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Attualità

Prime riflessioni sulle modifiche apportate in sede di conversione alle norme volte ad accelerare il recupero dei crediti bancari contenute nel “Decreto banche”

5 Luglio 2016

Roberto Ferretti, Studio Legale Bonora e Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Il 9 giugno scorso, il Senato ha approvato con voto di fiducia il “maxi-emendamento” al d.l. n. 59/2016, Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (nel seguito, “Decreto banche” o semplicemente “Decreto”), proposto dal Governo in sede di conversione [1]. A seguito della successiva approvazione della Camera, la legge di conversione (l. 30 giugno 2016, n. 119) è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2016 [2].

Le presenti osservazioni intendono fornire un quadro delle modifiche apportate in sede di conversione alle norme del Decreto volte ad accelerare il recupero dei crediti bancari, con particolare riferimento a quelle che disciplinano le nuove forme di garanzia introdotte dal Decreto stesso (pegno non possessorio e trasferimento immobiliare sospensivamente condizionato).

Per una prima disamina delle modifiche alle norme del Decreto in materia di procedure concorsuali si rinvia al contributo del Prof. Avv. Luca Pisani che accompagna e completa queste note (cfr. contenuti correlati “Prime osservazioni sulle novità in materia di procedure concorsuali introdotte dal “Decreto banche”, all’indomani della conversione in legge”).

Per evidenti ragioni di sintesi, si ometterà di ripetere in questa sede le osservazioni sulle norme che qui si commentano già formulate al momento dell’emanazione del Decreto stesso, osservazioni alle quali ci si permette di rinviare (cfr. contenuti correlati “Prime osservazioni sulle disposizioni del “Decreto banche” volte ad accelerare il recupero dei crediti bancari”).

Modifiche alla disciplina del “pegno mobiliare non possessorio”

Il testo del Decreto banche risultante dalla conversione precisa e, per certi versi, corregge la disciplina del pegno non possessorio.

Gli interventi più significativi possono riassumersi come segue.

I crediti garantiti

Nella nuova formulazione del comma 1 dell’art. 1, il pegno non possessorio può garantire sia crediti concessi agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese (come nella precedente versione della norma) [3], sia a terzi (ai quali non si richiede di essere essi stessi imprenditori), purché i crediti garantiti siano “inerenti all’esercizio dell’impresa” e la garanzia sia costituita su beni “destinati” a tale esercizio.

Pur essendo l’ampliamento dell’ambito di applicazione della nuova garanzia probabilmente volto a consentirne l’uso della nuova garanzia nelle strutture di gruppo, nelle joint venture, nei raggruppamenti temporanei di imprese e, più in generale, in tutti i casi nei quali si instauri tra imprese un rapporto di collaborazione, sembra possibile ipotizzare che tale ampliamento consenta ad una società (imprenditore) di rilasciare la nuova garanzia nell’interesse del proprio socio (non imprenditore) a conforto di un finanziamento concesso a quest’ultimo allo scopo esclusivo di capitalizzare la società garante [4].

Gli attivi sui quali la garanzia può essere costituta

Le modifiche al comma 2 dell’art. 1 del Decreto Banche estendono l’ambito dei beni sui quali può essere costituita la nuova garanzia reale dai soli beni mobili ai beni immateriali “destinati all’esercizio dell’impresa” e ai crediti “derivanti da o inerenti” all’esercizio stesso [5].

Poiché la modifica testuale è limitata al primo periodo del citato comma 2, il secondo continua a prevedere che i soli beni mobili possano essere “esistenti o futuri, determinati o determinabili anche mediante riferimento a una più categorie merceologiche o a un valore complessivo”. Non si vede, però, ragione per non estendere l’applicazione di tale previsione quantomeno ai crediti futuri, data l’ormai acquisita ammissibilità di meccanismi di rotatività del pegno del pegno civilistico e, a maggior ragione, delle garanzie finanziarie di cui al d.lgs. n. 170/2004, che pure possono avere i crediti come oggetto [6].

Sempre con riferimento alla possibilità di sottoporre al pegno non possessorio i crediti d’impresa, si deve poi osservare che la nuova garanzia arricchisce ulteriormente il già complesso quadro degli eventi traslativi (ad es., il factoring), dei privilegi (si pensi a quello di cui all’art. 46 TUB) e delle garanzie reali (quali il pegno codicistico di cui agli artt. 2800 e ss. c.c. e le garanzie finanziarie di cui al d.lgs. n. 170/2004) che possono contemporaneamente interessare i crediti stessi, con l’effetto, da un lato, di accrescere il rischio di contenzioso tra i beneficiari di privilegi e garanzie e i cessionari dei crediti e, dall’altro, di imporre al finanziatore controlli eterogenei e, spesso, non agevoli per accertare che il credito che gli viene offerto in garanzia dal finanziando non sia stato in precedenza ceduto a terzi o sottoposto ad altri vincoli. Sarebbe pertanto opportuno che il legislatore pensasse ad un intervento di armonizzazione che riduca il numero e la varietà delle formalità necessarie per rendere le vicende di cui si è detto opponibili ai terzi o, quantomeno, permetta di raccogliere in un unico registro quante più informazioni possibile sui vincoli costituiti sui crediti [7].

Sempre con riferimento all’oggetto della garanzia, si deve segnalare che il nuovo comma 2 dell’art. 1 del Decreto prevede ora che, nel caso di commistione dei beni sui quali è stato costituito il pegno non possessorio con altri beni, eventualmente a loro volta costituiti in pegno, le facoltà spettanti al creditore garantito al verificarsi di circostanze che determinano l’escussione della garanzia spettino a ciascun creditore pignoratizio in proporzione al valore della “componente” vincolata in suo favore, quale risultante dalla stima compiuta sul bene stesso nella fase di escussione ai sensi del comma 7.

Il valore dichiarativo (e non costitutivo) dell’iscrizione nel registro informatizzato e il rapporto con le procedure esecutive sugli stessi beni

L’originaria formulazione del comma 4 dell’art. 1 del Decreto lasciava intravvedere un’efficacia costitutiva dell’iscrizione del pegno non possessorio nel registro informatizzato da istituirsi presso l’Agenzia delle entrate (“Il pegno non possessorio si costituisce esclusivamente con la iscrizione in un registro…”).

Tale efficacia era però contraddetta dalla seconda parte del medesimo comma 4 e dal successivo comma 7, i quali presupponevano che l’iscrizione nel registro avesse l’effetto, non già di costituire la garanzia, bensì quella di renderla opponibile ai terzi e, quindi, fosse dichiarativa.

Il nuovo testo del comma 4 risolve la questione, chiarendo che l’iscrizione nel registro fa sì che il pegno non possessorio abbia “effetto verso i terzi” con l’iscrizione di cui trattasi.

Il medesimo testo precisa anche che dal momento dell’iscrizione di cui trattasi il nuovo pegno è opponibile nelle procedure concorsuali ed esecutive (queste ultime non contemplate nella versione originaria della norma). Viene così chiarito che la nuova garanzia non produce alcun effetto rispetto alle azioni esecutive avviate sui beni che ne formano oggetto prima dell’scrizione del pegno stesso nel registro informatizzato.

Tale conclusione è confermata dal nuovo comma 7-quater dell’art. 1, il quale regola i rapporti tra i soli pegni non possessori (già) iscritti nel registro e la procedura di esecuzione forzata che abbia come oggetto i medesimi beni, prevedendo che in tal caso spetti al giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore, autorizzare l’escussione del pegno, delineandone le modalità. Eventuali eccedenze dovranno essere corrisposta alla procedura esecutiva.

Altri profili

Il nuovo testo dell’art. 1 precisa i rapporti del nuovo pegno e le altre garanzie (comma 5) e, come sopra accennato, con le procedure esecutive che abbiano come oggetto gli stessi beni (comma 7-quater), nonché le modalità d’iscrizione e rinnovo dell’iscrizione del pegno nel registro informatizzato di cui sopra (comma 6) e di escussione della garanzia (comma 7).

A quest’ultimo proposito, si deve evidenziare che il nuovo testo del citato comma 7 estende a beneficio del debitore e del terzo datore (che vanno ad aggiungersi come destinatari ai titolari di altri pegni non possessori iscritti) gli obblighi informativi che devono essere adempiuti dal creditore prima di procedere al realizzo della garanzia.

Tale comma, inoltre,

  • prevede che i crediti oppignorati possano essere sia escussi sia ceduti a terzi, dandone preventiva comunicazione al datore della garanzia (comma 7, lett. b) e
  • sostituisce gli erronei riferimenti all’iscrizione nel registro delle imprese dei patti che prevedono la facoltà del creditore di locare a terzi il bene oggetto di pegno (lett. c) e di appropriarsene (lett. d) con quelli all’iscrizione nel registro di cui al comma 4 di cui si è detto sopra.

Come auspicato da più parti nel corso del procedimento di conversione del Decreto, il nuovo comma 7-bis prevede poi la facoltà del debitore e del terzo datore di opporsi all’escussione della nuova garanzia [8]. L’opposizione in questione dev’essere proposta nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c. entro cinque giorni dalla ricezione dell’intimazione ora prevista dal comma 7, come si è visto, a beneficio del debitore e all’eventuale concedente.

Il successivo comma 7-ter tratteggia in modo più preciso le modalità di realizzo della garanzia, introducendo norme in materia di corretta individuazione del bene oppignorato o del denaro ricavato dall’alienazione dello stesso, di consegna dal bene al creditore e, in mancanza di quest’ultima, di apprensione da parte dell’ufficiale giudiziario (da realizzarsi nelle forme dell’esecuzione per consegna di cui agli artt. 605 e ss. c.p.c., in quanto compatibili).

Si prevede, in particolare, che, se il bene oggetto del pegno non è di immediata identificazione (anche tenendo conto delle eventuali operazioni di trasformazione o di alienazione dello stesso), l’ufficiale giudiziario possa avvalersi di esperti a spese dal creditore. Se il pegno si è trasferito sul corrispettivo della vendita del bene, l’ufficiale giudiziario dovrà ricercare, attraverso l’esame delle scritture contabili o con modalità telematiche, i crediti del datore della garanzia, che saranno poi riscossi in forza del contratto di pegno e del verbale delle operazioni di ricerca redatto dall’ufficiale giudiziario. Il comma precisa inoltre che l’autorizzazione del presidente del tribunale a effettuare la ricerca con modalità telematiche di cui all’art. 492-bis c.p.c. deve essere concessa, su istanza del creditore, verificata l’iscrizione del pegno nel registro e la notificazione dell’intimazione.

Infine, il nuovo comma 10-bis richiama espressamente la disciplina codicistica del pegno (artt. 2784 e ss. c.c.) in quanto compatibile.

Interventi sulle norme che disciplinano il finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato

I finanziatori che possono avvalersi del patto di trasferimento condizionato

L’art. 2, comma 1, del Decreto è stato integrato In sede di conversione in modo da esplicitare che il nuovo finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato [9] è riservato, oltre che alle banche, agli intermediari finanziari di cui al Titolo V del TUB.

I rapporti tra il patto di trasferimento condizionato, da un lato, e le ipoteche e le procedure esecutive immobiliari sui medesimi immobili, dall’altro

L’ultimo periodo del medesimo comma 1 dell’art. 2 chiarisce ora che la nota di trascrizione del trasferimento immobiliare sospensivamente condizionato deve indicare gli elementi previsti dall’articolo 2839, comma 2, numeri 4), 5) e 6), c.c., ossia:

  • l’importo della somma per la quale l’iscrizione è presa;
  • gli interessi e le annualità che il credito produce;
  • il tempo della esigibilità del credito stesso.

La disposizione mira ovviamente a consentire ai terzi e, in particolare, ai creditori ipotecari e a quelli che intendano procedere ad espropriazione forzata di conoscere gli elementi essenziali del credito garantito dal patto e, quindi, i limiti entro i quali il creditore che ne beneficia avrà diritto di avvalersene.

La nuova norma si ricollega a quelle contenute nei nuovi commi 13-bis e 13-ter dell’art. 2 del Decreto, i quali stabiliscono, rispettivamente, che:

  • ai fini del concorso tra i creditori, il patto è equiparato all’ipoteca e
  • la trascrizione del patto stesso produce la medesima estensione della garanzia agli interessi prevista per l’ipoteca dall’articolo 2855 c.c. [10].

Partendo dall’esame della prima delle due norme che si sono ora richiamate, si deve notare che la stessa dev’essere riferita non tanto agli effetti giuridici del patto di trasferimento condizionato e dell’ipoteca – che sono e restano differenti [11] – bensì al fatto che, nelle intenzioni del legislatore, le conseguenze pratiche delle due garanzie devono essere sostanzialmente equivalenti ai fini del concorso tra i creditori. In altre parole, il creditore il cui credito sia garantito dal patto deve ottenere, per effetto del trasferimento dell’immobile, un’attribuzione patrimoniale di valore equivalente alla somma di denaro che avrebbe avuto diritto di percepire qualora avesse fatto valere un’ipoteca di pari grado nell’ambito di una procedura di esecuzione forzata.

Il legislatore ha così inteso – sia pure utilizzando una locuzione forse troppo sintetica – fugare i dubbi sollevati da alcuni nel corso del procedimento di conversione (ad es., dalla Commissione giustizia del Senato) circa il fatto che l’esercizio dei diritti derivanti dal nuovo patto potesse porre il finanziatore che ne godeva in una posizione di ingiustificato privilegio rispetto agli altri creditori e, soprattutto, a quelli chirografari o sforniti di un titolo esecutivo.

Ne consegue che, sul piano del concorso, il patto di cui si discute finisce per assumere i contorni di una “quasi-ipoteca” (o, meglio, di una “super-ipoteca”) che dà al creditore la facoltà di impossessarsi direttamente del bene immobile che ne forma oggetto (nei limiti del credito garantito) in caso di inadempimento del debitore, com’è confermato dal fatto che l’ipoteca iscritta in precedenza può essere “convertita” in trasferimento sospensivamente condizionato mantenendo lo stesso grado e prevalendo sulle altre ipoteche iscritte e sui pignoramenti trascritti dopo l’iscrizione dell’ipoteca “convertita” (comma 4 dell’art. 2, come modificato dalla legge di conversione).

Proprio questa equivalenza all’ipoteca sul piano del concorso giustifica, ad avviso di chi scrive, il fatto che in sede di conversione sia stata mantenuta la possibilità di estendere l’applicazione della nuova disciplina anche ai finanziamenti concessi prima della sua entrata in vigore, “in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali”, come previsto dal medesimo comma 4 dell’art. 2 del Decreto, nonostante da più parti si fosse sottolineato il rischio che tale possibilità avrebbe indotto i finanziatori ad esigere la conclusione del patto approfittando della propria forza contrattuale [12].

Forse è proprio a causa di questa equivalenza sostanziale tra patto di trasferimento condizionato e ipoteca che il legislatore non ha introdotto in sede di conversione una norma che stabilisse che ili trasferimento del bene immobile che ne forma oggetto estingue il debito garantito dal patto stesso anche nel caso in cui il valore del bene trasferito sia inferiore all’ammontabile del debito [13].

Pur in assenza di un simile elemento testuale si deve, però, ritenere che l’analogia con la disciplina dell’ipoteca debba arrestarsi di fronte alla considerazione che la struttura stessa del patto marciano impone di ritenere che il trasferimento dell’immobile al creditore liberi il debitore anche nell’ipotesi in cui il valore dell’immobile stesso sia insufficiente a coprire il debito. Del resto, ove così non fosse, si porrebbero delicati problemi di costituzionalità della norma di cui trattasi, atteso che l’analoga disposizione contenuta nel d.lgs. n. 56/2016 di recepimento della direttiva 2014/17/UE in materia di mutui ai consumatori garantiti di ipoteca su immobili residenziali afferma espressamente tale principio e non si vede ragione per la quale consumatore ed imprenditore dovrebbero ricevere un trattamento diverso con riferimento a questo profilo essenziale della disciplina.

Il ritardo nell’adempimento che fa scattare la condizione sospensiva del trasferimento

Accogliendo le istanze avanzate da più parti, in sede di conversione sono stati allungati i termini previsto dal comma 5 dell’art. 2 del Decreto decorsi i quali si ha inadempimento del debitore rilevante ai fini dell’avveramento della condizione sospensiva di cui si è detto.

Più precisamente, nella nuova formulazione della norma si ha inadempimento del debitore quando il mancato pagamento si protrae:

  • per oltre nove (e non più sei) mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di finanziamenti che prevedano un obbligo di rimborso a rate mensili;
  • protrae per oltre nove (e non più sei) mesi dalla scadenza anche di una sola rata, nel caso in cui il debitore sia tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori al periodo mensile;
  • per oltre nove (e, anche in questo caso, non più sei) mesi dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento, quando non è prevista la restituzione mediante pagamenti rateali.

Per effetto delle modifiche introdotte in sede di conversione inoltre, qualora alla data di scadenza della prima delle rate, anche non mensili, non pagate il debitore abbia già rimborsato almeno l’85 per cento della quota capitale del finanziamento concesso, il periodo decorso il quale l’inadempimento comporta l’avveramento della condizione è elevato da nove a dodici mesi [14].

È stata poi mantenuta ferma la previsione (sempre contenuta nel comma 5 dell’art. 2) per la quale, al verificarsi dell’inadempimento, il creditore deve notificare al debitore, all’eventuale terzo datore e a coloro che hanno diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull’immobile la propria intenzione di avvalersi del patto. La norma, però, è stata modificata nel senso di non limitare più la notifica in questione ai soli portatori di diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull’immobile dopo della trascrizione del patto di trasferimento. Sempre in sede di conversione è stato poi specificato che la notifica di cui trattasi deve precisare l’ammontare del credito per cui si procede.

Le modifiche alla disciplina della stima del valore del bene immobile costituito in garanzia in caso di inadempimento del debitore

In sede di conversione è stato modificato anche il comma 6 dell’art. 2 del Decreto, che ora prevede che il perito stimatore nominato dal tribunale debba applicare i criteri di cui all’articolo 568 c.p.c. [15].

Per effetto del predetto rinvio, il valore dell’immobile da trasferire dev’essere determinato avuto riguardo al valore di mercato, sulla base degli elementi forniti dalle parti. Nella determinazione del valore di mercato l’esperto procede al calcolo della superficie dell’immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l’assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d’uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonché per le eventuali spese condominiali insolute.

Sembrano così fugati i timori di chi (come l’Associazione Nazionale Forense in sede di audizione) aveva ipotizzato che il richiamo della disciplina dell’arbitraggio e, in particolare, dell’art. 1349, comma 1, c.c. potessero consentire allo stimatore di valutare l’immobile sulla base del solo equo apprezzamento.

Alla luce di queste considerazioni, tuttavia, risulta difficile comprendere la ragione per la quale in sede di conversione il richiamo dell’art. 568 c.p.c. non sia stati sostituito, ma affiancato a quello dell’art. 1349, comma 1, c.c. Non è escluso che tale giustapposizione delle due norme sia il frutto di una svista, essendo chiara la volontà del legislatore di applicare anche nel caso di trasferimento sospensivamente condizionato i rigorosi criteri di valutazione dell’immobile previsti dalla legge per le procedure esecutive immobiliari.

Una conferma della volontà del legislatore di rifarsi al modello del processo esecutivo ordinario con riferimento alla stima dell’immobile da trasferire si rinviene nella circostanza che, sempre in sede di conversione, si è precisato che non può procedersi alla nomina del perito per il quale ricorre uno dei casi di obbligo di astensione di cui all’articolo 51 c.p.c. e si è introdotta la facoltà per il debitore ed il terzo datore di garanzia di interloquire sulla stima sottoponendo proprie note al perito, il quale deve rispondere rendendo gli opportuni chiarimenti.

Sempre in sede di conversione si è poi chiarito (v. il comma 9 dell’art. 2 del Decreto) che l’annotazione di cancellazione della condizione sospensiva conseguente all’inadempimento del debitore è fatta dal creditore ai sensi dell’articolo 2668, comma 3, c.c. Anche questo riferimento non è agevole da comprendere, atteso che la norma richiamata prescrive che si deve cancellare l’indicazione della condizione negli atti trascritti quando l’avveramento o la mancanza della condizione risulta da sentenza o da dichiarazione, anche unilaterale, della parte, in danno della quale la condizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva è mancata. La dichiarazione unilaterale di cui trattasi, pertanto, dovrebbe venire dal debitore (o dal terzo datore) e non dal creditore.

Le modifiche alle disposizioni in materia di espropriazione forzata (art. 4)

Le principali modifiche apportate in sede di conversione alle norme in materia di esecuzione forzata contenute nel decreto possono riassumersi come segue.

  • E’ stata introdotta nell’art. 560, comma 3, c.p.c. (che disciplina la custodia, l’amministrazione e la gestione dell’immobile pignorato) la previsione l’impugnabilità ex articolo 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi) del provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione dispone la liberazione dell’immobile stesso. La disposizione riconosce poi espressamente al terzo titolare di un diritto di godimento del bene opponibile alla procedura la facoltà di proporre anch’egli opposizione.
  • Al fine di snellire l’iter per la liberazione dell’immobile pignorato, il comma 4 dell’art. 560 c.p.c. prevede ora che, quando nell’immobile in questione si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati ovvero documenti inerenti allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, il custode intimi alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza. Dell’intimazione si dà atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non è presente, mediante atto notificato dal custode. Qualora l’asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o i documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.
  • E’ stata poi introdotta nell’art. 4, comma 1, del Decreto la lettera i-bis) che novella l’articolo 596 c.p.c., dedicato alla formazione del progetto di distribuzione.
  • La legge di conversione ha introdotto anche il comma 2-bis dell’art. 4, con il quale si interviene sull’articolo 23 del d.l. n. 133/2014 (convertito nella l. n. 164/2014), relativo alla disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, prevedendo la facoltà per il concedente, per il rilascio dell’immobile, di avvalersi del procedimento per convalida di sfratto.
  • Il nuovo comma 3-bis dell’art. 4 delega ad un decreto del Ministro della Giustizia, da adottarsi l’accertamento della piena funzionalità del portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 161-quater delle disp. att. c.p.c. A decorrere dal novantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del suddetto decreto, la richiesta di visita dei beni in vendita deve essere formulata esclusivamente mediante le funzionalità del portale delle vendite pubbliche (comma 4-bis).

 

[1] Il testo del “maxi-emendamento” è reperibile su questo stesso sito, alla pagina http://www.dirittobancario.it/news/interventi-normativi/focus-decreto-banche-pubblicato-il-testo-del-maxi-emendamento-del-governo.

[2] La legge di conversione e in testo del Decreto coordinato con la legge stessa sono stati pubblicati su questo sito alla pagina [*].

[3] Che il costituente il pegno di cui trattasi debba essere un imprenditore è confermato dall’incipit dell’art. 1, comma 1, del Decreto Banche. Più precisamente, tale formulazione restringe l’ambito dei soggetti che hanno facoltà di costituire la nuova garanzia agli imprenditori appartenenti alle categorie elencate nell’art. 2195 c.c. e agli altri, ivi compresi quelli agricoli e i piccoli imprenditori, cui è stato via via esteso l’obbligo di iscrizione. Anche nella nuova formulazione della norma è tuttavia dubbio se in tale ambito rientrino anche le società tra professionisti, le quali, pur non svolgendo un’attività d’impresa, sono soggette all’obbligo di iscrizione in una sezione speciale del registro delle imprese (cfr. art. 7, comma 1, d.m. 8 febbraio 2013, n. 34).

[4] Questa interpretazione sembra avvalorata dalla proposta di Confindustria – benché tale proposta non sia stata fatta propria dal legislatore – di estendere l’ambito di applicazione del pegno non possessorio anche alle azioni e alle quote societarie, “laddove la costituzione del pegno […] sia funzionale alla concessione di finanziamenti in favore dei titolari delle stesse, assoggettati però a un preciso vincolo di destinazione: la realizzazione di aumenti di capitale o di operazioni straordinarie” (cfr. il documento sottoposto da Confindustria alla Commissione finanze e tesoro in data 17 maggio 2016, reperibile sul sito internet del Senato alla pagina http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/003/911/CONFINDUSTRIA.pdf).

[5] Pare opportuno ricordare a questo proposito che anche l’art. 11, comma 1, del il disegno di legge delega di riforma delle procedure concorsuali approntato dalla Commissione Rordorf ed approvato nello scorso mese di febbraio dal Consiglio dei Ministri prevede l’introduzione nel nostro ordinamento di “una forma di garanzia mobiliare senza spossessamento” e che tale garanzia possa essere costituita su “beni, materiali o immateriali, anche futuri, determinati o determinabili, salva la specifica indicazione dell’ammontare massimo garantito” (cfr. la lett. a). Non prevede, invece il disegno di legge che anche i crediti possano formare oggetto della garanzia di cui trattasi. Il disegno di legge predisposto dalla Commissione Rordorf è reperibile su questo sito, alla pagina http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/schema_di_disegno_di_legge_delega_commissione_rordorf.pdf

[6] I profili di analogia tra il pegno nuovo “non possessorio” e quello rotativo sono evidenziati da Nania, Il pegno non possessorio: un’altra anomalia?, reperibile su questo sito alla pagina http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/garanzie/il-pegno-non-possessorio-un-altra-anomalia.

[7] In questa prospettiva, il CNDCEC aveva proposto in sede di audizione avanti alle Commissioni del Senato il 17 maggio scorso di non affidare all’Agenzia delle entrate, ma alla cancelleria del tribunale territorialmente competente la tenuta del registro dei pegni non possessori, in analogia con quanto già previsto dall’art. 1524 c.c. e dell’art. 46 TUB (le osservazioni del CNDCEC sono reperibili sul sito del Senato alla pagina http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/003/914/CONSIGLIO_NAZIONALE_DOTTORI_COMMERCIALISTI_ED_ESPERTI_CONTABILI.pdf.

 Per simili ragioni, la Commissione giustizia del Senato aveva invitato il Governo a valutare l’opportunità di limitare l’applicabilità del pegno non possessorio ai soli beni non gravati da diritti reali, anche al fine di evitare l’aumento del contenzioso tra i creditori (http://www.dirittobancario.it/news/interventi-normativi/focus-decreto-banche-prosecuzione-lavori-commissioni-e-aula-e-pubblicazione-testi-delle-audizioni).

[8] L’introduzione di forme di tutela giurisdizionale del datore della garanzia nella fase di escussione della garanzia stessa era stata auspicata, ad esempio, dal CNDC e dalla Commissione giustizia del Senato.

[9] Per un primo esame del nuovo istituto, si rimanda a Buongiorno – Notarangelo, L’articolo 48-bis TUB. Prime note a margine dell’introduzione del patto marciano nel nostro ordinamento, reperibile su questo stesso sito alla pagina http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/garanzie/l-articolo-48-bis-tub-prime-note-margine-dell-introduzione-del-patto-marciano-nel-nostro-ordinamento.

[10] Per effetto del richiamo dell’art. 2855 c.c., inoltre, la trascrizione del patto fa collocare nello stesso grado le spese dell'atto, quelle dell'iscrizione e rinnovazione, quelle ordinarie occorrenti per l'eventuale intervento nel processo di esecuzione. Per il credito relativo ad altre spese giudiziali, le parti possono estendere il patto espressamente, purché sia presa la corrispondente iscrizione.

[11] Da un lato, infatti, il patto di cui trattasi fa sì che, in caso di inadempimento del debitore il finanziatore abbia la facoltà di acquistare la proprietà del bene che ne forma oggetto, dovendo versare al debitore o al terzo datore l’eventuale differenza tra il valore del bene immobile acquistato e il credito non adempiuto, dall’altro, invece, l’ipoteca dà diritto al creditore beneficiario “di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione”, come previsto dall’art. 2808 c.c.

[12] In questo senso si sono espressi, tra gli altri, molte associazioni rappresentative dei clienti, tra cui Confindustria, e il CNDCEC in sede di audizione davanti alle Commissioni del Senato. IN particolare non è stata soddisfatta la richiesta di Confindustria di “prevedere che l’introduzione del patto sia consentita solo qualora si accompagni all’introduzione di clausole che prevedano vantaggi per l’impresa debitrice in termini di: i) riduzione del tasso di interesse; ii) aumento della durata del finanziamento; iii) incremento dell’ammontare del finanziamento medesimo in relazione al valore del bene posto a garanzia” (v. il sopra richiamato documento presentato da Confindustria in sede di audizione, p. 12).

[13] La richiesta di introdurre la norma richiamata nel testo è stata formulata, tra gli altri, da Confindustria.

[14] Questo ulteriore allungamento del periodo “di grazia” concesso al debitore nel caso in cui il debito residuo sia di ammontare limitato rispetto a quello originario costituisce, forse, un parziale accoglimento della richiesta di Confindustria di impedire l’attivazione del patto in tutti in casi in cui il debito residuo fosse “inferiore al 10/20 per cento del debito originario” (v. i documento presentato da Confindustria in sede di audizione, p. 12).

[15] L’art. 568 c.p.c. è stato recentemente sostituito dall'art. 13, d.l. 27 giugno 2015, n. 83, Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria, convertito con modificazioni nella l. 6 agosto 2015, n. 132.

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