Sommario: 1. Le direttrici dell’intervento di Banca d’Italia – 2. Regole interne in tema di remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti – 3. La commissione di affidamento – 4. La commissione di istruttoria veloce.
1. Le direttrici dell’intervento di Banca d’Italia
L’obiettivo dichiarato e perseguito dal legislatore attraverso l’art. 117-bis del TUB ed il relativo D.M. 644/2012 era promuovere l’efficienza e la concorrenza nel sistema degli affidamenti e degli sconfinamenti, imponendo alle banche ed agli intermediari finanziari di adottare una struttura di costo semplice, facilmente comprensibile, comparabile e predeterminabile ex ante da parte del cliente. Si intendevano, altresì, “superare” le strutture di costo rappresentate dalla c.d. commissione di massimo scoperto.
A distanza di circa sei anni è già tempo di un primo bilancio in merito all’applicazione della predetta disciplina, che ha mostrato talune criticità, tanto da necessitare di un intervento specifico di Banca d’Italia attuato attraverso lo strumento degli orientamenti di vigilanza.
Muovendo dalle evidenze tratte nel corso dell’attività ispettiva – in cui sono state riscontrate dall’Autorità di Vigilanza “frequenti anomalie”, “disomogeneità nell’interpretazione e nelle prassi applicative” seguite dagli intermediari, “criticità connesse ai peculiari meccanismi operativi” – Banca d’Italia ha ritenuto di “richiamare” l’attenzione di banche ed intermediari finanziari sul tema della corretta applicazione delle commissioni di affidamento e delle commissioni di istruttoria veloce.
Lo strumento degli “orientamenti di vigilanza”, già in precedenza utilizzato da Banca d’Italia anche in tema di trasparenza e correttezza nei rapporti tra banca e cliente, ha carattere penetrante in quanto consente a Banca d’Italia, da un lato, di fornire a banche ed intermediari la lettura della normativa di riferimento seguita ai fini di vigilanza dalla stessa Autorità di Vigilanza e, dall’altro lato, di orientare e stimolare le banche e gli intermediari verso l’adozione di buone prassi in grado di minimizzare i rischi legali e reputazionali degli operatori e di innalzare il livello di tutela della clientela, in alcun casi andando oltre il dettato della normativa di riferimento.
Occorre poi non sottovalutare la funzione di “monito” degli stessi orientamenti di vigilanza che hanno l’indubbio obiettivo di responsabilizzare ulteriormente banche ed intermediari finanziari che, anche in tal caso, sono avvertiti del fatto che nell’attività ispettiva, in tema di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, Banca d’Italia “valuterà le soluzioni adottate dagli intermediari tenendo conto” degli orientamenti di vigilanza pubblicati dalla stessa Autorità di Vigilanza e “reputerà conformi le condotte aderenti al contenuti degli stessi”.
Gli orientamenti di vigilanza pubblicati da Banca d’Italia in tema di remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti si muovono lungo tre direttrici principali che attengono alle aree del governo e assetto organizzativo, delle prassi applicative e operative, nonché dei controlli interni.
Si intende in tal modo coprire l’intero ciclo di vita dei prodotti bancari ricadenti nel perimetro applicativo, muovendo dalla fase di impianto e di adozione di politiche generali di prodotto e di procedure e manuali operativi, insistendo nella fase di determinazione ed applicazione degli oneri di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti che deve essere orientata verso virtuose prassi applicative ed operative, per concludere con le dovute attività di controllo interno articolate in controlli di linea, controlli di compliance e risk management e controlli rimessi all’internal audit.
2. Regole interne in tema di remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti
In relazione alla fase di impianto, di adozione di politiche generali di prodotto e di procedure e manuali operativi, la critica, neppur troppo celata, mossa da Banca d’Italia agli operatori è volta ad evidenziare una sostanziale sottovalutazione della rilevanza della tematica della corretta remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti, caratterizzata ad avviso dell’Autorità di Vigilanza da “casi di disorganicità e genericità delle disposizioni interne in tema di costo per la clientela” e da un “ridotto coinvolgimento degli organi con funzioni strategiche, di gestione e di controllo su queste importanti tematiche”.
E’ noto che presupposto indefettibile di una relazione banca – cliente improntata ai criteri di trasparenza e correttezza risulta essere la predisposizione e l’efficiente funzionamento di regole, processi, requisiti e procedure organizzative e di controllo interno da parte delle banche e degli intermediari finanziari. A monte e prima del corretto rispetto delle regole di condotta, presentazione e trasparenza, si collocano i requisiti organizzativi che devono normare e guidare la condotta degli operatori.
Policy e procedure – informate al principio di proporzionalità, avuto riguardo alla complessità dei prodotti, alle tecniche di commercializzazione impiegate, alle diverse tipologie di clienti – devono essere adeguatamente formalizzate e periodicamente valutate per verificarne l’adeguatezza e l’efficacia e per rimediare ad eventuali carenze eventualmente riscontrate.
Nella c.d. fase di costruzione del prodotto, policy e procedure interne devono assicurare che i prodotti offerti siano comprensibili per la clientela quanto a struttura, caratteristiche, costi e rischi, nonché conformi alla normativa di riferimento.
E’ richiesta, in particolare, una valutazione ex ante della struttura dei prodotti offerti, che richiede il coinvolgimento delle funzioni di controllo (compliance, risk manager) ed eventualmente di appositi comitati inter-funzionali (ad esempio, funzione legale, commerciale, organizzazione, information technology). Tale valutazione ex ante coinvolge svariati profili, relativi alla individuazione della clientela target, alla verifica del contenuto della documentazione di trasparenza pre-contrattuale, al contenuto dei contratti, alla struttura di commissioni e spese a carico del cliente, al sistema di remunerazione di dipendenti e collaboratori, ad eventuali annunci pubblicitari, alle procedure operative ed informatiche strumentali alla gestione di tali prodotti, ecc.. Le scelte compiute, in ogni caso, devono risultare conformi alle strategie aziendali ed alle politiche di governo dei rischi individuate da ciascun intermediario.
Le vigenti disposizioni in materia di trasparenza prevedono, in particolare, che le procedure interne devono assicurare che “la quantificazione dei corrispettivi richiesti alla clientela ogni qualvolta la normativa vigente richieda che essi non possano superare le spese sostenute sia attestata per iscritto e formalmente approvata” [1]. Tale previsione, che assume particolare pregnanza in materia di corretta determinazione ed applicazione della commissione di istruttoria veloce, ha imposto a banche ed intermediari finanziari di compiere complessi assessment volti a stabilire ex ante l’entità dei costi addebitabili al cliente. Tali valutazioni, peraltro, devo essere periodicamente revisionate, al fine di intercettare e riflettere l’evoluzione fisiologica dell’operatività aziendale e dei costi sostenuti e riaddebitabili al cliente.
La centralità delle policy e procedure interne per quanto attiene all’ambito trasparenza è destinata, anche nell’immediato futuro, ad assumere crescente rilevanza, ciò sia in funzione del recepimento e dell’applicazione nel nostro ordinamento degli orientamenti EBA in materia di dispositivi di governo e controllo sui prodotti bancari al dettaglio, prevista per gennaio 2019, sia in funzione dei rivisitati Orientamenti EBA in tema di governance interna (EBA/GL/2017/11) applicabili dal 30 giugno 2018.
Non sorprende, quindi, come Banca d’Italia abbia inteso, in primo luogo, richiamare banche ed intermediari finanziari ad una corretta disciplina interna della remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti.
Ad avviso di Banca d’Italia occorre, in primo luogo, che gli intermediari si dotino di un quadro di regole interne completo ed organico, che può articolarsi in disposizioni generali e di principio (politiche generali) da sottoporre all’approvazione dell’organo con funzione di supervisione strategica, nonché in disposizioni applicative ed operative (manuali o procedure operative) che possono essere adottate dagli organi e funzioni di gestione.
Al fine di “agevolare” la corretta adozione delle regole interne dedicate alla disciplina della remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, Banca d’Italia ha proposto una elencazione di questioni, materie ed argomenti che devono necessariamente trovare disciplina nell’ambito delle politiche generali e nelle procedure operative. In particolare, le regole interne devono quantomeno disciplinare:
- i prodotti di finanziamento offerti alla clientela soggetti alle forme di remunerazione previste dall’art. 117-bis del TUB;
- le voci di spesa o commissioni che si ritengono compatibili con i principi di onnicomprensività tanto della commissione di affidamento quanto dellacommissione di istruttoria veloce (CIV);
- l’elencazione tassativa delle causali di addebito da assoggettare o da esentare dalla commissione di istruttoria veloce;
- le modalità di svolgimento dell’istruttoria veloce, quali ad esempio le strutture coinvolte, la documentazione da acquisire, gli adempimenti di carattere operativo;
- la metodologia di calcolo dei costi di istruttoria rilevanti ai fini della tariffazione della CIV, i criteri per procedere al suo aggiornamento, nonché le strutture aziendali responsabili dei processi di rilevazione e validazione;
- le attività di controllo dedicate, la relativa periodicità, i soggetti responsabili, nonché le linee di reporting e le modalità di rendicontazione agli organi aziendali;
- il funzionamento di franchigie, massimali, soglie di significatività e/o altre condizioni di maggior favore stabilite nei confronti della clientela, qualora siano presenti.
Banca d’Italia ha invitato altresì le banche e gli intermediari ad assicurare il “pieno coordinamento” tra le disposizioni interne adottate in tema di remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti, le politiche del credito ed il funzionamento degli applicativi informatici. L’attività di controllo svolta da Banca d’Italia, infatti, ha evidenziato non pochi casi in cui l’applicazione delle commissioni di affidamento e delle commissioni di istruttoria veloce è avvenuta con modalità e tempistiche non coerenti con le disponibilità concesse alla clientela sulla base delle politiche e procedure del credito e ciò anche in ragione di sistemi ed applicativi informatici perfettibili.
Al fine poi di assicurare la corretta attuazione delle norme interne, Banca d’Italia ha richiamato l’attenzione di banche ed intermediari ad assicurare la piena conoscenza delle politiche e dei manuali operativi da parte del personale di rete e di struttura, che deve essere altresì destinatario di apposite iniziative formative.
In termini di buone prassi, Banca d’Italia ha invitato banche ed intermediari finanziari a prevedere e disciplinare il vaglio preventivo delle funzioni di controllo interno di secondo livello sia per quanto attiene alle politiche generali, sia per quanto attiene a manuali e procedure operative. Tale buona prassi si pone in linea di assoluta continuità con le attuali disposizioni di vigilanza [2], nonché con i revisionati Orientamenti EBA in tema di governance interna (EBA/GL/2017/11) [3], che prevedono e richiamano la necessità di un coinvolgimento preventivo delle funzioni di controllo interno di secondo livello in termini di valutazione preventiva della struttura dei prodotti offerti.
Per quanto attiene alle politiche generali in tema di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, gli orientamenti di vigilanza suggeriscono, quale buona prassi, il rilascio da parte di compliance e risk management di una “formale valutazione” preventiva che possa supportare l’adozione della delibera da parte dell’organo con funzione di supervisione strategica. La funzione compliance dovrebbe altresì esprimersi e vagliare gli elementi di maggiore rilevanza dei manuali e procedure operative, quali individuati nelle politiche generali.
Ferma l’opportunità di declinare all’interno delle politiche generali i contenuti specifici delle valutazioni di competenza dicompliance e risk management, con espressa individuazione degli ambiti e delle materie da vagliare, si ritiene che il coinvolgimento delle funzioni di controllo interno debba essere volto quantomeno ad assicurare la conformità del sistema di remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti alla normativa di riferimento ed agli orientamenti di vigilanza, la coerenza con la strategia di rischio e la propensione al rischio dell’intermediario, l’adeguatezza dei sistemi ed applicativi informatici, la corretta individuazione dei rapporti e prodotti a cui è possibile applicare la commissione di affidamento e la commissione di istruttoria veloce, nonché le modalità di svolgimento e ricostruibilità dell’istruttoria veloce e dei relativi costi che legittimano l’applicazione della CIV.
Ancora in termini di buona prassi Banca d’Italia ha evidenziato che, nell’ambito dei gruppi bancari, le capogruppo possono definire le politiche generali che devono essere attuate dalle società del gruppo considerate le proprie specifiche caratteristiche operative. Da un lato si enfatizza il ruolo di coordinamento della capogruppo, ma dall’altro si responsabilizzano le singole entità del gruppo chiamate a declinare le politiche di gruppo in ragione delle loro specifiche caratteristiche operative.
3. La commissione di affidamento
La commissione di affidamento rappresenta l’unico onere applicabile in relazione agli affidamenti concessi sulla base di un contratto di apertura di credito o relativi a conti di pagamento ex art. 114-octies, comma 1, lett. a) del TUB.
In relazione a detti affidamenti, in aggiunta agli interessi, gli intermediari possono applicare solo una commissione omnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento. L’ammontare di tale commissione deve essere indicato nel contratto, potendo tenere conto anche della specifica tipologia di affidamento, ma non può superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente.
Una prima questione problematica affrontata negli orientamenti di vigilanza pubblicati da Banca d’Italia attiene al “perimetro applicativo” della commissione di affidamento. Si tratta di un tema che è stato a lungo sottovalutato, nonostante apparisse, ad avviso di chi scrive, di sicura rilevanza sin dall’adozione della disciplina della remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti.
La commissione di affidamento– ai sensi dell’ art. 117-bis, comma 1, del TUB e dell’art. 2 del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012 – risulta applicabile alle aperture di credito regolate in conto corrente in cui il cliente ha la facoltà di utilizzare e ripristinare la disponibilità dell’affidamento, oltre che ai contratti di affidamento a valere su conti di pagamento concessi ex art. 114-octies, comma 1, lett. a) del TUB, con l’espressa esclusione degli affidamenti a valere su carte di credito.
In relazione ai contratti e servizi bancari “diversi” ed “ulteriori” rispetto a quelli indicati nell’art. 2 del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012 non troverà applicazione il regime, limitativo in termini economici ma al tempo stesso legittimante in termini giuridici, di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti ex art. 117-bis del TUB.
In sostanza il perimetro di applicazione delimitato dell’art. 117-bis del TUB rappresenta una sorta di safe harbour in cui, sebbene in misura limitata in termini economici, risulta espressamente prevista quale legittima l’applicazione della commissione di affidamento.
Per i servizi ed i contratti bancari estranei al predetto perimetro di applicazione – individuato dall’art. 117-bis del TUB e dall’art. 2 del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012 – non sono di per sé applicabili le limitazioni economiche previste dall’art. 117 bis del TUB e non sussiste una legittimazione ex lege per l’applicazione di specifici oneri. La legittimità degli oneri, pertanto, andrà valutata secondo le regole ordinarie contenute, in parte, nella disciplina civilistica imperniata sul principio di causalità delle attribuzioni patrimoniali e, in parte, nella disciplina di settore. Data la natura ed il contenuto dell’art. 117-bis del TUB non pare ammissibile un’applicazione analogica o estensiva in relazione a servizi e contratti bancari di per sé estranei al perimetro (ristretto) di applicazione della stessa norma.
Negli orientamenti di vigilanza Banca d’Italia, dopo aver invitato le banche e gli intermediari ad individuare nelle regole interne i prodotti di finanziamento offerti alla clientela soggetti alle commissioni di cui all’art. 117 bis del TUB, ha evidenziato che rientrano nel perimetro applicativo del richiamato art. 117 bis del TUB le “aperture di credito (…), note alla prassi bancaria, nelle quali la disponibilità sul conto sia generata da operazioni di anticipo su crediti, documenti e altri effetti, indipendentemente dalle modalità con le quali le somme sono messe a disposizione, a condizione che la facilitazione sia concessa a valere su un plafond avente carattere rotativo. Tali operazioni, che usualmente danno luogo a un collegamento funzionale tra una pluralità di contratti, possono comportare l’applicazione di oneri ulteriori rispetto alla CO solo nei limiti in cui questi ultimi remunerino attività che non siano a esclusivo servizio dell’apertura di credito concessa”.
L’indicazione della Banca d’Italia, si ritiene, deve essere attentamente considerata.
I servizi che nella prassi bancaria sono indicati quali anticipi su crediti, fatture e documenti assumono forme e caratteristiche anche profondamente diverse e distintive da banca a banca. In alcuni casi, gli anticipi su crediti, fatture e documenti sono disciplinati secondo l’archetipo dell’apertura di credito in conto corrente, ossia mediante disponibilità sul conto a favore del cliente, di regola un’impresa. Non vi è dubbio che tale prima casistica possa rientrare nell’ambito del perimetro applicativo dell’art. 117 bis del TUB. In altri casi, peraltro, gli anticipi su crediti, fatture e documenti non sono propriamente riconducibili alla definizione di apertura di credito in quanto il cliente non gode di una effettiva disponibilità e la banca conserva la discrezionalità a consentire o rifiutare gli utilizzi da parte del cliente in funzione della presentazione ed accettazione di crediti, fatture e documenti. In relazione a tale seconda casistica, non essendovi una “disponibilità” a favore del cliente, non dovrebbe trovare applicazione la disciplina speciale, come detto limitativa in termini economici ma al tempo stesso legittimante in termini giuridici, di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti ex art. 117-bis del TUB.
La distinzione tra la prima e la seconda casistica, si ritiene, debba essere ricercata nella presenza o meno di una effettiva “disponibilità in conto” a favore del cliente [4], da cui peraltro deve conseguire una coerente classificazione dell’operatività sotto diversi profili che attengono all’applicabilità o meno della disciplina di cui all’art. 117 bis del TUB, alla corretta segnalazione in Centrale Rischi e, non ultimo, alla corretta liquidazione e pagamento degli interessi maturati.
In ragione di quanto precede, si ritiene che l’indicazione contenuta negli orientamenti di vigilanza relativa all’operatività “per smobilizzo di portafoglio” possa essere riferita solo alla prima casistica sopra richiamata, in cui è presente una effettiva “disponibilità in conto” a favore del cliente. In tali casi, ricorda Banca d’Italia, il carattere onnicomprensivo della commissione di affidamento ex art. 117 bis del TUB non consente l’applicazione, in aggiunta alla stessa commissione di affidamento, di spese connesse alla semplice presentazione dei documenti anticipati, né di oneri connessi alla movimentazione del conto tecnico di appoggio dell’apertura di credito per smobilizzo di portafogli.
Ulteriori criticità individuate da Banca d’Italia in tema di commissione di affidamento sono legate, almeno in parte, alle impostazioni dei sistemi informatici che, in taluni casi, comportano l’applicazione della commissione di istruttoria veloce anche a fronte di utilizzi di fidi deliberati e operativi in relazione ai quali è applicata, congiuntamente, la commissione di affidamento. Si tratta di una evidente antinomia e di duplicazione di addebiti da comporre mediante apposite misure di carattere informatico ed organizzativo. Tali misure devono altresì consentire di individuare con esattezza la data di decorrenza del periodo di applicazione della commissione di affidamento, da fissare nel momento in cui il fido è stato deliberato, reso operativo ed il cliente ha la conoscenza e l’effettiva possibilità di utilizzo.
In termini di buona prassi raccomandata da Banca d’Italia, inoltre, banche ed intermediari potranno maggiormente calibrare il valore della commissione di affidamento, fermi i limiti di legge, valorizzando il grado di rischiosità del cliente, le garanzie offerte e le attività necessarie per la gestione dell’accordato in funzione delle specificità della forma tecnica oggetto di apertura di credito. In filigrana è possibile leggere l’auspicio di Banca d’Italia a che le banche provvedano a modulare (e se del caso ridurre) la commissione di affidamento ed a non applicare la stessa in forma lineare, per tutti i clienti e per tutti i rapporti, ancorandosi al limite fissato per legge. Come era prevedibile, anche in ragioni di pregresse esperienze di fissazione di price cap, la previsione di un limite di legge ha contribuito a consolidare prassi diffuse tra gli intermediari di fissazione della misura della commissione di affidamento vicino (se non spesso ancorate) allo stesso limite massimo previsto per legge.
4. Commissione di istruttoria veloce
In caso di sconfinamento (oltre fido o in assenza di fido) che riguardi i contratti e servizi indicati nell’art. 2 del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012, gli intermediari possono applicare esclusivamente una commissione di istruttoria veloce e un tasso di interesse debitore (di regola maggiorato rispetto al tasso applicato al fido) sull’ammontare e per la durata dello sconfinamento [5].
In realtà, in base ad una corretta tassonomia volta a distinguere tra “commissioni” e “spese”, l’onere previsto dall’art. 117-bis, comma 2, del TUB avrebbe dovuto essere qualificato quale “spesa” e non come “commissione di istruttoria veloce”. Piuttosto che remunerare lo “sconfinamento”, l’onere di cui al comma 2 dall’art. 117-bis del TUB è volto a consentire agli intermediari di “recuperare” i costi connessi all’istruttoria “veloce” svolta per acconsentire all’utilizzo o all’addebito oltre fido o in assenza di fido.
Si tratta, infatti, di un onere determinato per ciascun contratto in misura fissa ed espresso in valore assoluto, che non può eccedere “i costi mediamente sostenuti dall’intermediario per svolgere l’istruttoria veloce e a questa direttamente connessi”, ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. b) del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012.
Al fine di determinare tali costi medi di istruttoria veloce, gli intermediari sono chiamati a declinare specifiche procedure interne in cui devono essere stabiliti dall’intermediario stesso e formalizzati i presupposti ed i casi in cui è svolta un’istruttoria veloce, nonché quantificati i costi necessari e strettamente connessi alla riferita attività istruttoria, il tutto fornendo una adeguata motivazione [6].
Un primo nucleo di osservazioni è formulata da Banca d’Italia, in tema di commissione di istruttoria veloce, proprio con riferimento alle procedure interne adottate dalle banche ed alle metodologie di determinazione dei costi sostenuti per l’istruttoria veloce. All’esito dei controlli effettuati, Banca d’Italia ha rilevato carenze nell’individuazione dei costi considerati nelle metodologie di calcolo e tariffazione della commissione di istruttoria veloce, non adeguata ricostruibilità dei criteri utilizzati per la rilevazione dei costi, ridotta documentabilità delle attività compiute in sede di istruttoria veloce, inclusione di oneri diversi da quelli strettamente connessi all’istruttoria per la concessione dello sconfinamento (quali oneri di monitoraggio e gestione ex post degli sconfinamenti), mancato aggiornamento delle spese nel tempo ridottesi ma conteggiate nel loro valore “storico” superiore.
Un secondo gruppo di osservazioni è stata formulata da Banca d’Italia in merito a talune prassi e casistiche, ritenute non conformi, di applicazione della commissione di istruttoria veloce.
Considerato che l’istruttoria che legittima l’applicazione della commissione in analisi deve avere ad oggetto l’autorizzazione di addebiti che, pur potendo prescindere da una espressa richiesta di utilizzo del cliente, devono determinare uno sconfinamento o accrescere l’ammontare di uno sconfinamento esistente, ai sensi di quanto previsto ai sensi dall’ art. 4, comma 2, lett. c) del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012, Banca d’Italia ha richiamato l’attenzione di banche ed intermediari in relazione ai casi di “ripetuta applicazione di CIV in un arco temporale ristretto, per un ammontare di sconfino contenuto e/o a fronte di incrementi di importo irrilevante, indicativa di automatismi informatici che rendono quanto meno dubbio l’effettivo compimento dell’attività di istruttoria veloce da parte dell’intermediario”. Quale buona prassi, Banca d’Italia ha invitato banche ed intermediari a prevedere franchigie e limiti ulteriori a quelli fissati per legge al fine di evitare l’applicazione della CIV in casi di sconfini di contenuto ammontare e/o di breve durata, limiti all’ammontare delle CIV addebitabili in un ridotto arco temporale, soglie di significatività di incrementi degli sconfinamenti il cui supero può dar luogo all’applicazione della CIV.
L’Autorità di vigilanza ha altresì evidenziato che, nel corso delle attività ispettive, sono emersi casi di applicazione della CIV anche in relazione ad addebiti esentati per legge, ovvero riconducibili a pagamenti effettuati a favore dell’intermediario e/o frutto di atti non discrezionali, come tali non determinanti lo svolgimento di un’istruttoria. I c.d. movimenti pre-autorizzati e non stornabili, quali i movimenti a debito conseguenti all’uso di carte prive della tecnologia c.d. online issuer, non comportando lo svolgimento di una istruttoria, non possono essere ricomprese tra le causali di addebito rilevanti ai fini della CIV. In termini analoghi, la CIV non può essere applicata, in quanto è carente una istruttoria, nei casi di sconfino conseguente alla riduzione o revoca del fido accordato al cliente.
Al fine di evitare prassi non conformi, Banca d’Italia ha altresì ricordato a banche ed intermediari che nell’esenzione dall’applicazione della CIV per i pagamenti a favore dell’intermediario medesimo rientrano tutti i casi di addebito in conto in adempimento di preesistenti obblighi assunti dal cliente nei confronti dell’intermediario sia in relazione al conto corrente (ad esempio a titolo di commissioni, spese, costi fissi di gestione del conto corrente, spese per liquidazione di interessi, spese per bonifico, commissioni per prelievi di contante, costo di invio delle comunicazione periodiche), sia in relazione ad ulteriori rapporti intercorrenti tra la banca ed il cliente e regolati in conto corrente (ad esempio addebito rata di mutuo, ovvero addebito del saldo per carta di credito emessa dalla stessa banca o distribuita con assunzione di obbligo di garanzia della banca nei confronti dell’emittente).
Sono altresì esentate dall’applicazione della CIV le operazioni di addebito di assegni, effetti o documenti anticipati dall’intermediario e rimasti insoluti in quanto, nei predetti casi di anticipazione, l’annotazione in conto equivale ad estinzione dell’apertura di credito a suo tempo concessa.
In termini di buone prassi, Banca d’Italia ha invitato le banche e gli intermediari:
- ad adottare misure volte ad analizzare ed evidenziare i casi di elevata frequenza di sconfinamenti autorizzati a favore di singoli clienti, con conseguente applicazione ripetuta di commissioni di istruttoria veloce. In tali casi banche ed intermediari finanziari dovrebbero attivare una fase di confronto con il cliente, funzionale ad individuare congiuntamente possibili interventi volti ad evitare una eccessiva frequenza di sconfinamenti;
- a dotarsi di applicativi che consentono la piena ricostruibilità ex post e documentabilità dell’iter autorizzativo degli sconfinamenti, tracciando le attività compiute ed archiviando i relativi documenti giustificativi. Auspicabile sarebbe altresì l’introduzione di blocchi all’addebito della commissione di istruttoria veloce in casi di mancata valorizzazione di campi informatici indicativi delle attività compiute;
- ad assicurare che, ai fini del corretto rispetto della franchigia di legge prevista per i consumatori, il saldo disponibile sia depurato dagli addebiti esenti nell’arco di tempo di sette giorni entro il quale la stessa opera;
- ad applicare la CIV, in caso di rientri parziali o temporanei, nei soli casi in cui il saldo disponibile negativo di fine giornata è superiore in valore assoluto a quello negativo del giorno antecedente;
- ad adottare accorgimenti volti a favorire una migliore comprensione dei meccanismi di applicazione della CIV da parte della clientela, attraverso rappresentazioni della CIV all’interno della documentazione precontrattuale e contrattuale adeguatamente evidenziate, ciò al fine di rendere edotta la clientela delle modalità applicative, delle franchigie e dei limiti;
- ad introdurre, nell’ambito delle comunicazioni periodiche di trasparenza, informazioni specifiche, separate rispetto agli ulteriori dati, volte a dare evidenza ai casi in cui è stata applicata la CIV nel periodo di riferimento, di eventuali scostamento tra importi calcolati e importi effettivamente addebitati (ad esempio, in ragione dei c.d. “tagli” anti-usura), nonché dei saldi disponibili di fine giornata che hanno determinato l’applicazione della CIV;
- ad introdure, sempre nell’ambito delle comunicazioni periodiche di trasparenza, specifiche avvertenze rivolte al cliente e riferite al numero di sconfinamenti concessi, il picco raggiunto durante ciascun periodo di sconfinamento, il numero di volte in cui la CIV è stata applicata e l’ammontare complessivamente pagato nell’anno.
5. Controlli interni
Per quanto attiene al sistema di controllo interno, gli orientamenti di vigilanza, sulla base delle evidenze tratte dall’attività ispettiva, richiamano in primo luogo la necessità di rafforzare i controlli di linea.
Specifica censura è rivolta a talune infrastrutture informatiche che, ad avviso dell’Autorità di Vigilanza, non sempre si sono dimostrate idonee ad impedire prassi non conformi. Vi è da dire che in più parti degli orientamenti di vigilanza si richiama l’attenzione di banche ed intermediari finanziari in merito alle infrastrutture ed ai presidi informatici posti a supporto all’operatività aziendale, in relazione ai quali l’Autorità di Vigilanza ritiene siano necessarie ed opportune revisioni ed opportune implementazioni.
Quale buona prassi raccomandata da Banca d’Italia ai fini del rafforzamento dei controlli di linea, gli intermediari sono invitati ad adottare accorgimenti organizzativi quali: i) la predisposizione di un sistema di alert che individui i rapporti caratterizzati da sconfinamenti ripetuti e li segnali ai gestori dell’istruttoria affinché provvedano a proporre l’adozione dei necessari interventi; ii) l’adozione di un sistema di blocchi automatici volti ad impedire l’applicazione di CIV in contrasto con la normative di riferimento; iii) l’implementazione di soluzioni informatiche che consentano di verificare l’effettivo svolgimento dell’istruttoria veloce.
In termini di controlli di secondo livello, Banca d’Italia ha rilevato come non sempre la Funzione Compliance abbia riservato alla tematica della remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti la dovuta attenzione, con ridotte analisi in merito all’entità e frequenza della CIV, all’individuazione delle causali di addebito rilevanti, ovvero alla portata onnicomprensiva della commissione di affidamento,con conseguente sottovalutazione dei rischi legali e reputazionali connessi ad operatività non conformi. Banca d’Italia ha altresì richiamato la Funzione Compliance a coordinarsi con la Funzione Risk Management e le funzioni IT nel presidio del rischio di non conformitaconnesso alla remunerazione di affidamenti e sconfinamenti.
Rappresenta una buona prassi, ad avviso di Banca d’Italia, l’utilizzo di uno schema di rapporto periodico di Compliance predefinito, che assicuri l’esame di elementi qualitativi e quantitativi quali: i) la frequenza e la numerosità dei casi di applicazione della CIV anche in relazione a fasce predefinite di clientela e a singoli casi “anomali”; ii) il numero di contestazioni ricevute; iii) la validità delle causali che danno luogo ad addebito della CIV; iv) il rispetto delle franchigie previste per legge per i consumatori e delle eventuali facilitazioni aggiuntive; v) la correttezza della metodologia di calcolo del costo medio dell’istruttoria veloce; vi) la compatibilità con il principio di onnicomprensività di spese e commissioni aggiuntive nei contratti che prevedono la commissione di affidamento; vii) la qualità dell’informativa resa alla clientela, anche in relazione agli orientamenti di vigilanza pubblicati da Banca d’Italia.
Per quanto attiene all’Internal Audit, il richiamo di Banca d’Italia è finalizzato ad assicurare una maggiore “incisività” delle attività di verifica, anche in termini di monitoraggio delle azioni correttive prescritte a seguito dei rilievi sollevati in sede ispettiva dall’Internal Audit.
Ad avviso di Banca d’Italia, in termini di buona prassi, le Funzioni Compliance e Internal Audit dovrebbero svolgere, con cadenza almeno triennale, verifiche sulle procedure adottate in materia di remunerazione degli affidamenti e sconfinamenti, con specifica attenzione riservata gli aspetti legati alle funzionalità dei sistemi informatici.
Al fine di assicurare l’adeguato controllo in relazione alla remunerazione di affidamenti e sconfinamenti, l’Autorità di Vigilanza ha altresì evidenziato la necessità di normare, nell’ambito delle policy e procedure aziendali, le modalità e periodicità delle attività di controllo, i flussi informativi tra le funzioni di controllo e con le ulteriori funzioni aziendali, le rendicondazioni verso gli organi di vertice, nonché le attività di follow-up (e relativo monitoraggio delle misure di rimedio) nell’ipotesi di precedenti verifiche con rilievi ed individuazione di aree di miglioramento.
[1] Provvedimento Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziaria del 29 luglio 2009 e successive modifiche ed integrazioni, Sezione XI, paragrafo 2.
[2] Provvedimento Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziaria del 29 luglio 2009 e successive modifiche ed integrazioni, Sezione XI, paragrafo 2.
[3] Orientamenti EBA in tema di governance interna (EBA/GL/2017/11) (orientamento n. 149 – 152).
[4] Interessante appare la Decisione ABF, Collegio di Milano n. 9911 del 9 novembre 2016 in cui è stato rilevato che “l’art. 117 bis TUB, letto alla luce dell’art. 2 del decreto CICR n. 664 del 30 giugno 2012, va interpretato nel senso di ritenere che il regime di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti ex art. 117 bis TUB possa essere invocato a favore dei contratti di apertura di credito (per quanto concerne la commissione di affidamento), ma non anche a favore dei contratti d’anticipo.
Diversamente, infatti, dal contratto di apertura di credito in cui la banca si impegna a tenere a disposizione del cliente una certa somma di denaro e questi acquista il diritto di disporne in più volte e secondo le forme di uso, nei contratti d’anticipo (c.d. “castelletti”) la banca si impegna ad accettare per lo sconto, entro un ammontare predeterminato, i titoli, gli effetti o le ricevute bancarie che il cliente presenterà, con la conseguenza che a quest’ultimo non è attribuita la facoltà di disporre immediatamente delle relative somme di denaro (cfr. Collegio di Milano n. 119/2010).
Insomma, nelle ipotesi di operazioni di “castelletto”, il fido non rappresenta l’ammontare delle somme di cui il correntista può disporre (le quali saranno costituite e determinate solamente dagli accrediti in concreto effettuati a seguito delle singole operazioni di sconto), bensì il limite entro il quale la banca è tenuta ad accettare i titoli, gli effetti o le ricevute bancarie presentate dal cliente (cfr. Cass., Sez. I., sent. nn. 3526/99; 1083/97; 8662/97).
Mancando nei contratti d’anticipo il carattere dell’immediatezza nella disponibilità della somma per il cliente, il fido diviene concretamente operante: a) solo al momento del compimento di determinati atti o del realizzarsi di determinate condizioni o circostanze e; b) solo nell’ammontare corrispondente (e nel limite dell’intero ammontare del fido) alla concreta operazione correlata a quell’atto, a quella condizione o a quella circostanza.
In conclusione, sussistendo nei contratti d’anticipo non il diritto soggettivo dell’affidato alla disponibilità e alla ricostituzione della provvista, ma soltanto una mera aspettativa, soggetta alla valutazione discrezionale della banca, la quale, a sua volta, non è soggetta al diritto potestativo del cliente di esigere immediatamente le somme dovute, al c.d. “castelletto” non risulta estendibile la disciplina di cui all’art. 117 bis TUB e per l’effetto la pretesa della ricorrente è da ritenersi fondata”.
[5] L’art. 1, comma 1, lett. d) del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012 fornisce una definizione di “sconfinamento” che sembra costruita su una rilevazione empirica di prassi di mercato, piuttosto che su compiute riflessioni in termini di stretto diritto.
Per “sconfinamento” si intendono:
- le somme di denaro utilizzate dal cliente o comunque addebitategli, in eccedenza rispetto all’affidamento (“utilizzo extrafido”);
- le somme di denaro utilizzate dal cliente, o comunque addebitategli, in mancanza di un affidamento, in eccedenza rispetto al saldo del cliente (“sconfinamento in assenza di fido”);
fermo restando la possibilità per l’intermediario di non consentire l’utilizzo o l’addebito (cfr. art. 1, lett. d) del decreto n. 644 del CICR del 30 giugno 2012).
Il contenuto di maggiore interesse è rappresentato dall’espressione conclusiva della suddetta norma ove si prevede che resta ferma “la possibilità per l’intermediario di non consentire l’utilizzo o l’addebito”.
Nel dibattito ancora aperto circa la qualificazione da attribuire al fenomeno dello sconfinamento, sembra quindi che il legislatore secondario abbia, quantomeno ai fini della remunerazione, ritenuto di accedere alla tesi di chi reputa lo sconfinamento non un “diritto” o una “aspettativa tutelabile” per il cliente, quanto piuttosto un fatto accidentale, rimesso ad espressa autorizzazione dell’intermediario, chiamato e legittimato a decidere se consentire utilizzi episodici di fondi in eccedenza rispetto al credito concesso ovvero alla disponibilità in conto del cliente. La semplice previsione e contrattualizzazione di una commissione diistruttoria veloce, pertanto, non appare di per sé vincolare in alcun modo l’intermediario in merito all’autorizzazione dello sconfinamento.
[6] Nell’ambito del documento per la consultazione che ha preceduto l’adozione del D.M. 644/2012, Banca d’Italia ha rilevato che “l’istruttoria veloce, per sua natura, non può essere documentata in maniera articolata come l’istruttoria tradizionale: l’esigenza di dover dimostrare, caso per caso, di averla effettuata si tradurrebbe necessariamente in oneri operativi a carico degli intermediari con un allungamento delle procedure e costi aggiuntivi che potrebbero essere traslati sulla clientela: per questa ragione (…) (si) stabilisce la presunzione che l’istruttoria veloce sia stata effettuata se così è previsto da procedure interne adeguatamente formalizzate; queste ultime devono individuare i casi in cui, a fronte di una richiesta di sconfinamento, viene svolta un’istruttoria veloce prima che sia concessa o negata la relativa autorizzazione. In questo modo si soddisfano due obiettivi: la tutela del cliente (per assicurare che la commissione sia applicata solo a fronte di un’istruttoria effettivamente svolta in quanto le procedure interne lo richiedono) e la speditezza operativa. La scelta di fare leva su requisiti organizzativi per assicurare comportamenti corretti degli intermediari è coerente con un indirizzo regolamentare ormai consolidato e previsto dall’articolo 127 del TUB”. (cfr. Banca d’Italia, Documento per la consultazione – Attuazione dell’art. 117-bis del Testo unico bancario in materia di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, 5).