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Attualità

Piani individuali di risparmio: uno strumento di raccordo tra gli investitori e l’economia reale

9 Maggio 2017

Avv. Francesca Ricci, Dott. Elenio Bidoggia e Dott. Gianluca Grea

Di cosa si parla in questo articolo
PIR

Cosa sono i PIR in breve?

I Piani Individuali di Risparmio (PIR) sono stati introdotti dalla Legge 11 dicembre 2016 n. 232 (Legge di Bilancio 2017), sul modello di piani con caratteristiche analoghe già presenti in Francia, nel Regno Unito e in USA e sono strumenti innovativi nati per convogliare risorse private verso il mondo delle imprese.

I PIR sono riservati a piccoli investitori, ovvero a persone fisiche fiscalmente residenti In Italia, e hanno ad oggetto un investimento in un portafoglio diversificato e da assemblare in base a criteri determinati a fronte del quale sono concessi benefici fiscali.

I PIR devono essere detenuti dall’investitore per un minimo di cinque anni e per un esborso massimo annuo di 30 mila euro (e dunque per una massimo di euro 150.00 sul periodo di cinque anni). Una quota pari al 70% del portafoglio deve essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese italiane o europee con stabile organizzazione in Italia.

Perché sono stati introdotti i PIR?

I PIR sono stati introdotti nell’ambito delle misure della finanza per la crescita del sistema imprenditoriale italiano, in considerazione di due punti deboli che caratterizzano il nostro sistema: l’assenza di capitali per l’investimento e la mancanza di trasparenza e di buoni sistemi di corporate governance nel tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese.

Aprire questa tipologia di imprese al mercato dei capitali può significare accesso a canali finanziari complementari a quelli offerti dal sistema bancario e allo stesso tempo consente di avviare un processo di miglioramento del sistema di governance interno a ciascun impresa oggetto dell’investimento.  L’ammontare dei capitali attesi dall’uso dei PIR è di circa Euro due milioni su base annua.

Chi può investire in PIR?

Il radicamento nel territorio è uno dei requisiti fondamentali, funzionali all’obiettivo di ripresa dell’economia italiana sottostanti ai PIR. Pertanto solo persone fisiche fiscalmente residenti in Italia possono investire in PIR.

Per potere godere dei benefici fiscali il titolare deve mantenere la partecipazione degli strumenti finanziari oggetto dei PIR per almeno 5 anni. Non sono previsti limiti di tempo massimi. Nel caso in cui per qualsiasi ragione non sia possibile rispettare il termine quinquennale avrà luogo il pagamento ordinario delle imposte sui rendimenti ottenuti nei cinque anni. Non sarà preteso il pagamento di sanzioni, ma solo degli interessi maturati in medio tempore.

Ulteriori limiti soggettivi sono rappresentati dal fatto che ciascuna persona fisica non può essere titolare di più di un PIR e ciascun piano non può essere posseduto da più di una persona. Sono dunque escluse co-intestazioni e comunioni legali aventi ad oggetto i piani.

Cosa hanno ad oggetto i PIR?

Le somme veicolate attraverso la sottoscrizione dei PIR devono essere destinate per il 70% a “Investimenti Qualificati”, per tali intendendosi sia azioni sia obbligazioni emessi da imprese fiscalmente residenti in Italia o in Stati membri dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo con stabile organizzazione in Italia. Il 30% di tale importo deve essere investito in società che non siano quotate nel mercato telematico azionario e che appartengano all’indice FTSE MIB o indice equivalente di altro mercato regolamentato. Grazie a quest’ulteriore prescrizione, si attende che ingenti investimenti convogliati  dai PIR raggiungano il mercato delle PMI ed in particolare le società con azioni ammesse alla negoziazione su AIM Italia, il sistema multilaterale di negoziazione di Borsa Italiana.

Si considerano “Investimenti Qualificati” anche le azioni o quote di Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (c.d. OICR) a condizione che gli OICR agiscano in conformità alle prescrizioni e ai divieti della normativa applicabile ai PIR. In tal caso l’osservanza dei limiti normativi è in capo al gestore dell’OICR e non della persona fisica che investe nell’OICR.

Il restante 30% può essere investito liberamente, anche in società estere – purché residenti in Paesi c.d. white list con i quali è consentito un adeguato scambio di informazioni – e può riguardare non solo azioni ed obbligazioni, ma anche conti correnti o depositi.  Gli strumenti finanziari su cui investire non possono essere emessi da società che svolgano attività immobiliare.

Un ulteriore limite è rappresentato dal divieto di investire una somma superiore al 10% del totale destinato al PIR in un solo emittente o in società dello stesso gruppo o in depositi o conti correnti (c.d. divieto di concentrazione).

Come si sottoscrivono i PIR?

I PIR possono essere costituiti attraverso un rapporto di custodia o di amministrazione anche fiduciaria, in virtù di un contratto di gestione di portafogli o di altro stabile rapporto con opzione del regime del risparmio amministrato o, infine, in virtù di polizze vita.

Quali sono i vantaggi attesi dalla sottoscrizione dei PIR?

A livello individuale i PIR garantiscono all’investitore, persona fisica residente in Italia, l’esenzione totale dal pagamento delle imposte, sia con riferimento ai redditi di capitale di cui all’articolo 44 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, sia con riferimento ai redditi diversi di cui all’articolo 67 dello stesso Testo Unico, a condizione che, per entrambe le categorie, si tratti di redditi (i) conseguiti al di fuori dell’esercizio dell’impresa commerciale e (ii) derivanti da partecipazioni non qualificate, intendendosi come tali quelle che rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria inferiore al 2% o al 20% ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio inferiore al 5% o al 25%, a seconda che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per il calcolo della percentuale si fa riferimento anche alle partecipazioni possedute dai familiari delle persone fisiche e dalle società od enti direttamente o indirettamente controllati dalle persone fisiche.

E’ inoltre necessario, ai fini dell’esenzione, che gli strumenti finanziari in cui è investito il piano siano detenuti per almeno cinque anni e che vengano rispettati i limiti di investimento previsti dalla “Legge di bilancio 2017”. In caso contrario, i redditi vengono assoggettati a tassazione ordinaria, con gli interessi ma senza l’applicazione delle sanzioni.

Il trasferimento mortis causa degli strumenti detenuti nel piano è esente dalla imposta sulle successioni.

Uno dei benefici a livello macro atteso dai PIR è quello di un processo di trasformazione delle PMI in termini di maggiore trasparenza e di governance. A tale proposito sono allo studio bozze di codice di autodisciplina semplificato per le piccole e medie imprese che possano fungere da modello per le imprese che intendano candidare i propri strumenti finanziari ad oggetto di investimento nell’ambito PIR.

Quali sono i possibili svantaggi derivanti dalla sottoscrizione dei PIR?

Alcuni operatori hanno dichiarato pubblicamente di non inserire nel proprio portafoglio prodotti i PIR per una serie di ragioni:

1) non offrirebbero una diversificazione geografica, dal momento che gli investimenti oggetto dei PIR possono essere solo imprese con sede in Italia. Esisterebbe, dunque, un rischio intrinseco nel sistema Paese, non controbilanciato dalla possibilità di investire e diversificare anche in altre aree geografiche. Tale rischio può essere ridotto con un programma d’investimenti diversificato a livello globale.

2) la tipologia di imprese sulle quali investire in modo maggioritario rischia di intaccare il capitale investito. Le imprese in questione sono infatti generalmente piccole e medie imprese a media capitalizzazione generalmente poco liquide e molto volatili. Tuttavia a questa considerazione si oppongono alcuni argomenti: le imprese con bassa capitalizzazione hanno dato prova di avere una maggiore resistenza alla crisi, hanno esportato la propria attività in mercati globali, con ciò riducendo anche il rischio di concentrazione geografica, hanno mostrato una minore correlazione alle criticità nazionali e una maggiore capacità di reagire  e cogliere trend economici positivi.  Inoltre la normativa PIR, imponendo il divieto di concentrazione, in base al quale non è possibile concentrare più del 10% dell’investimento nella medesima società, introduce un correttivo a tale rischio.

3) limitatezza degli asset class: i PIR hanno ad oggetto solo azioni ed obbligazioni, l’assenza di diversificazione tra una molteplicità di asset class incrementerebbe il rischio di distribuzione dell’investimento in modo non equilibrato. Per ovviare a tale rischio i PIR andrebbero pertanto inseriti nell’ambito di un programma di investimenti di tipologia diversificata.

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