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Editoriali

Prime riflessioni sul decreto sui requisiti degli esponenti aziendali

18 Dicembre 2020

Diego Rossano

Ordinario di Diritto dell’Economia, Head of Center of European Law and Finance (CELF)

Di cosa si parla in questo articolo

1. È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 310 del 15 dicembre 2020, il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 novembre 2020, n. 169 recante disposizioni regolamentari in materia di requisiti e criteri di idoneità per lo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento e dei sistemi di garanzia dei depositanti. Detto provvedimento entrerà in vigore il 30 dicembre 2020 e le disposizioni ivi contenute si applicheranno alle nomine successive alla predetta data. Fino a tale momento, troveranno, pertanto, applicazione le disposizioni contenute nella relativa disciplina attuativa recata dal d.m. 18 marzo 1998, n. 161.

L’Italia, con colpevole ritardo, ha recepito la normativa europea colmando, come è stato osservato in sede tecnica, “una lacuna” che sarebbe dovuta “essere colmata in fretta” (Cfr. A. Enria, IlSole24ore del 23 giugno 2020) e rispolverando un decreto che, come è stato osservato in dottrina, giaceva “in qualche scaffale ministeriale” (Cfr. F. Sartori, L’indipendenza degli esponenti aziendali nelle società quotate e nelle imprese bancarie, in Riv. dir. banc., Gennaio/Marzo, 1, 2020, p. 134). Viene ridisegnata, quindi, la regolazione degli esponenti aziendali, disciplinata nel Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia del 1993 e, successivamente, completata con la riformulazione dell’art. 26 a seguito dell’adozione del d.lgs. n. 72/2015 il quale ha inteso recepire le istanze di provenienza europea (si abbia riguardo, nello specifico, alle indicazioni provenienti dalla Direttiva UE 2013/36, c.d. CRD4, la quale conferisce appositi poteri di “orientamento” alle Autorità di regolazione europee).

2. Significative novità sono state introdotte nel provvedimento in parola (articolato in venticinque articoli, suddivisi all’interno in nove sezioni) che segna una svolta nella definizione dei requisiti speciali di idoneità richiesti a coloro che intendono assumere cariche di vertice nelle imprese bancarie. Si è dato corso ad una riforma che incide profondamente sulle regole di ‘governo societario’ degli appartenenti al settore del credito e sulle modalità di controllo di tali requisiti, rimessi ad una verifica effettuata dall’organo di vigilanza il quale dovrà valutare se la condotta in questione contrasti con la sana e prudente gestione.

L’impianto normativo risalente alle regole contenute nel decreto del Ministro del Tesoro n. 161 del 18 marzo 1998, nonché a talune disposizioni di vigilanza emanate dalla Banca d’Italia alla fine del secolo scorso (Tit. II, cap. 2 della circolare n. 229/1999) si preoccupava di sottoporre i requisiti in parola ad un procedimento di controllo successivo rispetto alla nomina e ad una verifica costante riguardo al permanere delle condizioni durante il corso del mandato. Nel 2004, novellando l’art. 26 TUB, il legislatore aveva aggiunto il riferimento a specifici requisiti di indipendenza, raccordati a quelli stabiliti dal diritto societario comune o, eventualmente, anche dallo statuto di ciascuna impresa bancaria.

Siamo in presenza, dunque, di un sistema disciplinare orientato ad una valutazione sommaria (potremmo dire quasi ‘automatica’) dei requisiti suddetti, priva quindi di indicazioni sugli aspetti applicativi connessi al funzionamento dei requisiti nei modelli di governo societario «alternativi» (cfr. E. De Lillo, Commento sub art. 26 tub , in AA.VV., Commentario al testo unico delle leggi in materia e creditizia, Padova, 2018, tomo I, p. 274).

Per converso, nel 2015, con il recepimento della Direttiva CRD4, viene disposto un intervento normativo che, traendo ispirazione dalla rielaborazione della materia che ci occupa attuata dalle autorità di vertice europee, appare concentrato su una meno sommaria articolazione dei requisiti e dei criteri per una loro individuazione. A ben considerare, tuttavia, non si rinviene in essa una compiuta definizione legislativa dei criteri di delega, né adeguate forme di coordinamento con le linee guida europee in tema di raccordo con gli assetti nazionali della materia di cui trattasi.

3. Il decreto del 23 novembre 2020, n. 169, a differenza di quanto previsto nella precedente disciplina di settore, introduce regole di condotta che vanno lette con riguardo ad un miglioramento del livello della governance, donde la maggiore stabilità conseguibile dal sistema finanziario. Ed invero, la verifica dei requisiti, oltre ad una loro intrinseca validità per lo svolgimento dell’attività bancaria, è preordinata alla valutazione dei riflessi che i medesimi espletano sulla complessiva realtà economica nella quale si inserisce l’operato dell’ente creditizio. Come si è anticipato, il regolatore odierno pone uno stretto nesso funzionale tra i requisiti richiesti per gli esponenti e l’accertamento della sana e prudente gestione bancaria, valorizzando il riferimento a quest’ultima già fatto dal disposto di cui all’art. 26 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.In particolare, i requisiti interagiscono sul modello strutturale dell’ente creditizio evidenziando l’attuale realtà di settore, quale risulta configurabile dopo decenni di vincoli operativi e restrizioni disciplinari.

Sotto altro profilo, appare significativo il disposto di cui all’art. 5 del decreto in osservazione, in base al quale l’apprezzamento dei criteri di correttezza è rimesso all’ ‘organo competente’.Sicché, l’eventuale verifica di una condizione non coerente con la carica di consigliere non comporta l’automatica inidoneità dell’esponente, ma richiede una valutazione più attenta effettuata avendo riguardo ai principi fondanti della disciplina bancaria ai quali è riconducibile la «salvaguardia della reputazione»dell’ente creditizio «e della fiducia del pubblico»(art. 5 del decreto).

È evidente come il decreto n. 169, con l’obiettivo di fare chiarezza nella materia disciplinata, si pone in linea con gli indirizzi elaborati in ambito internazionale in tema di requisiti di idoneità degli esponenti aziendali e di adeguata composizione degli organi (cfr., tuttavia, sul punto alcune differenze di impostazione delle norme nazionali rispetto a quelle europee poste in evidenza dal Consiglio di Stato nel parere, numero 1604, del 16 ottobre 2020). Vengono in considerazione, sul punto, gli Orientamenti Congiunti dell’Eba e dell’Esma adottati nel marzo 2018 e le linee guida della BCE del maggio 2017. Va osservato, peraltro, che il citato decreto non tiene conto degli aggiornamenti recati a detti Orientamenti Congiunti a seguito di una pubblica consultazione (terminata in data 31 ottobre 2020), disposta in conformità alla Direttiva (UE) 2019/878 (CRD V) e dall’art. 9 della Direttiva 2014/65/UE (MiFID II).

Nel delineato contesto, il decreto n. 169 introduce ulteriori elementi di valutazione dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui all’art. 26 TUB; ciò a beneficio di un agere bancario segnato da correttezza, competenza ed indipendenza.

4. Alla luce di quanto precede, occorre tener presente che il provvedimento normativo in osservazione si caratterizza, altresì, per la previsione di differenti requisiti degli esponenti aziendali correlati in ragione della tipologia degli enti creditizi e della loro dimensione. Al riguardo, rileva la distinzione tra “banche di maggiori dimensioni o complessità operativa” e “banche di minori dimensioni o complessità operativa” (queste ultime con un attivo pari o inferiore a 3,5 miliardi di euro) cui fa capo l’applicazione dei cennati differenti criteri valutativi nella identificazione dei soggetti deputati a ricoprire incarichi gestionali. In particolare, con riguardo alle Banche di Credito Cooperativo, il regolatore, in ragione della loro natura localistica e mutualistica, prevede il possesso di requisiti di professionalità semplificati. Significativa al riguardo è l’indicazione contenuta nel decreto secondo cui le Bcc non rientrano «in ogni caso tra le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa»(art. 1, comma 1, lett. c); puntualizzazione che potrebbe essere considerata contradditoria rispetto all’integrazione delle Bcc nella realtà del Gruppo Bancario Cooperativo, disposta dalla legge n. 49 del 2016.

Va, inoltre, osservato che dalla Relazione tecnica al decreto n. 169 (richiamata nel sopramenzionato parere del Consiglio di Stato) emerge una sorta di contrapposizione con le linee guida della BCE concernenti «un approccio di tipo essenzialmente autorizzativo (valutazione dell’idoneità ex ante, prima che l’esponente assuma l’incarico)»; ciò rispetto alle indicazioni del legislatore nazionale che, nel recepimento della Direttiva CRD IV, «ha preferito mantenere nella previsione dell’articolo 26, t.u.b., la struttura tradizionale del procedimento come valutazione ex post». Va da sé che sarebbe opportuno un intervento effettuato nelle competenti sedi disciplinari nel quale venga delineata, in modalità più coerenti con l’orientamento europeo, la procedura in esame, uniformandola alle indicazioni sovranazionali.

Per concludere, può dirsi che il decreto n. 169 assicura l’osservanza del criterio che ravvisa in una adeguata professionalità degli esponenti bancari la regolarità delle gestioni; esso garantisce, per tal via, un assetto organizzativo degli appartenenti al settore contraddistinto da un equilibrato contemperamento tra l’interesse economico e quello sociale. Conferma tale convincimento la circostanza cheil decreto dà specifica rilevanza all’autonomia decisionale degli organi statutari delle banche ai quali è rimessa la facoltà di prevedere ‘requisiti’ e ‘criteri’ estesi a ricomprendere anche l’introduzione di limiti al cumulo degli incarichi (degli esponenti aziendali) maggiormente restrittivi rispetto a quelli previsti in sede normativa.

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