Premessa l’inderogabilità del modello normativo di condotta imposto agli amministratori dall’art. 2392 cod. civ., poiché posto a tutela della società e di terzi creditori, il Tribunale ha affermato che integra elusione della predetta norma, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1344 cod. civ., la condotta dei soci che si impegnino (a mezzo di delibera assembleare, di clausola statutaria o di patto parasociale) a non deliberare l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti di amministratori “entranti”: nelle menzionate ipotesi, infatti, si realizzerebbe un (vietato) preventivo accordo su di un modello di comportamento gestorio diverso da quello imposto dalla legge, così vanificando la funzione deterrente, rispetto ad atti di mala gestio, riconosciuta agli artt. 2392 e 2393 cod. civ. (un patto parasociale del predetto tenore, aggiunge poi il Tribunale, dovrebbe considerarsi, in quanto volto a escludere o limitare preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave, nullo ai sensi dell’art. 1229 cod. civ.).
Qualora invece, prosegue il Tribunale, l’impegno in questione sia assunto dai soci in favore di amministratori “uscenti”, ossia cessati dalla carica, la pattuizione è da ritenersi valida. Se rispettoso del predetto requisito temporale, infatti, tale patto manca, da un lato, di frustrare la funzione deterrente delle norme sulla responsabilità degli amministratori (artt. 2392 e 2393 cod. civ.) e, dall’altro, di contrastare con l’art. 1229 cod. civ., il quale consente ai creditori di non far valere il proprio diritto al risarcimento del danno, anche nel nell’ipotesi in cui il debitore abbia agito con dolo o colpa grave.