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Note

Polizze claims made e nullità parziale: commento alla Corte di Cassazione n. 9616 del 2023

20 Luglio 2023

Gabriele Mandelli

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Il contributo si sofferma sulla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 9616/2023 in tema di nullità parziale della clausola limitativa della retroattività nei contratti claims made. Tale pronuncia offre lo spunto per interrogarsi sulla conservazione, ai sensi dell’art. 1419 c. 1 c.c., della polizza parzialmente invalida a fronte della caducazione della sola previsione limitativa della copertura retroattiva. Lo scritto si prefigge poi di vagliare le difficoltà incontrate dall’interprete nell’individuazione della norma con cui colmare la lacuna contrattuale, ai sensi dell’art. 1419 c. 2 c.c., nell’ipotesi di assicurazione r.c. riguardante un ambito differente rispetto a quello sanitario e forense.

ABSTRACT: The paper focuses on the latest Supreme Court’s judgment No. 9616/2023 regarding the partial nullity of the clause restricting the retroactive period in claims made policies. Starting from this decision the comment discusses the preservation of the partially void insurance contract, without the provision which restricts retroactive coverage, pursuant to Article 1419 par. 1 of the Italian Civil Code and examines the issues incurred by scholars in the identification of the provision to fill the contractual gap in case of third party liability insurance concerning a field other than the medical and forensic ones pursuant to Article 1419 par. 2 of the Italian Civil Code.


Massima:

Nei contratti claims made c.d. impuri la declaratoria di nullità della clausola limitativa della retroattività ai sensi del giudizio di cui all’art. 1322 c. 1 c.c. impone di individuare ex art. 1419 c. 2 c.c. la norma imperativa con cui supplire la clausola claims made. Ove tale integrazione dia esito negativo farà seguito la nullità dell’intera polizza.

1. Il caso

La recente sentenza della Corte di Cassazione sez. III, 11 aprile 2023 n. 9616 offre interessanti spunti per approfondire il tema della nullità parziale in relazione alla vicenda delle claims made[1].

La pronuncia ha origine dalla chiamata in garanzia di una compagnia assicurativa avanzata da un professionista convenuto in giudizio per il risarcimento del danno arrecato nell’esercizio dell’attività professionale. L’impresa di assicurazione si opponeva alla richiesta di attivazione della garanzia eccependo la riferibilità dei fatti oggetto del giudizio a un periodo anteriore rispetto all’area garantita dal contratto claims made in virtù di una clausola limitativa della retroattività ai soli sinistri avvenuti nei due anni antecedenti alla sottoscrizione della polizza.

In primo grado il Tribunale di Milano con sentenza 6 maggio 2019 n. 4297[2], accertata la responsabilità del professionista, accoglieva, a seguito di dichiarazione di nullità parziale della polizza nella parte in cui limitava l’area garantita precludendo così l’operatività della rivalsa, la domanda di garanzia con condanna della compagnia assicurativa a manlevare l’assicurato.

La compagnia assicurativa proponeva appello[3] lamentando l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha dichiarato la nullità della clausola limitativa della retroattività a soli due anni.

Interpellata, la Corte di Appello confermava la valutazione compiuta dal giudice di prime cure secondo il quale il limite di operatività della garanzia ai soli fatti occorsi entro i due anni precedenti dalla stipulazione del contratto assicurativo era inconciliabile con il rischio che la polizza professionale mirava ad assicurare con conseguente inadeguatezza dell’assetto negoziale a realizzare la causa concreta[4] del contratto assicurativo.

I giudici di secondo grado confermavano quindi la declaratoria di nullità parziale con conseguente operatività della polizza. La soluzione offerta dal Tribunale veniva così implicitamente avallata nella parte in cui si affermava la sostituzione della previsione limitativa della copertura retroattiva ai soli sinistri avvenuti nei due anni precedenti con l’estensione della copertura a tutti i sinistri verificatisi nei dieci anni antecedenti alla richiesta risarcitoria.

Veniva dunque adita dall’impresa di assicurazione la Corte di Cassazione[5] lamentando da un lato la mancata indicazione nella sentenza di appello delle norme imperative applicabili ai sensi dell’art. 1419 c. 2 c.c. e dall’altro la qualificazione della clausola come non essenziale con conseguente integrazione della lacuna contrattuale per il tramite di norme non imperative.

Così chiamati a pronunciarsi i giudici di legittimità hanno dapprima confermato la correttezza della verifica compiuta dalla Corte di Appello in materia di rispondenza della conformazione del tipo della clausola de qua ai limiti imposti dalla legge ai sensi dell’art. 1322 c. 1 c.c. per il tramite della quale era stata constatata l’inadeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito[6].

Ciò nondimeno, la Corte rilevava una carenza nella decisione del collegio d’appello che non avrebbe compiuto il doveroso susseguente accertamento inerente all’esame delle conseguenze derivanti dalla declaratoria di nullità della clausola.

Infatti, dalla circostanza che la nullità non ha investito l’intero contratto assicurativo i giudici di legittimità paiono aver inferito l’applicazione dell’art. 1419 c. 2 c.c. ad opera dei giudici di merito; sennonché tale disposizione mal si concilierebbe con il generico richiamo fatto in sede di sostituzione della clausola con la regola della prescrizione decennale. L’art. 1419 c. 2 c.c. richiederebbe ai fini dell’integrazione cogente del contratto norme che regolino imperativamente il contenuto negoziale. Tale elemento sarebbe carente nelle norme sulla prescrizione non aventi ad oggetto la costituzione dei diritti con conseguente inidoneità delle stesse a supplire alla lacuna contrattuale. Pertanto, non essendo la disciplina della prescrizione ordinaria adatta ad integrare in maniera cogente il contenuto negoziale e non essendo stato compiuto dal giudice di secondo grado un richiamo esplicito ad alcuna disposizione idonea ad integrare il contratto, la Terza Sezione rileva come non sarebbe stata individuata correttamente la norma imperativa volta ad integrare la polizza assicurativa ai sensi dell’art. 1419 c. 2 c.c.

Con la conseguenza che i giudici di appello avrebbero violato “la norma che regola la nullità parziale, consentendo di sostituire ex lege l’illegittima volontà delle parti, con effetto conservativo del resto[7]. Alla luce di tale ragionamento, la sentenza viene cassata e viene demandato alla Corte di Appello in diversa composizione di procedere alla individuazione della norma imperativa ex art. 1419 c. 2 c.c. e ove ciò non dovesse avvenire dichiarare la nullità dell’intero contratto.

2. La questione

Con questa pronuncia, la Terza sezione della Corte di Cassazione torna ad affrontare[8] il controverso tema delle clausole claims made soffermandosi sulle conseguenze della declaratoria di nullità parziale sull’assetto contrattuale pattuito dalle parti.

Al riguardo, non può sottovalutarsi l’importanza[9] della decisione che mette propriamente in luce le difficoltà che incontra l’interprete nell’applicazione delle regole della nullità parziale al caso delle polizze “a richiesta fatta”.

Più nel dettaglio, la Cassazione a Sezioni Unite nel 2018[10] ha stabilito che le clausole claims madesoggiacciono al controllo del rispetto dei limiti imposti dalla legge sancito dall’art. 1322 c. 1 c.c.[11] e ove tale controllo, compiuto per il tramite della causa concreta, dia esito negativo, la conseguenza sarà la “nullità, anche parziale, del contratto per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le congruenti indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti”[12].

Nel caso in esame la Suprema Corte, una volta constatata la correttezza nell’applicazione della verifica dei limiti imposti dalla legge ex art. 1322 c. 1 c.c., si sofferma sugli esiti della declaratoria di nullità il cui esito incide sulla validità dell’intero regolamento contrattuale. Nel farlo, osserva come i giudici di secondo grado si siano limitati ad una mera adesione alla valutazione compiuta dal giudice di prime cure confermando la nullità parziale della clausola in esame, con la conseguente operatività della polizza[13] senza procedere ad alcun tipo di indicazione espressa circa il contenuto del regolamento contrattuale così determinato a seguito della nullità.

Al fine di comprendere le sintetiche motivazioni contenute nella sentenza di appello i giudici ritengono opportuno soffermarsi sul richiamo fatto al provvedimento del Tribunale di Milano, per come riportato nella stessa, laddove si rileva che secondo il giudice di primo grado, dato il mancato superamento del vaglio di adeguatezza del regolamento negoziale alla realizzazione della causa concreta, “doveva essere dichiarata la nullità parziale, laddove limitava la garanzia ai sinistri avvenuti nel termine ordinario decennale di prescrizione ma comunque nei due anni antecedenti, e la sua sostituzione con la previsione di estensione della copertura a sinistri verificatisi nei dieci anni antecedenti alla richiesta risarcitoria”[14].

Da tale constatazione, la Corte di Cassazione fa discendere che il richiamo dell’organo giudicante di secondo grado alla “conseguente operatività della polizza” debba essere inteso “nel senso che tutto viene riversato nel limite prescrizionale ordinario, sostituendo la clausola claims made con la regola della prescrizione decennale”[15].

Lo strumento giuridico utilizzato dalla corte territoriale per compiere tale operazione è individuato dalla Suprema Corte nell’art. 1419 c. 2 c.c. Tuttavia, l’utilizzo di tale strumento, per come applicato dai giudici territoriali, viene censurato dalla Cassazione. Si lamenta come non sia stata individuata la norma imperativa applicabile nel caso concreto, e che tale norma non può essere rinvenuta nelle disposizioni in materia di prescrizione giacché l’art. 1419 cpv c.c. si riferisce a norme che regolano “imperativamente il contenuto negoziale” presidiando i limiti all’autonomia negoziale.

Alla luce di ciò la Corte di Cassazione cassa con rinvio offrendo una alternativa secca alla corte territoriale: l’individuazione di una norma protesi ex art. 1419 c. 2 c.c. o la nullità totale del contratto.

3. La clausola nulla e l’art. 1419 c. 1 c.c.

In dottrina[16] ed in giurisprudenza[17] si è andata delineando una differenziazione in tema di polizze assicurative “a richiesta fatta” tra claims made c.d. pure e clausole claims made c.d. impure o miste. Con le prime ci si riferisce ai contratti assicurativi contenenti previsioni in forza delle quali l’impresa di assicurazione è tenuta a garantire l’assicurato per le richieste risarcitorie pervenute nel periodo di efficacia della polizza senza che assuma alcuna rilevanza la data di commissione dell’illecito. Al contrario, con le seconde si indicano le polizze che prevedono che la garanzia offerta sia subordinata alla circostanza che sia l’illecito che la richiesta di risarcimento intervengano durante la vigenza della polizza. Talvolta, all’interno delle clausole claims madec.d. impure le parti prevedono una clausola di retroattività, generalmente fino a tre anni, garantendo così l’operatività della polizza anche per le richieste di indennizzo relative ad accadimenti verificatisi in tale periodo retroattivamente garantito ma la cui richiesta di risarcimento è pervenuta in vigenza della polizza[18].

Emerge allora in quest’ultimo caso come la previsione claims made risulti combinata con una previsione loss occurrance o act committed[19].

Alla luce di tale categorizzazione[20] la polizza stipulata tra l’impresa ed il commercialista, oggetto della pronuncia in commento, appare potersi inquadrare all’interno delle polizze claims made impure con previsione di retroattività biennale[21].

Tuttavia, l’esito del giudizio di valutazione della causa concreta compiuto dalla corte territoriale[22] ha visto la caducazione della clausola limitativa della garanzia a un dato periodo pregresso riconducendo così la polizza implicitamente all’interno del novero delle claims made c.d. pure[23].

Infatti, sembrerebbe cogliersi dalle parole della Corte di Appello che oggetto di caducazione a seguito di giudizio sulla causa in concreto non sia l’intera previsione claims made; bensì esclusivamente la clausola con cui era stato definito il limite di operatività del meccanismo di retroattività ai soli due anni precedenti[24].

Pertanto, oggetto del giudizio di disvalore e affetta da nullità risulterebbe unicamente la pattuizione loss occurance o act committed per come combinata nella polizza[25].

Cogliendo lo spunto offerto dai giudici territoriali – per come riportato nella sentenza in commento – è opportuno interrogarsi sulle conseguenze di tale dichiarazione di nullità effettuando una indagine volta ad appurare se l’eventuale conservazione del contratto parzialmente invalido ai sensi dell’art. 1419 c.c. sia applicabile o meno in caso di nullità della clausola limitativa del periodo garantito[26].La suddetta previsione[27], disciplinante la ipotesi di nullità parziale, si compone di due commi il cui tratto unitario[28]risiederebbe nella circostanza che, laddove singole clausole del contratto siano nulle, l’invalidità non si propaga all’intero regolamento contrattuali se le parti avessero concluso il negozio giuridico anche senza quelle disposizioni e, in ogni caso, se le clausole siano sostituite di diritto dalla legge[29].

In particolare, con riguardo all’art. 1419 c. 1 c.c. si è rilevato come lo stesso costituisse la sintesi tra le esigenze di conservazione del contratto e la tutela della volontà dei contraenti[30].

Infatti, nella disposizione è presente la previsione del mantenimento del regolamento negoziale, espressione del principio utile per inutile non vitiatur[31], ma altrettanto rilevante è la constatazione che è necessario esaminare gli interessi che i contraenti avevano di mira poiché la validità del contratto così depurato non può andare a nocumento dell’autonomia delle parti[32].

Differente è la logica del capoverso dell’art. 1419 c.c. il quale prescinde dalla circostanza che le parti avrebbero o meno stipulato il contratto essendo sufficiente ai fini della validità del negozio che le clausole nulle vengano sostituite di diritto da norme imperative. Emerge dunque come il contratto viene mantenuto autoritativamente e la compressione dell’autonomia privata sia giustificabile esclusivamente dinnanzi ad un interesse superindividuale[33]. Si realizzerebbe così una integrazione cogente del contenuto contrattuale sebbene sia discusso se tale meccanismo, volto a colmare la lacuna negoziale, possa realizzarsi per il tramite delle sole norme imperative o viceversa sia ammissibile, in presenza di determinate circostanze, anche il richiamo a norme dispositive[34].

Soffermandoci sul comma 1, si osserva come le condivisibili ragioni ostative ad un utilizzo soddisfacente di tale norma nel caso di polizze “a richiesta fatta” sembrano muovere dal presupposto che il giudizio di invalidità investa la clausola claims made propriamente detta ovvero la previsione secondo cui “la garanzia assicurativa vale solo per le richieste di risarcimento inviate per la prima volta all’assicurato entro il periodo di efficacia della polizza”[35], con conseguente estensione della nullità della clausola claims made all’intero contratto assicurativo[36].

Infatti, il giudizio di conservazione di cui all’art. 1419 c. 1 c.c. richiede da un lato che la nullità riguardi una parte del negozio, non incidendo sull’intero regolamento contrattuale; e dall’altro che, nonostante la clausola invalida, i contraenti avrebbero comunque concluso il contratto[37]. Invero, le ragioni ostative sopra illustrate muovendo dalla constatazione che la nullità della clausola claims made globalmente intesa mini la struttura stessa della polizza si fermano al primo profilo illustrato.

Tuttavia, tali circostanze non occorrono nel caso in esame giacché la declaratoria di nullità concerne esclusivamente l’estensione temporale della retroattività. Pertanto, il giudizio di cui all’art. 1419 c. 1 c.c. non porterà necessariamente alla declaratoria di nullità totale del contratto assicurativo, bensì occorrerà verificare “se i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità”.

Accogliendo l’ormai prevalente indirizzo che postula l’utilizzo di criteri obiettivi[38] va osservato che ai fini della circoscrizione della nullità ad una parte del regolamento negoziale si rende necessario constatare la “perdurante utilità del contratto rispetto agli interessi con esso perseguiti”[39].

Proprio la previsione di una limitazione alla garanzia offerta dalla assicurazione determina, alla luce del giudizio di adeguatezza per il tramite della causa concreta, “buchi di copertura” rendendo inidoneo il contratto assicurativo a tenere indenne l’assicurato. Diversamente la polizza, espunta tale previsione, risulterebbe adeguata a perseguire lo scopo dei contraenti mantenendo una propria utilità[40]. Tale constatazione può essere ritenuta implicitamente avallata dalla corte territoriale laddove la stessa ha ritenuto il regolamento contrattuale in grado di dispiegare i propri effetti anche senza previsione del limite di retroattività della clausola. Tant’è che i giudici hanno richiamato l’operatività della disciplina della prescrizione ordinaria sebbene menzionino impropriamente il meccanismo della sostituzione[41].

Alla luce di ciò, possono richiamarsi le osservazioni di quella parte della dottrina che, con riferimento all’art. 1419 c. 1 c.c., metteva in luce la necessità di “una valutazione di compatibilità della modifica del contratto con la causa concreta di esso, dovendosi in definitiva accertare se la modifica abbia o no importanza determinante tenuto conto dell’interesse delle parti”[42].

Dunque, un accertamento volto a saggiare se il contratto di assicurazione mantenga la propria perdurante utilità che dovrà necessariamente condursi contestualmente alla verifica dell’adeguatezza della polizza “a richiesta fatta” nell’ipotesi in cui venga espunta una previsione inadeguata.

4. L’art. 1419 c. 2 c.c. alla luce della Cassazione a Sezioni Unite del 2018

Occorre ora confrontarsi con la soluzione fatta propria dalla Corte di Cassazione la quale prescrive al giudice di secondo grado l’individuazione della norma imperativa “con cui supplire la clausola concreta di claims madepresente nella polizza” ai sensi dell’art. 1419 c. 2 c.c. e, ove tale norma non sussistesse, la declaratoria di nullità totale. Viene così considerata implicitamente l’intera disposizione claims made per come combinata con la previsione loss occurence ed estesa quindi la ricerca della norma con cui supplire la lacuna negoziale all’intera clausola claims made.

Tale secca alternativa[43] sembrerebbe risentire dell’impostazione data al rimedio caducatorio dalle Sezioni Unite in cui il richiamo all’art. 1419 cpv c.c. viene effettuato allo scopo di integrare lo statuto negoziale ed evitare il rischio che l’intero contratto venga dichiarato nullo ai sensi dell’art. 1419 c. 1 c.c.[44]. Si è voluto cioè sottrarre le polizze “a richiesta fatta” dalla valutazione della tenuta del contratto a seguito di nullità della clausola percorrendo invece “la strada in apparenza più agevole e sicura, quella dettata dall’art. 1419 comma 2°, cod. civ., che consente la conservazione mediante sostituzione con la disciplina legale”[45].

In particolare, in ossequio al dettato delle Sezioni Unite del 2018, l’art. 1419 c. 2 c.c. potrebbe trovare applicazione nell’ipotesi in cui la polizza assicurativa “a richiesta fatta” sia stata stipulata in violazione delle norme speciali che la disciplinano[46]: ci si riferisce alle previsioni individuate dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 in ambito sanitario, dal D.L. 13 agosto 2011 n. 138 art. 3 lett. e), come modificato con la legge 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 26, in materia di responsabilità professionale e dal D.M. 22 settembre 2016 all’art 2, riguardante gli avvocati.

È chiaro come ciò presupponga il carattere imperativo della disciplina legale e l’impossibilità di una deroga in pejus[47]. Questa ipotesi, applicabile nel caso di assicurazioni il cui contenuto sia in qualche misura individuato dal legislatore, non pare appagante nell’ipotesi in esame dato che il D.L. 13 agosto 2011 n. 138 art. 3 lett. e) in tema di responsabilità professionale, si limita a disporre circa l’ultrattività dell’assicurazione e al contempo è discusso se possa affermarsi la natura imperativa della previsione[48].

Pertanto, non pare riscontrabile alcun contrasto tra la disciplina legale e la previsione contenuta nella polizza in oggetto.

Tuttavia, come visto, l’indagine demandata al giudice non riguarda solo il contrasto con norme imperative, investendo anche l’adeguatezza della polizza assicurativa alla luce della causa in concreto. È proprio nell’eventualità in cui vi sia la nullità parziale del contratto per difetto di causa in concreto che sorgono i maggiori problemi in relazione all’applicazione dell’art. 1419 c. 2 c.c. con conseguente conformazione secondo le indicazioni di legge o secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti[49].

Dunque, appurata l’insoddisfazione derivante dalla ricerca all’interno delle disposizioni in materia di responsabilità professionale ex D.L. 138/2011 si dovrebbe volgere lo sguardo al “frammento o una combinazione di frammenti importati dalla legislazione di settore che presenta varie epifanie”[50] della assicurazione claims made al fine di integrare il contenuto contrattuale.

Sennonché, anche tale operazione reca con sé degli inconvenienti[51] dato che i modelli claims made in materia di responsabilità sanitaria e di responsabilità derivante dall’esercizio della professione forense presentano disposizioni non coordinate tra loro e ciò si appalesa anche nella disciplina della retroattività laddove in ambito sanitario il legislatore ha previsto la retroattività decennale a seguito di denuncia e in ambito forense una retroattività illimitata[52].

In aggiunta a tali perplessità pratiche, anche l’analisi sistematica offre incertezze poiché si è osservato come l’applicazione dell’art. 1419 c. 2 c.c., nel caso in esame, non opererebbe automaticamente richiedendosi l’applicazione analogica di principi mutuati da disposizioni disciplinanti polizze assicurative afferenti ad ambiti differenti[53] e della cui natura cogente si dubita[54].

Controverso sarebbe poi il richiamo all’art. 1917 c. 1 c.c. il quale sarebbe in aperto contrasto con quanto disposto dalle Sezioni Unite del 2018 laddove è stato escluso che la norma con cui colmare la lacuna negoziale possa essere così individuata realizzando una sostituzione del modello claims made con il modello loss occurrence[55], come confermato dalla stessa Terza Sezione nel 2021[56].

Si comprende dunque come il compito di individuazione della norma integrativa, demandato ai giudici di rinvio appare arduo data la perentorietà del decisum della Corte di Cassazione; il quale non lascia alternative alla nullità totale laddove non dovesse essere individuata la norma imperativa con cui colmare la lacuna nel contenuto della polizza. Sembra dunque concretizzarsi il timore di chi evidenziava il pericolo che l’indagine demandata al giudice si risolvesse nella mera ricerca della clausola che consenta alle parti di “vincere il giudizio”[57].

Inoltre, è presente il rischio che il giudizio di rinvio, ove non venisse pronunciata la declaratoria di invalidità totale del contratto di assicurazione, si presti ad operazioni di “taglia e incolla”[58] già censurate dalla dottrina con conseguente esplicazione del potere di riscrittura e manipolazione contrattuale da parte del giudice e sovversione dell’autonomia privata.

 

[1] Si può brevemente ricordare come con l’espressione claims made (a richiesta fatta) si faccia riferimento al modello di contratto di assicurazione che richiede, ai fini dell’operatività della garanzia, che la richiesta di risarcimento del danno pervenga nel periodo di vigenza della polizza. Si comprende la peculiarità rispetto al modello codicistico di cui all’art. 1917 c. 1 c.c. secondo il quale “’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto”. Cfr. ex multis F. Ceserani, Origine e sviluppi della clausola claims made nei mercati internazionali, Dir. ed econ. ass., 2007, 799 ss.; N. De Luca, Act committed, loss occurrence e claims made nelle assicurazioni dei rischi professionali. Anche la Cassazione è giudice monocratico?, Banca borsa tit. cred., 2015, 721 ss.; M. Hazan, Sezioni Unite e clausola claims made – La singolare vicenda della claims made, prima e dopo le Sezioni Unite (“Piacer figlio d’affanno; Gioia vana…”), Danno resp., 2016, 929 ss.; F. Delfini, Clausole claims made e determinazione unilaterale dell’oggetto nel b2b: l’equilibrio giuridico del contratto negli obiter dicta della cassazione, NLCC, 2016, 545 ss.; F. Delfini, Controllo di meritevolezza ex art. 1322 c.c. e clausole claims made nella assicurazione r.c. professionale (d.m. giustizia 22 settembre 2016), NLCC, 2017, 893; F. Delfini, Le Sezioni unite nuovamente sollecitate a pronunciarsi sulle clausole claims made, Giur. it., 2018, 559 ss.; F. Delfini, Le Sezioni Unite e le claims made: l’ultima sentenza e la “Big Picture”, Giur. it., 2019, 27 ss.; F. Delfini, Il controllo sulle polizze claims made tra primo e secondo comma dell’art. 1322 c.c., NLCC, 2021, 371 ss.; V. Bachelet, il fine giustifica i mezzi? polizze claims made tra «primo», «secondo» e «terzo» contratto, Eur. dir. priv., 2018, 525 ss.; V. Bachelet, “No contract is an island”: nuovi spunti in tema di claims made (attendendo le Sezioni Unite), Contratti, 2018, 264 ss.; V. Bachelet, Il “contributo di riflessione” dell’ordinanza che rimette la questione sulla validità delle claims made alle Sezioni Unite, in I nuovi orientamenti della Cassazione civile, a cura di C. Granelli, Milano 2018, 469 ss.; V. Bachelet, L’affermarsi della responsabilità precontrattuale da contratto assicurativo inadeguato (e di altri rimedi meno adeguati), Annuario del contratto 2018, diretto da A. D’Angelo-V. Roppo, Torino, 2019, 155 ss.

[2] Trib. Milano, 6 maggio 2019, n. 4297, inedita; la ricostruzione dei fatti di causa si evincerà dai riferimenti contenuti nelle pronunce dei giudici di secondo e terzo grado.

[3] App. Milano sez. II, 1° dicembre 2020, n. 3147, in DeJure.

[4] Senza pretese di completezza, si rimanda a: G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, 355; U. Breccia, Causa, in Bessone (dir.), Trattato di diritto privato, XIII, Il contratto in generale, III, Torino, 1999, 55; F. Delfini, Causa ed autonomia privata nella giurisprudenza di legittimità e di merito: dai contratti di viaggio ai derivati sul rischio di credito, NLCC, 2013, 1355 ss.; C.M. Bianca, Il contratto, Diritto civile, III, Milano, 2019, 410 ss.; C.M. Bianca, Causa concreta e diritto effettivo, in Riv. dir. civ., 2014, 251 ss.; V. Roppo, Il contratto, Tratt. dir. priv. a cura di G. Iudica e P. Zatti, II, Milano, 2011, 341 ss.; V. Roppo, Causa concreta: una storia di successo? Dialogo (non reticente, né compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito, Riv. dir. civ., 2013, 957 ss.; E. Navarretta, Causa e giustizia contrattuale a confronto: prospettive di riforma, Riv. dir. civ., 2006, 411 ss.; V. Rolli, Il rilancio della causa del contratto: la causa concreta, in Contratto e impr., 2007, 416 ss.; A.M. Garofalo, La causa del contratto tra meritevolezza degli interessi ed equilibrio dello scambio, Riv. dir. civ., 2012, 573; A.M. Garofalo, La causa: una “storia di successo?” (a proposito delle opere di Vincenzo Roppo sulla causa del contratto), Jus civile, 2018, 2, 163 ss.

[5] Cass. civ. sez. III, 11 aprile 2023, n. 9616, in DeJure.

[6] App. Milano sez. II, n. 3147/2020 “l criterio da seguire nell’interpretazione del contratto assicurativo con claims made consiste nel valutare l’adeguatezza del negozio allo scopo pratico perseguito dai contraenti, non solo nei modelli contrattuali relativi alla responsabilità medica o professionale, ma anche in quelli che postulano la copertura dai rischi per danni caratterizzati da lungolatenza. Nel caso in esame, il rischio che il contratto mirava ad assicurare riguarda la responsabilità professionale per l’attività di commercialista svolta dal La., che, attesi i tempi di accertamento e contestazione da parte dell’.Er., usualmente è caratterizzata da un ampio intervallo temporale, nell’ordine di diversi anni, tra la condotta negligente, ed il danno derivatone. Un[a] polizza che limiti a soli due anni la retroattività della condotta causativa del danno da parte del professionista è del tutto inadeguata allo scopo prativo che viene perseguito con la stipulazione del contratto di assicurazione, ed impedisce al negozio di realizzare il suo scopo tipico. La riprova di ciò si ricava dall’osservazione secondo cui la pattuizione di una siffatta clausola non avrebbe permesso al professionista di fruire una copertura assicurativa neppure nel caso in cui questi avesse stipulato anno per anno, senza soluzione di continuità, polizze contenenti la detta clausola di retroattività biennale”.

[7] Cass. civ. sez. III n. 9616/2023 punto 5.1.3.

[8] Si segnala come è stata proprio la Terza Sezione con ordinanza a sollecitare una nuova pronuncia delle Sezioni Unite nel 2018: Cass. civ. sez. III, 19 gennaio 2018, n. 1465 pubblicata in varie riviste, tra cui, Giur. it., 2018, 559 ss., con nota di F. Delfini, Le Sezioni unite nuovamente sollecitate a pronunciarsi sulle clausole claims made; Corr. giur., 2018, 459 ss. con nota di F. A. Magni, Contratto di assicurazione claims made: una storia senza fine?; Giur. Comm., 2018, 490 s., con nota di R. Mugavero, Ancora dubbi di legittimità sulle clausole claims made: la parola di nuovo alle Sezioni Unite; Ass., 2017, 205 ss., con nota di G. Volpe Putzolu, La clausola claims made nuovamente alle Sezioni Unite; Resp. Civ. prev., 2018, 901 ss., con note di P. Corrias, Sinistro, danno e rischio nell’assicurazione della responsabilità civile, e G. Miotto, Anche per le claims made «gli esami non finiscono mai »…; NGCC, 2018, 812 ss., con nota G. Facci, Verso un nuovo intervento delle Sezioni Unite sulle claims made?; Danno e resp., 2016, 929 ss., con nota di M. Gazzara, La meritevolezza della clausola claims made al vaglio delle Sezioni unite.

[9] Come sottolineato dalla circostanza che per il tramite di ordinanza interlocutoria la Corte di Cassazione ha disposto la trattazione mediante contraddittorio orale con il coinvolgimento del procuratore generale: Cass. Civile sez. III, 24 ottobre 2022, n. 31358, in DeJure.

[10] Cass. civ. sez. un., 24/09/2018, n. 22437, pubblicata in numerosissime riviste tra cui Giur. it., 2019, 27 ss., con nota di F. Delfini, Le Sezioni Unite e le claims made: l’ultima sentenza e la “Big Picture”; Foro It., 2018, II, 3511 ss., con note di A. Palmieri-R. Pardolesi, Claims made nel post-diritto; di Al. Candian, Ultima tappa (per ora) nella saga delle claims made e di B. Tassone, Le clausole claims made di nuovo al vaglio delle sezioni unite: tanti punti oscuri e due proposte; Banca borsa tit. cred., 2019, 121 ss., con note di M. Campobasso, Evoluzioni e rivoluzioni nella giurisprudenza in tema di assicurazioni claims made; e di P. Corrias, La sentenza a sezioni unite del 24 settembre 2018 n. 22437. Più luci che ombre; Danno e resp., 6, 2018, 675 ss., con nota di R. Fornasari, La clausola claims made nuovamente al vaglio delle Sezioni Unite: dalla meritevolezza alla causa concreta.

[11] F. Delfini, Norme dispositive e determinazione del contenuto del contratto, in Contratto e Contract. Predisposizione del contenuto e autonomia privata, di F. Delfini, Torino, 2021, 245, osserva, richiamando la norma ad un ruolo applicativo concreto, come tale disposizione fosse intesa dalla dottrina tradizionale come una norma di sistema non dotata di una concreta portata precettiva; si veda anche G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, 125 ss.; R. Scognamiglio, Contratti in generale, in Comm. Scialoja-Branca, 1970, 36 ss.; G. Mirabelli, Dei contratti in generale, 1980, 36 ss.; U. Breccia, sub. Art. 1322, in Dei contratti in generale, E. Navarretta A. Orestano (a cura di), Dei contratti in generale. Artt. 1321-1349 in E. Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, 2011, 12 ss.; F. Piraino, Meritevolezza degli interessi, in Enc. dir. I tematici, I, Contratto, 2021, 667 ss.

[12] Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018 punto 21. Criterio dell’adeguatezza (art. 183, c. 2, D.L.gs. n. 209/2005) che secondo M. D’Auria, Polizze claims made: ascesa e declino della clausola generale di meritevolezza?, Corr. giur., 2019, consentirebbe la verifica circa il soddisfacimento delle esigenze dei contraenti; V. Bachelet, Il “contributo di riflessione” dell’ordinanza che rimette la questione sulla validità delle claims made alle Sezioni Unite, in I nuovi orientamenti della Cassazione civile, a cura di C. Granelli, Milano 2018, 487, mette in luce l’obbligo per l’intermediario di proporre un prodotto assicurativo adeguato alle esigente del contraente.

[13] App. Milano sez. II n. 3147/2020 afferma: “Nel caso in esame, deve pertanto condividersi la valutazione compiuta dal primo giudice e confermarsi la declaratoria di nullità parziale della clausola in esame, con al conseguente operatività della polizza”.

[14] App. Milano sez. II n. 3147/2020.

[15] Cass. civ. sez. III n. 9616/2023 punto 5.1.2.

[16] Viene dato atto di tale distinzione ex multis da A. Candian, La giurisprudenza e le sorti delle clausole claims made, Riv. dir. civ., 2018, 698; F. Piraino, Critica della causa al servizio dell’adeguatezza in concreto del contratto. Il caso dell’assicurazione della responsabilità civile con copertura claims made, Eur. dir. priv., 2019, 1045 ss.; M. Mazzola, La copertura assicurativa claims made: origine, circolazione del modello e sviluppi normativi, Eur. dir. priv., 2017, 1012 ss.; R. Calvo, Clausole claims made fra meritevolezza e abuso secondo le Sezioni Unite, Corr. giur., 2016, 929; A. Vicari, Polizze claims made, riserve tecniche, rischio operativo e trasparenza contrattuale, Giur. comm.,2018, 301 ss.

[17] Proprio la Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018 afferma al punto 9 come sia possibile individuare nella prassi due categorie: “claims “pura” (siccome imperniata sulle richieste risarcitorie inoltrate nel periodo di efficacia della polizza, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito) e della claims “impura” (o mista: poiché operante là dove tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano nel periodo di efficacia del contratto, con possibile retrodatazione della garanzia alle condotte poste in essere anteriormente)”, affrettandosi poi a limitare la rilevanza di tale distinzione in quanto “frutto di convenzionale semplificazione”.

[18] V. Bachelet, il fine giustifica i mezzi? polizze claims made tra «primo», «secondo» e «terzo» contratto, Eur. dir. priv., 2018, 525 ss., distingue ulteriormente all’interno delle claims made impure tra “le claims made impure “relative”, che limitano la copertura ai danni denunciati in costanza del rapporto, a condizione che si tratti di pregiudizi causalmente riconducibili a fatti occorsi in un certo periodo precedente la stipula, di solito non superiore a 2 o 3 anni, da un lato; le claims made impure “assolute”, in forza delle quali la copertura assicurativa opera purché nel tempo del contratto si collochi sia il claim sia la condotta, dall’altro”.

[19] C. Menichino, La clausola claims made nel contratto di assicurazione, in Clausole a rischio di nullità, a cura di G. De Nova, Padova, 2009, 8; U. Carnevali, La clausola claims made nella sentenza delle Sezioni Unite, Contratti, 2016, 759, parla di contaminazione tra claims made e loss occurance; A. Candian, La giurisprudenza e le sorti delle clausole claims made, Riv. dir. civ., 2018, 3, 701; F. Piraino, Critica della causa al servizio dell’adeguatezza in concreto del contratto. Il caso dell’assicurazione della responsabilità civile con copertura claims made, Eur. dir. priv., 2019, 1046; B. Tassone, Esclusione della vessatorietà di clausole claims made e act committed fra loro coordinate, Resp. civ., 2012, 689 ss.

[20] Constata la eccessiva semplificazione della distinzione tra claims made pura e impura G. Facci, Le Sezioni Unite e le claims made: ultimo atto?, Corr. giur., 2019, 38.

[21] U. Carnevali, La clausola claims made nella sentenza delle Sezioni Unite, Contratti, 2016, 759, nt. 3 riporta il contenuto di una clausola impura in materia di responsabilità professionale “L’assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’Assicurato nel corso del periodo di efficacia dell’assicurazione a condizione che tali richieste siano conseguenti a comportamenti colposi posti in essere non oltre … anni prima della data di effetto dell’assicurazione”; similarmente C. Menichino, La clausola claims made nel contratto di assicurazione, in Clausole a rischio di nullità, a cura di G. De Nova, Padova, 2009, 8.

[22] M. D’Auria, La “riscrittura” giudiziale dei contratti. Il caso delle claims made, Corr. giur., 2021, 780 ss. evidenza come il giudizio di cui all’art. 1322 c. 1 c.c. riguardi anche clausole differenti, pertanto “la scure del giudice non cade solo la clausola recante le condizioni di attivazione della polizza “claims made” siccome nulla quanto piuttosto una combinazione di clausole: la claims made, certo, ma insieme a quella attinente alla durata – annuale nel caso di specie – della copertura assicurativa, quella della disciplina avente oggetto la denuncia nel periodo di ultrattività, del recesso ad nutum in favore della compagnia assicuratrice esercitabile anche dopo la prima denuncia di sinistro”.

[23] Ammette la caducazione della clausola loss occurrence o act committed con conseguente mantenimento della clausola claims made pura ai sensi dell’art. 1419 c. 1 c.c.: C. Menichino, La clausola claims made nel contratto di assicurazione, in Clausole a rischio di nullità, a cura di G. De Nova, Padova, 2009, 8; sebbene muovendo da circostanze notevolmente differenti in tema di difetto di informativa: A. M. Garofalo, L’immeritevolezza nell’assicurazione claims made, NGCC, 2019, 76, ammette la possibilità nell’ipotesi di l’assicurato non informato del limite di retroattività della polizza che l’assetto di interessi si conformi al regime c.d. puro.

[24] Così sembrerebbe doversi interpretare la conferma da parte della Corte di Appello della declaratoria di nullità parziale della clausola limitativa letta in combinato con la descrizione del fatto compiuta dal giudice di secondo grado in cui viene dato atto che “Il primo giudice, richiamati i principi espressi dalle Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018, riteneva che il limite di retrodatazione della garanzia fosse inconciliabile con il tipo di responsabilità professionale assicurata, e che la clausola non superasse il vaglio di adeguatezza dell’.assetto negoziale nella realizzazione della concreta causa del contratto assicurativo, ragione per la quale doveva esserne dichiarata la nullità parziale, laddove limitava la garanzia ai sinistri avvenuti nel termine ordinario decennale di prescrizione ma comunque nei due anni antecedenti, e la sua sostituzione con la previsione di estensione della copertura a sinistri verificatisi nei dieci anni antecedenti alla richiesta risarcitoria”.

[25] La Corte Territoriale sembra dunque accogliere una nozione sostanziale di clausola precetto. Sul punto A. D’Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto Padova, 2008, 33 ss., osserva come nell’eventualità in cui una prestazione sia individuata da due precetti negoziali convergenti nel disciplinare il regolamento, ai fini dell’applicazione dell’art. 1419 c.c., converrebbe “limitare la nullità alle sole disposizioni precettive effettivamente in contrasto con norme imperative, costituiscano esse, o meno, una pattuizione più complessa” con eventuale estensione della nullità ai precetti collegati nel caso in cui ex art. 1419 c. 1 c.c. il contratto non sarebbe stato concluso senza quella parte; R. Sacco, Nullità e annullabilità (diritto civile), in Nov. Dig. It., vol. XI, Torino 1982, 455 ss., rileva come “La giurisprudenza ha operato una pedante distinzione fra la mera disposizione, e la clausola in senso sostanziale (diversa dalla clausola in senso formale), da intendersi come «elemento precettivo unitario», capace di articolarsi in più «disposizioni». Ma le espressioni nullità parziale e nullità di singole clausole sono quelle che il legislatore ha trovato opportune per far riferimento a qualsiasi parte, frazione, elemento specifico, componente o costituente del contenuto del contratto. Tra queste frazioni non si devono istituire gerarchie o distinzioni”. Sulla differenza tra clausola proposizione e clausola precetto si veda, senza pretese di esaustività, V. Roppo, La nullità parziale del contratto e giudizio di buona fede, Riv. dir. civ., 1971, 727 ss.; F. Di Marzio, Le nullità del contratto, Padova, 2008, 714 ss.; A. D’Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto Padova, 2008, 23 ss.; P. M. Putti, La nullità parziale. Diritto interno e comunitario, Napoli, 2002, 203 ss. Sul significato del termine clausola si rimanda a C. Grassetti, voce Clausola del negozio, in Enciclopedia del diritto. Vol. VII, Milano, 1960, 184 ss.

[26] Si segnala come negano l’applicabilità della nullità parziale al caso di difetto della causa concreta: A. Santoni, Nullità parziale e tutela risarcitoria nell’assicurazione con clausola claims made, Banca borsa tit. cred., 2021, 802, il quale rileva come l’esito del giudizio causale dovrebbe essere la nullità totale del contratto ai sensi dell’art. 1419 c. 2 c.c.; F. Piraino, Critica della causa al servizio dell’adeguatezza in concreto del contratto. Il caso dell’assicurazione della responsabilità civile con copertura claims made, Eur. dir. priv., 2019, 122, osserva come il “difetto di causa non lascia alternative alla nullità totale del contratto”; A. Volpato, Le stagioni dell’assicurazione claims made e le persistenti incertezze applicative, Danno e responsabilità, 2022, 187, il quale evidenzia come il vincolo contrattuale non può sopravvivere al difetto di causa in concreto; V. Bachelet, L’affermarsi della responsabilità precontrattuale da contratto assicurativo inadeguato (e di altri rimedi meno adeguati), Annuario del contratto 2018, diretto da A. D’Angelo-V. Roppo, Torino, 2019, 183, constata come l’esito del difetto del requisito causale a rigore “dovrebbe essere quello della nullità totale secondo il combinato disposto degli artt. 1325, n. 2 e 1418, c. 2, c.c.”.

[27] Fondamentali nella esegesi dell’art. 1419 c.c. sono i contributi di A. Fedele, La invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1943, 152 ss.; G. Criscuoli, La nullità parziale del negozio giuridico: teoria generale, Milano, 1959, 61 ss.; V. Roppo, Nullità parziale del contratto e giudizio di buona fede, Riv. dir. civ., 1971, 693 ss.; G. De Nova, Nullità relativa, nullità parziale e clausole vessatorie non specificatamente approvate per iscritto, in Riv. dir. civ., 480 ss.; G.B. Ferri, Nullità parziale e clausole vessatorie, Riv. dir. comm., 1977, 11 ss.; A. Gentili, La risoluzione parziale, Napoli, 1990, 129 ss.; G. Gandolfi, Nullità parziale e dimensione ontologica del contratto, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1991, 1049 ss.; A. D’Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto Padova, 2008, 51 ss.; V. Bachelet, La “decodificazione” giurisprudenziale dell’art. 1419, primo comma, c.c. e le sue fattispecie, Eur. dir. priv., 2021, 553 ss.

[28] Si segnala come parte della dottrina sembra negare la riconduzione del capoverso dell’art. 1419 c.c. al fenomeno della nullità, cfr. ex multis E. Zerella, La nullità parziale, in Giust. civ., 1985, 384 ss.; V. Roppo, Nullità parziale del contratto e giudizio di buona fede, Riv. Dir. civ., 1971, 727; S. Rodotà, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969, 53 ss.; cfr. F. Di Marzio, La nullità del contratto, Padova, 2008, 762 ss. il quale ricostruisce le differenti prospettazioni circa il rapporto tra primo e secondo comma.

[29] F. Galgano, sub. 1419, in AA.VV., Simulazione- Nullità di contratto – Annullabilità del contratto, art. 1414-1446, in Commentario Scajola Branca, Bologna, 1998, 144; come ripreso da V. Franceschelli, Nullità del contratto, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2015, 154.

[30] V. Bachelet, Nullità parziale e occultamento del corrispettivo a fini fiscali, NGCC, 2013, 13, parla di “punto di equilibrio”; V. Bachelet, La “decodificazione” giurisprudenziale dell’art. 1419, primo comma, c.c. e le sue fattispecie, Eur. dir. priv., 2021, 555 ss; A. D’Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto Padova, 2008, 52, osserva che la disposizione “per un verso consente di tenere in vita un negozio non voluto dalle parti, e con ciò appare in qualche misura eterodossa per l’epoca in cui è stato formulata: per altro verso è tesa ad evitare che ciò possa accadere a prescindere, quantomeno, dalla verifica degli interessi che le parti intendevano realizzare con la stipulazione del negozio originario”.

[31] C. Grassetti, voce Conservazione (principio di), in Enciclopedia del diritto. Vol. IX, Milano, 1961; G. Gandolfi, Nullità parziale e dimensione ontologica del contratto, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1991, 1052 ss.

[32] V. Roppo, Il contratto del duemila, Torino, 2020, 77 ss., evidenzia come la disposizione sulla nullità parziale di cui al comma 1 si basa sui principi di causa e della buona fede. Infatti, da un lato l’estensione della nullità all’intero negozio deriverebbe dall’assenza della ragione giustificativa ovvero dalla carenza di causa, sotto altro versante la pretesa di tenere in vita il contratto così depurato nonostante la caducazione di una clausola essenziale sarebbe contraria alla buona fede.

[33] V. Bachelet, La “decodificazione” giurisprudenziale dell’art. 1419, primo comma, c.c. e le sue fattispecie, Eur. dir. priv., 2021, 567; cfr. V. Roppo, Nullità parziale del contratto e giudizio di buona fede, Riv. dir. civ., 1971, 717 ss.; M. Mantovani, Le nullità e il contratto nullo, Tratt. Roppo, IV, Milano, 2006, 117; A. Di Majo, La nullità, Tratt. Bessone, VII, 7, Torino, 2002, 107.

[34] Sul punto si veda G. De Nova, Nullità relativa, nullità parziale e clausole vessatorie non specificatamente approvate per iscritto, in Riv. dir. civ., 486 ss.; A. D’Adda, Integrazione del contratto, in Enciclopedia del diritto. I tematici, Milano, 2021, 609 ss.; G. D’Amico, L’integrazione (cogente) del contratto a mezzo del diritto dispositivo, in Nullità per abuso e integrazione del contratto, di G. D’Amico e S. Pagliantini, Torino, 2015, 79 ss.; F. Di Marzio, Deroga abusiva al diritto dispositivo, nullità e sostituzione di clausole nei contratti del consumatore, in Contr. e impr., 2006, 673 ss.; F. Delfini, Clausole claims made e determinazione unilaterale dell’oggetto nel b2b: l’equilibrio giuridico del contratto negli obiter dicta della cassazione, NLCC, 2016, 545 ss., osserva come il tipo contrattuale, la cui disciplina è spesso costituita da norme dispositive, svolgerebbe una funzione non soltanto di controllo rispetto alle deroghe sistematiche ad opera del proponente ma anche di sostituzione richiamandosi gli artt. 1322, c. 1, 1418 e 1419 c. 2 c.c.; si veda anche F. Delfini, Norme dispositive e determinazione del contenuto del contratto, in Contratto e Contract. Predisposizione del contenuto e autonomia privata, di F. Delfini, Torino, 2021, 229 ss.; concorde G. Gitti, La «tenuta» del tipo contrattuale e il giudizio di compatibilità, Riv. dir. civ., 2008, 511, il quale afferma come la violazione dei limiti imposti dalla legge di cui all’art. 1322 c. 1 c.c. concretizzati nella “disciplina della prestazione caratterizzante il tipo” comporterà la nullità ai sensi dell’art. 1418 c. 1 c.c.. Tale nullità sarà parziale ai sensi dell’art. 1419 c. 2 c.c. per il tramite della sostituzione delle clausole nulle con le norme di natura dispositiva riguardanti la disciplina del tipo.

[35] Indica così, al di là delle differenti categorizzazioni della fattispecie, l’elemento comune delle polizze claims made U. Carnevali, La clausola claims made nella sentenza delle Sezioni Unite, Contratti, 2016, 759. Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018 al punto 9 individua lo schema essenziale della polizza claims made nella circostanza che “che nel periodo di vigenza della polizza intervenga la richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato (il c.d. claim) e che tale richiesta sia inoltrata dall’assicurato al proprio assicuratore”.

[36] Dubitativi rispetto ad una soddisfacente applicazione dell’art. 1419 c. 1 c.c. sono: V. Bachelet, La “decodificazione” giurisprudenziale dell’art. 1419, primo comma, c.c. e le sue fattispecie, Eur. dir. priv., 2021, 585, laddove parla di problema di tenuta strutturale del contratto; F.A. Magni, Le Sezioni unite sul contratto di assicurazione per la responsabilità civile claims made: contratto valido (a meno che “la manipolazione dello schema tipico non ne avveleni la causa”), Giur. it., 2016, 2617, evidenzia come la clausola claims made sia una clausola essenziale e principale; G. Facci, Le clausole claims made ed i c.d. «fatti noti» nella successione di polizze, Resp. civ. prev., 2017, 760 ss., rileva come “è anche difficile ipotizzare l’applicazione del comma 1 dell’art. 1419 c.c., con declaratoria di nullità parziale del contratto nella sola parte in cui attribuisce rilevanza alla « richiesta risarcitoria»: è ovvio che l’assicuratore non avrebbe concluso il contratto senza la previsione della clausola de qua, in considerazione del notevole ampliamento dell’obbligazione di manleva, in assenza del modello claims made” affermando poi come la clausola claims made assurge ad elemento essenziale della polizza; G. Miotto, Dalle sezioni unite alla legge Gelli: la claims made dall’atipicità alla tipizzazione, Resp. civ. prev., 2017, 1408 ss., si mostra concorde nel ritenere essenziale la clausola claims made con la conseguente caducazione del contratto per l’intero in caso di sua invalidità; A. Volpato, Le stagioni dell’assicurazione claims made e le persistenti incertezze applicative, Danno e responsabilità, 2022, 187, il quale mette in luce una valutazione di essenzialità della clausola claims made.

[37] A. D’Adda, Invalidità dei patti abusivi, correzione legale del contratto e disciplina della nullità parziale, Obbl. e Contr., 2008, 487 ss., il quale rileva come “la regola prescritta dal 1° co. dell’art. 1419 c.c. consente la conservazione del contratto quando, per un verso, la nullità attenga ad una “parte” del negozio; per l’altro qualora, pur senza quella parte, i contraenti avrebbero comunque concluso il contratto” riferendosi nel primo caso alle ipotesi in cui vi sia una invalidità strutturale per difetto di forma o la nullità privi il contratto del proprio oggetto; A. D’Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto Padova, 2008, 13 ss. Osserva R. Sacco in R. Sacco G. De Nova, Il Contratto, 2016, 1070 ss., come “il giudice, accertata la presenza della causa di nullità, deve concludere per la nullità degli effetti solo dopo aver risolto due problemi: se la causa della nullità diffonde i suoi effetti sull’intiero contrato, o su un’area più ristretta, o su un’area più ampia; se la causa della nullità conduce ad una assenza di risultati del negozio, o se invece conduce semplicemente a risultati diversi da quelli voluti dalle parti (come avviene quando opera una sostituzione automatica di clausola).”

[38] Nel compiere tale controllo storicamente sono stati adottati due contrapposti criteri uno soggettivo e uno oggettivo. Una esaustiva ricostruzione della tematica è offerta da V. Bachelet, La “decodificazione” giurisprudenziale dell’art. 1419, primo comma, c.c. e le sue fattispecie, Eur. dir. priv., 2021, 553 ss.; sul punto si veda anche A. D’Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto, Padova, 2008, 57 ss.

[39] V. Franceschelli, Nullità del contratto, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2015, 166.

[40] A. Di Majo, La nullità, Tratt. Bessone, VII, 7, Torino, 2002, 105, osserva come “se il contratto mantiene la sua «utilità pratica» anche senza la clausola nulla, il contratto potrà rimanere in piedi. Altrimenti esso cadrà. Ma è codesto un criterio abbastanza empirico, di cui i giudici diffidano, preferendo aver riguardo ad altri aspetti, come quello, più concettuale, della «correlazione inscindibile» tra parti o clausole del contrato o dello «scopo» unitario tra le diverse disposizioni”.

[41] G. Miotto, Dalle sezioni unite alla legge Gelli: la claims made dall’atipicità alla tipizzazione, Resp. civ. prev., 2017, 1394 ss., constata come la previsione della retroattività decennale non è idonea a garantire l’assicurato in tutte le ipotesi possibili. Non si può infatti escludere “che un «fatto» verificatosi in epoca ancor più lontana venga a conoscenza del danneggiato solo a distanza di tempo (anche notevole) e che questi agisca poi per il risarcimento di un danno non ancora prescritto, e tuttavia escluso dalla garanzia assicurativa ratione temporis in virtù di una clausola claims made «impura», nonostante la «retroattività» da questa prevista sia addirittura decennale”.

[42] C. M. Bianca, Il contratto, Diritto civile, III, Milano, 2019, 596; A. Di Majo, La nullità, Tratt. Bessone, VII, 7, Torino, 2002, 106, afferma come occorra tenere conto dell’assetto degli interessi delle parti oggettivamente intesi e dunque è opportuno interrogarsi circa la sussistenza della causa concreta nel patto residuo; A. D’Adda, Invalidità dei patti abusivi, correzione legale del contratto e disciplina della nullità parziale, Obbl. e Contr., 2008, 487 ss., evidenzia come l’alternativa che si pone all’interprete sul piano operativo è quella di tenere conto dei soli interessi riconducibili al tipo o verificare la causa concreta.

[43] F. Delfini, Le sezioni unite e le claims made: l’ultima sentenza e la “Big Picture”, 2019, Giur.it., 34, rileva come la Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018 avessero voluto evitare una alternativa secca tra validità e nullità della polizza garantendo la flessibilità di giudizio con l’introduzione del rimedio del risarcimento del danno.

[44] V. Bachelet, il fine giustifica i mezzi? polizze claims made tra «primo», «secondo» e «terzo» contratto, Eur. dir. priv., 2018, 554, osserva criticamente come il ricorso all’art. 1419 c. 2 cc. ed il richiamo all’art. 2 Cost è finalizzato ad “aggirare la Grundnorm sulla nullità parziale e garantire, a vantaggio del cliente, la conservazione della polizza privata del suo oggetto”; V. Bachelet, La “decodificazione” giurisprudenziale dell’art. 1419, primo comma, c.c. e le sue fattispecie, Eur. dir. priv., 2021, 586; S. Monticelli, La clausola claims made tra abuso del diritto ed immeritevolezza, Danno e resp., 2013, 715, osserva come la caducazione dell’intero contratto sarebbe dannosa per l’assicurato.

[45] Espressione mutuata da V. Bachelet, Nullità parziale e occultamento del corrispettivo a fini fiscali, NGCC, 2013, 8.

[46] U. Carnevali, La clausola claims made e le sezioni unite: bis in idem, Contratti, 2018, 651 ss., sottolinea come la decisione della Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018 muova lungo due direttrici: una riguardante le sole assicurazioni claims made obbligatorie con esame del contrasto con le norme imperative e l’altra concernente tutte le assicurazioni claims made con verifica dell’adeguatezza per il tramite della causa concreta; M. Campobasso, Evoluzioni e rivoluzioni nella giurisprudenza in tema di assicurazioni claims made, Banca borsa tit. cred., 2019, 151 ss.

[47] Cass. Civ. sez. un. n. 22437/2018 statuisce al punto 19.6: “Il regolamento contrattuale dovrà, quindi, modularsi, nell’assicurazione della responsabilità professionale, anzitutto in ragione della disciplina legale di base, che esprime un carattere imperativo, per essere non solo inderogabile in pejus, ma posta a tutela di interessi anche di natura pubblicistica, ossia la tutela del terzo danneggiato, che disvela il valore sociale dell’assicurazione. Ne deriva che lo iato tra il primo e la seconda (per aver la stipulazione ignorato e/o violato quanto dalla legge disposto, come esito al quale può approdarsi alla luce, soprattutto (ma non solo), dell’indagine sull’equilibrio sinallagmatico anzidetto) comporterà la nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1418 c.c.. A tanto il giudice potrà porre rimedio, per garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l’abuso del diritto (Cass., S.U., n. 9140 del 2016, citata), in forza della norma di cui all’art. 1419 c.c., comma 2 così da integrare lo statuto negoziale (non già tramite il modello della c.d. loss occurence di cui all’art. 1917 c.c., comma 1, bensì) attingendo quanto necessario per ripristinare in modo coerente l’equilibrio dell’assetto vulnerato dalle indicazioni reperibili dalla stessa regolamentazione legislativa”.

[48] U. Carnevali, La clausola claims made e le sezioni unite: bis in idem, Contratti, 2018, 651 ss., constata come la suddetta previsione non contenga norme imperative limitandosi a richiedere la stipulazione di idonea garanzia; A.M. Garofalo, L’immeritevolezza nell’assicurazione claims made, in NGCC, 2019, 75, non ritiene che D.L. 13 agosto 2011 n. 138 art. 3 lett. e) concorra con le disposizioni in materia di assicurazione sanitaria e degli avvocati alla creazione di un insieme di norme imperative in quanto “prevede una disciplina derogabile nel singolo caso concreto”.

[49] Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018 punto 21.

[50] A. Palmieri, R. Pardolesi, Claims made nel post-diritto, Foro it., 2018, 3512 ss.

[51] P. Corrias, La sentenza a sezioni unite del 24 settembre 2018 n. 22437. Più luci che ombre, Banca borsa tit. cred.2019, 2, 162, sostiene come sia convincente il meccanismo di conformazione “fondato sulla caducazione della sola clausola con contestuale sostituzione della stessa, ex art. 1419 c.c. con la disciplina dispositiva vigente (ricavata, come rilevato dalle disposizioni contenute nelle normazioni settoriali in precedenza menzionate)”

[52] G. Miotto, Dalle sezioni unite alla legge Gelli: la claims made dall’atipicità alla tipizzazione, Resp. civ. prev., 2017, 1394 ss., mette in luce come non è indifferente aderire ad una o all’altra scelta legislativa in materia di retroattività; V. Bachelet, “No contract is an island”: nuovi spunti in tema di claims made (attendendo le Sezioni Unite), Contratti, 2018, 269 ss., mette in luce come la previsione legislativa di un periodo di retroattività decennale o illimitato sembra suggerire che l’idoneità “a soddisfare l’obbligo di assicurazione professionale è riservata alle polizze che in successione appaiono in grado di garantire una copertura assicurativa in linea di massima completa”.

[53] V. Bachelet, L’affermarsi della responsabilità precontrattuale da contratto assicurativo inadeguato (e di altri rimedi meno adeguati), Annuario del contratto 2018, diretto da A. D’Angelo-V. Roppo, Torino, 2019, 187 ss., con riguardo all’ipotesi in cui di settori non disciplinati; M. Campobasso, Evoluzioni e rivoluzioni nella giurisprudenza in tema di assicurazioni claims made, Banca borsa tit. cred., 2019, 2, 151, constata come “è difficile presentare come “sostituzione automatica di clausole nulle” ai sensi dell’art. 1419 l’introduzione nel testo del contratto di regole che il giudice ricava applicando per analogia principi tratti da leggi posteriori o regolanti campi assicurativi affini”.

[54] Sul punto, M. Gazzara, Note a margine della nuova disciplina in tema di polizze professionali per gli avvocati, in Contr. impr., 2017, 989; concorde V. Bachelet, L’affermarsi della responsabilità precontrattuale da contratto assicurativo inadeguato (e di altri rimedi meno adeguati), Annuario del contratto 2018, diretto da A. D’Angelo-V. Roppo, Torino, 2019, 187.

[55] Cass. civ. sez. un. n. 22437/2018 afferma al punto 19.6: “A tanto il giudice potrà porre rimedio, per garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l’abuso del diritto (Cass., S.U., n. 9140 del 2016, citata), in forza della norma di cui all’art. 1419 c.c., comma 2 così da integrare lo statuto negoziale (non già tramite il modello della c.d. loss occurence di cui all’art. 1917 c.c., comma 1, bensì) attingendo quanto necessario per ripristinare in modo coerente l’equilibrio dell’assetto vulnerato dalle indicazioni reperibili dalla stessa regolamentazione legislativa”(nostra enfasi). Cfr. S. Bosa, Questioni (insolute) in tema di nullità del claims made, NGCC, 2021, 754, evidenzia come sia la sostituzione della clausola claims made con il modello loss occurance sia l’operazione di ortopedia giudiziale facciano emergere criticità in merito al rispetto della volontà delle parti; A. M. Garofalo, L’immeritevolezza nell’assicurazione claims made, NGCC, 2019, 75, secondo cui l’immeritevolezza delle claims made non comporta la sostituzione con il regime loss occurrence ma impone “di applicare regole adeguate allo scopo: tuttavia non si indica in modo analitico quali siano queste regole, né si ammette che la loro individuazione sia sindacabile in Cassazione”; S. Monticelli, Nullità della claims made e conformazione della clausola nel teorema delle Sezioni Unite, NGCC, 2019, 158, si mostra perplesso circa l’impossibilità conformare il regolamento contrattuale per il tramite dell’art. 1917 c.c. evidenziando come la norma dispositiva “sebbene non veicoli in se stesso ragioni di ordine pubblico, risponde, tuttavia, spesso a scelte precise del legislatore sui criteri di opportunità, efficienza e giustizia nella distribuzione dei rischi e dei poteri nei contratti”.

[56] Cass. civ.  sez. III, 25 febbraio 2021 n. 5259, in Banca borsa tit. cred., 2021, 787 ss., oggetto di varie note: D’Auria, La “riscrittura” giudiziale dei contratti. Il caso delle claims made, in Corr. giur., 2021, 777 ss.; De Luca, Assicurazione on claims made basis: inadeguatezza del contratto o del rimedio?, in Ass., 2021, 268 ss.; A. Santoni, Nullità parziale e tutela risarcitoria nell’assicurazione con clausola claims made, Banca borsa tit. cred., 2021, 794 ss.; S. Bosa, Questioni (insolute) in tema di nullità del claims made, NGCC, 2021, 754 ss.; la Corte si è pronunciata sulla doglianza di una impresa di assicurazione che lamentava, a seguito di dichiarazione di nullità della clausola claims made ex art. 1322 c. 1 c.c., l’applicazione da parte dei giudici di merito della disciplina prevista dall’art. 1917 c. 1 c.c.. I giudici di legittimità hanno dichiarano fondato il motivo affermando come non è stata tenuta in debito conto la volontà effettiva delle parti essendosi limitati a sostituire il contratto assicurativo claims made con il contratto tipico codicistico in tema di responsabilità civile. Al contrario, la i giudici di merito avrebbero dovuto “indagare tra i differenti modelli di clausola “claims made” rinvenibili nell’ordinamento ed individuare quello maggiormente compatibile alla realizzazione di un equilibrato assetto degli interessi dei contraenti”. Della predetta decisione discorre anche F. Delfini, Il controllo sulle polizze claims made tra primo e secondo comma dell’art. 1322 c.c., NLCC, 2021, 371 ss., il quale osserva che “la Corte, nella sostanza (e pur non citandola), suggerisce al giudice di rinvio una sorta di “conversione” della polizza nulla pro parte, i cui esiti ricalcherebbero quelli di cui all’art. 1424 c.c.”.

[57] M. D’Auria, La “riscrittura” giudiziale dei contratti. Il caso delle claims made, Corr. giur., 2021, 782.

[58] A. Palmieri, R. Pardolesi, Claims made nel post-diritto, Foro it., 2018, 3512 ss.

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