Con il provvedimento in commento la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sulla tematica della prededucibilità dei crediti sorti con lo svolgimento, prima della dichiarazione di fallimento, di attività professionale collegata a una procedura di concordato preventivo.
I Giudici, nello specifico, hanno ritenuto che l’eccezione al principio della par condicio creditorum – come nel caso dei crediti prededucibili – si possa applicare anche nei confronti di crediti professionali nati grazie ad attività compiute in giudizi già pendenti alla data di apertura della domanda di concordato preventivo.
Secondo tale orientamento, il rapporto di strumentalità tra l’attività da cui sorge l’obbligazione e la realizzazione delle finalità della procedura concorsuale può essere infatti svincolato dal dato prettamente cronologico; pertanto, il riconoscimento della prededucibiltà del credito viene a essere affrancato dalla contestualità o meno tra la prestazione da cui trae origine il credito stesso e la pendenza della procedura concorsuale. In questo modo, il riconoscimento della prededucibilità può esulare dalla sola attività di redazione della domanda di concordato e dalla corredata assistenza in giudizio.
Seguendo tale principio, nel caso in esame la Corte di Cassazione ha ritenuto di accogliere il ricorso presentato da due professionisti, cassando il decreto impugnato e rinviando a nuovo giudice di merito, affinché provveda non solo in merito alla prededucibilità dei crediti derivanti dall’attività svolta per la redazione del ricorso e dell’assistenza nella procedura (come previsto a seguito delle modifiche apportate all’art. 111, comma 2, l.fall. dall’art. 99 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), ma anche, e nello stesso senso, in relazione a tutte quelle attività che hanno avuto un collegamento occasionale ovvero funzionale con gli interessi della massa creditoria, svincolandole da un nesso prettamente cronologico e teologico.