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Approfondimenti

Prime osservazioni sul decreto legislativo di recepimento della direttiva mutui

27 Maggio 2016

Roberto Ferretti e Antonella Santoro, Studio Legale Bonora e Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Il 20 maggio scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 21 aprile 2016, n. 72, recante attuazione della direttiva 2014/17/UE sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali (nota anche come Mortgage Credit Directive o MCD).

Le presenti note ripercorrono il testo del decreto legislativo, formulando sullo stesso alcune osservazioni derivanti da una sua prima lettura, che non hanno alcuna pretesa di esaustività, né di organicità.

Una particolarità dell’iter di recepimento

Prima di analizzare il decreto nel merito, pare utile ricordare che esso è stato adottato dal Governo in attuazione della delega contenuta nel punto 13) dell’Allegato B della Legge di delegazione europea 2014 (l. n. 114/2015).

Quest’ultima, però, non ha fissato i princìpi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega, i quali si sono stati successivamente inseriti nell’art. 12 del disegno di Legge di delegazione europea 2015, presentato dal Governo alla Camera dei deputati il 18 gennaio 2016 (A.C. 3540).

Attualmente, tale disegno di legge è all’esame del Senato, dopo essere stato approvato in prima lettura dalla Camera il 27 aprile scorso. Esso, però, non contiene più l’art. 12 sopra citato, che è stato soppresso dalla XIV Commissione Permanente – Politiche dell’Unione Europea, sulla base dell’argomento che la delega di cui trattasi era già stata esercitata dal Governo e che le Commissioni parlamentari avevano già formulato il proprio parere sullo schema di decreto legislativo.

L’ambito di applicazione e la struttura del decreto legislativo e termini di entrata in vigore della nuova disciplina

L’ambito di applicazione del decreto legislativo è circoscritto ai “contratti di credito”.

Il contratto di credito è a sua volta definito dall’art. 1 del decreto (come già nella MCD) come il contratto “con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria, quando il credito è garantito da un’ipoteca sul diritto di proprietà o su altro diritto reale avente a oggetto beni immobili residenziali o è finalizzato all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato”.

Sono esclusi dalla nuova disciplina i contratti di credito espressamente elencati dal decreto (tra i quali, i “prestiti ponte”, alcuni finanziamenti agevolati, quelli erogati a titolo gratuito, ecc.), molti dei quali non sono diffusi nel nostro Paese.

Quanto alla struttura del decreto, quest’ultimo consta di quattro articoli, due dei quali integrano e modificano il d.lgs. n. 385/1993 (TUB) ed il d.lgs. n. 141/2010, al fine recepire la nuova normativa europea e di allineare a quest’ultima quella in materia di credito ai consumatori, di agenzia in attività finanziaria e di mediazione. L’art. 3 reca invece disposizioni transitorie che regolano l’emanazione della normativa secondaria di attuazione e l’entrata in vigore della nuova disciplina, mentre l’art. 4 contiene la cosiddetta clausola di invarianza finanziaria.

In particolare, l’art. 1, comma 2, del decreto introduce nel Titolo VI TUB (Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti), il nuovo Capo I-bis (Credito immobiliare ai consumatori) e modifica i Capi I (Operazioni e servizi bancari e finanziari) e II (Credito ai consumatori).

Quanto alle modifiche al Capo II, si segnala che:

  • a partire dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina, i finanziamenti garantiti da ipoteca su beni immobili di durata inferiore o pari a cinque anni saranno soggetti a quest’ultima e non più alla normativa in materia di credito ai consumatori;
  • di contro, saranno assoggettati alla disciplina del credito ai consumatori tutti i contratti di credito non garantiti da ipoteca finalizzati alla ristrutturazione di un immobile residenziale, anche se di importo inferiore a Euro 200 o superiore a Euro 75.000.

Il decreto prevede inoltre l’emanazione di numerose norme secondarie di attuazione, dalla cui entrata in vigore dipende quella delle relative norme primarie.

Più precisamente, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto, le disposizioni di attuazione degli articoli 120-octies, 120-novies e 120-decies TUB, che disciplinano, rispettivamente, la pubblicità, gli obblighi precontrattuali e gli obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito, dovranno essere emanate dal CICR, su proposta della Banca di Italia, entro il 30 settembre 2016 e tali articoli TUB troveranno applicazione a partire dal 1° novembre 2016.

Le disposizioni di attuazione dell’art. 120-duodecies TUB (Valutazione dei beni immobili), dovranno invece essere adottate dalla (sola) Banca d’Italia negli stessi termini.

Inoltre, ai sensi dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo, le disposizioni attuative dei commi 3 e 4 dell’art. 120-quinquiesdecies TUB (Inadempimento del consumatore) dovranno essere adottate con decreto del MEF, di concerto con il Ministero della Giustizia e sentita la Banca d’Italia, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo e la disciplina contenuta nelle citate disposizioni troverà applicazione decorsi 60 giorni dall’entrata in vigore del citato decreto del MEF.

Si segnala infine che le disposizioni di attuazione sopra richiamate dovranno recepire le Linee guida emanate dall’Autorità Bancaria Europea [1] ed i principi enunciati dal Financial Stability Board [2] in materia.

La nuova trasparenza

Il decreto introduce nel nostro ordinamento una nuova disciplina “speciale” di trasparenza, applicabile ai soli contratti di credito di cui si è detto sopra, che “erode” ulteriormente l’ambito di applicazione di quella generale contenuta nel Capo I del Titolo VI TUB.

Più precisamente, la nuova disciplina fa un ulteriore passo verso la separazione tra le norme di tutela applicabili ai consumatori (credito ai consumatori, conti di pagamento e conti di base, ecc.), tutte di derivazione comunitaria, e quelle applicabili ai non consumatori (anche se definibili quali clienti al dettaglio), lasciate, invece, alla discrezionalità dei legislatori nazionali [3].

Questa stessa separazione la si rinviene anche nell’ambito delle competenze dell’EBA, le quali sono espressamente circoscritte, per quanto in questa sede interessa, alla sola tutela dei consumatori [4], con esclusione di soggetti – quali le micro-imprese – che pure presenterebbero analoghe esigenze di tutela.

È inoltre importante sottolineare che la nuova disciplina prende le mosse, da un lato, dall’esigenza di favorire un mercato europeo del credito ipotecario più trasparente, efficiente e competitivo [5] e, dall’altro, dal ripensamento imposto alle autorità di vigilanza ed ai legislatori dalla crisi statunitense dei mutui subprime, la quale ha reso manifesta l’esigenza di evitare il sovraindebitamento dei mutuatari e comportamenti irresponsabili dei finanziatori (significativamente definiti “predatory lending”, per contrasto con il “responsible lending” cui il sistema finanziario dovrebbe tendere) [6].

La particolare genesi della MCD ha fatto sì che la nuova disciplina di tutela del consumatore che essa introduce si caratterizzi per alcuni profili che la differenziano da quella generale di trasparenza.

In primo luogo, la direttiva (e, con essa, il decreto) affianca a norme che mirano ad assicurare l’informazione del consumatore altre che perseguono invece l’obiettivo – come meglio si vedrà – di garantire l’assistenza al consumatore stesso nella fase precontrattuale e, di conseguenza, la piena comprensione da parte del consumatore stesso delle caratteristiche del prodotto di credito che gli viene offerto, con ciò adottando un approccio che presenta più di un profilo di analogia con quello della MiFID.

In secondo luogo, la direttiva e il decreto di recepimento vanno oltre la tradizionale “trasparenza informativa” introducendo norme che disciplinano in modo vincolante il comportamento delle parti e degli intermediari del credito nella fase anteriore alla stipulazione del contratto e, in seguito, nella fase di esecuzione e di eventuale inadempimento del contratto stesso.

Passando ad una sintetica rassegna delle nuove norme di tutela (nel senso sopra chiarito), si deve anzitutto evidenziare che il decreto legislativo richiede al consumatore di fornire al finanziatore le informazioni necessarie circa le proprie esigenze, la propria situazione finanziaria e le proprie preferenze (art. 120-undecies TUB).

Dal canto suo, il finanziatore deve “opportunamente verificare” le informazioni fornitegli anche attraverso la richiesta di chiarimenti (art. 120-undecies, commi 1 e 2, TUB) e informare il consumatore se intende consultare una banca dati creditizia (art. 120-novies, comma 1, lett. c), TUB). Il finanziatore deve inoltre “applicare standard affidabili per la valutazione dei beni immobili” offerti in garanzia, in conformità con le disposizioni di attuazione che saranno emanate dalla Banca d’Italia (art. 120-duodecies TUB) [7].

Le informazioni così fornite e acquisite, da un lato, costituiscono l’oggetto sul quale deve esser condotta la valutazione del merito creditizio del consumatore (obbligatoria a norma dell’art. 120-undecies, comma 1, TUB) e, dall’altro, concorrono a delimitare il perimetro dei prodotti “adatti” al consumatore stesso (arg. ex art. 120-septies, comma 1, TUB; cfr. anche quanto previsto in tema di requisiti organizzativi dalla Sezione XI delle Disposizioni della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 in materia di trasparenza e correttezza) [8].

In quest’ultima prospettiva, il finanziatore è obbligato a fornire assistenza al consumatore sotto forma di “chiarimenti adeguati sui contratti di credito ed eventuali servizi accessori proposti, in modo che questi possa valutare se il contratto di credito e i servizi accessori proposti siano adatti alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria” (art. 120-novies, comma 5, TUB) [9].

Quanto alle informazioni che devono essere fornite al consumatore dal finanziatore, il decreto prevede che siano anzitutto messe a disposizione “informazioni di base” sui prodotti offerti e, solo dopo che il consumatore ha comunicato al finanziatore le informazioni di cui si è detto sopra, che gli siano fornite “informazioni personalizzate” sul contratto o sui contratti di credito di suo interesse [10].

Queste ultime – contenute nel Prospetto informativo europeo standardizzato (“PIES”) – mirano a consentire al consumatore di confrontare le diverse offerte di credito sul mercato, di valutarne le implicazioni e di prendere una decisione informata in merito alla conclusione del contratto.

Tratto caratteristico di queste informazioni è, in primo luogo, il loro carattere, appunto, “personalizzato”, al quale si aggiunge l’ulteriore caratteristica della standardizzazione. Eventuali informazioni aggiuntive rispetto a quelle contenute nel PIES dovranno, infatti, essere fornite al consumatore in un documento separato, al fine non compromettere la comparabilità con altri prodotti offerti sul mercato (art. 120-novies, comma 2, TUB).

Sempre con riferimento al procedimento per giungere alla conclusione del contratto di credito, si deve qui ricordare che l’art. 14, par. 6, della MCD garantisce al consumatore un periodo di riflessione di almeno sette giorni, durante il quale il finanziatore è invece vincolato. La direttiva lascia agli Stati di precisare se il periodo di riflessione di cui trattasi debba collocarsi prima o dopo la stipulazione del contratto di credito. Nel primo caso, il consumatore deve vedersi riconosciuta la facoltà di accettare o meno un’offerta vincolante del finanziatore, mentre nel secondo il consumatore ha la facoltà di recedere dal contratto già concluso senza oneri.

Il legislatore italiano ha optato per la prima soluzione. Conseguentemente, il nuovo art. 120-novies, comma 3, TUB, sancisce il diritto del consumatore a valutare e, se del caso, ad accettare l’offerta vincolante del finanziatore per un periodo di almeno sette giorni, durante il quale l’offerta stessa deve essere tenuta ferma.

L’offerta in discorso deve includere la bozza del contratto di credito (la cui consegna diviene così obbligatoria in ogni caso, a differenza di quanto previsto dalla disciplina generale di trasparenza) e deve essere accompagnata dal PIES se quest’ultimo non era stato già fornito in precedenza o se le condizioni dell’offerta vincolante sono diverse rispetto a quelle contenute nel PIES precedentemente consegnato (art. 120-novies, comma 4, TUB).

A completamento di quanto precede, si deve ricordare che l’art. 8 direttiva prevede che “ove ai consumatori siano fornite informazioni in conformità del disposto della […] direttiva stessa, ciò avvenga a titolo gratuito per i consumatori”. La previsione è recepita dal nuovo art. 120-noviesdecies, comma 2, TUB, il quale stabilisce che “il finanziatore e l’intermediario del credito forniscono gratuitamente ai consumatori le informazioni previste ai sensi del presente capo, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 127-bis”.

Fermo il fatto che il CICR dovrà precisare, tra l’altro, “il contenuto, i criteri di redazione, le modalità di messa a disposizione delle informazioni precontrattuali” (come stabilito dall’art. 120-novies, comma 6, lett. a), TUB), l’espressa deroga all’art. 127-bis TUB [11] contenuta nel decreto conduce a ritenere che, con riferimento ai contratti di credito disciplinati dal decreto stesso, i finanziatori non potranno più addebitare ai consumatori le spese di istruttoria come oggi avviene.

Il servizio di consulenza

Come sopra accennato, il finanziatore è sempre tenuto a fornire assistenza al consumatore nella fase precontrattuale per assicurare che questi possa valutare se il contratto di credito e i servizi accessori proposti siano adatti alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria.

In aggiunta a tale obbligo generale, la direttiva e il decreto prevedono che il finanziatore e un soggetto terzo (eventualmente indipendente) possano fornire al consumatore un vero e proprio servizio di consulenza, separatamente remunerato e consistente in una “raccomandazione personalizzata in merito a una o più operazioni relative a contratti di credito, adeguata rispetto ai suoi bisogni e alla sua situazione personale e finanziaria” (art. 120-terdecies, comma 3, lett. c), TUB) [12].

La norma prosegue precisando che la raccomandazione personalizzata di cui trattasi “riguarda anche eventuali servizi accessori connessi con il contratto di credito e tiene conto di ipotesi ragionevoli circa i rischi per la situazione del consumatore per tutta la durata del contratto di credito raccomandato”. Se ne deve dedurre che la finalità principale – ancorché non esclusiva – della consulenza è quella di assicurare, per quanto è possibile, che il contratto di credito che il consumatore andrà a stipulare sia sostenibile nel momento della sua conclusione e rimanga tale per tutta la sua durata, anche nell’ipotesi in cui dovessero verificarsi eventi atti ad incidere negativamente sulla sua capacità di rimborso, ed evitando così fenomeni di sovraindebitamento.

Come evidenziato da un Autore [13], una seconda finalità della consulenza è quella di aiutare il consumatore ad orientarsi in modo consapevole tra le molteplici e, spesso, complesse e non facilmente comprensibili offerte di finanziamento immobiliare presenti sul mercato; offerte talvolta ulteriormente complicate dalla presenza di servizi accessori (ad es., assicurativi) in diverso modo collegati con il contratto di credito principale.

Come si è già evidenziato con riferimento all’obbligo di assistenza del consumatore nella fase precontrattuale, anche il servizio di consulenza di cui trattasi non costituisce una novità assoluta nel panorama normativo europeo, essendo stato anticipato da quello di consulenza finanziaria previsto dalla MiFID e, ora, dalla MiFID II, rispetto al quale presenta più di un profilo di analogia (raccomandazione personalizzata, verifica dell’adeguatezza, ecc.).

Così come la consulenza MiFID, anche quella prevista dalla MCD può essere prestata (a titolo solo principale e non accessorio rispetto alla promozione di contratti di credito) da un soggetto indipendente che opera nell’esclusivo interesse del consumatore. Il decreto ha precisato che la consulenza indipendente possa essere prestata esclusivamente da soggetti che svolgono in via esclusiva tale attività e che siano iscritti in una speciale sezione dell’elenco dei mediatori creditizi (cfr. l’art. 128-sexies, comma 2-bis, TUB), i quali potranno essere remunerati per il servizio reso esclusivamente dal consumatore e non anche dal finanziatore.

Finanziamenti in valuta estera

La direttiva detta una disciplina speciale per i contratti di credito denominati in valuta estera, al fine rispondere ai problemi che tali contratti hanno evidenziato nel recente passato, riconducibili, da un lato, a lacune regolamentari e, dall’altro, a fenomeni di più ampia portata, quali la volatilità dei mercati dei cambi e la carenza di un’adeguata comprensione da parte dei mutuatari dei rischi insiti in tali forme di credito.

L’intervento del legislatore europeo è stato duplice: la disciplina contenuta nella MCD ha infatti introdotto misure volte, in primo luogo, a garantire la piena consapevolezza da parte del consumatore del rischio di cambio che egli si assume con la sottoscrizione del contratto e, in secondo luogo, a limitare l’esposizione del medesimo consumatore al rischio in questione attraverso il riconoscimento della facoltà di convertire unilateralmente la valuta in cui è denominato il proprio debito.

Quanto al primo profilo, l’art. 11, par. 2, lett. j), della MCD precisa che le informazioni precontrattuali di base dei contratti in questione devono contenere un’espressa avvertenza relativa al fatto che eventuali fluttuazioni del tasso di cambio possono incidere sul calcolo dell’importo che il consumatore sarà tenuto a corrispondere [14].

Questa norma – ora riprodotta nell’art. 120-octies, comma 2, lett. m), TUB – era stata già parzialmente recepita dalla Banca d’Italia nel luglio scorso, attraverso l’introduzione nelle Disposizioni di trasparenza (Sezione I, par. 3) della previsione che rende obbligatorio integrare il foglio informativo dei finanziamenti in valuta con una simulazione dell’impatto del rischio di cambio [15].

Quanto invece alla misure introdotte dalla MCD volte a limitare l’esposizione del consumatore al rischio di cambio, il decreto legislativo, nel recepire quanto previsto dall’art. 23 della direttiva, ha sancito la facoltà del consumatore di convertire in qualsiasi momento la valuta in cui è denominato il contratto, alternativamente, nella valuta “in cui è denominata la parte principale del suo reddito o in cui egli detiene le attività con le quali dovrà rimborsare il finanziamento” o nella valuta “avente corso legale nello Stato membro dell’Unione europea in cui il consumatore aveva la residenza al momento della conclusione del contratto o al momento della richiesta di conversione” (l’art. 120-quaterdecies, comma 1, TUB).

Questa disposizione, che introduce un vero e proprio ius variandi in favore del cliente [16], è accompagnata da un ulteriore obbligo informativo a carico del finanziatore in corso di rapporto. Prevede, infatti, l’art. 120-quaterdecies, comma 4, TUB (riproduttivo dell’art. 23, par. 4, della MCD) che, se il controvalore in Euro del debito o delle rate residui varia di oltre il 20 per cento rispetto a quello che risulterebbe applicando il tasso di cambio al momento in cui è stato concluso il contratto di credito, il finanziatore debba informarne il consumatore nell’ambito delle comunicazioni previste ai sensi dell’art. 119 TUB. L’informativa deve richiamare l’attenzione del consumatore sulla facoltà di convertire il finanziamento in una valuta alternativa e delle condizioni per farlo.

Tenuto conto del fatto che l’informativa periodica di cui all’art. 119 TUB dev’essere data “almeno una volta all’anno”, la norma di recepimento di cui si è detto, non pare perfettamente allineata con la corrispondente disposizione della direttiva, la quale impone un’informativa tempestiva nel caso in cui si verifichi lo scostamento del 20% sopra richiamato.

L’inadempimento del consumatore: il coordinamento tra l’art. 120-quinquiesdecies TUB e la disciplina in materia di credito fondiario

Il decreto legislativo non si preoccupa di coordinare la nuova disciplina e quella in materia di credito fondiario (artt. 38-41 TUB). Anzi, quest’ultima disciplina non è neppure mai richiamata dal decreto, fatta eccezione per il nuovo art. 120-quinquiesdecies TUB, in materia di inadempimento del consumatore, che esordisce facendo salva l’applicazione l’art. 40, comma 2, TUB [17].

Il mancato coordinamento tra le due normative, tuttavia, non dovrebbe porre problemi sul piano applicativo, benché le norme di attuazione della MCD si applichino a tutti i mutui fondiari [18] stipulati da consumatori, atteso che esse disciplinano profili diversi da quelli previsti dalle norme in materia di credito fondiario.

Tuttavia – e come ampiamente evidenziato dalla stampa e dal dibattito suscitato dalla nuova disciplina nel corso dell’esame parlamentare dello schema di decreto legislativo di recepimento della MCD sottoposto dal Governo alle Camere il 18 gennaio 2016 – un problema di coordinamento può sorgere proprio con riferimento agli artt. 40, comma 2, e 120-quinquisdecies TUB sopra citati nell’ipotesi di inadempimento del consumatore.

Durante l’esame parlamentare di tale schema, infatti, si è da più parti evidenziato che l’art. 28 della MCD – in analogia con quanto già previsto dalla direttiva 2002/47/CE in materia di contratti di garanzia finanziaria – prevede la possibilità che le parti si accordino su meccanismi “privatistici” di escussione della garanzia ipotecaria che consentano di evitare il ricorso alle procedure giudiziarie di esecuzione forzata.

Più precisamente e come sottolineato da più di una Commissione parlamentare, per effetto della contemporanea applicazione degli artt. 40, comma 2, e 120-quiquiesdecies TUB, nell’ipotesi in cui un consumatore avesse concluso un contratto di mutuo fondiario [19] pattuendo espressamente che “in caso di inadempimento la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione dell’intero debito a carico del consumatore derivante dal contratto di credito”, tale pattuizione avrebbe comportato l’effetto che, in caso di mancato o ritardato pagamento di sette rate anche non consecutive, il finanziatore avrebbe avuto diritto alla “restituzione” o al “trasferimento” del bene immobile costituito in garanzia senza bisogno – come sopra accennato – di ricorrere ad espropriazione forzata [20].

Per evitare questa conseguenza, ritenuta eccessivamente penalizzante per il consumatore, il Governo, recependo le osservazioni delle Commissioni parlamentari, ha modificato l’art. 120-quinquiesdecies TUB, il quale stabilisce ora che, ai soli fini dell’escussione “privatistica” sopra richiamata, costituisce inadempimento il mancato pagamento di un ammontare equivalente a diciotto (e non più sette) rate mensili.

Conseguentemente, nel caso di inadempimento del consumatore che abbia sottoscritto un contratto di mutuo fondiario che contenga la clausola sopra richiamata, il finanziatore potrà optare tra la risoluzione del mutuo ai sensi dell’art. 40, comma 2, TUB seguita da espropriazione forzata secondo le norme ordinarie e l’escussione “privatistica” di cui all’art. 120-quinquiesdecies TUB, dovendo attendere, in questo caso, che l’importo complessivo del credito scaduto e non onorato sia pari a diciotto rate mensili.

Le due opzioni differiscono anche per le diverse conseguenze dell’escussione della garanzia sul debito restitutorio del consumatore, poiché, nel primo caso, se il ricavato dell’esecuzione forzata non è sufficiente a tacitare il finanziatore, questi potrà esigere il pagamento del debito residuo dopo il decorso del periodo di grazia di sei mesi dalla conclusione della procedura esecutiva (periodo di grazia introdotto dal nuovo art. 120-quinquiesdecies, comma 6, TUB). Nel secondo caso, invece, il ricorso all’esecuzione “privatistica” comporterà necessariamente l’estinzione dell’intero debito del consumatore anche se il valore del bene immobile trasferito o il provento della sua vendita è inferiore all’ammontare del suo debito.

Per una migliore comprensione delle nuove norme, si deve ricordare che il dibattito sopra richiamato sul recepimento dell’art. 28 della direttiva si è iscritto nella più ampia discussione dottrinale e giurisprudenziale che ha visto alternarsi aperture e irrigidimenti circa la possibilità di derogare al divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. e che, secondo la giurisprudenza oggi prevalente, il trasferimento a scopo di garanzia si configura come un negozio volto ad eludere tale divieto e, in quanto negozio in frode alla legge, è nullo ex art. 1344 c.c. [21].

Questa nullità non si verifica, sempre secondo la giurisprudenza, nell’ipotesi del c.d. patto marciano, cioè dell’accordo con il quale si prevede che il creditore insoddisfatto diventi proprietario del bene, ma con l’obbligo di restituire al debitore (o al terzo datore) l’eventuale differenza fra il valore del bene stesso, determinato da un terzo arbitratore sulla base di parametri predeterminati, oggettivi ed autonomi, e l’importo del credito [22]. La più recente giurisprudenza ha ritenuto ammissibili anche differenti modalità di stima del bene emerse nella pratica, purché dal patto risulti che il debitore perderà la proprietà del bene ad un giusto prezzo, determinato al momento dell’inadempimento, con restituzione della differenza rispetto al maggior valore. È stato altresì chiarito che non costituisce requisito necessario del patto di cui trattasi che il trasferimento della proprietà sia subordinato al suddetto pagamento, potendosi articolare la clausola nel senso di ancorare il passaggio della proprietà sia al solo inadempimento, sia alla corresponsione della differenza di valore (cfr. Cass., 28 gennaio 2015, n. 1625, relativa ad un contratto di sale and lease back).

Anche il meccanismo di esecuzione “privatistica” configurato dall’art. 120-quinquiesdecies TUB in attuazione della MCD è strutturato in analogia con il patto marciano e tiene conto delle conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza cui si è sopra fatto cenno [23].

L’art. 120-quinquiesdecies, comma 4, lett. d), TUB prevede infatti che, in caso di inadempimento, il valore del bene immobile oggetto della garanzia sia nuovamente stimato da un perito indipendente scelto dalle parti di comune accordo o, in caso di mancato accordo, dal Presidente del Tribunale territorialmente competente con le modalità di cui all’art. 696, comma 3, c.p.c.

Inoltre, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, qualora il valore del bene immobile o il ricavato della sua vendita ecceda il credito del finanziatore, il consumatore ha diritto a percepire l’eccedenza.

Come sopra anticipato, le disposizioni di attuazione dei commi 3 e 4 dell’art. 120-quinquiesdecies TUB saranno dettate MEF, di concerto con il Ministro di Giustizia e sentita la Banca d’Italia ed è a questi dunque attribuito il compito di chiarire i punti lasciati in ombra dal decreto legislativo, soprattutto per stabilire come debba avvenire la procedura di vendita.

Al fine di assicurare, per quanto è possibile, che il consumatore comprenda appieno la portata e le possibili conseguenze della clausola di escussione “privatistica” di cui si è detto, il decreto prevede inoltre l’obbligatorietà e la gratuità del servizio di consulenza che nel caso in cui il contratto di mutuo includa la clausola in questione.

Ad ulteriore tutela del consumatore, il decreto stabilisce infine che la clausola in questione può essere pattuita al momento della concessione del finanziamento, ma non successivamente (ad es., in caso di surroga) e che l’accettazione da parte del consumatore della clausola stessa non può essere posta dal finanziatore come condizione per la concessione del finanziamento.

Il coordinamento con la disciplina dell’attività fuori sede

Come si è detto sopra, l’art. 2 del decreto legislativo apporta modifiche ed integrazioni al d.lgs. n. 141/2010, al fine allineare la disciplina ivi contenuta alle previgenti norme in materia di agenzia in attività finanziaria, mediazione e segnalazione.

In tale prospettiva, pare utile segnalare che il decreto legislativo recepisce la distinzione tra intermediari indipendenti e non – distinzione, peraltro, che si era già venuta chiarendo nel corso degli ultimi vent’anni nel nostro ordinamento – e individua gli intermediari con vincolo di mandato negli agenti in attività finanziaria e quelli privi di tale vincolo (e, quindi, indipendenti) nei mediatori creditizi [24]. A tali categorie di intermediari il decreto legislativo – ricalcando la definizione della MCD – affianca una terza, residuale, la quale ricomprende “qualsiasi altro soggetto, diverso dal finanziatore, che nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale svolge, a fronte di un compenso in denaro o di altro vantaggio economico oggetto di pattuizione e nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legislazione vigente”.

Questa definizione “tripartita” di intermediari del credito contenuta nel decreto legislativo (agenti, mediatori e altri soggetti che svolgono attività di intermediazione) fa sì che, almeno in linea di principio, ricadano nella definizione stessa anche i soggetti che svolgono attività che, a norma dall’art. 12 del d.lgs. n. 141/2010, non costituiscono esercizio di agenzia in attività finanziaria, né di mediazione creditizia, quali, ad esempio, i fornitori dei beni (immobili, nella fattispecie) finanziati.

Questa estensione non pone particolari problemi se serve ad allargare in modo corrispondente l’ambito di applicazione delle norme in materia di obblighi informativi e di comportamento degli intermediari stessi (v. i nuovi artt. 120-septies, 120-novies e 120-decies TUB) e quelle in materia di consulenza “non indipendente” (v. il nuovo art. 120-tercedies TUB).

Essa, però, pone qualche problema di coordinamento con la MCD sul piano dell’abilitazione degli intermediari del credito e della loro libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi e obbliga ad uno sforzo interpretativo al fine di garantire la coerenza del sistema.

A norma dell’art. 29, par. 1, della MCD, “gli intermediari del credito sono debitamente abilitati per l’esercizio di tutte o una parte delle attività di intermediazione del credito di cui all’articolo 4, punto 5, o per la prestazione di servizi di consulenza da un’autorità competente nel loro Stato membro d’origine[25].

Se ne deduce che, almeno in linea di principio, la MCD consente lo svolgimento delle attività di cui sopra solo ai soggetti abilitati dall’autorità del loro Paese d’origine, i quali potranno avvalersi della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi negli altri Stati membri, a norma dell’art. 32 della MCD.

I soli soggetti esonerati dall’obbligo di preventiva abilitazione sono i creditori, i notai e coloro che “presenta[no] semplicemente — direttamente o indirettamente — un consumatore a un creditore”. Queste tre categorie di soggetti sono infatti escluse dalla nozione stessa di intermediari del credito di cui all’art. 4, punto 5, della MCD.

Se si esamina il decreto legislativo, ci si può rendere conto che il legislatore italiano ha ritenuto che tale norma della MCD non richiedesse l’adozione di ulteriori disposizioni legislative per essere attuata nel nostro ordinamento, poiché il TUB e il d.lgs. n. 141/2010 già contengono norme sull’abilitazione professionale di agenti e mediatori e fissano i requisiti di professionalità, onorabilità e patrimoniali di cui gli stessi devono essere dotati [26].

Analogamente, il legislatore italiano ha ritenuto che non richiedesse ulteriore attuazione l’art. 32 della MCD in materia di libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, poiché l’art. 128-quinquies, comma 1, lett. a) e b), TUB già disciplina l’iscrizione negli elenchi degli agenti di persone fisiche aventi la cittadinanza di altri Paesi dell’Unione e di soggetti comunitari diversi dalle persone giuridiche che abbiano costituito una stabile organizzazione nel territorio italiano, mentre l’art. 128-septies, comma 1, lett. b), TUB disciplina l’iscrizione di tali soggetti comunitari nell’elenco dei mediatori.

Come sopra accennato, l’impostazione del legislatore nazionale richiede di essere coordinata con quella della direttiva, quantomeno sotto due punti di vista, i quali non sembrano essere stati espressamente considerati nel decreto legislativo.

In primo luogo, l’espressione “nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale” che compare nella definizione di intermediario del credito di cui al citato art. 4, punto 5, della MCD deve essere integrata nel senso che l’attività di intermediazione rileva ai fini della direttiva solo se è esercitata, per utilizzare termini propri dell’ordinamento italiano, “in modo professionale” e “nei confronti del pubblico”. Ne consegue che chi svolge tale attività in modo non professionale o non nei confronti del pubblico non è soggetto all’obbligo di abilitazione preventiva e non può avvalersi del passaporto europeo. Questa interpretazione sembra essere quella fatta propria dal legislatore nazionale, il quale ha precisato nella definizione di intermediario del credito di cui al nuovo art. 120-quinquies TUB che sono intermediari del credito anche i soggetti diversi da agenti e mediatori che svolgono attività di intermediazione nell’ambito della loro attività commerciale o professionale “nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legislazione vigente”.

Se così è, dovrebbero rientrare nella nozione di intermediari del credito i promotori finanziari, gli agenti e i broker di assicurazione che promuovano o collochino contratti di finanziamento che ricadono nell’ambito di applicazione della MCD, essendo gli stessi tenuti all’iscrizione nell’elenco degli agenti (i primi due) o dei mediatori (i terzi), a norma dell’art. 17, commi 4-ter, 4-quater e 4-quinquies, del d.lgs. n. 141/2010.

Resta poi da comprendere – e il decreto legislativo non lo chiarisce – se l’attività di intermediazione svolta in modo accessorio rispetto ad un’altra attività d’impresa (ad esempio, dal venditore dell’immobile finanziato), pur non essendo soggetta ad abilitazione preventiva, sia assoggettata agli obblighi di informazione e precontrattuali previsti dal decreto e se i soggetti che la svolgono possano esercitare anche l’attività di consulenza, ovviamente non indipendente, essendo quest’ultima riservata ai soggetti iscritti in una speciale sezione dell’elenco dei mediatori, a norma del nuovo art. 128-sexies, comma 2-bis, TUB.

In secondo luogo, non pare che il decreto legislativo chiarisca in modo adeguato le modalità di esercizio della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi degli intermediari del credito italiani in altri Paesi dell’Unione e degli intermediari europei in Italia.

Da un lato, infatti, le norme esistenti (art. 128-quinquies, comma 1, lett. a) e b) e art. 128-septies, comma 1, lett. b) TUB) disciplinano solo l’iscrizione negli elenchi italiani di agenti e mediatori comunitari e non prendono neppure in considerazione la libera prestazione di servizi senza stabilimento.

Dall’altro, né tali norme, né quelle introdotte con il decreto legislativo disciplinano la procedura da seguire nel caso di esercizio delle due libertà di cui trattasi da parte di intermediari italiani, come fanno, ad esempio, gli artt. 15 e 16 TUB per le banche e l’art. 114-decies TUB per gli istituti di pagamento. A questo proposito, si deve evidenziare che tale procedura non potrà non tener conto delle Guidelines on passport notifications for credit intermediaries under the Mortgage Credit Directive, emanate dall’EBA nell’agosto 2015.

Un terzo aspetto che richiederà uno sforzo di ulteriore coordinamento tra l’impostazione della MCD e quella della disciplina italiana attiene all’attività di “mera segnalazione”, che, come visto sopra, è espressamente esclusa dalla nozione di intermediazione del credito dall’art. 4, punto 5, della MCD, mentre in Italia – quantomeno a partire dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 141/2010 – è stata ricondotta all’agenzia in attività finanziaria o alla mediazione creditizia, in base alle modalità concrete con le quali essa si esplica [27].

Questa volta, però, il coordinamento tra la MCD e la normativa nazionale è affidato dal decreto legislativo non all’interprete, ma ad un decreto ministeriale di attuazione.

Prevede, infatti, l’art. 2, comma 1, del decreto legislativo che sia aggiunto un comma 1-quater all’art. 12 del d.lgs. n. 141/2010, il quale, a sua volta, delegherà il Ministro dell’economia e delle finanze ad emanare un decreto che individui “le attività di segnalazione, relative a contratti di credito” di cui ci stiamo occupando, “che, se prestate a titolo accessorio, non costituiscono esercizio di agenzia in attività finanziaria, né di mediazione creditizia”.

Ne consegue che, secondo l’impostazione del legislatore italiano (che si discosta, in questo da quella del legislatore europeo) l’attività di “mera segnalazione” resta attività riservata agli agenti e ai mediatori creditizi, a meno che essa non sia svolta a titolo accessorio rispetto ad altra attività principale.

 

[1] Ad oggi, risultano emanate dall’EBA le seguenti Linee-guida: Guidelines on product oversight and governance arrangements for retail banking product del luglio 2015; Guidelines on credit worthiness assessment; Guidelines on arrears and foreclosure; Guidelines on passport notifications for credit intermediaries under the Mortgage Credit Directive, queste ultime tutte emanate nell’agosto 2015.

[2] Cfr. Financial Stability Board, Principles for Sound Residential Mortgage Underwriting Practices dell’aprile 2012.

[3] Per una critica della limitazione della nuova disciplina di tutela ai soli consumatori in luogo di una sua estensione a tutti i clienti al dettaglio, si rimanda a Lupoi, La direttiva 17/2014, il mercato dei crediti immobiliari e la consulenza al credito, in Banca, borsa, 2016, I, 234 ss.

[4] Cfr. l’art. 1, par. 5, lett. f), del regolamento (UE) n. 1093/2010 istitutivo dell’EBA.

[5] Si vedano a questo proposito, tra gli altri, lo studio svolto dalla London Economics per conto della Commissione europea (Green paper) sui costi e sui benefici di un mercato del credito ipotecario maggiormente integrato, i cui risultati sono stati presentati nel settembre del 2005; il Report dello Mortgage Industry and Consumer Expert Group del 20 dicembre 2006; il Libro Bianco sull’integrazione dei mercati UE del credito ipotecario del 18 dicembre 2007 (COM(2007) 807 def.) e lo Studio sui costi e benefici delle diverse opzioni regolamentari per il credito ipotecario del marzo 2011.

[6] Per un approfondimento sul tema del “responsible lending”, si rinvia, tra gli altri, alla consultazione pubblica lanciata nell’aprile del 2009 dalla Commissione; ai Principles for Sound Residential Mortgage Underwriting Practices del Financial Stability Forum dell’aprile 2012 e alle Good practices dell’EBA su Treatment of Borrowers in Mortgage Payment Difficulties (EBA-Op-2013-03) e Responsible Mortgage Lending (EBA-Op-2013-02) del 13 giugno 2013.

Per una recente analisi del problema del sovraindebitamento, si rimanda a Montinaro, Il sovraindebitamento del consumatore: diligenza nell’accesso al credito ed obblighi del finanziatore, in Banca, borsa, 2015, I, 781; Falcone, Il trattamento normativo del sovraindebitamento del consumatore, in Giur. comm., 2015, 132 e Lupoi, Circolazione e contrabbando del rischio, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 2015. Una più generale analisi del rapporto tra crisi finanziaria e MCD e relativa disciplina di tutela dei consumatori si può rinvenire in Pellecchia, La direttiva 2014/17UE sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, in Banca, borsa, 2016, I, 206 ss.

[7] In questa prospettiva, è opportuno ricordare l’esistenza di standard di valutazione riconosciuti a livello internazionale e richiamati dal considerando 26 della MCD, il quale precisa che “gli Stati membri dovrebbero […] assicurare standard di valutazione affidabili. Per essere considerati affidabili gli standard di valutazione dovrebbero tenere conto degli standard di valutazione riconosciuti a livello internazionale, in particolare quelli sviluppati dall’International Valuation Standards Council dall’European Group of Valuers’ Associations o dal Royal Institution of Chartered Surveyors”.

Sempre al fine di assicurare una corretta valorizzazione della garanzia ipotecaria, la direttiva impone che gli Stati membri attivino sistemi efficaci di monitoraggio del mercato immobiliare; sistemi, questi, che nel nostro Paese saranno incentrati sulla banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate (cfr. art. 120-duodecies, comma 3, TUB).

[8] Le Disposizioni prevedono in termini generali che gli intermediari che intrattengono relazioni con clienti al dettaglio adottino procedure atte a far sì che “il cliente non sia indirizzato verso prodotti evidentemente inadatti rispetto alle proprie esigenze finanziarie” e precisano che tale “previsione non richiede agli intermediari di assicurare assistenza al cliente fino al punto di individuare, in ogni caso, l’offerta più adeguata, bensì di adottare procedure organizzative che evitino modalità di commercializzazione oggettivamente idonee a indurre il cliente a selezionare prodotti manifestamente non adatti”.

[9] Un’analisi del contenuto di tale obbligo di assistenza è condotta da Lupoi, La direttiva, cit., 241. Come ben evidenziato dall’Autore, l’obbligo di assistenza previsto dalla MCD non è innovativo, essendo esso già previsto dall’art. 124 TUB in relazione al credito ai consumatori, in attuazione dell’analogo obbligo previsto dalla direttiva 2007/48/CE.

[10] Per un’analisi degli obblighi informativi precontrattuali nella MCD, si veda Las Casas, “Informazioni generali” e “informazioni personalizzate” nella nuova direttiva sui mutui ipotecari ai consumatori, in Persona e mercato, 2015/4, 251 ss.

[11] Il comma 4 dell’art. 127-bis TUB prevede infatti che “nei contratti di finanziamento la consegna di documenti personalizzati può essere subordinata al pagamento delle spese di istruttoria, nei limiti e alle condizioni stabilite dal CICR”. La previsione è confermata e precisata dalle Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia sopra richiamate (cfr. Sezione II, par. 6).

[12] Per una più ampia analisi del servizio di consulenza di cui trattasi, si rinvia a Lupoi, La direttiva, cit., passim.

[13] Cfr. ancora Lupoi, La direttiva, cit., 245.

[14] Per un’attenta analisi dei requisiti informativi inerenti ai mutui in valuta nella MCD, si veda Maffeis, Direttiva 2014/17/UE: rischi di cambio ei tasso e valore della componente aleatoria nei crediti immobiliari ai consumatori, in Banca, borsa, 2016, I, 188 ss.

[15] La previsione citata nel testo è stata aggiunta in fase di consultazione. Nel resoconto di quest’ultima la Banca di Italia ha chiarito che “le Disposizioni sono modificate per precisare che la simulazione dell’impatto sulla rata o sul totale da rimborsare alla scadenza dovrà prendere in considerazione un apprezzamento della valuta pari al 20 per cento, in linea con quanto previsto in materia dalla direttiva 2014/17/UE del 4 febbraio 2014, relativa all’offerta di credito ipotecario ai consumatori”.

[16] Per un’approfondita analisi dell’istituto in parola e, più in generale, della disciplina dei contratti di credito in valuta estera contenuta nella MCD e della giurisprudenza europea in materia, si rimanda ad Azzari, I “prestiti in valuta estera” nella direttiva 2014/17/UE sui “contratti di crediti ai consumatori relativi a immobili residenziali”, in Osservatorio del dir. civ. e comm., n. 1/2015, 187 ss.

 Per una rassegna della giurisprudenza dell’ABF in materia di estinzione dei mutui indicizzati ad una valuta estera, si rimanda a Mendola, Estinzione anticipata di mutui indicizzati al tasso svizzero e tutela del consumatore negli orientamenti dell’Arbitro Bancario Finanziario, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 1, 2016

[17] Tale articolo prevede a sua volta che la banca possa “invocare come causa di risoluzione del contratto [di mutuo fondiario] il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive” e che, “a tal fine costituisc[a] ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centottantesimo giorno dalla scadenza della rata”. Ed è stata proprio la sua applicabilità ai contratti di mutuo fondiario che ricadono nell’ambito di applicazione della nuova disciplina associata all’introduzione della nuova disciplina in materia di inadempimento dei finanziati ha suscitato la preoccupazione di molti parlamentari, delle associazioni dei consumatori e degli organi di informazione, che vi hanno visto un rischio che i finanziati possano vedersi spogliati della casa di abitazione in tempi molto brevi (cioè, dopo il mancato pagamento di sole sette rate, anche non consecutive) e senza il ricorso alle ordinarie procedure esecutive immobiliari.

[18] A norma dell’art. 38, comma 1, TUB, devono definirsi come tali i “finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”. Non è questa ovviamente la sede per affrontare la questione circa le conseguenze del superamento del limite massimo di finanziabilità fissato dalla delibera del CICR del 22 aprile 1995 (e dalle conseguenti istruzioni applicative di Banca d’Italia) nell’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sui beni medesimi.

[19] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 38, comma 1, TUB, “il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”. Ove tali finanziamenti siano concessi a consumatori, essi saranno disciplinati tanto dalla normativa in materia di mutui fondiari, in quanto non derogata dalle norme di recepimento della Direttiva, e da queste ultime.

 Viceversa, i finanziamenti concessi a consumatori garantiti da ipoteche non di primo grado e quelli non garantiti da ipoteca finalizzati all’acquisto o alla conservazione dio un diritto reale su un immobile residenziale saranno soggetti solo alla disciplina di recepimento della Direttiva e non anche a quella dei mutui fondiari.

[20] Per un’attenta analisi della genesi della norma europea di cui trattasi ed al suo recepimento nel nostro ordinamento, si rimanda a Lupoi, Le direttive non vanno prese alla lettera (breve nota alla Direttiva 17/2014), in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 15, 2016, e Pagliantini, I misteri del patto commissorio, le precomprensioni degli interpreti e il diritto europeo della dir. 2014/17/UE, in Nuove leggi civ. comm., 2015, 1, 181.

[21] Secondo la giurisprudenza, il divieto si estende non soltanto al patto commissorio “obbligatorio”, in cui il debitore non trasferisce un diritto al creditore, ma si limita ad obbligarsi in tal senso (ad esempio, attraverso la stipulazione un contratto preliminare; cfr. Cass., 21 maggio 2013, n. 12462), ma ad ogni altro negozio che venga utilizzato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento, come la vendita con patto di riscatto (Cass., 17 aprile 2014, n. 8957) o la procura a vendere (Cass., 8 luglio 2014, n. 15486).

[22] Cfr. Cass., 9 maggio 2013, n. 10986.

[23] È opportuno ricordare che un meccanismo analogo (ancorché non identico di esecuzione “privatistica” è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.l. n. 59/2016 (meglio conosciuto come “Decreto banche”), il quale ha creato la nuova tipologia del finanziamento “garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato”, disciplinato dal nuovo art. 48-bis TUB. Più precisamente, la norma in questione non introduce un nuovo “tipo” di finanziamento, ma prevede che “il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca o un altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico [possa] essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore […], della proprietà o di un altro diritto reale immobiliare dell’imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore”. Il d.l. in questione si trova attualmente in fase di conversione davanti alle Camere.

 Per un primo esame del nuovo istituto, ci si permette di rinviare a Ferretti, Prime osservazioni sulle disposizioni del “Decreto banche” volte ad accelerare il recupero dei crediti bancari, in Dirittobancario.it.

[24] Cfr. la definizione di intermediario del credito contenuta nel testo del nuovo art. 120-quinquies TUB.

[25] Si tratta delle attività consistenti a) nella presentazione o nell’offerta di contratti di credito ai consumatori; b) nel prestare assistenza ai consumatori svolgendo attività preparatorie o altre attività amministrative precontrattuali per la conclusione di contratti di credito diverse da quelle di cui alla lettera a); o c) nel concludere con i consumatori contratti di credito per conto del creditore.

[26] La Tabella di concordanza che accompagnava lo schema di decreto legislativo precisava, in particolare, che le disposizioni della MCD in materia di intermediari del credito erano attuate dagli artt. 128-quater, 128-sexies e 128-quaterdecies TUB e dagli artt. 12, comma 1-bis e 1-ter, 14, 15, 16, comma 1-bis, 23 e 24 del d.lgs. n. 141/2010.

[27] Si vedano le circolari del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro, prot. DT 85076 del 30 ottobre 2012 (Decreto legislativo 141/201 e successive modificazioni – Chiarimenti in merito all’entrata in vigore di alcune disposizioni) e prot. DT 100578 del 21 dicembre 2012 (Decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, e successive modificazioni – Attività di segnalazione alle società di mediazione da parte di soggetti non iscritti negli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi), entrambe reperibili sul sito internet della Dipartimento del tesoro.

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