La posta elettronica certificata (PEC) è idonea a dimostrare l’invio e la ricezione del messaggio, ma non a garantire il contenuto del documento ad essa allegato.
Questo il principio che la Corte di Cassazione ha ribadito con l’ordinanza n. 10091 del 15 aprile 2024 (Pres. Ferro, Rel. Fidanzia).
La posta elettronica certificata (PEC), infatti, certifica la provenienza della stessa, e la data dell’invio, ma da questa non si può durre che anche il documento allegato sia riferibile al suo autore e che abbia effettivamente quel contenuto.
Dunque, la posta elettronica certificata (PEC) è in grado di attestare in maniera certa l’avvenuta trasmissione e ricezione del messaggio, le modalità di spedizione (data, ora e formato) ed anche il suo contenuto, ma limitatamente alla PEC stessa, non al file allegato ad essa.
Se alla PEC è stato allegato un file con un determinato nome, estensione, formato e dimensioni, la ricevuta lo attesterà, ma non farà prova del contenuto di quel file, occorrendo, a tal fine, che sul file allegato sia apposta la firma digitale, che certificherà la provenienza del documento e la sua integrità.
La produzione della posta elettronica certificata in formato elettronico non è quindi idonea a fornire la prova del contenuto del documento allegato (e della data certa).
Altresì, la certezza della data della PEC non si estende alla scrittura privata dalla prima richiamata.