini non solo della predisposizione del piano di successione per amministratori esecutivi e chief executive officer ma anche per l’individuazione delle procedure per la successione del top management. Pertanto, il codice di autodisciplina italiano prende finalmente coscienza della strumentalità dei piani di successione nell’evitare le difficoltà che possono scaturire dall’esigenza di celerità nell’individuazione dei nuovi amministratori delegati, chief executive officer ma anche deitop managers.
5.3 I piani di successione negli Stati Uniti e in Europa
L’importanza dei piani di successione è stata ormai riconosciuta sul piano internazionale, essendo un fattore di garanzia della continuità aziendale e, pertanto, un criterio fondamentale nella scelta degli investitori. Per l’appunto, le agenzie di rating assumono ormai da tempo l’elemento dei piani di successione tra i fattori della propria valutazione tanto da averne classificato la mancanza, in passato, come fattore determinante nella scelta delboard di alienare la società[22].
In effetti, furono gli Stati Uniti il primo ordinamento ad accogliere i piani di successione tra gli strumenti di buona governance societaria, basti pensare che nel 2011 il 72% delle società dell’index 500 S&P aveva adottato tali piani. Non solo: tra le statistiche dell’U.S. Spencer Stuart Board Index[23] non compaiono più i riferimenti ai management succession planning, segnale per cui essi sono ormai entrati nella cultura societaria statunitense.
L’affermazione dei piani negli Stati Uniti è avvenuta dapprima nella prassi e successicamente in via istituzionale. Così, nel 2009 la Division of Corporate Finance dell’US Securities and Exchange Commission ha consacrato tali strumenti facendone l’oggetto di una sua opinione (le opinioni sebbene non abbiano valore legale, nella prassi sono tenute in considerazione in forza dell’autorevolezza dell’organo da cui provengono). Si fa riferimento, in particolare, all’opinione del 27 ottobre 2009[24] in cui i CEO succession planning sono statidefiniti come una delle principali funzioni del board in quanto impediscono alla società di subire conseguenze negative dall’improvvisa mancanza di un membro dell’organo amministrativo.
I management succession planning si ritrovano, più recentemente, all’interno del Commonsense Corporate Governance Principles 2.0 (revisionati nel 2018), documento che raccoglie le best practices in tema di good governance societaria statunitense (negli Stati Uniti non vi è ad oggi una codificazione in tema di governance), frutto del lavoro di un ristretto gruppo composto dai rappresentanti di alcune delle più grandi corporations e da investitori istituzionali. Esso inserisce tra le attività annuali del board proprio l’elaborazione dei piani di successione sottolineandone la rilevanza per la società: “Over the course of the year, the agenda should include and focus on the following items, among others: […] The performance of the current CEO and other key members of management and succession planning for each of them. One of the board’s most important jobs is making sure the company has the right CEO. If the company does not have that CEO, the board should act promptly to address the issue.”[25]
Il riconoscimento dei piani di successione degli amministratori esecutivi è avvenuto anche sul territorio europeo, rimanendo pur sempre gli Stati Uniti i pionieri in questo campo. Così, l’autodisciplina tedesca si mostra sensibile sul tema della successione degli amministratori sin dalla prima versione del relativo codice del 2002[26]. Tutt’oggi i piani di successione sono previsti dalla raccomandazione B.2 che attribuisce al Supervisory Board il compito di predisporli “together with the Management Board”. Al riguardo, è interessante rilevare le possibili interferenze che i piani di successione possono causare in ragione della peculiarità della composizione dell’organo di sorveglianza. Infatti, il sistema dualistico tedesco prevede che all’interno del Supervisory Board risiedano rappresentanti dei lavoratori in ossequio al principio di codeterminazione ed è stato rilevato che, talvolta, ciò ha generato situazioni non facili da gestire nel momento in cui i dipendenti della società sono venuti a conoscenza dei candidati alla successione.
Il Codice di autodisciplina francese, invece, predisposto dall’AFEP (Association française des entreprises privées) e dalla MEFED (mouvement des entreprises de France), attribuisce ai sensi dell’articolo 17.2.2 il compito di elaborare i piani di successione ai comitati nomine. È interessante soffermarsi sui dati raccolti nel 2017 dall’AMF (autoritè des marchés financiers)[27] che prende a campione le società dell’SBF 120 che hanno subito un cambio nella figura di uno o più amministratori esecutivi nell’arco temporale tra l’ultima assemblea del 2017 e la prima del 2018. Si è rilevato, infatti, che tutte le società, eccetto una, dichiaravano l’esistenza di piani di successione; ciononostante, l’AMF raccomandava di migliorare tale aspetto di governance al fine di fornire maggiori dettagli sulle modalità di predisposizione dei piani medesimi. Nonostante le raccomandazioni circa una maggior cura nell’informativa sui piani all’interno della documentazione societaria, probabilmente l’ampio riconoscimento da parte delle società di tali strumenti è stata la ragione per cui l’AMF ha deciso di non dedicare nel report annuale del 2019 alcuno spazio di analisi critica sul tema.
Infine, lo UK Code of Corporate Governance[28], la cui ultima versione risale al 2018, enuclea i piani di successione al principio “J” disponendo che “Appointments to the board should be subject to a formal, rigorous and transparent procedure, and an effective succession plan should be maintained for board and senior management. Both appointments and succession plans should be based on merit and objective criteria and, within this context, should promote diversity of gender, social and ethnic backgrounds, cognitive and personal strengths. E ancora, alla provision n.17, ribadendo la rilevanza dei piani, prevede che: “The board should establish a nomination committee to lead the process for appointments, ensure plans are in place for orderly succession to both the board and senior management positions, and oversee the development of a diverse pipeline for succession.”
5.4 L’autovalutazione e gli orientamenti dell’organo amministrativo
Il cardine dell’articolo 4 poggia, salvo i riferimenti ai piani di successione, sul tema dell’autovalutazione dell’organo amministrativo e i successivi orientamenti in vista del rinnovo del medesimo.
Per autovalutazione si intende l’analisi condotta dall’organo incaricato dell’amministrazione sull’andamento della gestione, mettendo in luce i gap da coprire (che nel 2018 si sostanziavano nelle necessità di spendere più tempo nelle questioni strategiche) così come le aree di “eccellenza”. Il processo di autovalutazione ai sensi del principio XIV si esplica dapprima nell’obiettivo di una “valutazione periodica” sull’efficacia complessiva dell’organo e dei componenti interni, alla luce della ridotta mole di società italiane che analizzavano la gestione dei singoli componenti consiliari[29].
Le società aderenti al Codice del 2018 hanno presentato un elevato grado di compliance allo strumento dell’autovalutazione (pari all’87%); tra le società che dichiaravano la mancata effettuazione dell’autoanalisi quelle piccole motivavano in ragione dell’opportunità di effettuarla a livello informale. Al riguardo occorre notare che l’edizione 2020 richiede invece un’autovalutazione condotta attraverso “procedure formalizzate” sulla scia della tendenza alla proceduralizzazione che permea l’intero Codice 2020. Occorre, pertanto, stabilire ex ante modalità, tempistiche, aree e criteri di valutazione su cui condurre l’analisi che verranno inserite in una policy elaborata ad hoc.
Le raccomandazioni precisano che l’autovalutazione viene condotta in collaborazione con il comitato nomine e dettano al riguardo delle tempistiche triennali. L’esigenza di auto-valutarsi rimane annuale invece per le società di grandi dimensioni a proprietà diffusa in ossequio al principio di proporzionalità.
Relativamente agli orientamenti del board, essi sono finalizzati a esprimere un parere sulla composizione ottimale del medesimo, con tale intendendosi l’individuazione dei profili professionali ritenuti necessari per l’efficace funzionamento dell’organo e, di riflesso, societario. Sul punto, il Comitato innova la disciplina degli orientamenti dell’organo amministrativo in uscita, probabilmente a fronte del constatato ridotto adeguamento alla relativa raccomandazione: solo la metà delle società osservate dichiarava di aver predisposto al loro interno i predetti orientamenti[30]. Infatti, (solo) alle società a proprietà diffusa, si raccomanda (precisamente alla raccomandazione n. 23) che, dopo aver fornito all’organo amministrativo il proprio orientamento sulla composizione ritenuta ottimale, le liste di candidati non brevi (che presentano cioè un numero di candidati superiore alla metà dei membri) diano congrua motivazione in un apposito documento sulla rispondenza tra la lista presentata e gli orientamenti espressi dal consiglio uscente giustificando, quindi, un eventuale mancato allineamento. In tal modo, quindi, si valorizzano gli orientamenti espressi dal consiglio uscente, responsabilizzandolo, e contemporaneamente si realizza una più intensa equidistanza tra soci e consiglio stesso[31].
In aggiunta, l’organo di amministrazione uscente può presentare una lista di propri candidati purché ne sia assicurata una formazione “trasparente”. Al riguardo, il Comitato, durante l’open hearing tenuto con le società quotate ai fini della predisposizione delle Q&A, ha chiarito che la trasparenza viene intesa come necessità, sia in capo all’organo uscente che in capo a qualsiasi azionista che intenda presentare una lista di candidati per la nomina al board, di indicare le informazioni necessarie affinché gli azionisti stessi possano esprimere il proprio voto in maniera consapevole avendo specifico riguardo all’eventuale requisito di indipendenza dei candidati. Inoltre, è onere dell’organo amministrativo rendere noto al mercato le proposte di delibera funzionali alla nomina intese, a titolo esemplificativo, come numero dei componenti, durata in carica, remunerazione proposta; in caso di mancato assolvimento di tale compito da parte dell’organo amministrativo uscente, tale onere spetta agli azionisti che presentano liste contenenti un numero di candidati superiore alla metà dei membri dell’organo amministrativo.
6. Conclusioni
A fronte dell’analisi condotta sugli articoli 3 e 4 del Codice si evince l’attenzione che il Comitato per la Corporate Governance, delineando il funzionamento dell’organo amministrativo e i processi di nomina e successioni, ripone nel valore della trasparenza, ritenendola imprescindibile ai fini di una buona governance societaria. La trasparenza, che si riafferma centrale anche nell’autodisciplina, si traduce nella versione del 2020 nella formalizzazione delle regole interne che prima venivano dettate dalla prassi. Con ciò non si intende burocratizzare il sistema, bensì, cristallizzare regole semplici e efficaci al fine di incrementare la fiducia dei players del mercato. Tale tendenza è particolarmente resa evidente in tema di tutela dei dati nei flussi informatici nonché dalla raccomandazione per l’adozione dei piani di successione, fondamentali per la continuità aziendale e, quindi, di nuovo, propedeutici a ingenerare fiducia negli investitori.
In conclusione, gli articoli 3 e 4 mirano a realizzare un sistema volto a migliorare la competitività delle società quotate italiane, nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 91 del Testo Unico della Finanza.
[1] Il testo integrale è reperibile al seguente link: https://www.borsaitaliana.it/comitato-corporate-governance/codice/2020.pdf.
[2] Cfr. OECD, Flexibility and proportionality in Corporate Governance, OECD Publishing, Parigi, 2018, disponibile al seguente link: https://www.oecd-ilibrary.org/governance/flexibility-and-proportionality-in-corporate-governance_9789264307490-en.
[3] Il Comitato per la Corporate Governance effettua un monitoraggio annuale sullo stato di applicazione del codice mediante apposite relazioni denominate “Relazioni sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate”, la cui edizione del 2019 è disponibile al seguente link:https://www.borsaitaliana.it/comitato-corporate-governance/documenti/comitato/rapporto2019.pdf.
[4] Cfr. COMITATO PER LA COPORATE GOVERNANCE, Codice di autodisciplina, luglio 2018, p. 9ed è disponibile al seguente link: https://www.borsaitaliana.it/comitato-corporate-governance/codice/2018clean.pdf.
[5] L’iniziativa era stata avviata nel mese di luglio mediante una prima interlocuzione con le società tesa a raccogliere le domande suscitate dal Codice. Il testo delle Q&A pubblicato si presenta chiaro e schematico indicando al proprio interno le domande che sono state oggetto di discussione e le relative risposte del Comitato le quali, è bene specificarlo, forniscono integrazione del Codice stesso. Conseguentemente, un eventuale discostamento dalle Q&A comporta disapplicazione del Codice e, quindi, necessità di explain da parte della società aderente nella relazione sul governo societario.
[6] I dati sono presenti nel rapporto di ASSONIME, La Corporate Governance in Italia: autodisciplina, remunerazioni e comply-or-explain (anno 2019), gennaio 2020, p. 14., reperibile al seguente link: http://www.assonime.it/attivita-editoriale/studi/Pagine/note-e-studi-2-2020.aspx.
[7] Cfr. Regolamento UE n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione.
[8] Cfr. Regolamento UE n. 679/2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE.
[9] Vedasi sul punto CLUSIT, Rapporto Clusit 2020 sulla sicurezza ICT in Italia, 2020, p. 78, disponibile presso il seguente link: https://clusit.it/rapporto-clusit/.
[10] Per un approfondimento sui requisiti del presidente dell’organo amministrativo delle banche si veda l’articolo 2 Sezione V della Circolare n. 285 del 17 dicembre 2003 aggiornata il 22 settembre 2020 di Banca d’Italia la quale affronta minuziosamente le funzioni e il requisito di terzietà del presidente, disponibile al seguente link: https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio-norme/circolari/c285/aggiornamenti/Circ-285-Rist-int-34-agg.pdf.
[11] L’assenza di una statica indicazione del numero di componenti dei comitati viene ribadita dal Comitato durante le Q&A. E’ compito, infatti dell’organo amministrativo indicare il numero di membri di ciascun comitato avuto riguardo alle funzioni degli stessi, alle dimensioni dell’impresa e dell’organo amministrativo nonché alle specificità operative della società medesima.
[12] Intese come le società in cui “uno o più soci che partecipano a un patto parasociale di voto dispongono, direttamente o indirettamente della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria”: si fa riferimento, quindi, al solo controllo azionario e alla maggioranza assoluta.
[13] Il Code belge de gouvernance d’entreprise è stato pubblicato dalla Commissione per la Corporate governance che venne creata nel 2004 su iniziativa dell’Autorité des services et marchés financiers (FSMA), della Fédération des entreprises de Belgique (FEB) e di Euronext Bruxelles. Il testo integrale è disponibile presso il seguente link: https://www.corporategovernancecommittee.be/sites/default/files/generated/files/page/code_belge_de_gouvernance_dentreprise_2020_0.pdf
[14] Cfr.S. CASAMASSIMA, Il ruolo di segretario del consiglio di amministrazione nella società per azioni: contenuti e requisiti, in Le Società, n. 10, 2018, p. 1105.
[15] In particolare, la disciplina è stata introdotta dall’art. 14 della legge n.262 del 2005 “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”.
[16] Nelle società a proprietà concentrata, infatti, di solito la successione dell’amministratore delegato ricade su un componente della famiglia. La diffidenza nei confronti dei piani è dovuta, inoltre, al timore di una fuga di dati che possa compromettere l’azienda o, anche, si riveli un disincentivante nei confronti del soggetto individuato o di altri che aspirano a tale posizione: vedasi sul punto R. GUGLIELMETTI, I piani di successione degli amministratori esecutivi, in Le Società, n.3, 2013, p.303. Sulla diffidenza da parte delle società nella pubblicazione dei piani si sofferma l’AMF affermando che la divulgazione dei piani di successione è, anzi, un elemento positivo per il successo dell’azienda in quanto fornisce garanzie di continuità gestionale per gli investitori: “L’AMF rappelle que la mention publique d’un tel plan de succession ne saurait naturellement traduire une immixtion dans la gestion ou dans certaines décisions confidentielles de la société, mais a pour objet d’éclairer les investisseurs sur un aspect caractérisant la capacité de la société à se projeter dans l’avenir et à assurer sa pérennité, indépendamment de l’intuitu personae des dirigeants.” AMF, Rapport 2017 sur le gouvernement d’entreprise, la remuneration des dirigeants, le controle interne et la gestion des risques, 2018 disponibile in: https://www.amf-france.org/fr/actualites-publications/publications/rapports-etudes-et-analyses/rapport-2018-sur-le-gouvernement-dentreprise-et-la-remuneration-des-dirigeants-des-societes-cotees.
[17] Si veda la Comunicazione del 24 febbraio 2011 pubblicata dalla Consob e reperibile al seguente link: http://www.consob.it/documents/46180/46181/c11012984.pdf/d466aae5-d449-4622-b0fd-4a0487751bca.
[18] Cfr.ASSONIME, op. cit. (nt.5), p. 22.
[19] Anche alla luce della situazione economica italiana che, come rilevato dall’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), necessiterebbe di una maggior infiltrazione delle società, in particolare medio-piccole, nel mercato finanziario italiano il quale si presenta sottocapitalizzato rispetto ai concorrenti europei. Per un’analisi approfondita si veda il report dell’OECD, Creating Growth Opportunities for Italian Companies and Savers, pubblicato il 31 gennaio 2020 e disponibile presso il seguente link: http://www.oecd.org/corporate/ca/OECD-Capital-Market-Review-Italy.pdf.
[20] Cfr. COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE,Relazione 2019 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate, op. cit. (nt.3), p. 63.
[21] Occorre precisare che, comunque, prima della versione aggiornata al 2020 i piani di successione non venivano raccomandati bensì solo menzionati. In ogni caso essi non fanno parte della cultura societaria italiana a differenza, invece, come si vedrà, di quella statunitense.
[22] “The North Fork board, in Moody’s view, was late to planning for a CEO change and other executive retirements. Eventually, the board did take steps to start the succession planning process, most noticeably using an equity incentive program as a means to tie in a broad set of business line and functional managers. However, in the end, the board recommended to shareholders that the company be acquired by Capital One Corp. Moody’s believes that weak succession planning was a factor in the decision to sell the company.”: vedasi MOODY’S, All Change at the Top: The Rating Implications of Future CEO Changes in the U.S. Banking Sector, Moody’s Special Comment, Luglio 2006, disponibile presso: www.moodys.com.
[23] I trends sulle composizioni del board, prassi di buona governance e remunerazioni degli amministratori sono disponibili in: https://www.spencerstuart.com/research-and-insight/us-board-index.
[24] Disponibile al seguente link: https://www.sec.gov/interps/legal/cfslb14e.htm#8.
[25] All’articolo II lettera b) del Commonsense Corporate Governance Principles 2.0, disponibile al seguente link: https://www.governanceprinciples.org/wp-content/uploads/2018/10/CommonsensePrinciples2.0.pdf.
[26] Il Deutscher Corporate Governance Kodex viene predisposto dalRegierungskommission Deutscher Corporate Governance Kodex, comitato istituito per la prima volta nel 2001 dal Ministero della Giustizia tedesco scegliendone i componenti all’interno di membri degli organi amministrativi e direttivi e stakeholders di società quotate tedesche, investitori retail e istituzionali, accademici, auditors e una federazione sindacale, risultando in tal modo la composizione estremamente variegata. Tutte le versioni del codice di autodisciplina tedesco sono consultabili al seguente link: https://www.dcgk.de/en/commission.html.
[27] Cfr. AMF, Report on Corporate Governance and executive Compensation in listed companies 2018, p. 4predisposto dall’AMF in conformità all’articolo L. 621-13-2 del Code monétaire et financier e disponibile presso il seguente link: https://www.amf-france.org/sites/default/files/contenu_simple/rapport_etude_analyse/gouvernement_entreprise/2018%20Report%20on%20corporate%20governance%20and%20executive%20compensation%20in%20listed%20companies.pdf.
[28] Il Codice di autodisciplina inglese è predisposto dal Financial Reporting Council ed è disponibile al seguente link: https://www.frc.org.uk/getattachment/88bd8c45-50ea-4841-95b0-d2f4f48069a2/2018-UK-Corporate-Governance-Code-FINAL.pdf.
[29] Solo il 13% nel 2018 analizzava l’efficacia della gestione dei singoli amministratori, a fronte dell’84% delle società inglesi, vedasi sul punto la Relazione 2019 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate pubblicata dal Comitato, cit. (nt.3), p. 61.
[30] Vedasi sul punto ASSONIME, op. cit. (nt.5), p. 23-24.
[31] Cfr. M. VENTORUZZO, Il nuovo Codice di Corporate Governance 2020: le principali novità, in Le Società, n.4, 2020, p. 445.