Con sentenza del 28 ottobre 2024, n. 27796, la Corte di Cassazione (Sez. Lavoro – Pres. Tria, Rel. Bellé) ha chiarito che l’azione di accertamento o costitutive nei confronti di un ente in liquidazione coatta amministrativa (come anche di un’impresa in fallimento o in liquidazione giudiziale) può essere proposta al di fuori della verifica concorsuale del passivo, purché sussista uno specifico interesse, quale può essere quello connesso alla definizione dell’assetto di rapporti contrattuali pendenti o instaurati dalla procedura.
In particolare, in presenza di rapporti di lavoro, quando sia perseguita la reintegrazione nel posto di lavoro o l’attribuzione di una certa qualifica, con valore di status, all’interno dell’ente o dell’azienda, dovendo altrimenti ogni situazione creditoria (retributiva, risarcitoria, indennitaria etc.) essere accertata attraverso l’insinuazione al passivo.
Più in generale, la pronuncia ha chiarito che le azioni aventi ad oggetto il riconoscimento di diritti pecuniari possono essere iniziate o condotte in sede esterna al concorso solo in casi tassativamente previsti dalla legge (con evidenti fini di tutela del contraddittorio tra i creditori in sede di verificazione endoconcorsuale) ovvero in casi nei quali – assume la Suprema Corte – è necessario che sussista un interesse specifico che imponga l’accertamento di situazioni di terzi in ambito diverso da quello della verificazione.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che, poiché al momento dell’instaurazione dell’azione non vi era più alcun rapporto con la società in l.c.a., non vi era «alcun interesse a realizzare le situazioni da accertare nel concreto esercizio dell’attività – medio tempore proseguita – dell’ente in l.c.a. e quindi non vi erano i presupposti per configurare un interesse ad un’azione di mero accertamento al di fuori della cognizione propria del concorso».