Con ordinanza n. 25594 del 01 settembre 2023 la Corte di Cassazione (Pres. Amendola, Rel. Mercolino) ha ribadito il proprio precedente indirizzo in materia di divieto di patto leonino, confermando che quest’ultimo attiene propriamente alle condizioni essenziali del contratto di società.
Come noto, si definisce patto leonino, vietato dall’art. 2265 c.c., quell’accordo fra soci caratterizzato dall’esclusione totale e costante di uno di essi dalla partecipazione agli utili e/o alle perdite.
Secondo la Cassazione, il presupposto per l’operatività di tale divieto è una situazione statutaria caratterizzata dall’esclusione totale e costante di uno o più soci dalla partecipazione al rischio d’impresa e dagli utili: in quanto volto a preservare ontologicamente la causa societatis, il divieto di patto leonino postula necessariamente la conclusione di un accordo che alteri la predetta causa e risulti con essa incompatibile; non implica pertanto l’accadimento di un evento estraneo al contratto sociale, che non incida sulla relativa causa.
La Cassazione ha ribadito ulteriormente che l’esclusione dalla partecipazione agli utili ed alle perdite determinata da tale accordo deve essere assoluta – il dettato normativo parla di esclusione “da ogni” partecipazione sociale – e costante, in quanto riflette null’altro che lo status del socio nella compagine sociale, così come delineata nell’atto costitutivo della società.
Tali presupposti non erano ravvisabili nel caso affrontato dalla Cassazione, poiché l’alterazione del criterio di ripartizione dei risultati economici della gestione sociale, oltre a riferirsi ad un periodo circoscritto dell’attività dell’ente (nel caso di specie un consorzio), non costituiva il frutto della volontà dei singoli partecipanti alla gestione sociale (nel caso in esame delle imprese consorziate), ma dalla decisione assunta in quel caso da un soggetto esterno (gli arbitri nella decisione assunta per il tramite di un lodo arbitrale), ed era volta a regolare gli effetti economici dell’annullamento della delibera di riduzione di una partecipazione sociale e della ratifica di un accordo concluso dal Presidente del Consorzio in contrasto con la volontà di una delle imprese consorziate (a seguito della reintegrazione di quest’ultima nella posizione originaria).