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Pensioni integrative da fondi previdenziali esteri: il regime fiscale

7 Febbraio 2024
Di cosa si parla in questo articolo

L’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 14/2024, ha fornito chiarimenti in merito al regime fiscale di pensioni integrative, erogate da fondi previdenziali professionali esteri (nella specie piani pensionistici Self–Invested Personal Pension – SIPP, e International Pension Plan – IPP).

In particolare, l’istante chiede conferma all’Agenzia, quanto al regime fiscale applicabile, che il SIPP e l’IPP da lui sottoscritti e detenuti presso intermediari britannici, si possano qualificare come schemi pensionistici ai fini delle imposte sui redditi, e che, conseguentemente, eventuali distribuzioni ricevute da parte degli intermediari finanziari presso cui tali schemi sono detenuti si qualifichino come redditi imponibili ai sensi dell’art. 49, c. 2, lettera a), del TUIR ed eventuali redditi e/o plusvalenze derivanti dalla gestione dei beni detenuti in tali schemi pensionistici non diano luogo ad alcun reddito imponibile in capo all’istante; inoltre, che non sia soggetto ad IVAFE in relazione al valore di tali posizioni pensionistiche.

L’art. 49, c. 2, lett. a) del Tuir dispone che «costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati».

Pertanto, chiarisce l’Agenzia, i redditi da ”pensione” sono equiparati a quelli di ”lavoro dipendente”.

Come chiarito nella circolare dell’Agenzia 17 luglio 2020, n. 21/E, l’espressione normativa «le pensioni di ogni genere» porta a considerare ricomprese nell’ambito di operatività del citato c. 2 dell’art. 49 del Tuir anche tutte quelle indennità una tantum erogate in ragione del versamento di contributi e la cui erogazione può prescindere dalla cessazione di un rapporto di lavoro.

Le pensioni integrative, erogate da fondi previdenziali professionali esteri, corrisposte in forma di capitale o rendita, a un soggetto che trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, una volta maturato il requisito anagrafico per l’accesso alla prestazione, devono risultare imponibili nel nostro Paese in base alla specifica Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese della fonte.

Detti emolumenti sono riconducibili, in via ordinaria, secondo l’ordinamento tributario vigente in Italia, ai redditi di cui all’art. 49, c. 2, lettera a), del Tuir, che equipara ai redditi di lavoro dipendente «le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati», in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana, in base al D. Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252.

Al riguardo, assume rilievo la circostanza, evidenziata dall’Istante, che il SIPP costituisce una forma di previdenza complementare ai sensi del diritto britannico, che ha la finalità di incentivare le persone a maturare una pensione integrativa in aggiunta, rispetto alla pensione statale obbligatoria al termine della propria vita lavorativa.

Il montante contributivo del SIPP deriva principalmente da contribuzioni versate direttamente nel SIPP dai precedenti datori di lavoro e dal trasferimento del montante contributivo maturato in un’altra forma di previdenza complementare britannica offerta all’Istante da un altro dei propri precedenti datori di lavoro.

Lo schema pensionistico SIPP detenuto presso l’intermediario finanziario britannico prevede, inoltre che l’Istante possa prelevare i fondi del SIPP solo dopo aver raggiunto l’età pensionabile.

In sostanza il collegamento con una precedente attività lavorativa e il diritto a percepire i proventi al raggiungimento di una determinata età pensionabile, riconducono tale schema previdenziale a quello pensionistico anche ai fini delle imposte sui redditi italiane.

Per quanto concerne la posizione detenuta dallo stesso Istante nell’IPP, deve essere rilevato che i contributi pensionistici di ogni partecipante sono stati versati dal relativo datore di lavoro, fatta salva la possibilità per ciascun partecipante di effettuare contributi aggiuntivi volontari entro certi limiti, con il consenso del proprio datore di lavoro.

Nel caso di specie, il montante contributivo è stato interamente finanziato da contributi effettuati dal datore di lavoro e che lo stesso non ha accesso alle somme componenti il proprio montante contributivo sino all’interruzione dell’attività lavorativa per pensionamento.

Anche in tale circostanza, pertanto, emerge la natura previdenziale di tale schema pensionistico, dal momento che l’Istante ha il diritto a ricevere le somme maturate nell’IPP solo al momento del raggiungimento dell’età pensionabile e dopo avere terminato la propria attività lavorativa per il datore di lavoro.

Sulla base di tali considerazioni, quindi, si ritiene le eventuali distribuzioni ricevute dall’Istante, da entrambi i suddetti schemi previdenziali, ai fini dell’individuazione del regime fiscale applicabile, siano da ricondurre ai redditi di cui all’art. 49, c. 2, lettera a), del Tuir, mentre eventuali redditi e/ o plusvalenze derivanti dalla gestione dei beni detenuti in tali schemi pensionistici non costituiscono reddito imponibile.

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