Nell’ambito del procedimento cautelare de quo,il Tribunale di Roma è stato chiamato a pronunciarsi sulla questione giuridica avente ad oggetto la validità e legittimità della delibera di aumento del capitale sociale a pagamento, la quale preveda (i) che i conferimenti da parte di uno o più soci debbano essere eseguiti in natura e (ii) che, in mancanza, i rimanenti soci possano esercitare il diritto di prelazione sull’inoptato, da liberare mediante conferimenti in denaro.
Nel caso di specie, la delibera assembleare impugnata dal socio di minoranza di una società a responsabilità produceva l’effetto di porre tale socio dinanzi all’alternativa tra conferire alcuni specifici beni in natura (in particolare: la quota di comproprietà di alcuni diritti di proprietà industriale) ovvero subire la diluizione della propria partecipazione sociale, in ragione del riconoscimento del diritto degli altri soci sull’inoptato.
Sul punto, il Tribunale di Roma ha innanzitutto riconosciuto che “la «libertà» (che deve essere sempre assicurata) del socio rispetto ad un conferimento in natura viene ad essere minata allorquando l’operazione venga ad essere strutturata come scindibile e quando agli altri soci venga ad essere riservata la possibilità di esercitare la prelazione sull’inoptato”. In tal caso – continua il Giudice di prime cure – il socio è infatti “posto di fronte all’alternativa tra perdere la proprietà del bene e mantenere «intatta» la propria partecipazione al capitale sociale della società ovvero perdere o vedersi diluita la partecipazione al capitale e mantenere la proprietà sul bene che la società gli chiede di conferire”.
Sulla base di tali premesse, il giudice di primo grado ha chiarito che “ferma restando l’ammissibilità, in generale, del conferimento in natura in sede di aumento di capitale e ferma restando la possibilità di strutturare l’operazione nel senso che è rimesso al socio partecipare all’aumento conferendo, alternativamente e a sua scelta, un bene ovvero il denaro corrispondente al valore economico di quello”, le operazioni di aumento del capitale mediante volte all’acquisizione di specifici conferimenti in natura devono essere presidiate da alcuni limiti di carattere sistematico al fine di evitare che le relative delibere, soprattutto in quanto assunte a maggioranza e non all’unanimità, si traducano nella sostanziale «espropriazione» del bene del socio. E tali limiti, ad avviso del giudice di prime cure, devono essere rintracciati “nella impossibilità di disporre un aumento di capitale scindibile e con la possibilità per gli altri soci di esercitare la prelazione sull’inoptato”.
Ai fini della legittimità della delibera di aumento del capitale sociale mediante conferimento di uno specifico bene da parte del socio, risulta pertanto necessario ad avviso del Tribunale di Roma (i) che a tale operazione “non si ricolleghi, per gli altri soci, la possibilità di acquistare l’inoptato mediante versamenti in denaro” e (ii) che l’aumento sia inscindibile, di modo che l’eventuale diniego del socio a conferire lo specifico bene comporti l’annullamento dell’operazione, senza rischio di diluizione della partecipazione del socio medesimo.