Tra le norme del cd. decreto banche, appena convertito con modificazioni dalla legge n. 119 del 30 giugno 2016, tre sono quelle che, con diverso grado di incisività, interessano le procedure concorsuali: gli artt. 3, 5 e 6 (di queste, il solo art. 5 è transitato immutato all’indomani della conversione). Le finalità più immediate dell’intervento sono legate alla prospettiva (anche) bancaria di recuperare più rapidamente risorse a seguito di riparto di attivo nell’ambito delle procedure concorsuali.
Il registro delle procedure
La più dirompente novità, forse anche oltre le intenzioni del legislatore, attiene al registro delle procedure (anche) concorsuali, contemplato dall’art. 3.
Tale disposizione, significativamente integrata in sede di conversione, introduce un registro elettronico da tenersi presso il (ed a cura del) Ministero della Giustizia e destinato a raccogliere una serie di informazioni economiche, con riguardo alle seguenti ipotesi reputate meritevoli di censimento e archivio centralizzato:
- procedure di espropriazione forzata immobiliare;
- procedure di fallimento, concordato preventivo e liquidazione coatta amministrativa;
- procedimenti di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.fall. e piani attestati di risanamento quando vengano fatti oggetto di pubblicazione nel registro delle imprese;
- procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, riconducibili alla legge Prodi bis (d.lgs. 270/1999) o al decreto Marzano (d.l. 347/2003);
- procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti, di piano del consumatore e di liquidazione dei beni di cui alla legge n. 3/2012.
Una valutazione di tale registro non può prescindere da un minimo di premessa sulla disomogeneità delle fattispecie contemplate. Quelle di cui alle lettere b), c) e d), infatti, costituiscono procedure concorsuali la cui eventuale apertura, sin dalla fase iniziale (per il concordato preventivo addirittura sin dalla fase preliminare alla presentazione della domanda, ai sensi dell’art. 152 l.fall.) figura già assoggettata a pubblicità, da effettuarsi nel registro delle imprese (e dunque con l’efficacia cd. dichiarativa di cui all’art. 2193 c.c.). In tale prospettiva, appare sin troppo evidente la volontà del decreto banche di ancorare il nuovo registro al sistema già governato dalla disciplina previgente, come emerge dalla regola sulla pubblicità dei piani attestati di risanamento ex art. 67 l.fall. (che come noto possono, solo se il debitore lo richiede, formare oggetto di pubblicità).
Ne consegue che il nuovo registro si presenta, limitatamente a dette fattispecie, un mero doppione del registro delle imprese, che potrà comunque assicurare i seguenti vantaggi di carattere informativo:
- possibilità per il pubblico di accedere gratuitamente alle informazioni pubblicate;
- possibilità di accorpare su scala nazionale i dati raccolti, superando le inevitabili frammentazioni che la distribuzione dei dati tra più registri delle imprese può talora ingenerare (ad esempio, il trasferimento della sede di una società in diversa provincia Può rendere incompleta la ricerca sul relativo pedigree concorsuale);
- possibilità di acquisire, oltre alle notizie sulla procedura, alcuni dati aggiuntivi estrapolati dalla relativa documentazione;
- possibilità di conoscere i numeri di ruolo delle procedure presso i Tribunali, che a loro volta dischiudono l’accesso ad alcune piattaforme telematiche disponibili on line.
Anche per quanto riguarda le procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti, di piano del consumatore e di liquidazione dei beni di cui alla legge n. 3/2012, già è prevista una forma di pubblicità, diversificata a seconda che il debitore eserciti o meno attività d’impresa. In particolare, spetta al giudice stabilire in ogni caso una “idonea forma di pubblicità della domanda e del decreto”, mentre la pubblicazione (artt. 10, 2° comma, lett. A) o annotazione (art. 14-quinquies, 2° comma, lett. C) sul registro delle imprese costituiscono ulteriore adempimento pubblicitario riservato ai debitori esercenti attività d’impresa, da considerarsi aggiuntivo. In questo contesto, può ipotizzarsi che il registro presso il Ministero della Giustizia costituisca strumento idoneo per eccellenza, così ridimensionando per il debitore i costi della procedura, scaturenti dall’onere di pubblicazione sui quotidiani, di regola prescelta nella prassi.
Infine, quanto alle fattispecie di cui alla lettera A), è noto che per le procedure esecutive il d.l. 83/2015, novellando l’art. 490 c.p.c., ed in qualche misura ultimando il processo di revisione avviato nel 2005, aveva introdotto il “Portale delle vendite pubbliche” presso il Ministero della Giustizia, destinato ad assolvere una funzione divulgativa, invero non limitata alle procedure esecutive immobiliari.
Impatto sul sistema pubblicitario previgente
La riforma va salutata senz’altro con favore, nella misura in cui riuscirà a realizzare gli auspici europei in tema di trasparenza delle procedure concorsuali ed a semplificare e rendere gratuito ed universale l’accesso all’informazione economica correlata alla crisi dell’impresa assoggettata a procedure concorsuali, dell’impresa non soggetta a procedure concorsuali e del cittadino esposto a procedure esecutive individuali. Va però segnalato che in mancanza di una adeguata revisione e riorganizzazione del sistema la riforma potrebbe peccare per eccesso, alimentando confusione tra i beneficiari dell’informazione.
Su un piano più specifico, circoscritto alle imprese fallibili, la riforma, forse involontariamente, compie un passo nella direzione, carezzata in più progetti di riforma (da ultimo nell’art. 4 del disegno di legge recante “delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza” approntato dalla Commissione Rordorf ed approvato dal Consiglio dei Ministri n. 103 del 10 febbraio 2016), di anticipare quelle misure di allerta e prevenzione volte a favorire l’emersione tempestiva della crisi d’impresa addossando ben precisi oneri a carico dei creditori qualificati, degli organi di controllo e, in ultima analisi, degli organismi di composizione della crisi.
Rispetto a queste, invero, l’unico “indizio” di crisi che viene elevato al rango di dato da sussumere nel registro è quello di eventuali procedure esecutive immobiliari a carico dell’impresa. Nulla a che vedere, dunque, con “il perdurare di inadempimenti di importo rilevante”, ma pur sempre un elemento tale da ingenerare cautela nei potenziali interlocutori. Anzi, l’inizio di una procedura esecutiva immobiliare denota un livello di crisi, se si vuole, più accentuato del mero inadempimento. Anche in questo caso, occorrerà una sistemazione adeguata della materia dell’informazione sugli inadempimenti, onde contemperare il valore della riservatezza che sembra prevalere nel disegno di legge delega Rordorf con il valore della trasparenza che sembra ispirare il Decreto Banche.
Sezione ad accesso pubblico. Sezione ad accesso limitato
Senza sbilanciarsi in questa fase in una più ampia valutazione della portata del nuovo registro, che non potrà prescindere dal decreto attuativo previsto dall’art. 3, 3° comma, lett. B), occorrerà delineare con estrema precisione i confini della sezione ad accesso pubblico e di quella ad accesso limitato.
Già ad una prima lettura, anche a seguito di alcune integrazioni apportate dalla legge di conversione, emergono rilevanti interessi meritevoli di tutela e potenzialmente in contrasto con la dicotomia dati ad accesso pubblico/dati ad accesso limitato.
In primo luogo, è agevole rilevare che l’incipit della disposizione pare collocare il registro in un ben preciso disegno finalizzato esclusivamente a realizzare una efficace vigilanza sugli intermediari e sulla stabilità del sistema (Il registro è accessibile dalla Banca d’Italia, che utilizza i dati e le informazioni in esso contenuti nello svolgimento delle funzioni di vigilanza, a tutela della sana e prudente gestione degli intermediari vigilati e della stabilità complessiva).
Il 3° comma smentisce tuttavia ben presto tale circoscritta valenza del registro, precisando i contenuti della sezione del registro ad accesso pubblico, e segnatamente:
– le informazioni e i documenti di cui all’art. 24, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2015/848 del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza, ovvero:
a) la data di apertura della procedura d’insolvenza;
b) il giudice che ha aperto la procedura d’insolvenza e numero di causa, se del caso;
c) il tipo di procedura d’insolvenza aperta di cui all’allegato A e, se del caso, eventuali pertinenti sottotipi di tale procedura aperti a norma del diritto nazionale;
d) se la competenza per l’apertura della procedura si fonda sull’articolo 3, paragrafo 1 (procedura principale d’insolvenza), sull’articolo 3, paragrafo 2 (procedura secondaria d’insolvenza), o sull’articolo 3, paragrafo 4 (procedura territoriale d’insolvenza anteriore a quella principale);
e) se il debitore è una società o una persona giuridica, il nome del debitore, il relativo numero di iscrizione, la sede legale o, se diverso, il recapito postale;
f) se il debitore è una persona fisica che esercita o non esercita un’attività imprenditoriale o professionale indipendente, il nome del debitore, il relativo numero di iscrizione, se del caso, e il recapito postale o, laddove il recapito sia riservato, il luogo e la data di nascita;
g) il nome, il recapito postale o l’indirizzo di posta elettronica dell’amministratore, se del caso, nominato nella procedura;
h) il termine per l’insinuazione dei crediti, se del caso, o il riferimento ai criteri per il calcolo di tale termine;
i) la data di chiusura della procedura principale di insolvenza, se del caso;
j) il giudice dinanzi al quale e, se del caso, il termine entro il quale presentare richiesta di impugnazione della decisione di apertura della procedura d’insolvenza ai sensi dell’articolo 5, o un riferimento ai criteri per il calcolo di tale termine;
– le altre informazioni rilevanti in merito ai tempi e all’andamento di ciascuna procedura o strumento;
– le informazioni e i provvedimenti di cui all’art. 28, quarto comma, secondo periodo, della legge fallimentare (queste possono, ma non devono essere pubblicate), ovvero:
– a) provvedimenti di chiusura del fallimento;
– b) provvedimenti di omologazione del concordato;
– c) ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure chiuse.
Per quanto riguarda invece le procedure di espropriazione forzata immobiliare, le informazioni ed i documenti ad accesso pubblico non sono individuati direttamente dalla legge, ma si rinvia ad un decreto dirigenziale (del Ministero della giustizia di concerto col MEF) da adottarsi entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione. Si aggiunge poi che il decreto dovrà tener conto, nell’individuazione di dette informazioni, della loro rilevanza per la migliore gestione dei crediti deteriorati da parte degli intermediari creditizi e finanziari.
L’art. 3, 4° comma, lett.c) impone poi al decreto attuativo di indicarele categorie di soggetti che sono titolati, in presenza di un legittimo interesse, ad accedere, anche mediante un avvocato munito di procura, alla sezione del registro ad accesso limitato.
Per converso,l’art. 3, 4° comma, lett.d) affida al decreto attuativo l’indicazione di eventuali limitate eccezioni alla pubblicazione di documenti con riferimento alle esigenze di riservatezza delle informazioni ivi contenute o all’assenza di valore informativo di tali documenti per i terzi. In tale logica di riservatezza si colloca anche l’area di esenzione sancita dal 6° comma, che riconosce in capo al giudice delegato ed al tribunale competenti sulla procedura il potere di limitare la pubblicazione totale o parziale di un documento, su richiesta del debitore, del curatore, del commissario giudiziale, di un creditore o di chiunque vi abbia interesse, sempre che venga dimostrata la sussistenza di uno specifico e meritevole interesse alla riservatezza dell’informazione in esso contenuta. In tali casi può altresì disporsi la sospensione temporanea dell’accesso ai documenti da parte degli interessati, nell’ipotesi in cui i documenti stessi siano già stati pubblicati.
In conclusione, tutto ruota intorno al delicato equilibrio tra riservatezza e trasparenza, con gli intuibili rischi in termini di abusi che si sono registrati nell’esperienza delle segnalazioni errate alla Centrale Rischi ed alla Centrale di Allarme Interbancaria. Inoltre, restano da valutare le ricadute delle informazioni pubbliche e di quelle ad accesso riservato sulla valutazione degli stati soggettivi in materia di revocatoria ordinaria, revocatoria fallimentare e alle ipotesi di responsabilità fondate sulla consapevolezza dello stato di decozione o di crisi.
Ragioni di credito della procedura concorsuale e accesso alle banche dati dei beni da pignorare
Nel più ampio contesto dell’accesso all’informazione va poi collocato l’art. 5 del Decreto Banche, che regola l’accesso degli organi delle procedure concorsuali alle banche dati sui beni da pignorare. In particolare, vengono aggiunti due periodi all’art. 155-sexies disp. att. c.p.c., che già prevedeva l’applicabilità delle disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare ai fini della ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali. Ora si precisa quale ulteriore ambito di utilità di siffatto accesso a vantaggio delle procedure concorsuali quello finalizzato al recupero o alla cessione dei crediti, con riferimento ai dati dei soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito, anche in mancanza di titolo esecutivo nei loro confronti. All’uopo l’autorizzazione, su istanza del curatore, del commissario giudiziale o del liquidatore giudiziale, va rilasciata dal giudice della procedura.
Ulteriori novità nella direzione dell’efficienza e dell’accelerazione delle procedure: comitato dei creditori, udienze telematiche e garanzie per la restituzione nel riparto di somme eccedenti
Oltre alle disposizioni sin qui descritte, che pur interessando le procedure concorsuali intervengono al di fuori della legge fallimentare, vanno poi censite le modifiche dirette alla legge stessa.
Innanzitutto va segnalata la nuova regola sul comitato dei creditori (art. 40, 5° comma, l.fall.), ispirata chiaramente ad agevolarne il funzionamento attraverso la rimozione delle criticità legate all’inerzia nella fase della prima convocazione del comitato da parte del curatore al fine della nomina del presidente. L’omissione di tale prima riunione, prevista dall’art. 40, 3° comma, viene ora reputata non ostativa rispetto all’effettiva costituzione del comitato, essendo a tal fine necessaria esclusivamente l’accettazione, anche per via telematica, dei suoi componenti.
In secondo luogo viene prevista la possibilità di effettuare udienze telematiche, in relazione al numero dei creditori ed all’entità del passivo, sia per la verifica dei crediti nel fallimento (art. 95, 3° comma) che per l’adunanza dei creditori nel concordato preventivo (art. 163, 2° comma), con una peculiarità relativa ad eventuali proposte concorrenti.
Infine, vanno segnalate alcune novità volte ad accelerare la chiusura dei fallimenti, che concorrono con quanto già illustrato relativamente alla gestione delle ragioni di credito della procedura.
Da un lato, viene espressamente elevata a giusta causa di revoca del curatore l’ipotesi di mancato adempimento dell’obbligo di presentare con cadenza quadrimestrale un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura (art. 110, 1° comma).
Dall’altro, in sede di conversione si è consentito di ricorrere alla fideiussione autonoma, irrevocabile ed a prima richiesta, rilasciata dai soggetti di cui all’art. 574 c.p.c. (banche, assicurazioni, intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, purché sottoposti a revisione contabile da parte di società di revisione), in diverse situazioni. Quando un ostacolo al riparto è rappresentato dalla pendenza di giudizi di opposizione allo stato passivo, è possibile effettuare comunque il riparto in esecuzione di provvedimenti non ancora definitivi, se la restituzione delle somme ripartite in eccesso, maggiorate degli interessi, viene garantita. Quando è necessario effettuare accantonamenti a fronte di reclamo avverso il progetto di riparto, è possibile effettuare comunque il riparto sulla scorta del progetto reclamato, se la restituzione delle somme ripartite in eccesso, maggiorata degli interessi, viene garantita.
Con riguardo alle regole appena esposte, non può farsi a meno di rimarcare come si tratti di un portato precettivo estremamente limitato, atteso che non si poteva certo escludere in precedenza la possibilità di sfruttare forme di garanzia per attenuare i rischi del riparto. Di certo, le nuove norme assumono un ruolo selettivo delle caratteristiche della garanzia e dei possibili garanti. Resta che i relativi costi, come noto tutt’altro che irrisori, non potranno che gravare sul beneficiario del riparto, in quanto nessun curatore assumerà la responsabilità di farne carico alla procedura. Ancora una volta, quindi, una riforma “a costo zero” per lo Stato, che di certo non basterà da sola ad accelerare o a sbloccare i riparti.