La recente Comunicazione dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (di seguito, UIF), pubblicata in data 13 ottobre scorso (cfr. contenuti correlati), nell’ottica del possibile intensificarsi del fenomeno dei cosiddetti “combattenti di ritorno” (o returnees[1]) e del conseguente delinearsi di nuove minacce di azioni terroristiche, richiama la massima attenzione su quanto riportato nella precedente Comunicazione del 18.04.2016, fornendo elementi integrativi volti a favorire l’individuazione e la segnalazione di attività finanziarie riconducibili al supporto dei terroristi che, rientrando dalle zone di conflitto, si insediano nel territorio nazionale e organizzano attività di proselitismo o iniziative violente.
A tal proposito, la progressiva riduzione dei territori sottoposti al controllo dell’ISIL (Islamic State in Iraq e Levante) aumenta il rischio di consistenti afflussi verso i Paesi occidentali di terroristi addestrati all’uso delle armi, i quali sono in grado di fornire supporto logistico o esecutivo ad attacchi in Europa, contribuendo altresì alla formazione di cellule locali e di reti transnazionali.
In ambito internazionale, le analisi sviluppate dal GAFI[2] indicano che l’ISIL ricava rilevanti proventi dal commercio di petrolio, dal traffico di beni culturali e dai sequestri di persona. Il trasferimento di fondi avviene poi mediante corrieri o per mezzo di operatori che prestano servizi di rimesse di denaro.
Inoltre, le Risoluzioni ONU 2178(2014) e 2253(2015) richiamano l’attenzione sulla necessità di recidere le fonti di finanziamento del terrorismo, prevenendo le condotte dei foreign fighter, mentre le istituzioni europee prevedono interventi per il presidio degli strumenti di pagamento esposti a maggiore rischio.
Nello scenario sopra delineato, entrambe le citate Comunicazioni UIF evidenziano i principali indici rivelatori del finanziamento del terrorismo, acquisiti attraverso l’analisi di segnalazioni di operazioni sospette e di risultati emersi nelle sedi internazionali.
Viene inoltre individuato – nel personale degli intermediari addetti al pubblico – un ruolo essenziale nella rilevazione di comportamenti indicativi di una possibile radicalizzazione.
Ciò premesso, tra i principali indicatori di anomalia riportati nella recente Comunicazione del 13 ottobre scorso, possono essere menzionati:
- la ricorrenza di nominativi presenti nelle “liste” delle persone e degli enti associati ad attività di finanziamento del terrorismo ai fini dell’applicazione degli obblighi di congelamento, previsti ai sensi del D.lgs. n. 109/2007;
- l’eventuale emersione, nelle diverse fasi dell’adeguata verifica della clientela, di elementi che possano far dubitare dell’autenticità della documentazione presentata;
- l’operatività di soggetti collegati a persone coinvolte in procedimenti o indagini per fatti di terrorismo da vincoli di parentela, affinità, convivenza o da altre connessioni note;
- l’improvvisa riattivazione, da parte del cliente, di rapporti finanziari a lungo mantenuti inattivi, soprattutto se realizzata tramite operatività in contante o mediante trasferimenti di fondi, anche on-line in presenza di elementi che possano ricollegare tali trasferimenti a paesi o aree a rischio geografico. In quest’ambito, rileva la riattivazione di carte di pagamento o la richiesta di nuove carte, specie se utilizzate per prelevamenti di contante presso sportelli automatici;
- la presenza di ripetuti trasferimenti di fondi motivati da causali del tutto generiche, poco chiare o collegate a versamenti o prelevamenti di contante. In tale specifico ambito, vanno inoltre analizzate le transazioni con organizzazioni non lucrative o soggetti notoriamente legati a fenomeni di estremismo e radicalizzazione;
- l’ordinazione di bonifici incoerenti con l’attività svolta dal cliente e con il suo profilo soggettivo, disposti dal medesimo conto corrente a favore di una pluralità di soggetti ovvero ordinati da più soggetti a favore del medesimo conto;
- l’effettuazione di operazioni ricorrenti di ricarica di carte prepagate ricevute o eseguite con trasferimenti effettuati da o verso aree a rischio[3], soprattutto se seguite da prelievi in contante oppure di contestuali e intense operazioni di accredito e addebito, effettuate con carte di pagamento e non adeguatamente giustificate;
- i trasferimenti di fondi dalle aree di conflitto realizzati attraverso l’intermediazione di fatto di soggetti stabiliti in Siria e Iraq, i quali, avvalendosi di controparti operanti nei Paesi limitrofi, possono agevolare l’accesso dell’ISIL al sistema finanziario internazionale;
- i comportamenti di rifiuto o riluttanza a fornire copia della dichiarazione di trasferimento di contante prevista dall’articolo 3 del D.lgs. n. 195/2008, a seguito dello svolgimento di operazioni di versamento di contante o valori provenienti dall’estero di importo complessivo pari o superiore al controvalore di 10.000 euro;
- il ricorso a finanziamenti al consumo o a prestiti richiesti per generiche esigenze di liquidità o comunque non finalizzati all’acquisto di specifici beni o servizi, tenendo conto del profilo soggettivo del cliente, in particolare laddove vengano immediatamente monetizzati e in caso di mancato pagamento delle rate.
Tali elementi hanno natura esemplificativa, non denotando – ove singolarmente considerati – situazioni sospette ai fini del contrasto finanziario del terrorismo: diventa dunque centrale, come ricordato, un approccio integrato tramite il compimento di approfondimenti che tengano conto dell’insieme degli elementi acquisiti, anche mediante l’esame degli indicatori di anomalia contenuti nel Provvedimento adottato dal Governatore della Banca d’Italia in data 24 agosto 2010 (indicatori n. 20 e n. 21).
[1] Sono definiti foreign fighters coloro che si recano in uno Stato diverso da quello di propria residenza/nazionalità allo scopo di perpetrare, pianificare, preparare o partecipare ad atti terroristici, ovvero fornire o ricevere addestramento terroristico, anche in connessione con conflitti armati. In Italia, il Decreto-Legge n. 7/2015, convertito dalla Legge n. 43/2015, ha introdotto specifici reati volti a contrastare le attività dei foreign fighters.
[2] Costituito nel 1989, in occasione del G7 di Parigi, il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) o Financial Action Task Force (FATF) è un Organismo intergovernativo che ha per scopo l’elaborazione e lo sviluppo di strategie di lotta al riciclaggio dei capitali di origine illecita e, dal 2001, anche di prevenzione del finanziamento al terrorismo. Del Gruppo fanno parte 35 membri in rappresentanza di Stati e organizzazioni regionali che corrispondono ai principali centri finanziari internazionali, nonché i più rilevanti organismi finanziari internazionali (tra i quali FMI, Banca Mondiale, ECB, Nazioni Unite, Europol, Egmont).
Il Gruppo Egmont delle Financial Intelligence Unit (FIU), nell’ambito dell’ISIL Project, è impegnato a favorire lo scambio multilaterale di informazioni ed esperienze su soggetti e attività d’interesse; tale condivisione consente di individuare e aggiornare i fattori di anomalia rilevanti.
[3] Nelle richiamate valutazioni del rischio geografico, devono essere tenuti in considerazione i paesi e le aree di conflitto, le zone limitrofe e di transito, i paesi che finanziano o sostengono attività terroristiche o nei quali operano organizzazioni terroristiche, le giurisdizioni caratterizzate da carenze nei presidi di prevenzione e contrasto del finanziamento del terrorismo.