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Giurisprudenza

Perdite su crediti: necessaria definitività e certezza ai fini della deducibilità

28 Luglio 2021

Maria Cristina Latino

Cassazione Civile, Sez. V, 19 gennaio 2021, n. 743 – Pres. Sorrentino, Rel. Condello

Di cosa si parla in questo articolo

Nei casi di perdita su crediti derivante da rinuncia unilaterale ad un credito, è necessario dimostrare, ai fini dell’integrazione degli elementi di definitività e certezza della perdita stessa e della sua deducibilità ai fini fiscali, che il credito sia effettivamente irrecuperabile.

È questo il principio di diritto ribadito con l’ordinanza in analisi, e già espresso da Cass. 7860/2016.

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate aveva contestato ad una società, per quanto di interesse, l’indeducibilità di perdite su un credito, per difetto dei requisiti di certezza e precisione.

La Società, infatti, aveva richiesto al proprio franchisor, in qualità di debitore, il pagamento del suddetto credito ma, di fronte al rifiuto ad adempiere, non aveva esperito alcuna attività di recupero coattivo, limitandosi a registrare (e dedurre) la perdita.

La Commissione Tributaria Provinciale competente rigettava il ricorso della società; anche la Commissione Tributaria Regionale rigettava il gravame in quanto la normativa fiscale prevede la deducibilità del reddito di impresa delle perdite su crediti se queste risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali; la mera richiesta di adempimento, non seguita da alcuna azione legale di recupero, non poteva dirsi integrare i requisiti di cui all’art. 101, comma 5, del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917.

La ricorrente adiva la Suprema Corte di Cassazione lamentandosi della violazione e falsa applicazione dell’articolo 101, comma 5, del D.P.R. 917/1986, in quanto i giudici di merito avevano erroneamente ritenuto che gli elementi certi e precisi della perdita non potessero ricavarsi dal comportamento tenuto.

Secondo la ricorrente sussistevano ragioni, compiutamente documentate, per non coltivare azioni per il recupero del credito, al fine, in particolare, di non deteriorare i rapporti con il debitore-franchisor, generando così danni assai maggiori dei possibili benefici scaturenti dal recupero integrale del credito.

Sul punto, la Suprema Corte ha ricordato, in via generale, che il disposto dell’art. 101, comma 5 faccia riferimento esclusivamente alla ricorrenza di elementi certi e precisi della perdita su crediti, escludendo quindi, ai fini della deducibilità, la necessità di accertare l’insolvenza del debitore ai fini della deduzione, non dovendo il creditore fornire la prova di essersi positivamente attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale in tal senso.

Qualora, però, si tratti di perdita derivante da rinuncia al credito, occorre che l’atto unilaterale di rinuncia sia giustificato da una effettiva irrecuperabilità del credito, in quanto diversamente rientrerebbe negli atti di liberalità non deducibili ai fini fiscali.

Se, infatti, il creditore rimane in tali casi inerte, manifestando un comportamento remissivo e liberale, gli elementi certi e precisi ai fini della deducibilità non possono venire ad esistenza.

Detto comportamento si è integrato in capo alla contribuente, che non ha fornito prova della irrecuperabilità del credito, non potendo in tal senso rilevare i rapporti di dipendenza economica con il debitore.

Pertanto, il motivo formulato è stato giudicato infondato, con conseguente reiezione del ricorso sul punto.

 

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