La Corte di Giustizia con la sentenza in commento interviene a delineare l’ambito di operatività del controllo posteriore della dichiarazione doganale previsto dall’art. 78 del Regolamento (CEE) n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario) in relazione alla possibilità per gli ordinamenti nazionali di stabilire limiti al riesame dei controlli a posteriori e alla compatibilità con il principio del legittimo affidamento dell’iniziativa dell’amministrazione finanziaria di uno Stato membro di reiterare la revisione dell’accertamento doganale dopo aver già espletato un primo controllo a posteriori sulla dichiarazione, fissando in tal modo una nuova obbligazione doganale.
La vicenda originava da un contenzioso aperto tra una società importatrice nell’Unione europea di biciclette provenienti dalla Cambogia e l’amministrazione fiscale lettone in ordine alla legittimità di un secondo controllo a posteriori effettuato sulla dichiarazione doganale dopo aver accertato la non conformità dei certificati di origine rilasciate dal governo cambogiano alle prescrizioni comunitarie, portando l’amministrazione fiscale a recuperare gli importi dei tributi doganali e dell’IVA non riscossi in sede di presentazione della dichiarazione.
Il contrasto interpretativo, in particolare, riguardava il diverso trattamento riservato al riesame del controllo doganale da parte dell’ordinamento tributario nazionale che limitava la possibilità di procedere a ripetute verifiche fiscali e dall’art. 78, par. 3, del Reg. 2913/92 che, in generale, stabilisce il diritto delle autorità doganali di procedere a controlli a posteriori, senza tuttavia prevedere espressamente limiti alla reiterazione dei controlli.
In via preliminare, la Corte di Giustizia, richiamando i suoi precedenti orientamenti in materia, precisa che la competenza degli Stati membri a prevedere norme procedurali per l’applicazione del codice comunitario deve in ogni caso venire esercitata alle condizioni e nel rispetto dei principi stabiliti dal diritto dell’Unione. Conseguentemente, considerato che l’unico limite al potere di controllo della dichiarazione doganale è contenuto nell’art. 221, par. 3 del Codice – secondo il quale le autorità doganali dispongono di un termine di tre anni per procedere a notificare una revisione dell’accertamento della dichiarazione – evidenzia che nel predetto termine di prescrizione le normative degli Stati membri non possono limitare il potere dell’autorità fiscali di procedere a revisioni dei controlli a posteriori eventualmente già compiuti.
In ragione delle sopra esposte argomentazioni, pertanto, la Corte statuisce che l’art, 78 par. 3, del Codice doganale deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito degli obblighi che esso impone alle autorità doganali, consente, in via generale e nel termine prescrizionale triennale, a tali autorità di reiterare una revisione o un controllo a posteriori di una dichiarazione, fissando una nuova obbligazione doganale.
In tale contesto, la Corte rileva che la tutela del legittimo affidamento è concessa a ogni operatore economico in capo al quale un’autorità nazionale ha fatto sorgere aspettative fondate, ma non può venire invocato ove utilizzando la normale prudenza l’operatore sia in grado di prevedere l’adozione di un futuro provvedimento lesivo della sua sfera giuridica in seguito ad un esercizio legittimo del potere dell’autorità finanziaria.
Conseguentemente, il collegio ritiene che la società importatrice non può nutrire un legittimo affidamento quanto alla validità dei certificati d’origine per il fatto che essi siano stati ritenuti inizialmente veritieri dalle autorità doganali di uno Stato membro nel corso del primo controllo, dato che le operazioni effettuate dalle predette autorità nell’ambito dell’accettazione iniziale delle dichiarazioni non ostano affatto all’esercizio di controlli successivi e alle relative conseguenze. Infatti, durante il periodo triennale di prescrizione da quando è sorta l’obbligazione doganale, l’operatore economico deve accettare il rischio che le autorità doganali rivedano la decisione relativa all’obbligazione doganale tenendo conto dei nuovi elementi di cui eventualmente siano venute a conoscenza, adottando i provvedimenti necessari per premunirsi contro tale rischio.