Il CNDCEC e la Fondazione Nazionale dei commercialisti hanno aggiornato il proprio documento sui principi per la redazione dei piani di risanamento.
In particolare, l’obiettivo dell’aggiornamento è quello di adeguare il modello precedente con le best practices dell’ultimo periodo, nonché dare conto delle novità legislative, per supportare i professionisti per programmare e organizzare le attività prodromiche al risanamento o un controllo della continuità aziendale, verificando le possibili aree di intervento per superare le difficoltà riscontrate.
Le ultime novità introdotte in ambito fallimentare e, più specificatamente, nell’ambito della gestione della crisi d’impresa hanno introdotto un punto di vista più nella prospettiva di “forward looking” dell’impresa, modificando i piani di risanamento in uno strumento da utilizzare per assicurare la conservazione dell’impresa in crisi e la gestione di condizioni di temporanea difficoltà risolvibili con una procedura di risanamento organica e sistemica.
In quest’ottica, l’adozione di adeguati assetti amministrativi sviluppati in un’ottica prospettica, sono fondamentali per rilevare l’andamento dell’azienda e prevenire eventuali situazioni critiche.
Gli effettivi contenuti del Piano dipendono, tuttavia, da diverse circostanze quali:
- la strategia adottata nell’ottica del risanamento;
- il tempo a disposizione;
- le risorse manageriali;
- le informazioni a disposizione;
- il segmento di mercato occupato;
- la valutazione delle conseguenze fiscali;
Cos’è il piano di risanamento?
Il Piano di risanamento è un documento curato dall’organo delegato e dal Management ed approvato dall’organo amministrativo in osservanza dell’articolo 2381, comma 3, c.c., nel quale vengono rappresentate le opzioni strategiche e operative mediante l’adozione delle quali un’impresa cerchi di uscire dallo stato di crisi, ripristinando le condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale.
Quali sono i soggetti coinvolti nel piano di risanamento?
I soggetti coinvolti sono:
- l’organo amministrativo;
- il management;
- gli eventuali consulenti;
- l’organo delegato;
- il professionista indipendente per l’attestazione;
- il Tribunale per l’eventuale omologa.
Il Piano può porsi sia all’interno di un percorso obbligato dalle norme sulla gestione della crisi d’impresa, sia come autonoma scelta dell’organo amministrativo per la gestione preventiva di situazioni di difficoltà economico/patrimoniali.
Nel caso in cui il Piano sia soggetto alla divulgazione presso terzi, intervengono anche le norme relative alle comunicazioni sociali e di riservatezza, in particolare per quanto riguarda le società quotate.