Il contributo analizza la disciplina del pignoramento esattoriale presso terzi, approfondendone le peculiarità e le principali questioni e problematiche applicative che coinvolgono gli operatori del settore.
Scopo del presente approfondimento è quello di analizzare la disciplina relativa al pignoramento esattoriale presso terzi, con una particolare attenzione alle relative peculiarità e, soprattutto, alle principali questioni relative alla sua applicazione pratica.
Prima di entrare nel merito di quella che è la vigente normativa, appare necessario, o quanto meno utile, un breve inquadramento del contesto nel quale si inserisce questo particolare strumento.
In linea generale occorre, infatti, osservare che senza dubbio tra le diverse forme di espropriazione forzata (immobiliare, mobiliare e presso terzi) quella che negli ultimi decenni ha visto via via assumere sempre maggiore importanza è costituita proprio dal pignoramento presso terzi: da un lato, infatti, l’espropriazione immobiliare pone dinnanzi al creditore la prospettiva di dover anticipare costi consistenti e di dover attendere, almeno ordinariamente, tempi abbastanza lunghi prima di veder soddisfare il proprio credito.
Dall’altro lato, la procedura di pignoramento mobiliare finisce per apparire oggi come uno strumento residuale, quasi mai in grado di soddisfare pienamente neppure le spese che vengono affrontate per instaurare la procedura esecutiva.
In tale quadro viene quindi sempre più rafforzandosi l’utilizzo dello strumento costituito dal pignoramento presso terzi.
Se queste considerazioni valgono in tema di ordinaria esecuzione forzata, assumono ancora più rilievo nell’ambito della riscossione esattoriale nella quale infatti questa particolare forma di espropriazione forzata acquisisce una sua sempre maggiore preminenza.
Da qui l’esigenza di cercare di fare chiarezza o quanto meno di cercare di porre l’attenzione sulle principali caratteristiche, ma soprattutto sulle più frequenti criticità che gli operatori del settore si trovano, ormai quotidianamente, ad affrontare.
La disciplina generale del pignoramento esattoriale
Come noto l’esecuzione esattoriale si concretizza nel procedimento volto a realizzare coattivamente, ovvero senza la collaborazione del privato debitore, i crediti tributari della pubblica amministrazione.
A seguito della notifica della cartella di pagamento (ovvero dell’avviso di accertamento esecutivo o di altro atto amministrativo che non richieda la formazione del ruolo ai fini dell’esecuzione) e, qualora non venga effettuato spontaneamente il pagamento da parte del debitore, l’agente della riscossione ha un anno di tempo per dare inizio alla vera e propria attività esecutiva.
La disciplina della riscossione coattiva dei crediti tributari contenuta all’interno del D.P.R. n. 602/1973 (così come modificato successivamente, in particolare ad opera del D.Lgs n. 46/1999), pur inserendosi nell’ambito della generale espropriazione forzata civilistica, ha caratteri indubbiamente peculiari e speciali connotati soprattutto da un’estensione dei poteri dell’agente di riscossione rispetto ai poteri di cui è munito il creditore in un’ordinaria procedura esecutiva.
Le differenze che si rinvengono tra l’esecuzione ordinaria e quella esattoriale si giustificano con la cd. “ragion fiscale”: l’esecuzione esattoriale, in quanto finalizzata al recupero delle risorse pubbliche, si caratterizza, da un lato, per una maggiore celerità e snellezza nella procedura e, dall’altro lato, per la centralità della figura dell’agente della riscossione a discapito di quella del giudice. Ed infatti, se la procedura esecutiva civile si snoda sotto la direzione e il controllo dell’autorità giudiziaria, nell’esecuzione esattoriale l’intervento del giudice è solo contingente ed eventuale.
Entrando più nello specifico, è proprio nella disciplina del pignoramento presso terzi (prevista dagli artt. 72 e segg. del D.P.R n. 602/1973) che troviamo le maggiori peculiarità rispetto alla normativa civilistica.
L’art. 72 D.P.R. n. 602/1973 prevede, infatti, che laddove il debitore sia creditore di somme dovute da un terzo a titolo di canoni di affitto o di locazione, l’agente della riscossione può procedere ad ordinare direttamente al terzo il versamento tanto dei canoni già scaduti, quanto di quelli a scadere, fino alla concorrenza del credito per il quale si procede.
Sulla scia dell’art. 72 si pone il successivo articolo 72 bis introdotto con il fine di ampliare, anche a crediti diversi da quelli relativi al pagamento di canoni di affitto o locazione, la possibilità per l’agente della riscossione di ordinare al terzo di pagare direttamente all’ente le somme eventualmente dovute al debitore.
In particolare, il testo dell’art. 72 bis stabilisce la possibilità di impartire al terzo pignorato l’ordine di pagare:
- nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;
- alle rispettive scadenze, per le restanti somme.
In definitiva, gli strumenti di cui agli artt. 72 e 72 bis consentono al concessionario di azionare il c.d. pignoramento diretto, senza nessun obbligo di avviso al debitore, ordinando direttamente al terzo di corrispondergli le somme dovute dal debitore: il terzo risulta quindi vero e proprio soggetto esecutore degli obblighi facenti capo al debitore esecutato.
Dunque, nella procedura esattoriale speciale, non trova spazio la fase della citazione del terzo, giacché il secondo comma dell’art. 72 (cui pure l’art. 72 bis espressamente fa rinvio) la contempla solo “nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento”, ipotesi nella quale “si procede, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del codice di procedura civile”.
L’agente della riscossione è messo quindi nella possibilità di soddisfare il proprio credito senza ricorrere al giudice, ma sollecitando in via stragiudiziale la “collaborazione” del terzo pignorato.
Questioni controverse e orientamenti giurisprudenziali
Quelli appena delineati rappresentano in linea generale i tratti salienti della disciplina del pignoramento presso terzi esattoriale, ma è sotto il profilo più strettamente operativo e, soprattutto dalla prospettiva del ruolo del terzo pignorato, che vengono in rilievo una serie di questioni e tematiche con una decisiva rilevanza pratica.
In questo senso la normativa in esame non è d’aiuto: dalla mera lettura degli artt. 72 e 72 bis, infatti, emergono delle disposizioni alquanto laconiche che impongono un notevole sforzo interpretativo nella ricostruzione dei principali caratteri di questa particolare forma di pignoramento.
Va altresì precisato che scarse sono le pronunce di legittimità e di merito che intervengono sul tema e quindi l’operatività delle norme è da ricondursi nella maggior parte dei casi a principi generali ed al richiamo della disciplina ordinaria e nel concreto è di fatto rimessa ai tecnici ed agli operatori del settore che si trovano a dover gestire nel concreto questa particolare forma di espropriazione forzata.
Indubbiamente una delle questioni maggiormente discusse e che da tempo pone importanti interrogativi è relativa all’esatta individuazione dei limiti temporali dell’ordine di pagamento diretto.
Come si è detto, l’art. 72 bis prevede la possibilità per l’agente della riscossione di richiedere al terzo il pagamento:
- nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;
- alle rispettive scadenze, per le restanti somme.
Dalla formulazione nella norma, però, non è chiaro se il legislatore abbia inteso sottoporre a vincolo tutte le somme accreditate (ad es. qualora oggetto di pignoramento sia un rapporto di conto corrente) tra il momento della notificazione del pignoramento ed il 60° giorno dalla notifica.
Al fine di chiarire la questione bisogna procedere con uno sforzo interpretativo che prende le mosse dai principi (purtroppo non numerosi) sanciti dalla giurisprudenza.
In questo senso, va innanzitutto richiamata la pronuncia del 13 dicembre 2015, n. 2857 con la quale la Cassazione ha, per la prima volta, delineato a chiare lettere la struttura dell’ordine di pagamento diretto, raffrontandola con il modello previsto dall’art. 543 c.p.c.
Precisa la Corte che la predetta disposizione: “[…] prevede un ordine di pagamento rivolto al terzo dall’agente della riscossione. Si tratta di un provvedimento amministrativo che, però, dà l’avvio ad un’espropriazione forzata dei crediti vantati dal debitore verso i terzi che si svolge secondo un procedimento semplificato, concepito dal legislatore come procedimento speciale interamente stragiudiziale (fatto salvo quanto si dirà sugli incidenti cognitivi volti a realizzare il diritto di difesa dell’esecutato). L’atto iniziale di questo procedimento ha natura complessa, compendiando in sé un ordine di pagamento, che è anche un atto di pignoramento.
Quest’ultimo riveste perciò una forma particolare, in deroga a quanto previsto dall’art. 543 cod. proc. civ.
Tuttavia, trattandosi di atto di pignoramento, così definito dalla norma e funzionalmente preordinato all’espropriazione, esso produce, come si dirà, gli effetti conservativi ordinari del pignoramento nei confronti del debitore esecutato ed impone al terzo pignorato, come pure si dirà, gli obblighi che la legge impone al custode”.
La Corte ha, quindi, evidenziato come alla citazione del terzo con l’invito a comunicare la dichiarazione di quantità, si sostituisca l’ordine impartito al debitor debitoris di pagare il credito direttamente all’agente della riscossione, mancando la previsione normativa di un’udienza diretta a raccogliere la dichiarazione di quantità del terzo e l’emissione di un’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate.
Piuttosto, l’ottemperanza all’ordine di pagamento rivolto al terzo pignorato con conseguente traslazione del credito dal terzo all’agente della riscossione, senza alcun provvedimento giudiziale, riassume in sé le fasi della assegnazione e della materiale esazione delle somme, e rappresenta il momento terminale della procedura.
In definitiva, la Cassazione qualifica lo strumento previsto dall’art. 72 bis come una procedura di riscossione coattiva assai semplificata, che si svolge in ambito interamente stragiudiziale e che presenta carattere alternativo rispetto alle modalità espropriative tipizzate dal codice di rito.
Con riferimento alle somme pignorabili ed alla durata del vincolo ed in particolare, al fine di meglio comprendere il significato delle lett. a) e b), di cui all’art. 72 bis, la Corte di Cassazione, ha inoltre precisato che in forza dell’ordine di pagamento “il terzo assume gli obblighi che la legge impone al custode ai sensi dell’art. 546 cod. proc. civ., con riferimento alle somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di notifica dell’atto di pignoramento ai sensi dell’art. 72 bis (…)” “Analogamente, dal giorno in cui gli è notificato l’ordine di pagamento il terzo è soggetto agli obblighi che la legge impone al custode, relativamente alle somme restanti, da lui dovute alle rispettive scadenze, nei limiti di pignorabilità, e fino a concorrenza del credito per cui il concessionario (oggi, agente della riscossione) procede”.
In un confronto con l’art. 553 c.p.c., che “consente, peraltro, l’assegnazione di crediti non ancora sorti ma che verranno a scadenza in forza di un rapporto esistente al momento del pignoramento (…)” la Corte ha dichiarato che “analogamente, l’art. 72 bis comporta che il terzo pignorato, che abbia già ottemperato per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato. Anteriormente alla data di notificazione dell’ordine di pagamento, vi dia corso alle rispettive scadenze per le restanti somme, fino a concorrenza del credito per cui l’agente della riscossione procede”.
Alla luce dei predetti principi, si è quindi affermato come l’ordine di pagamento di cui all’art. 72 bis produca i medesimi effetti conservativi ordinari del pignoramento nei confronti dell’esecutato debitore ed imponga quindi al terzo pignorato gli stessi obblighi che la legge impone al custode.
Di conseguenza, a fronte dell’ordine di pagamento, il terzo ha l’obbligo di versare:
- entro i 60 giorni dalla notifica dello stesso, i crediti il cui diritto alla percezione è già maturato in capo al debitore anteriormente alla data di notifica del pignoramento, (lett. a) (crediti scaduti);
- al momento della rispettiva scadenza, i crediti non ancora esigibili ma che matureranno in forza di un rapporto esistente al momento del pignoramento, ai sensi della lett. b) (crediti a scadere).
Anche alla luce di queste considerazioni, rimane comunque aperta la questione costituita dalla “finestra temporale” di 60 giorni per gestire il pignoramento; in particolare non viene chiarito se durante tale lasso temporale il terzo debba limitarsi a vincolare unicamente le somme presenti alla data della notifica oppure debba sottoporre a vincolo anche le somme accreditate tra il momento della notificazione del pignoramento ed il 60° giorno dalla notifica.
La prima tesi appare indubbiamente più aderente al dato letterale della norma nella parte in cui alla lettera a) del comma 1 si fa espressamente riferimento alle “somme maturate anteriormente alla data della notifica”.
Diversi però sono gli elementi e le valutazioni che sono stati portati a supporto della seconda e contraria interpretazione.
Tra queste va innanzitutto richiamato l’ABF che, con la decisione n. 4139 del 1° luglio 2014, ha avuto modo di affermare come l’ordine di pagamento previsto all’art. 72 bis, comporti per le banche un vincolo di destinazione delle somme pervenute nei rapporti intestati al debitore esecutato senza scadenza temporale, dovendo la banca considerare efficace (vigente) il vincolo sino al momento futuro (ed eventuale) in cui il debito fiscale sia estinto.
Il principio espresso dall’ABF, con la decisione n. 4139 del 1° luglio 2014, è nello specifico il seguente: “L’art. 72-bis, comma 1 bis, del D.P.R. 602/1973 nel riconoscere al concessionario non solo il diritto di bloccare le somme dovute dal terzo al proprio debitore ma anche di soddisfarsi su esse contempla, per vero, due distinte ipotesi: (i) la prima, disciplinata dalla lett. a), che ipotizza il caso che il pignoramento notificato al terzo si riferisca a crediti per cui il “diritto alla percezione è maturato anteriormente alla data della notifica”, nel qual caso si riconosce al concessionario procedente il diritto all’assegnazione immediata delle somme maturate a quella data; (ii) la seconda, disciplinata dalla lett. b), che ipotizza invece che oggetto del pignoramento siano crediti il cui titolo sia già venuto ad esistenza alla data del medesimo, ma la cui scadenza maturi successivamente, nel qual caso il concessionario ha pur sempre diritto all’assegnazione delle relative somme, ma appunto mano a mano che esse maturano. Ebbene, se si tiene conto di questa premessa, sembra al Collegio – specie se si muove dalla peculiare caratterizzazione del conto corrente bancario, e del fatto che l’ammontare del credito vantato dal cliente verso la banca in relazione al saldo, il cui titolo è appunto nel contratto, ha per definizione quale oggetto una somma variabile, dal momento che il saldo si modifica continuamente giorno per giorno in relazione alle somme che vengono progressivamente accreditate – che la lettura più corretta della disposizione, in relazione al pignoramento del saldo del conto, sia quella prospettata dall’intermediario: ossia quella che conduce a ritenere, una volta che il c.d. “atto di pignoramento amministrativo sia stato notificato, che il vincolo non riguardi in realtà la concreta giacenza esistente al momento della notifica, bensì riguardi il credito avente ad oggetto appunto il saldo positivo del conto a misura che esso si venga anche progressivamente incrementando, e naturalmente con il limite della concorrenza del credito per cui l’Amministrazione procede esecutivamente in autotutela.”
L’ABF in definitiva precisa che il pignoramento fiscale nelle forme di cui all’art. 72 bis di un rapporto bancario di conto corrente debba essere inteso senza scadenza, concludendosi soltanto nel momento (eventuale) in cui il debito fiscale sia estinto.
Sul punto è di recente intervenuto anche il Tribunale di Monza il quale con l’ordinanza n. 6038 resa il 10 dicembre 2024, ha ritenuto valevole di applicazione il principio in virtù del quale nell’espropriazione forzata presso terzi, il credito assoggettato al pignoramento dev’essere esistente al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo.
Sulla scorta di tali considerazioni ha quindi affermato che nel pignoramento esattoriale – mancando la previsione normativa che prevede un’udienza diretta a raccogliere la dichiarazione di quantità del terzo e l’emissione di un’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate – è la data in cui il terzo esegue il pagamento che rappresenta il momento dell’accertamento giudiziale del credito pignorato.
L’obbligo di custodia da parte del terzo si estende dunque anche alle somme accreditate successivamente alla data di notifica e sino al pagamento, atto che conclude la fattispecie espropriativa.
In altri termini, nell’ipotesi di pignoramento di rapporto di conto corrente l’obbligo di custodia da parte dell’istituto bancario non si limita al saldo attivo del conto alla data della notificazione dell’ordine di pagamento diretto, ma si estende anche alle somme accreditate successivamente, fino al pagamento, atto che sostituisce l’accertamento del credito e conclude la fattispecie espropriativa.
Un’ulteriore significativa questione è quella relativa alle sorti dell’atto di pignoramento art. 72 bis allo scadere dei 60 giorni.
Il nodo della questione risiede nell’inottemperanza all’ordine da parte del terzo in pendenza di opposizione proposta dal debitore verso l’atto esattivo posto in essere dall’Agente della Riscossione.
La suddetta tematica è stata affrontata da un’interessante ordinanza resa dal Tribunale di Lecce in data 22 maggio 2019 secondo la quale la scelta dell’agente della riscossione di avvalersi dello strumento esecutivo previsto dall’art. 72 bis è una decisione tacitamente alternativa a quella prevista dall’art. 543 c.p.c., non potendosi ipotizzare una prosecuzione processuale dello strumento pignoratizio, nel caso di mancato adempimento del terzo. Quindi, il richiamo contenuto nell’art. 72 co. 2 D.P.R. 602/73 ha l’esclusiva funzione di imporre all’agente della riscossione l’onere di intraprendere la procedura ordinaria in caso di infruttuoso esito della procedura semplificata.
In altri termini la procedura di pignoramento ex art. 72 bis ha natura squisitamente ed esclusivamente stragiudiziale e pertanto la mancata dichiarazione del terzo ha come conseguenza l’inefficacia dell’atto esecutivo decorsi i sessanta giorni previsti dalla norma. In tale ricostruzione, l’opposizione giudiziale, mirata ad ottenere una fase strettamente cautelare (ed una successiva di merito qualificabile come opposizione all’esecuzione ovvero agli atti esecutivi ed in applicazione dell’art. 618 c.p.c.) sembrerebbe non essere stata oggetto di previsione da parte del legislatore.
Il richiamato provvedimento del Tribunale di Lecce si fonda su alcuni principi espressi dai giudici di legittimità ed in particolare contenuti nella sentenza n. 26830 del 14 novembre 2017 di cui si riportano alcuni passaggi salienti : “L’ordine di pagamento diretto rivolto dall’agente della riscossione, ai sensi dell’art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, è un provvedimento amministrativo che, però, dà l’avvio ad un’espropriazione forzata dei crediti vantati dal debitore verso i terzi che si svolge secondo un procedimento semplificato, concepito dal legislatore come procedimento speciale interamente stragiudiziale. Qualora l’ordine di pagamento sia spontaneamente adempiuto dal terzo, i suoi effetti, sono equiparabili a quelli dell’ordinanza di assegnazione prevista – nella procedura ordinaria – dall’art. 553 cod. proc. civ. In particolare, il pagamento da parte del terzo pignorato completa la vicenda espropriativa, determinando non solo e non tanto il trasferimento del diritto di credito dal debitore esecutato all’agente della riscossione procedente, con l’estinzione del credito del terzo pignorato nei confronti dell’esecutato, quanto piuttosto l’immediato effetto satisfattivo che consegue alla riscossione delle somme dovute (Sez. 3, Sentenza n. 2857 del 13/02/2015, in motivazione). Pertanto, mentre il pignoramento presso terzi regolamentato dal codice di rito si configura come fattispecie a formazione progressiva, che inizia con la notificazione dell’atto di cui all’art. 543 cod. proc. civ. e si completa innanzi al giudice con la dichiarazione positiva di quantità ovvero con l’accertamento dell’obbligo del terzo, il procedimento speciale previsto dall’art. 72- bis del D.P.R. n. 602 del 1973 inizia con la notificazione dell’ordine di pagamento diretto e si completa con il pagamento diretto da parte del terzo. In sostanza, il pignoramento presso terzi “esattoriale” non transita mai davanti all’ufficio giudiziario, neppure per l’assegnazione delle somme, e quindi non deve essere iscritto a ruolo. Il precipitato di tali considerazioni è che l’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ. non è applicabile al pignoramento effettuato ai sensi dell’art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973: poiché il pignoramento presso terzi “esattoriale” non va iscritto a ruolo innanzi al tribunale, nessun interessato – neppure il debitore opponente – può sostituirsi, ai sensi del citato art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ., al creditore in tale incombente. L’iscrizione a ruolo del pignoramento ex 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, semplicemente, non esiste in quanto non è prevista dalla legge. Va quindi ribadito che l’opposizione agli atti esecutivi avanzata dal debitore esecutato con pignoramento dei crediti verso terzi, ai sensi dell’art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, va qualificata come opposizione proposta in pendenza di esecuzione, assoggettata, come tale, alla disciplina di cui agli artt. 617, comma 2, e 618 cod. proc. civ., con l’obbligo del giudice, dopo aver dato o negato i provvedimenti indilazionabili o la sospensione della esecuzione, di dar corso al giudizio ordinario di cognizione, sicché, ove esso manchi, è nullo il provvedimento con cui sia stata definita l’opposizione (Sez. 3, Sentenza n. 21258 del 20/10/2016, Rv. 642952).”
In definitiva non può che convenirsi sul reale peso stragiudiziale e processuale del pignoramento esattoriale il quale, in caso di mancato versamento da parte del terzo delle somme richieste, si estingue.
In conclusione, con il presente approfondimento sono state esaminate (senza alcuna pretesa di esaustività) le principali questioni che si pongono agli operatori del settore che si trovano coinvolti nell’ambito di una procedura di pignoramento esattoriale presso terzi.
Come si è visto, l’argomento analizzato è strettamente connesso con quello relativo ai doveri e agli obblighi che scaturiscono in capo al terzo pignorato, soggetto che subisce direttamente l’ordine di pagamento impartito dall’agente della riscossione.
Purtroppo le tematiche sono comunque numerose e certo la lacunosità normativa e gli scarsi interventi dottrinali e giurisprudenziali non aiutano chi si trova nel concreto a dover comprendere limiti e termini degli obblighi imposti dalla disciplina del pignoramento esattoriale presso terzi contenuta nel D.P.R. n. 602/1973.