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Giurisprudenza

Primi effetti della sentenza A e B c. Norvegia: per il Tribunale di Milano il doppio binario sanzionatorio in materia di market abuse è compatibile con il divieto di bis in idem

12 Gennaio 2017

Federico Urbani, Attorney Trainee presso Orrick

Tribunale di Milano, 6 dicembre 2016

Di cosa si parla in questo articolo

A poche settimane dalla pubblicazione della sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritto dell’Uomo nel caso “A e B c. Norvegia”, il Tribunale di Milano dimostra di aver già recepito, nella loro portata dirompente, i principi di diritto enunciati in tale pronuncia dal giudice sovranazionale.

In particolare, la Corte EDU ha recentemente statuito che, in materia di doppio binario sanzionatorio amministrativo-penale, gli Stati Contraenti sono in linea teorica liberi di determinare le modalità più opportune di organizzazione dei propri sistemi di giustizia, ben potendo disporre che i procedimenti sanzionatori (anche penali) siano suddivisi in diverse fasi o procedure, caratterizzate dall’irrogazione di misure afflittive cumulative o, comunque, formalmente distinte e autonome.

Infatti, a giudizio della Corte EDU, l’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (che sancisce il divieto di doppio giudizio o ne bis in idem) non osta a una normativa nazionale “integrata” che preveda un frazionamento sanzionatorio (o una progressione afflittiva) in relazione a un medesimo illecito, con competenze poste in capo a differenti autorità, con fini diversi, specialmente ove risulti sussistente una “connessione sufficientemente stretta…, da un punto di vista sostanziale e cronologico” (“a sufficiently close connection…, in substance and in time”) fra dette fasi o procedure, a rimarcare l’unitarietà sostanziale della disciplina sanzionatoria al di là della sua suddivisione formale (a tale proposito, si rinvia ai contenuti correlati).

In recepimento di tale orientamento, il Tribunale di Milano ha dichiarato che il doppio binario sanzionatorio amministrativo-penale disciplinato dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza o TUF) in materia di illeciti di abuso di mercato non contrasta con il fondamentale diritto a non essere “perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato” (articolo 4 del Protocollo n. 7 della CEDU).

Infatti, il giudice ambrosiano ha ritenuto sussistente la citata connessione cronologica e sostanziale fra i procedimenti sanzionatori amministrativi e quelli penali in ambito di abusi di mercato, giacché:

  • i procedimenti in oggetto hanno a oggetto “profili diversi della medesima condotta antisociale”;
  • i consociati possono ben prevedere la “duplicazione dei procedimenti” eventualmente a loro carico, trattandosi di “conseguenza prevedibile della condotta [illecita]”;
  • vige una strutturata “integrazione procedimentale” fra iter amministrativo e penale;
  • le sanzioni comminate in sede amministrativa e penale tengono in conto la sanzione di diversa natura eventualmente già inflitta nel diverso procedimento.

Secondo il Tribunale di Milano, peraltro, tale soluzione interpretativa risponde al dettato di cui alla disciplina europea sul market abuse – recentemente riformata dal Regolamento (UE) n. 596/2014 e dalla Direttiva 2014/57/UE, che hanno sostituito la precedente Direttiva 2003/6/CE – che impone agli Stati Membri di prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive al fine di garantire il corretto comportamento degli operatori e degli investitori, a tutela del buon andamento del mercato interno e dei risparmiatori.

Infine, preme rilevare che l’orientamento in commento si pone in netto contrasto con i principi enunciati dalla Corte EDU nel noto caso Grande Stevens e altri c. Italia, che aveva dichiarato il doppio binario sanzionatorio amministrativo-penale italiano in materia di abusi di mercato come contrastante con il divieto di bis in idem ai sensi dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 della CEDU.

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