Nel caso di commissione, con diverse azioni, di plurime violazioni della stessa disposizione, il contribuente potrà giovarsi dell’istituto del c.d. “cumulo giuridico” delle sanzioni esclusivamente qualora le predette violazioni si qualifichino come “formali” e non, di contro, nel caso di molteplici violazioni “sostanziali”.
Nel novero delle violazioni formali, può rientrare la fattispecie relativa alla c.d. “tardiva fatturazione”, come sanzionata dall’art. 6, primo comma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, dovendosene coerentemente ritenere applicabile il predetto istituto del cumulo giuridico, qualora “la condotta, pur oggettivamente lesiva per l’esercizio delle azioni di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o sul versamento del tributo”.
In questi termini si è recentemente espressa la Suprema Corte con la sentenza in epigrafe, emessa a seguito di un giudizio innescato con l’impugnazione di un atto di contestazione e irrogazione di sanzioni emesso dal competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società contribuente, rea, tra l’altro di aver tardivamente effettuato talune fatturazioni relative a cessioni di autovetture, con emissione del documento fiscale al momento dell’immatricolazione delle stesse e non a quello della loro cessione.
La menzionata società, ritenendo di poter beneficiare dell’applicazione del citato istituto del cumulo giuridico delle sanzioni, come disciplinato dall’art. 12 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, procedeva, quindi, ad impugnare l’atto dinanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale, la quale, con sentenza successivamente confermata dalla competente Commissione Tributaria Regionale, accoglieva le doglianze della contribuente relativamente al dedotto profilo sanzionatorio.
A tale doppio grado di giudizio faceva seguito l’impugnazione – da parte dell’Ufficio – della sentenza di appello dinanzi alla Corte di Cassazione, impugnazione motivata, per quanto di interesse, dalla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 12 del d.lgs. 472/1997, per l’asserita erronea applicazione – da parte della CTR – dell’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni con riferimento alle plurime violazioni rappresentate, in quanto ritenute dalla ricorrente “di natura sostanziale” attesa (a) l’alterazione delle determinazioni dell’Imposta sul Valore Aggiunto periodica e delle relative liquidazioni, (b) l’inosservanza dei termini per i versamenti periodici con conseguente “variazione della base imponibile del tributo e degli obblighi di versamento” e, infine, (c) il pregiudizio causato all’azione di controllo.
Premesso quanto sopra, nell’esaminare la questione, la Suprema Corte ha preliminarmente osservato come la sua giurisprudenza avesse, da tempo, raggruppato le fattispecie illecite in tre tipologie fondamentali (cfr. da ultimo Cass. 19 gennaio 2019, n. 901 e, in termini più lati, Cass. 12 dicembre 2020 n. 28938) suddividendole in:
- violazioni sostanziali, relative alla omessa ed infedele dichiarazione degli elementi rilevanti per la quantificazione dell’imponibile o dell’imposta, i quali, quindi, incidono sulla determinazione della base imponibile e/o sul pagamento del tributo;
- violazioni formali, che, a differenza delle prime, non incidono sulla determinazione dell’imponibile o dell’imposta e si traducono in un omesso, irregolare od incompleto adempimento del contribuente;
- violazioni meramente formali – la cui categoria è stata positivamente individuata dall’art. 5-bis D.lgs. 472/1997, introdotto dall’art. 7, comma 1, lett. a) D.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, che ha precisato e circoscritto quanto precedentemente disposto con riferimento alle violazioni non punibili dall’art. 10, comma 3, Legge 27 luglio 2000, n. 212 – le quali, (x) da un lato, non arrecano alcun pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e, (y) dall’altro, non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo. Si tratta, in altri termini, di violazioni prive di ogni offensività dei beni giuridici tutelati e, come tali, esenti da punibilità (sul tema, ex multis, cfr. Cass. 8 marzo 2013, n. 5897; Cass. 22 dicembre 2014, n. 27211; Cass. 15 luglio 2015, n. 14767; Cass. 6 ottobre 2017, n. 23352 nonché Cass. 19 gennaio 2019, n. 901).
In estrema sintesi, dunque, ad esito di una valutazione ex ante della condotta illecita, (i) se la trasgressione della disposizione determina un pregiudizio per l’imposizione (in senso ampio), la violazione può dirsi sostanziale; (ii) se manca un simile pregiudizio ma comunque ne resta incisa la possibilità dell’esercizio delle azioni o dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria, la violazione è formale; (iii) se, ancora, entrambe le condizioni sono assenti, allora la lesione della regola resta derubricata – in assenza di disposizioni specifiche che ne censurino in ogni caso la trasgressione – a mera irregolarità non punibile.
Dal punto di vista pratico – continuano i giudici di Cassazione – un criterio tendenzialmente idoneo a distinguere, sul piano normativo, le violazioni sostanziali da quelle formali, potrebbe essere individuato nella stessa sanzione delineata dal Legislatore: laddove questa sia prevista in misura proporzionale all’imposta (non dichiarata o non versata ovvero per un imponibile non dichiarato) la violazione dovrebbe qualificarsi come sostanziale e, di contro, nel caso in cui la sanzione sia fissata tra limiti minimi e massimi predefiniti la relativa violazione, generalmente, si qualificherebbe come formale.
Con particolare riferimento all’IVA – precisano i giudici ermellini – tali considerazioni si pongono come espressive del principio di proporzionalità sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in materia di sanzioni, sulla base del quale queste devono essere previste dal Legislatore in modo da non eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione del tributo (cfr. Corte di Giustizia 17 luglio 2014, C-272/13, Equoland, Corte di Giustizia 19 luglio 2012, C-263/12 Alnars Redlihs, Corte di Giustizia 8 maggio 2019, C-712/17, EN.SA S.r.l.).
Premesse le considerazioni generali richiamate sopra, la Suprema Corte ha, tuttavia, avuto modo di specificare come, in taluni casi, anche le sanzioni determinate in misura proporzionale possono riferirsi a violazioni formali; in particolare, la previsione – contenuta, peraltro, anche nell’art. 6, primo comma del D.lgs. 471/97 – secondo cui una determinata sanzione, comunque, non possa essere inferiore ad un minimo, fa sì che tale applicazione in “misura minima” sia “idonea ad includere sia l’ipotesi in cui l’imponibile non correttamente indicato sia minimo, sia quella in cui la violazione non si accompagni in concreto ad una scorretta indicazione dell’imponibile” manifestando, in quest’ultimo caso, la volontà del Legislatore di attribuirle solamente un valore formale.
In definitiva, quindi, l’approccio da utilizzare al fine di comprendere se una violazione possa dirsi formale ovvero sostanziale deve necessariamente basarsi, oltre che sull’analisi delle sanzioni riferibili alle violazioni contestate, su ragionamenti sganciati da formalismi, postulando un “riscontro in concreto sull’offensività della condotta rispetto al bene giuridico costituito dalla corretta quantificazione dell’imponibile o dell’imposta nelle sue diverse accezioni”.
In conclusione, sulla base delle ragioni suesposte, la Suprema Corte, richiamando la sua precedente sentenza 25 maggio 2014, n. 14401, ha ritenuto la pluralità delle tardive fatturazioni operate della società contribuente, seppur oggettivamente lesive per l’esercizio delle azioni di controllo, inidonee di per sé ad arrecare pregiudizio alla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo, (i) qualificandone la relativa violazione come formale, (ii) consentendo, conseguentemente, l’applicazione dell’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni e (iii) rigettando, per tali motivi ed in questi termini, il ricorso promosso dall’Ufficio, attese le generiche e non specificamente argomentate doglianze di quest’ultimo circa l’alterazione delle liquidazioni periodiche di imposta da parte della contribuente.