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Attualità

Product governance: le modifiche al TUF di attuazione del regime MiFID 2

5 Giugno 2017

Francesco Mocci, Studio Legale Zitiello Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Esercitando la delega conferita con l’art. 9 della l. 9 luglio 2015, n. 114, il Governo italiano ha trasmesso al Parlamento lo schema del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/65/UE, che troverà applicazione nell’Unione Europea dal 3 gennaio 2018 (c.d. “MiFID 2”).

Una delle novità più significative del nuovo provvedimento europeo, e certamente quella più rilevante se si isola il comparto dei servizi di investimento, è rappresentata dalla product governance, ovvero il nuovo set di regole (organizzative e di condotta) che gli intermediari sono chiamati a rispettare in sede di ideazione di prodotti finanziari e di individuazione delle strategie e delle modalità distributive.

L’ESMA e la Consob hanno in qualche modo abituato il mercato alle novità, emanando alcuni provvedimenti che rappresentano gli antesignani della product governance: il pensiero corre ovviamente all’Opinion dell’ESMA del 27 marzo 2014, denominato “Structured Retail Products – Good practices for product governance arrangements”, e soprattutto alla Comunicazione della Consob del 22 dicembre 2014 sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail.

L’obiettivo del legislatore comunitario è rafforzare la tutela degli investitori, per evitare che prodotti non concepiti per determinate fasce di clientela confluiscano poi di fatto nei relativi portafogli di investimento. La soglia di tutela viene così anticipata alla fase genetica dei prodotti, alla luce dei risultati non soddisfacenti raggiunti da regole di trasparenza e correttezza sostanzialmente limitate alla fase di vendita B2C.

Il ruolo centrale della product governance nel nuovo quadro normativo è evidente se solo si considera che nella relazione illustrativa del Governo e nel dossier dei servizi studi di Camera e Senato che accompagnano lo schema di decreto legislativo è il primo tema che viene messo in luce, prima ancora dei molto pubblicizzati cambiamenti apportati alla disciplina dei mercati.

Lo schema di decreto interviene in particolare su due norme del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (il “TUF”): l’art. 6, ribattezzato “Poteri regolamentari”, e l’art. 21, che come noto detta i criteri generali che gli intermediari devono seguire nella prestazione di servizi e attività di investimento in favore dei clienti.

Iniziando dalla seconda delle norme modificate, vengono aggiunti due nuovi commi (2 bis e 2 ter) all’art. 21 del TUF, dedicati, rispettivamente, ai produttori e ai distributori di strumenti finanziari.

Ai produttori (manufacturers) si chiede di concepire prodotti adatti a un predeterminato segmento di clientela, assicurandosi che essi siano distribuiti all’interno del mercato target.

Ai distributori si impone invece di conoscere nel dettaglio i prodotti offerti e consigliati, valutandone la compatibilità con le esigenze dei clienti finali tenendo conto del mercato di riferimento stabilito dal produttore.

Si tratta all’evidenza della pressoché pedissequa riproposizione a livello nazionale delle previsioni dell’art. 24 della MiFID 2.

Al secondo comma dell’art. 6 del TUF viene invece aggiunta la lettera “b-bis”, tramite la quale viene assegnato alla Consob il potere-dovere di regolamentare le “procedure, anche di controllo interno, per la corretta e trasparente prestazione dei servizi e delle attività di investimento, ivi incluse quelle per (a) il governo degli strumenti finanziari e dei depositi strutturati … (omissis)”.

Occorrerà quindi attendere (quantomeno) l’aggiornamento del Regolamento Intermediari per conoscere nel dettaglio il contenuto degli obblighi di governo dei prodotti che saranno tenuti a rispettare i produttori e i distributori; obblighi che comunque non potranno che essere allineati a quelli previsti dalla direttiva delegata della Commissione del 7 aprile 2016, n. 593, che è opportuno richiamare brevemente:

  • l’art. 9 della direttiva delegata prescrive agli Stati membri di imporre ai manufacturers (ovvero gli intermediari che creano, sviluppano, emettono e/o concepiscono strumenti finanziari): di stabilire un articolato processo di approvazione dei prodotti, sotto la responsabilità dell’organo di gestione e con il coinvolgimento della funzione di controllo di conformità; di individuare il mercato di riferimento potenziale per ogni prodotto e di specificare il tipo o i tipi di cliente per le cui esigenze il prodotto risulti compatibile; di attivare un dialogo costante con i distributori per assicurare il rispetto del target market; di monitorare l’andamento del prodotto sul mercato e di intervenire per correggere eventuali disallineamenti.
  • l’art. 10 è invece dedicato ai distributori (ossia gli intermediari che offrono o raccomandano prodotti finanziari alla propria clientela), ai quali gli Stati membri dovranno imporre: di individuare, sulla base della loro approfondita conoscenza dei clienti, un preciso target market, anche in difetto di indicazioni dei produttori; di elaborare e condividere con i manufacturers un’appropriata strategia di distribuzione coerente con il mercato di riferimento; di riesaminare nel continuo i presidi adottati e di relazionare i produttori circa l’accoglienza dei prodotti da parte dei clienti, i dati sulle vendite e eventuali discostamenti dal mercato di riferimento.

Per comprendere appieno la portata degli obblighi di product governance, non si può prescindere dalla lettura, oltre che dei provvedimenti che risulteranno dall’esercizio del potere regolamentare della Consob, delle Linee Guida dell’ESMA, focalizzate in particolare sui criteri di definizione del target market da parte di produttori e distributori.

Il documento, posto in pubblica consultazione il 5 ottobre 2016, è finalmente stato pubblicato nella versione definitiva il 2 giugno 2017 e avrà impatti notevoli sulle scelte che gli intermediari saranno chiamati a prendere nei prossimi mesi.

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