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Private enforcement: la proposta di direttiva sulle violazioni antitrust ed il risarcimento del danno

18 Settembre 2013

Avv. Elena Rossello, Studio Frignani Virano e associati

Di cosa si parla in questo articolo

Ritorna all’attenzione delle autorità comunitarie l’esigenza di corroborare il private enforcement della normativa antitrust come indefettibile presupposto per il dispiegarsi delle ripercussioni positive dirette ed indirette, sugli operatori economici e non solo, derivanti da un mercato comune economicamente efficiente. La proposta di direttiva 2013/1851, presentata l’11 giugno u.s. dalla Commissione europea, basata sugli articoli 103 e 114 del TFUE, si prefigge come obiettivi: “garantire l’effettivo esercizio del diritto di risarcimento previsto dall’UE“disciplinare alcuni aspetti fondamentali dell’interazione fra l’applicazione al livello pubblico e a livello privato del diritto UE della concorrenza”, che devono essere perseguiti parallelamente e contestualmente.

Quanto al primo telos normativo, l’attività di indagine e la sanzione delle infrazioni ex artt. 101 e 102 TFUE riservata dal Regolamento 1/2003 alla Commissione (art. 4) ed alle autorità nazionali (art.5) (“applicazione a livello pubblico del diritto della concorrenza” cd. public enforcement), si completa con il diritto al risarcimento del danno subito in capo alle vittime (“applicazione a livello privato del diritto della concorrenza” cd. private enforcement2). Il diritto al risarcimento del danno, garantito a livello comunitario dal cd. effetto diretto degli articoli del Trattato, ai sensi del quale si ingenerano direttamente in capo ai soggetti diritti e doveri che possono trovare accoglimento nelle sedi giudiziarie nazionali, costituisce parte dell’acquis comunitario. L’efficacia della prima, infatti è strettamente connaturata al funzionamento della seconda. Così, in esito al Libro Bianco del 20083 ed alla Consultazione del 20114 in occasione della quale si registrano gli interventidella società civile e degli interlocutori istituzionali (Parlamento europeo, Comitato economico e sociale europeo), la proposta intende rimuovere ostacoli procedurali, l’incertezza giuridica e la divergenza tra le normative nazionali5 – sostanziali e procedurali – per migliorare il coordinamento e garantire l’uniformità delle azioni di risarcimento del danno ed agevolare l’indennizzo in caso di infrazioni alla normativa anticoncorrenziale6.

Tali necessità non trovano una mera giustificazione teorica a livello di fonti del diritto o economica a livello di corretto funzionamento del mercato comunitario. Meritano attenzione anche considerazioni di natura economica: i costi dell’inefficace applicazione a livello privato delle norma sulla concorrenza si aggirano attorno ai 23 miliardi di €/0,18 del PIL del 2012 stimato quale mancato risarcimento alle vittime degli illeciti. Preminente è dunque non solo il ridimensionamento di questa voce di spesa, ma anche l’effetto indiretto dissuasivo che deriverebbe dal trasferimento alle imprese dei costi della violazione antitrust.

Le statistiche completano il quadro di stringente necessità nell’alveo del quale si innesta la proposta di direttiva: solo il 25% delle vittime propone un’istanza di risarcimento per il danno subito e ne ottiene la rifusione nelle competenti sedi giudiziarie. Quindi, solo un quarto delle condanne da parte delle competenti autorità antitrust comunitarie ha determinato l’insorgenza7 di relative azioni legali per danno8. I dati si riducono ulteriormente per le cd. azioni stand alone che, a differenza delle follow-on, non presuppongono il collegamento cronologico e funzionale con il provvedimento amministrativo (di mero accertamento, inibitorio o sanzionatorio), ma che richiedono al giudice nazionale adito un accertamento più strutturato, con un onere della prova più gravoso a carico del consumatoreL’effettivo esercizio del diritto al risarcimento può essere se non compromesso, quantomeno osteggiato, non solo dalla mancanza di consapevolezza dei propri diritti, ma anche da un “rapporto costi/benefici molto sfavorevole a causa degli ostacoli procedurali e dei costi che comporta intentare una azione”9La proposta di direttiva, quindi, si prefigge la finalità di incrementare la tutela, a livello individuale o collettivo, dei soggetti danneggiati che non dispongono ancora dei mezzi atti a garantir loro di esercitare in modo effettivo il diritto fondamentale ad un’efficace tutela giurisdizionale, riconosciuto ex multiis dalla Carta dei diritti dell’Unione europea.

Quanto al secondo obiettivo, la Commissione ha elaborato la proposta di direttiva in risposta ai principali ostacoli all’attuazione di un efficace sistema di risarcimento del danno, già evidenziati nel libro verde del 200510.

Nel merito, ecco i tratti essenziali della proposta di direttiva:

● Capo II – Divulgazione delle prove (artt.5-8)

Si tratta di un aspetto che il legislatore deve tenere in grande considerazione dal momento che è in grado di compromettere, dal lato del public enforcement, l’adesione da parte dei coautori dell’illecito ai programmi di clemenza (che sono le immunità o riduzioni delle ammende che le autorità garantiscono ai coautori dell’infrazione a fronte della loro collaborazione); dal lato del private enforcement hanno evidenti ripercussioni sull’alleggerimento dell’onere della prova in capo ai soggetti interessati. La disomogeneità delle legislazioni comporta, quindi, l’evidente insorgenza di evidenti deficit di tutela. Soprattutto il primo risvolto merita un’attenzione particolare: le potenzialmente divergenti legislazioni nazionali in ordine alla disclosure del fascicolo inibiscono l’adesione delle imprese ai programmi di clemenza che come è noto rappresentano strumenti fondamentali nell’individuazione dei cartelli. Si consideri che, allo stato attuale, alla base della determinazione di adottare un comportamento collaborativo finalizzato al beneficio di un programma di clemenza, l’impresa versa nell’incertezza circa la disclosure delle informazioni che fornirà volontariamente. In difetto di una disposizione univoca comunitaria, al giudice nazionale è demandata tale “discrezionalità” sulla divulgazione contemperando gli interessi, questa volta confliggenti tra public e private enforcement. La comunicazione di documenti appartenenti ai fascicoli sebbene potrebbe verosimilmente dissuadere l’impresa potenzialmente collaborativa, pregiudicando l’esito complessivo dell’indagine. La disomogeneità tra le legislazioni nazionali determina che la potenziale richiedente trattamento favorevole opteranno per la legislazione nazionale che offre il livello di protezione più basso. Problematiche non dissimili investono anche i casi di transazione nei quali le parti ammettono la partecipazione ad un cartello a fronte di una procedura semplificata ovvero una riduzione ammenda.

● Capo III – (i) Effetto probatorio delle decisioni nazionali, (ii) termini di prescrizione e (iii) responsabilità in solido (artt.9-11)

  1. Nel caso di azioni stand alone, ai sensi dell’art.2 del Regolamento CE n. 1/2003, l’onere della prova di un’infrazione ex art. 101.1 TFUE incombe alla parte che l’asserisce, secondo la più classica ripartizione dell’onus probandi. La semplificazione dell’onere probatorio a vantaggio del consumatore è un’esigenza che è giustificata dal fatto che è vittima dell’infrazione, ma anche dalla struttura stessa dell’azione antitrust che richiede un livello alto di analisi fattuale ed economica, difficile da organizzare e costosa. Il giudicante potrebbe, dunque, essere investito del potere di intimare alle imprese la comunicazione degli elementi di prova dell’infrazione (e, dunque, del danno), ordinando la divulgazione del contenuto dei fascicoli senza compromettere lo svolgimento dell’indagine medesima.
    Nel caso di azioni follow on, l’art 16, paragrafo 1, del regolamento 1/2003 attribuisce un effetto probatorio ai provvedimenti della Commissione o delle autorità nazionali che si riverbera sulle successive azioni di risarcimento del danno intentate successivamente. La proposta di direttiva si spinge oltre recependo un orientamento in via di consolidamento giurisprudenziale, che attribuisce e generalizza lo status di prova in tutte le giurisdizioni nazionali alle decisioni definitive delle autorità nazionali della concorrenza riconosciute negli Stati Membri anche secondo il disposto del Regolamento del Consiglio n. 44/2001e s.m.i.. Tale approccio non deve considerarsi come una lesione al diritto di difesa delle imprese interessate dal momento che le decisioni relative all’infrazioni rese dalle Autorità competenti restano soggette ad un controllo giurisdizionale.
  2. La complessità e la difficoltà connaturata alla predisposizione dell’azione, ha indotto il legislatore comunitario ad adottare una formulazione che consenta al legislatore nazionale di fissare termini idonei a non pregiudicare il diritto ad un pieno risarcimento in funzione delle proprie regole procedurali. In particolare, i parametri che devono essere rispettati sono: la concessione ai soggetti danneggiati un tempo sufficiente (almeno 5 anni) per incardinare l’azione giudiziaria; la previsione di un termine iniziale successivo alla cessazione di una violazione reiterata o ripetuta, la sospensione della decorrenza di almeno un anno successivamente alla chiusura dell’istruttoria ovvero alla decisione definitiva.
  3. La proposta sancisce la responsabilità solidale per i danni in capo agli autori dell’illecito antitrust ciò significa che il soggetto danneggiato può rivolgersi e chiedere il soddisfacimento integrale del danno patito ad ognuno dei coatuori. L’impresa che è gravata di tale risarcimento potrà poi rivolgersi alle altre coinvolte nella misura del contributo apprestato11 più complesso è il caso dei leniency programs. Al fine di limitare le svantaggiose conseguenze derivanti dall’esposizione alle azioni di risarcimento del danno, la proposta reca la limitazione della responsabilità dei beneficiari alla danno cagionato nella misura del contributo apprestato alla realizzazione del cartello rispetto alla responsabilità solidale dei coautori. La natura premiale della misura e la conseguente protezione dei beneficiari dei programmi, seppur funzionali alla repressione dell’abuso, non devono interferire con il diritto al risarcimento in capo alle vittime. Così, la limitazione alla responsabilità dei beneficiari del programma non è assoluta, ma al contrario, costoro rimangono debitori residuali per il soddisfacimento integrale della domanda di risarcimento. La Direttiva, dunque, riscontrata la dialettica degli interessi coinvolti nei leniency programs, predisporrebbe la responsabilità di chi ottiene il trattamento favorevole seppur limitata alla parte del danno di sua spettanza, senza pregiudicare la sua piena responsabilità per il risarcimento dei soggetti danneggiati ove questi ultimi non abbiano la possibilità di rivalersi sugli altri autori dell’illecito anticoncorrenziale.

● Capo IV – Trasferimento del sovrapprezzo (artt.12-15)

Il trasferimento dei sovrapprezzi si verifica allorquando gli illeciti aumenti di prezzo avessero ripercussioni sulla catena di distribuzione o di approvvigionamento (c.d. passing on defence). Come è noto, il soggetto danneggiato ha diritto al risarcimento del danno emergente occorso derivante dalla condotta anticoncorrenziale (danno da sovrapprezzo) e del lucro cessante, con i relativi interessi. Il danno trasferito nell’ambito della catena distributiva, tuttavia, non deve essere ricompreso nel risarcimento. La proposta di direttiva interviene sul punto esplicitamente riconoscendo l’eccezione del trasferimento, invocabile parte dei convenuti autori della violazione, coerentemente con l’effettività del risarcimento a favore dei soggetti danneggiati diretto o indiretti. Si precisa, tuttavia, che tale eccezione non possa essere invocata allorquando il sovrapprezzo venga trasferito su persone fisiche o giuridiche al livello successivo della commercializzazione e per le quali sia giuridicamente impossibile chiedere un risarcimento.

● Capo V – Quantificazione del danno (art.16)

Avendo già rappresentato le difficoltà ed i costi connaturati alla quantificazione del danno, già acclarate dalla Commissione nel 2011 partendo dalla presunzione relativa riguardo l’esistenza del pregiudizio provocato dal cartello che estrinseca nella maggior parte dei casi in un sovrapprezzo illegale. Ne deriva che, l’inversione dell’onere della prova (avente ad oggetto l’inesistenza del pregiudizio presunto) grava sulla parte che è in grado di soddisfarlo, superando così le problematiche legate all’asimmetria informativa del consumatore e con riduzione dei costi di divulgazione.

L’esigenza di addivenire ad corretta ed uniforme determinazione del danno, ha condotto alla predisposizione di una “guida pratica” che è un documento di lavoro dei servizi della Commissione rivolto sia ai giudici che alle parti non dotata di efficacia vincolante giacché è una mera raccolta di orientamenti basati sulla maturata esperienza giurisprudenziale e comprensivo di esempi pratici.

● Capo VI – Composizione concorsuale delle controversie (artt.17-18)

La proposta mira a incoraggiare l’utilizzo delle transazioni extragiudiziali consensuali in luogo della classica azione di risarcimento del danno, prevedendo la sospensione dei termini prescrizionali, del procedimento pendente, la deduzione della parte del danno imputabile all’autore dell’infrazione che partecipa alla transazione dall’importo del danno quantificato dalla parte danneggiata che partecipa alla transazione e presa in considerazione anche nell’ambito del “contributo” da versare nell’ambito della responsabilità in solido12.

Tra i nodi irrisolti della proposta di direttiva permane la problematica legata alla mancanza di meccanismi di tutela collettiva efficaci, specialmente per il consumatori e le PMI. Il dibattito che investe la modalità collettiva dei ricorsi è andata consolidandosi ed ha permeato le consultazioni del 2011. Le parti interessate ed il Parlamento europeo ad un modello di matrice americana di class action caratterizzato da una divulgazione predibattimentale e da un risarcimento cumulativo dei danni, hanno preferito un mero approccio orizzontale di ricorsi collettivi inibitori e risarcitori, limitandosi ad auspicare la creazione di norme comuni come si evince dal testo della raccomandazione la Commissione. La proposta di direttiva in oggetto, quindi, si rivolge all’ambito esclusivo dei singoli ricorrenti.

Conclusioni

La sopravvivenza di deficit di tutela derivanti dalla presenza di difformità sostanziali o procedurali e dal difetto di uno standard comune non compromette solo le azioni transfrontaliere13 ed il mercato comunitario. Nei casi più gravi, infatti, il vantaggio concorrenziale del quale godono le imprese che operano in violazione degli artt. 101 e 102 TFUE potrebbe addirittura disincentivare l’esercizio del diritto allo stabilimento, nonché la libertà di fornire beni o servizi, in Stati membri in cui il diritto al risarcimento ha una tutela più efficace.

Anche le azioni nazionali non sono esenti dalle ripercussioni che ne derivano. Non a caso, infatti, a tre principali giurisdizioni (Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, sebbene anche la mole di contenzioso presente in Italia non sia di trascurabile rilevanza a livello comunitario) sono intasate da azioni di risarcimento, in forza del fatto che gli attori – vittime degli illeciti – ritengono tali legislazioni maggiormente congeniali alle proprie esigenze.

La proposta di direttiva in esito ad anni di dibattito dottrinale e seppur conforme al principio di sussidiarietà e proporzionalità in quanto rappresenta la modalità più efficiente per il perseguimento degli obiettivi comunitari che si prefigge non può mandarsi esente da considerazioni critiche.

In effetti, i legislatori nazionali sono chiamati ad introdurre principi giuridici di favor che nonostante siano ispirati da una maggior tutela delle vittime dell’illecito non risultano in tutti i casi compatibili con la struttura ed i principi dell’ordinamento nazionaledi recepimento. A titolo esemplificativo, il valore probatorio che è riconosciuto alla decisione della autorità garante, sebbene già parzialmente accolto dai recenti orientamenti giurisprudenziali collide rispetto ai principi di ripartizione e di onere probatorio latu sensu, che regolano il diritto processuale italiano.

 

1

2013/0185 (COD) Proposta di Direttiva del parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinate norme che regolamentano le azioni per il risarcimento dei danni a seguito della violazione delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione Europea, reperibile on line http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-525_en.htm. La proposta verrà, dunque, discussa dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. A seguito dell’adozione da parte delle istituzioni, gli Stati membri dovranno darne attuazione nei loro ordinamenti giuridici entro 2 anni.


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2

Come è noto, il private enforcement si struttura essenzialmente in tre casi:

  • azione di risarcimento del danno
  • azione inibitoria, volta all’ottenimento dell’ordine giudiziale di cessazione di un comportamento abusivo
  • dichiarazione di nullità delle disposizioni contrattuali predisposte in violazione del diritto UE della concorrenza.


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3

Libro Bianco COM (2008) 165 in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie ed il relativo documento di lavoro allegato dei servizi della Commissione (SEC 2008) 404.


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4

Consultazione pubblica “verso un approccio europeo coerente in materia di ricorsi collettivi” (“Towards a coherent European approach to collective redress”, reperibile on linehttps//ec.europa.eu/competition/consultations/2011_collective redress/index_en.html


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5

Le spiccate divergenze tra le normative nazionali , già vagliate a partire dallo studio comparativo del 2004 e dal Libro Bianco del 2008 con la relativa valutazione d’impatto si sono ulteriormente incrementate in ragione dello sviluppo legislativo e giuridico con l’integrazione sempre più pregnante delle regole anticoncorrenziali seppur in un ambito numericamente limitato degli ordinamenti giuridici coinvolti.


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6

In occasione della presentazione del disegno di Direttiva, come si legge nel documento European, Commission Press Release, Antitrust: Commission proposes legislation to facilitate damage claims by victims of antitrust violations Reference: IP/13/525, data dell’evento 11/06/2013, "Infringements of the antitrust rules cause serious harm to European consumers and businesses" ha asserito Joaquín Almunia il Vice-President della Commissione responsabile della concorrenza "we must ensure that all victims of these infringements can obtain redress for the harm they suffered, especially once a competition authority has found and sanctioned such a breach. It is true that the right to claim compensation before national courts exists in all EU Member States but businesses and citizens are not always able to exercise it in practice. Today's proposal seek store move these obstacles".


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7

Come è noto, la complementarietà e interazione dell’applicazione a livello pubblico ed a livello privato si struttura a mezzo dell’esperimento di azioni autonome (in difetto di preventiva condanna dell’autorità pubblica preposta), ovvero di azioni a catena (basate sulla constatazione di un’infrazione).


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8

Come si legge nella sintesi della valutazione di impatto “dal 2001 la corte di Giustizia ha dichiarato a più riprese che ai sensi del diritto dell’UE, ogni individuo deve essere in grado di richiedere un risarcimento per tali danni (Courage, C-453/99 e Manfredi, C-295-298/04)”.


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9

Sintesi sulla valutazione di impatto, p.3.


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10

Libro verde relativo alle azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie COM (2005) 672 ed il documento di lavoro dei servizi della Commissione allegato.


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11

Nell’ambito di programmi di clemenza, la proposta precisa che l’ammontare richiesto ad un autore collaborativo non possa superare l’ammontare dei danni arrrecati diretti o indiretti ai propri acquirenti o fornitori. Al di fuori di questa ipotesi, il contributo di cui è onerato il beneficiario è determinato sulla base della responsabilità relativa per il danni insorti in capo a soggetti diversi.


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12

In questo contesto il termine contributo si riferisce alla situazione in cui l’autore dell’infrazione partecipante alla transazione non è convenuto nell’azione per il risarcimento del danno, ma gli viene chiesto dai coautori dell’infrazione condannati a pagare i danni di contribuire nell’ambito della responsabilità in solido”, come si legge nella relazione illustrativa della proposta di direttiva, p.22.


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13

Nell’ambito delle azioni transfrontaliere, la legge applicabile è disciplinata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3 del regolamento 861/2007.


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