Confrontandosi con le misure di sostegno antipandemico introdotte dal decreto liquidità nella forma di garanzia statale su crediti concessi dalle banche, il saggio si compone di due parti.
La prima parte, esaminata criticamente la tesi (affacciata da esponenti della Vigilanza) per cui in questo momento a contare è solo l’accesso al credito a prescindere da ogni altro profilo (quale pure quello della sostenibilità dell’erogato), constata che l’intervento del decreto liquidità persegue, in realtà, due obiettivi di mercato: quello della stabilità del sistema bancario e quello del sostegno alle attività danneggiate dalla pandemia.
Nell’alternativa su quale sia, tra i due, l’obiettivo finale e quale invece quello strumentale, o comunque «accessorio», il saggio – sottolineata l’incertezza di più parti dell’intervento legislativo, la problematicità di livello tecnico della normazione e la necessità, in ogni caso, di un forte lavoro ermeneutico – espone i vari argomenti sulla base dei quali va a conti fatti ritenuta prioritaria e prevalente la tutela della domanda di credito.
La seconda parte analizza una serie di profili relativi alle tre principali tipologie organizzative assistite dalla garanzia di cui al decreto (fascia più alta per entità del credito concesso; intermedia; credito sino a 25 mila euro), portando al pettine i nodi problematici che la regolamentazione di tali figure – sviluppata dal legislatore secondo linee separate e tra loro ben poco comunicanti – mette subito in evidenza. Tra questi vanno in particolare segnalati i rilievi circa: la rigidità e complicatezza di un sistema che, per larga parte, si affida a strutture di garanzia statale di solo parziale copertura del credito concesso; l’insufficienza della disciplina di contenimento del «prezzo» del credito garantito; l’erroneità di una normativa indifferente alla quantità di danaro richiesta al debitore nel primo periodo di esecuzione del rapporto (come appunto caratterizzato, in via tendenziale, da uno stato di maggiore difficoltà economica di questi); le lacunosità della regolamentazione circa l’utilizzo della garanzia statale in punto di rinegoziazione dell’esposizione pregressa; la vaghezza della regolazione circa l’eventuale rilevanza negoziale della mancanza, nel prenditore, dei requisiti stabiliti dalla legge; l’esigenza di valorizzare la diligenza professionale delle banche nelle attività da loro effettuate anche nell’interesse del garante Stato; e così, prima di tutto, in tema di valutazione del merito di credito e di monitoraggio delle condizioni del prenditore durante l’arco di svolgimento del rapporto; la peculiarità di un sistema di governo della rivalsa, che trascura di apportare il «vantaggio» del privilegio, per affidarsi al sistema del «pari concorso» di cui all’art. 1205 c.c.
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