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Giurisprudenza

Popolari venete: il Tribunale di Venezia dichiara la nullità delle operazioni baciate

31 Luglio 2019

Piero Cecchinato, Studio Legale CCM

Tribunale di Venezia, 29 luglio 2019, n. 1758 – Pres.Rel. Tosi; Tribunale di Venezia, 29 luglio 2019, n. 1760 – Pres. Guzzo, Rel. Tosi

Di cosa si parla in questo articolo

Con le sentenze 1758 e 1760 pubblicate il 29 luglio 2019, la Sezione imprese del Tribunale di Venezia ha dichiarato la nullità di due contratti di finanziamento concessi dalla Banca Popolare di Vicenza per l’acquisto di azioni di propria emissione (le cc.dd. operazioni baciate), in violazione del divieto di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie sancito dall’art. 2358 cod. civ.

La nullità, per i motivi meglio di seguito esposti, ha riguardato l’intera operazione, comprensiva sia del finanziamento, sia del finanziato acquisto di azioni.

L’applicabilità dell’art. 2358 cod. civ. alle società cooperative

Per giungere a tale conclusione il Tribunale ha anzitutto ritenuto applicabile anche alle società cooperative,in virtù del disposto dell’art. 2519 cod. civ., il divieto di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie sancito dall’art. 2358 cod. civ. per le società per azioni.

Per il Tribunale, l’interesse tutelato dall’art. 2358 cod. civ. (ossia la tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, dei soci – “anche se per questi il discorso andrebbe approfondito, atteso che il socio ha un voto quale che sia la sua partecipazione”, come affermano le sentenze – e dei creditori) “è centrale anche nelle società cooperative”. Lo scopo mutualistico, infatti, si realizza mediante una struttura imprenditoriale “che deve operare secondo criteri di economicità, razionalità e quindi in primo luogo con salvaguardia del capitale”.

L’art. 2358 cod. civ. è da ritenersi inoltre applicabile anche alle banche popolari, essendo “senz’altro da escludere che il legislatore abbia inteso permettere alle banche popolari di finanziare l’acquisto di proprie azioni al di fuori di qualsiasi forma”, come è dato evincere dal fatto che l’art. 150bis introdotto nel TUB nel 2004 non citi tale norma fra quelle che non si applicano a questo tipo di banche.

Conseguenze della violazione dell’art. 2358 cod. civ.

Quanto alle condizioni poste dall’art. 2358 cod. civ. per concedere assistenza finanziaria, per il Tribunale, trattandosi di condizioni dettate per “elidere i pericoli insiti nel finanziamento dell’acquisto di proprie azioni, tutte indistintamente devono sussistere parimenti perché il divieto del comma 1 dell’art. 2358 sia superato: sia quelle di forma e di competenza, sia quelle relative ai presupposti, sia quelle relative alla pubblicità”.

La violazione di tali condizioni, per il Tribunale di Venezia, va sanzionata con la nullità, trattandosi di norma che pone un divieto a contrarre.

Citando Cass. SSUU n. 26724 del 19/12/2007, il Tribunale di Venezia ritiene che “l’area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell’art. 1418 c.c., comma 1” sia più ampia di quanto possa sembrare dall’apparente riferimento della norma ai contenuti del contratto. “Vi sono ricomprese sicuramente anche le norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto”. Invero, “Se il legislatore vieta, in determinate circostanze, di stipulare il contratto e, nondimeno, il contratto viene stipulato, è la sua stessa esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa”.

“Conseguentemente, quando il collocamento di azioni avvenga, contro il divieto, nel mancato rispetto delle modalità e limiti descritti, la sanzione è quella della nullità, in quanto solo il rispetto di tali requisiti e limiti permette di superare il divieto”.

Nei casi di cui si tratta, il Tribunale ha ritenuto che i collocamenti di azioni assistiti da finanziamenti erogati a tale scopo dalla stessa banca emittente fossero intervenuti “al di fuori di qualsiasi unitaria programmazione, deliberazione e forma riconducibili all’art. 2358 comma 3 c.c.”.

Più in particolare, per il Tribunale sono state “la stretta prossimità temporale dell’acquisto azionario rispetto al finanziamento, lo stesso rinnovo del finanziamento e i vari storni di interessi dai conti” a confermare la logica tipica della assistenza finanziaria.

Per il Tribunale, “Una volta affermata dunque la applicazione della disciplina dell’art. 2358 c.c., si ha l’effetto, discendente dalla imperatività della norma, della nullità della intera operazione. In essa non vi sono due atti negoziali (finanziamento e collocamento di azioni) fra loro collegati per volontà dispositiva delle parti, sì che si possa parlare di “collegamento contrattuale” in senso proprio; ma due atti che, poiché di fatto fra loro intenzionalmente legati, sono colpiti dal divieto di legge e dunque dalla nullità: essi sono entrambi, nella loro connessione fattuale, lesivi in fatto o in potenza della integrità del capitale sociale”.

“Ciò porta, come conseguenza della nullità dei contratti mediante i quali si realizzò la violazione di legge, e rimanendo ai limiti che segnano la possibilità di pronuncia di questo ufficio, ad affermare che gli attori nulla devono alla Banca – ora in liquidazione – in adempimento dei rispettivi contratti di finanziamento, e ciò anche se le relative poste sono state regolate in conto corrente”.

La futura azione di ripetizione della banca

Dalla pronuncia di nullità degli atti di assistenza finanziaria discende il diritto per la banca posta in l.c.a. di agire per la ripetizione del capitale prestato in forza del contratto di finanziamento dichiarato nullo.

A quel punto il cliente potrà resistere alle pretese della banca eccependo in compensazione il proprio controdiritto alla ripetizione delle somme investite nel corrispondente acquisto di azioni, anch’esso ritenuto nullo.

Ciò potrà fare al di fuori dello speciale rito di accertamento del passivo concorsuale, opponendo l’invalidità dell’operazione di acquisto di azioni.

Invero, la giurisprudenza ha giudicato ammissibile l’accertamento della compensazione ex art. 56 l. fall. (richiamato dal comma 3-bis dell’art. 83 TUB)anche al di fuori del procedimento di accertamento dello stato passivo, laddove l’eccezione di compensazione venga azionata dal creditore/debitore del fallito per “paralizzare” l’azione recuperatoria del curatore (quindi in forma di eccezione, e non di domanda, riconvenzionale; di recente si veda, ad esempio, Cass. civ. Sez. VI, 18/12/2017, n. 30298).

Proprio in tema di compensazione, però, le recenti modifiche normative al TUB pongono una limitazione notevole. Il comma 3-bis dell’art. 83 TUB, introdotto dall’art. 1, comma 26, lett. b), D. Lgs. 16 novembre 2015, n. 181, stabilisce che “In deroga all’articolo 56, primo comma, della legge fallimentare, la compensazione ha luogo solo se i relativi effetti siano stati fatti valere da una delle parti prima che sia disposta la liquidazione coatta amministrativa”.

Con tale norma, il legislatore ha voluto favorire l’interesse della massa dei creditori di una banca alle ragioni di equità sottese al meccanismo compensativo di cui ogni singolo potrebbe avvalersi in astratto ai sensi dell’art. 56 l. fall. (in alti termini, si è favorita la collettività e l’interesse pubblicistico sotteso alla liquidazione di una banca, ai singoli).

In concreto, per far valere la compensazione, sarà quindi necessario che prima della messa in l.c.a. il cliente abbia sporto almeno un reclamo nei confronti della banca, adducendo le ragioni per cui ritiene di vantare un credito da portare in compensazione con i crediti formalmente vantati dalla banca stessa.

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