Con sentenza del 30 aprile 2014, C‑26/13, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato alcuni interessanti principi in materia di clausole nei contratti di finanziamento in valuta estera stipulati con consumatori, e riassunte dalle massime di seguito riportate (per maggiori informazioni si veda anche il comunicato stampa della Corte di Giustizia che si pubblica in allegato).
L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che:
– i termini «oggetto principale del contratto» comprendono una clausola, integrata in un contratto di mutuo espresso in una valuta estera, concluso tra un professionista ed un consumatore e che non è stato oggetto di una trattativa individuale, come quella di cui al procedimento principale, a norma della quale il corso di vendita di tale valuta si applica ai fini del calcolo dei rimborsi del mutuo, solo purché si constati, il che spetta al giudice del rinvio verificare alla luce della natura, dell’economia generale e delle stipulazioni del contratto nonché del suo contesto giuridico e fattuale, che la suddetta clausola fissa una prestazione essenziale del contratto stesso che, come tale, lo caratterizza;
– una clausola del genere, in quanto implica un obbligo pecuniario per il consumatore di pagare, nell’ambito dei rimborsi del mutuo, importi derivanti dalla differenza tra il corso di vendita ed il corso di acquisto della valuta estera, non può essere considerata nel senso che implica una «remunerazione» la cui congruità, in quanto corrispettivo di una prestazione effettuata dal mutuante, non può essere oggetto di una valutazione del suo carattere abusivo a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13.
L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, quanto ad una clausola contrattuale come quella di cui al procedimento principale, è necessario intendere il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile nel senso di imporre non soltanto che la clausola in questione sia intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera al quale si riferisce la clausola in parola nonché il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano.
L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, ove un contratto concluso tra un professionista ed un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta ad una regola di diritto nazionale che permette al giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva.